Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni
Joseph Smith, quando aveva quattordici anni, voleva conoscere a quale chiesa doveva unirsi. Perciò si rivolse a Dio in sincera preghiera. In risposta a questa preghiera Dio Padre e Suo Figlio Gesù Cristo apparvero a Joseph e gli dissero che la vera chiesa di Gesù Cristo non era presente sulla terra e che Essi avevano scelto Joseph per restaurarla.
Da quel giorno Joseph operò al servizio di Dio, lavorando per istituire la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e per edificare il regno di Dio sulla terra negli ultimi giorni. I fedeli membri della Chiesa portano testimonianza che Gesù Cristo è il Salvatore e Redentore del mondo. Gesù dirige la Sua chiesa oggi mediante rivelazioni dirette a un profeta sulla terra. Joseph Smith fu uno di questi profeti. Joseph compì molte cose durante la sua vita, ma più importante di ogni altra cosa fu il suo impegno per essere un discepolo e un testimone di Gesù Cristo. Egli scrisse: “Dopo le numerose testimonianze che sono state date di lui, questa è la testimonianza, l’ultima di tutte, che diamo di lui: che Egli vive” (Dottrina e Alleanze 76:22).
Coloro che accettano la testimonianza del Profeta tramite il potere dello Spirito Santo conosceranno la verità del lavoro che egli fu chiamato a svolgere; possono anche conoscere la pace e la felicità che si ottengono tramite il Salvatore Gesù Cristo, che Joseph Smith adorava e serviva.
Joseph Smith nacque nel 1805 a Sharon, nel Vermont. Questo resoconto comincia quando egli aveva quattordici anni, viveva con la sua famiglia nello Stato di New York e rifletteva seriamente domandandosi a quale chiesa doveva unirsi. Quanto segue è il racconto dell’esperienza di Joseph scritto con parole sue.
Durante questo periodo di grande agitazione la mia mente fu stimolata a serie riflessioni e ad una grande inquietudine … Io mi dicevo spesso: che cosa devo fare? Quale di tutti questi gruppi ha ragione? O hanno tutti torto? E se uno di essi ha ragione, qual è, e come posso saperlo?
Mentre ero travagliato dalle estreme difficoltà causate dalle controversie di questi gruppi religiosi, stavo un giorno leggendo l’epistola di Giacomo, primo capitolo, quinto versetto, che dice: “Che se alcuno di voi manca di sapienza, la chiegga a Dio che dona a tutti liberalmente senza rinfacciare, e gli sarà donata”.
Giammai alcun passo delle Scritture venne con più potenza nel cuore di un uomo di quanto questo fece allora nel mio. Sembrava entrare con grande forza in ogni sentimento del mio cuore. Vi riflettevo continuamente, sapendo che se qualcuno aveva bisogno di sapienza da Dio, ero io; poiché non sapevo come agire, e a meno che avessi potuto ottenere maggior sapienza di quanta ne avevo allora, non lo avrei saputo; poiché gli insegnanti di religione delle diverse sette comprendevano gli stessi passi delle Scritture in modo così differente da distruggere ogni fiducia di poter appianare la questione mediante un appello alla Bibbia.
Alla fine giunsi alla conclusione che dovevo o rimanere nelle tenebre e nella confusione o altrimenti dovevo fare come indica Giacomo, cioè chiedere a Dio. Alla fine giunsi alla determinazione di “chiedere a Dio”, concludendo che se Egli dava la sapienza a coloro che mancavano di sapienza, e avrebbe dato liberalmente e senza rinfacciare, potevo tentare.
Così, in accordo con questa mia determinazione di chiedere a Dio, mi ritirai nei boschi per fare il tentativo. Era il mattino di una bella giornata serena all’inizio della primavera del 1820. Era la prima volta in vita mia che facevo un simile tentativo, poiché, in mezzo a tutte le mie ansietà, non avevo mai provato fino ad allora a pregare ad alta voce.
Dopo che mi fui ritirato nel luogo dove avevo precedentemente deciso di andare, essendomi guardato attorno e trovandomi solo, mi inginocchiai e cominciai a offrire i desideri del mio cuore a Dio. Lo avevo appena fatto, quando fui immediatamente afferrato da un qualche potere che mi sopraffece completamente, ed ebbe su di me un effetto così sorprendente da legare la mia lingua, cosicché non potevo più parlare. Fitte tenebre si addensarono attorno a me, e mi sembrò per un momento di essere condannato ad una improvvisa distruzione.
