Il presidente Monson esprime il suo amore per l’opera missionaria ai nuovi dirigenti di missione
Inserito da Gerry Avant, direttore di Church News
“Vi porto testimonianza che colui che Dio chiama, Dio prepara. Questa promessa si estende non soltanto a voi, ma anche ai vostri missionari. Quando siamo degni, quando ci sforziamo con fede sicura di svolgere i compiti che ci sono stati affidati, quando cerchiamo l’ispirazione dell’Onnipotente nel fare fronte ai nostri obblighi, possiamo compiere miracoli”. — Presidente Thomas S. Monson
PROVO, UTAH (USA)
Il presidente Thomas S. Monson ama i missionari, i presidenti di missione e le rispettive mogli e il lavoro che svolgono.
Tale amore era evidente quando ha addestrato 126 coppie presenti alla riunione sacramentale tenuta alla fine del seminario per i nuovi presidenti di missione del 2015.
I dirigenti di missione e le rispettive mogli hanno ricevuto istruzioni dalle Autorità generali nel Centro di addestramento per i missionari di Provo da mercoledì 24 giugno a domenica 28 giugno. Si sono presentati presso le missioni loro assegnate giorno 1 luglio.
L’anziano Russell M. Nelson del Quorum dei Dodici Apostoli, che ha diretto la riunione sacramentale, ha detto che per almeno quarantatré anni il presidente Monson ha parlato a ogni gruppo di nuovi presidenti di missione con le rispettive mogli.
Il presidente Monson ha assicurato ai nuovi presidenti di missione e alle rispettive mogli che sono stati chiamati per ispirazione e che serviranno nel luogo in cui il Signore vuole che servano.
Ha citato la sua chiamata a presiedere alla Missione canadese per illustrare i cambiamenti fatti nel corso degli anni riguardo a come si estende la chiamata ai nuovi presidenti di missione e all’addestramento fornito per aiutarli a prepararsi a servire.
Egli e sua moglie, la sorella Frances Monson, avevano trentun anni quando sono stati chiamati. “I nostri figli avevano sette e quattro anni e la sorella Monson era in attesa del nostro terzo figlio”, ha detto. “La nostra chiamata arrivò durante l’ultima settimana di febbraio 1959 e salimmo sul treno diretto a Toronto, Ontario, Canada, solo poche settimane dopo”. Ha detto che la Chiesa adesso dà ai presidenti di missione e alle rispettive mogli un po’ più di tempo per mettere in ordine i loro affari prima di partire.
“Negli anni, mentre io e la sorella Monson ripensavamo a quei tre anni trascorsi in Canada, ci siamo resi conto che sono stati alcuni degli anni più felici della nostra vita. Quando Dio chiama e noi rispondiamo a tale chiamata, proviamo la gioia e la soddisfazione di aver fatto ciò che Egli vorrebbe che facessimo.
“Vi porto testimonianza che colui che Dio chiama, Dio prepara. Questa promessa si estende non soltanto a voi, ma anche ai vostri missionari. Quando siamo degni, quando ci sforziamo con fede sicura di svolgere i compiti che ci sono stati affidati, quando cerchiamo l’ispirazione dell’Onnipotente nel fare fronte ai nostri obblighi, possiamo compiere miracoli”.
Ha ricordato ai nuovi dirigenti di missione che i genitori dei loro missionari si inginocchiano in preghiera ogni giorno, chiedendo al Padre Celeste di benedire i loro figli sul campo di missione. “E nelle loro preghiere chiedono anche una benedizione su di voi, affinché i loro figli possano essere guidati, amati e protetti da voi. In effetti, voi diventate un surrogato di genitore per i loro figli durante il periodo in cui svolgono la missione”, ha detto.
“Se sovrintendete al lavoro della missione e dei missionari tramite la preghiera, vedrete la mano del Signore costantemente”.
Per fare un esempio, ha raccontato di una volta in cui guardò un elenco di missionari che servivano sotto la sua direzione e si sentì ispirato a spostare un giovane anziano, Neul Smith, a Welland, nell’Ontario. “Non era in programma che fosse trasferito, ma seguii l’ispirazione e lo trasferii”, ha detto il presidente Monson. “La settimana successiva, quando ricevetti una lettera dal suo nuovo collega, cominciai a piangere quando lessi: ‘Presidente Monson, so che è stato ispirato a mandare l’anziano Smith qui a Welland. Stiamo insegnando ad alcune famiglie di lingua italiana che non parlano bene l’inglese. Ho pregato che venisse un missionario nella nostra area che parlasse italiano, e lei ha mandato l’anziano Smith, che parla l’italiano molto bene’.
Fino a quel momento non sapevo che l’anziano Smith parlasse italiano. Normalmente uno non associa il nome ‘Smith’ alla lingua italiana. Tuttavia, nonostante non fossi al corrente delle sue capacità linguistiche, il nostro Padre Celeste lo sapeva. Vi prometto che avrete esperienze simili quando cercherete l’aiuto divino in tutto ciò che fate”.
Il presidente Monson ha detto che, di recente, ha letto una comunicazione da parte di un giovane missionario, l’anziano Mathew Winterholler, che serve in Bolivia da otto mesi.
“Prima di partire, la sua vita era incentrata sullo sport, sulla scuola e sul divertimento. Questo, ovviamente, è tipico di quasi tutti i giovani”, ha detto il presidente Monson. “Dopo otto mesi in Bolivia, questo missionario devoto ha scritto quanto segue nella sua e-mail settimanale alla famiglia: ‘Il lavoro è duro, ma sono felicissimo. Voglio aiutare quante più persone possibile. Sto dando tutto quello che ho al Signore e alle persone. Torniamo a casa la sera completamente esausti, ma sorridendo di gioia. So che questa è l’opera del Signore. Amo essere uno strumento nelle Sue mani’.
L’anziano Winterholler ha reindirizzato la sua attenzione, come hanno fatto le migliaia di altri giovani uomini e giovani donne che servono il Signore come Suoi emissari. Di conseguenza, innumerevoli vite vengono cambiate e benedette — incluse le loro”.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata da coloro che accettano il Vangelo, ha detto il presidente Monson. “Molti anni fa a una riunione per i dirigenti del sacerdozio a Basilea, in Svizzera, uno degli oratori era il fratello Johann Wondra, che al tempo era un rappresentante regionale. Verso la fine del suo discorso invitò il fratello Kuno Müller ad alzarsi e poi disse alla congregazione: ‘Ecco il fratello Müller, il missionario che ha portato il Vangelo, e tutto ciò che esso rappresenta, a me e a mia moglie. Senza di lui, dove sarei oggi? Poi si rivolse al fratello Müller e disse: ‘Ti vogliamo bene. Pensiamo a te ogni giorno della nostra vita’. Il fratello Müller pianse, così pure il fratello Wondra. Credo che tutti noi abbiamo pianto nel vedere il legame sacro tra missionari e convertiti e abbiamo sentito lo Spirito di quell’occasione.
Questo è lo Spirito che sentirete, che proverete e di cui godrete in missione”.