Uno di Essi mi parlò, chiamandomi per nome, e disse indicando l’altro: “Questo è il mio Figlio diletto. Ascoltalo!”
Ma, esercitando ogni mio potere per invocare Dio di liberarmi dal potere di quel nemico che mi aveva afferrato, e nel momento stesso in cui ero pronto a sprofondare nella disperazione e ad abbandonarmi alla distruzione — non ad una rovina immaginaria, ma al potere di qualche essere reale del mondo invisibile, che aveva un potere così prodigioso come mai prima lo avevo sentito in nessun essere — proprio in quel momento di grande allarme, vidi esattamente sopra la mia testa una colonna di luce più brillante del sole, che discese gradualmente fino a che cadde su di me.
Era appena apparsa, che mi trovai liberato dal nemico che mi teneva legato. Quando la luce stette su di me, io vidi due Personaggi il Cui splendore e la Cui gloria sfidano ogni descrizione, ritti sopra di me nell’aria. Uno di Essi mi parlò, chiamandomi per nome, e disse indicando l’altro: “Questo è il mio Figlio diletto. Ascoltalo!”
Il mio scopo, nell’andare a chiedere al Signore, era quello di sapere quale di tutte le sette fosse quella giusta, per poter sapere a quale unirmi. Perciò, non appena ebbi preso possesso di me stesso così da essere in grado di parlare, chiesi ai Personaggi che stavano sopra di me nella luce quale di tutte le sette fosse quella giusta (poiché a quel tempo non mi era ancora entrato in cuore che fossero tutte in errore) e a quale dovessi unirmi.
Mi fu risposto che non dovevo unirmi a nessuna di esse, poiché erano tutte nell’errore; e il Personaggio che si rivolse a me disse che tutti i loro credo erano un’abominazione al suo cospetto, che quelli che così professavano erano tutti corrotti, che “si avvicinano a me con le labbra ma il loro cuore è distante da me; essi insegnano come dottrina i comandamenti degli uomini e hanno una forma di religiosità, ma ne rinnegano la potenza”.
Mi proibì nuovamente di unirmi ad alcuna di esse, e molte altre cose mi disse che non posso scrivere in questo momento. Quando tornai in me mi trovai steso sulla schiena, a guardare il cielo. Quando la luce se ne fu andata, non avevo più forze; ma riavutomi presto in una certa misura, andai a casa.
Mi accorsi ben presto … che nel narrare la mia storia avevo destato una gran quantità di pregiudizi contro di me fra coloro che si professavano religiosi, e ciò fu causa di una grande persecuzione, che continuò ad aumentare; e sebbene fossi un oscuro ragazzo di appena quattordici o quindici anni, e le mie condizioni di vita fossero tali da rendermi un ragazzo senza importanza nel mondo, tuttavia uomini di elevata posizione mi prestavano attenzione abbastanza da eccitare contro di me l’opinione pubblica e da creare un’aspra persecuzione; e ciò era comune a tutte le sette: tutte unite nel perseguitarmi.
Ciò mi indusse allora a fare serie riflessioni, e da allora l’ho fatto spesso: quanto era strano che un oscuro ragazzo di poco più di quattordici anni, uno — per di più — che era condannato alla necessità di procurarsi uno scarso mantenimento con il suo lavoro quotidiano, fosse ritenuto un personaggio di importanza sufficiente da attirare l’attenzione dei grandi delle sette più popolari del momento, e in maniera tale da creare in loro uno spirito della più aspra persecuzione e ingiuria. Ma, strano o no, così era, e fu spesso per me causa di grande dolore.
Comunque era nondimeno un fatto che avessi avuto una visione. Ho pensato da allora che mi sentivo proprio come Paolo, quando si difese dinanzi al re Agrippa e gli riferì il racconto della visione che aveva avuto, quando vide una luce e udì una voce; eppure non ve ne furono che pochi che gli credettero; alcuni dissero che era disonesto, altri dissero che era pazzo, e fu messo in ridicolo e insultato. Ma tutto ciò non distrusse la realtà della sua visione. Egli aveva avuto una visione, sapeva di averla avuta, e tutte le persecuzioni sotto il cielo non potevano mutare le cose; e sebbene lo perseguitassero fino alla morte, tuttavia egli sapeva, e l’avrebbe saputo fino al suo ultimo respiro, di aver visto una luce e udito una voce che gli parlava, e il mondo intero non avrebbe potuto fargli pensare o credere altrimenti.
Poiché avevo avuto una visione; io lo sapevo e sapevo che Dio lo sapeva, e non potevo negarlo, né avrei osato farlo.
Così era per me. Avevo realmente visto una luce, e in mezzo a quella luce avevo visto due Personaggi, ed Essi mi avevano veramente parlato; e sebbene fossi odiato e perseguitato per aver detto di aver avuto una visione, tuttavia ciò era vero; e mentre mi perseguitavano, mi insultavano e dicevano falsamente ogni sorta di male contro di me per aver detto questo, ero indotto a dire in cuor mio: perché perseguitarmi per aver detto la verità? Ho realmente avuto una visione; e chi sono io per resistere a Dio, o perché il mondo pensa di farmi negare ciò che ho visto realmente? Poiché avevo avuto una visione; io lo sapevo e sapevo che Dio lo sapeva, e non potevo negarlo, né avrei osato farlo; quantomeno sapevo che così facendo avrei offeso Dio e mi sarei posto sotto condanna.
La mia mente era ora tranquillizzata per quanto concerneva il mondo settario: non era mio dovere unirmi ad alcuna di esse, ma continuare com’ero fino a ulteriori indicazioni. Avevo appurato che la testimonianza di Giacomo è veritiera, che chi manca di sapienza può chiedere a Dio e ottenerla, e senza essere rimproverato.
Continuai a badare alle mie normali occupazioni quotidiane fino al ventuno settembre milleottocentoventitré, subendo per tutto il tempo dure persecuzioni da parte di ogni categoria di uomini, sia religiosi che irreligiosi, perché continuavo ad affermare che avevo avuto una visione.
Nell’arco di tempo che intercorse fra il periodo in cui ebbi la visione e l’anno milleottocentoventitré, essendomi stato proibito di unirmi ad alcuna delle sette religiose del momento, ed essendo in tenera età e perseguitato da coloro che avrebbero dovuto essere miei amici e trattarmi gentilmente — e se pensavano che fossi stato ingannato avrebbero dovuto sforzarsi di redimermi in modo adeguato e affettuoso — fui abbandonato ad ogni specie di tentazioni; e mischiandomi con ogni specie di compagnia, caddi frequentemente in molti sciocchi errori e mostrai le debolezze della giovinezza e la fragilità della natura umana; il che, mi spiace dirlo mi indusse in diverse tentazioni, offensive agli occhi di Dio. Quando faccio questa confessione, nessuno dovrà supporre che io fossi colpevole di qualche peccato grave o maligno. Una predisposizione a commettere cose simili non fu mai nella mia indole.
Le persecuzioni continuarono poiché Joseph si rifiutava di negare di aver veduto Dio. Il 21 settembre 1823, dopo essere andato a letto, Joseph pregò per conoscere qual era la sua posizione al cospetto del Signore. Gli apparve l’angelo Moroni.
La sera del precitato ventuno settembre, dopo essermi ritirato a letto per la notte, mi misi a pregare e a supplicare Dio Onnipotente per il perdono di tutti i miei peccati e delle mie follie, e anche per avere una manifestazione, affinché potessi conoscere il mio stato e la mia posizione dinanzi a Lui; poiché avevo piena fiducia di ottenere una manifestazione divina, siccome ne avevo avuto una in precedenza.
Mentre ero così nell’atto di invocare Dio, mi accorsi di una luce che apparve nella mia stanza e che continuò ad aumentare, finché la stanza fu più luminosa che a mezzogiorno, quando improvvisamente un personaggio apparve accanto al mio letto, stando in aria, poiché i suoi piedi non toccavano il pavimento.
Indossava una veste sciolta, del candore più squisito. Era un candore al di là di qualsiasi cosa terrena che avessi mai visto, né credo che alcunché di terreno possa essere fatto apparire così straordinariamente bianco e brillante. Le sue mani erano nude, e anche le braccia un po’ al di sopra dei polsi; così pure erano nudi i suoi piedi, come lo erano le gambe un po’ al di sopra delle caviglie. Anche la testa e il collo erano scoperti. Potei rendermi conto che egli non indossava altro abito se non quella veste, poiché era aperta, cosicché potevo vederne il petto.
Non soltanto la sua veste era straordinariamente bianca, ma tutta la sua persona era gloriosa oltre ogni descrizione, e il suo volto veramente era simile al lampo. La stanza era straordinariamente luminosa, ma non così brillante quanto immediatamente attorno alla sua persona. Quando dapprima lo guardai, ebbi paura; ma subito il timore mi lasciò.
Mi chiamò per nome e mi disse che era un messaggero inviatomi dalla presenza di Dio, e che il suo nome era Moroni; che Dio aveva un’opera da farmi compiere, e che il mio nome sarebbe stato conosciuto in bene e in male fra tutte le nazioni, stirpi e lingue, ossia che se ne sarebbe parlato bene e male fra tutti i popoli.
Disse che c’era un libro nascosto, scritto su tavole d’oro, che dava un resoconto dei primi abitanti di questo continente e della fonte da cui scaturirono. Disse anche che in esso era contenuta la pienezza del Vangelo eterno, come fu data dal Salvatore agli antichi abitanti; inoltre, che vi erano due pietre su archi d’argento — e queste pietre, fissate a un pettorale, costituivano ciò che è chiamato Urim e Thummim — nascoste assieme alle tavole; e che il possesso e l’uso di queste pietre era ciò che costituiva i “veggenti” nei tempi antichi o passati; e che Dio le aveva preparate allo scopo di tradurre il libro.
Dopo avermi detto queste cose, egli cominciò a citare le profezie dell’Antico Testamento. Citò dapprima una parte del terzo capitolo di Malachia; e citò pure il quarto, ossia l’ultimo capitolo della stessa profezia, sebbene con una piccola variante rispetto al modo in cui si legge nelle nostre Bibbie. Invece di citare il primo versetto come si legge nei nostri libri, egli lo citò così:
“Poiché ecco, il giorno viene che arderà come una fornace, e tutti i superbi, sì, tutti quelli che agiscono malvagiamente, bruceranno come stoppia; poiché coloro che verranno li bruceranno, dice il Signore degli Eserciti, cosicché ciò non lascerà loro né radice né ramo”.
E ancora egli citò il quinto verso così: “Ecco, io vi rivelerò il sacerdozio, per mano di Elia, il profeta, prima della venuta del grande e spaventevole giorno del Signore”.
Citò diversamente anche il versetto successivo: “Ed egli pianterà nel cuore dei figli le promesse fatte ai padri, e il cuore dei figli si volgerà ai loro padri. Se così non fosse, la terra intera sarebbe completamente devastata alla sua venuta”.
In aggiunta a questi citò l’undicesimo capitolo d’Isaia, dicendo che stava per adempiersi. Citò anche il terzo capitolo degli Atti, versetti ventidue e ventitré, precisamente come stanno nel nostro Nuovo Testamento. Disse che quel profeta era Cristo, ma che non era ancora venuto il giorno in cui “coloro che non vorranno ascoltare la sua voce saranno recisi di fra il popolo”, ma che sarebbe venuto presto.
Citò anche il secondo capitolo di Gioele, dal versetto ventotto fino all’ultimo. Disse anche che questo non era ancora adempiuto, ma che doveva esserlo presto. E dichiarò inoltre che la pienezza dei Gentili sarebbe venuta presto. Citò molti altri passi delle Scritture, e dette molte spiegazioni che non si possono menzionare qui.
Inoltre mi disse che quando avrei ottenuto quelle tavole di cui aveva parlato — poiché il tempo di riceverle non era ancora adempiuto — non avrei dovuto mostrarle a nessuno, neppure il pettorale con l’Urim e Thummim, tranne a coloro ai quali mi sarebbe stato comandato di mostrarli; se l’avessi fatto sarei stato annientato. Mentre egli conversava con me in merito alle tavole, una visione fu aperta alla mia mente, cosicché potei vedere il luogo dove le tavole erano nascoste, e ciò così chiaramente e distintamente che riconobbi il luogo quando lo visitai.
Dopo questa comunicazione vidi che la luce nella stanza cominciava a raccogliersi immediatamente attorno alla persona di colui che mi aveva parlato, e continuò così finché la stanza fu di nuovo lasciata al buio, eccetto proprio attorno a lui; quando d’un tratto vidi, come sembrava, un condotto aprirsi direttamente verso il cielo, ed egli ascese finché scomparve completamente, e la stanza fu lasciata come era prima che quella luce celeste facesse la sua apparizione.
Giacqui meditando sulla singolarità di quella scena, e mi meravigliavo grandemente di ciò che mi era stato detto da quello straordinario messaggero, quando, nel mezzo della mia meditazione, mi accorsi improvvisamente che la mia camera stava iniziando di nuovo ad essere illuminata, e in un istante, come sembrò, lo stesso messaggero celeste fu di nuovo accanto al mio letto.
Egli cominciò, e riferì di nuovo proprio le stesse cose che aveva detto alla sua prima visita, senza la minima variazione; fatto questo, mi informò di grandi giudizi che stavano per colpire la terra, con grandi desolazioni per carestia, spada e pestilenze; e che questi gravi giudizi sarebbero venuti sulla terra in questa generazione. Dopo aver riferito queste cose, egli ascese di nuovo come aveva fatto prima.
A questo punto così profonda era l’impressione fatta sulla mia mente, che il sonno se n’era andato, e giacqui sopraffatto dallo sbalordimento per ciò che avevo visto e udito. Ma quale non fu la mia sorpresa quando vidi di nuovo lo stesso messaggero accanto al mio letto, e lo udii ridirmi, ossia ripetermi ancora una volta, le stesse cose di prima; e aggiunse un avvertimento per me, dicendo che Satana avrebbe cercato di tentarmi (in conseguenza delle condizioni di indigenza della famiglia di mio padre) a ottenere le tavole allo scopo di arricchirmi. Questo egli mi proibì, dicendo che non dovevo avere nessun altro obiettivo in vista, nell’ottenere le tavole, se non di glorificare Dio, e che non dovevo essere influenzato da nessun altro motivo che quello di edificare il Suo regno; altrimenti non avrei potuto ottenerle.
Dopo questa terza visita egli ascese di nuovo al cielo come prima, e fui di nuovo lasciato a meditare sulla stranezza di ciò che avevo appena vissuto; quando, quasi immediatamente dopo che il messaggero celeste era asceso da me per la terza volta, il gallo cantò e mi resi conto che il giorno si avvicinava, cosicché i nostri colloqui devono aver occupato tutta la notte.
Poco dopo mi alzai dal letto e, come al solito, andai alle necessarie fatiche di ogni giorno; ma nel tentare di lavorare come le altre volte mi accorsi che le mie forze erano così esaurite da rendermi completamente inabile. Mio padre, che lavorava assieme a me, si accorse che in me c’era qualcosa che non andava e mi disse di andare a casa. Partii con l’intenzione di andare verso la mia casa, ma nel tentativo di oltrepassare il recinto per uscire dal campo dove eravamo, le forze mi vennero meno del tutto e caddi a terra privo di forze, e per un certo tempo fui del tutto inconscio di ogni cosa.
La prima cosa che posso rammentare fu una voce che mi parlava, chiamandomi per nome. Guardai in su e vidi lo stesso messaggero, che stava al di sopra della mia testa, circondato di luce come prima. Egli allora mi riferì di nuovo tutto quello che mi aveva riferito la notte precedente e mi comandò di andare da mio padre e di parlargli della visione e dei comandamenti che avevo ricevuto.
Obbedii; ritornai da mio padre nel campo e gli narrai l’intera questione. Egli mi rispose che ciò era da Dio e mi disse di andare e di fare come comandato dal messaggero. Lasciai il campo e andai nel luogo dove il messaggero mi aveva detto che erano nascoste le tavole; e a motivo della nitidezza della visione che avevo avuto riguardo ad esso, riconobbi il luogo nell’istante in cui vi arrivai.
In prossimità del villaggio di Manchester, Contea di Ontario, New York, si trova una collina di dimensioni considerevoli, la più elevata di ogni altra nei dintorni. Sul lato occidentale di questa collina, non lontano dalla cima, sotto una pietra di considerevoli dimensioni giacevano le tavole, nascoste in una cassa di pietra. Questa pietra era spessa ed arrotondata nel mezzo, sulla parte superiore, e più sottile verso i bordi, cosicché la parte centrale di essa era visibile sopra il terreno, ma i bordi tutt’attorno erano coperti di terra.
Avendo rimosso la terra mi procurai una leva, che fissai sotto il bordo della pietra, e con un lieve sforzo la sollevai. Guardai dentro, e là infatti vidi le tavole, l’Urim e Thummim e il pettorale, come affermato dal messaggero. La cassa in cui giacevano era stata formata ponendo insieme delle pietre con una qualche specie di cemento. Nel fondo della cassa erano poste due pietre sulle diagonali della cassa, e su queste pietre giacevano le tavole e le altre cose con esse.
Feci un tentativo di tirarle fuori, ma mi fu proibito dal messaggero, e fui di nuovo informato che il momento di portarle alla luce non era ancora arrivato, né lo sarebbe stato fino a quattro anni da quel momento; ma mi disse che sarei dovuto tornare in quel luogo dopo un anno preciso da quel momento, e che là egli si sarebbe incontrato con me, e che avrei dovuto continuare a fare così finché non fosse venuto il tempo di ottenere le tavole.
Di conseguenza, come mi era stato comandato, andai alla fine di ogni anno, e ogni volta vi trovai lo stesso messaggero e ricevetti da lui istruzioni e informazioni, a ognuno dei nostri colloqui, in merito a ciò che il Signore stava per fare e a come e in quale maniera il suo regno doveva essere condotto negli ultimi giorni.
Siccome le condizioni materiali di mio padre erano molto limitate, eravamo nella necessità di lavorare con le nostre mani, assunti per lavori alla giornata e in altri modi, secondo l’occasione che veniva. Talvolta eravamo a casa e talvolta fuori, e mediante il continuo lavoro eravamo in grado di avere un tenore di vita confortevole.
Joseph faceva diversi mestieri e consentiva alla sua famiglia di condurre una vita agiata. Nel 1825 trovò lavoro nella Contea di Chenango, nello Stato di New York. Là egli conobbe Emma Hale, che sposò il 18 gennaio 1827.
Giunse infine il momento di ottenere le tavole, l’Urim e Thummim e il pettorale. Il ventidue settembre milleottocentoventisette, essendo andato, come al solito alla fine di un altro anno, al luogo dove erano nascoste, lo stesso messaggero celeste me le consegnò con questo incarico: che ne sarei stato responsabile; che se le avessi perdute per noncuranza o per qualche mia negligenza, sarei stato reciso; ma che se avessi usato tutto il mio impegno per preservarle fino a che egli, il messaggero, fosse venuto a riprenderle, esse sarebbero state protette.
Scoprii subito la ragione per cui avevo ricevuto istruzioni così rigide di tenerle al sicuro, e per quale motivo il messaggero aveva detto che, quando avessi fatto tutto ciò che mi era stato chiesto, egli sarebbe venuto a riprenderle. Infatti, non appena fu noto che le avevo, gli sforzi più strenui furono impiegati per togliermele. A tale scopo si ricorse ad ogni stratagemma che si potesse inventare. Le persecuzioni divennero più aspre e più dure di prima e molta gente era continuamente in allerta per togliermele, se possibile. Ma, per la saggezza di Dio, esse rimasero sicure nelle mie mani fino a che potei compiere tramite esse ciò che mi era richiesto. Quando, secondo gli accordi, il messaggero venne a riprenderle, gliele consegnai; ed egli le ha in suo possesso fino a quest’oggi, che è il due maggio milleottocentotrentotto…
Il 5 aprile 1829 Oliver Cowdery, che fino a quel momento non avevo mai visto, venne a casa mia. Mi spiegò che mentre insegnava in una scuola nel circondario dove risiedeva mio padre, ed essendo mio padre uno di coloro che mandavano i figli a scuola, egli era andato per qualche tempo a pensione in casa sua; e mentre era là la famiglia gli aveva riferito le circostanze in cui avevo ricevuto le tavole, e di conseguenza era venuto a farmi qualche domanda.
Due giorni dopo l’arrivo del signor Cowdery (era il 7 aprile) cominciai a tradurre il Libro di Mormon ed egli iniziò a scrivere per me.
Nell’aprile 1829 Joseph Smith, con Oliver Cowdery come scrivano, cominciò a tradurre il Libro di Mormon per dono e potere di Dio. Dopo che Joseph ebbe finito, altre persone ebbero il privilegio di vedere le tavole d’oro. Anche questi testimoni hanno scritto la loro testimonianza, poiché “ogni parola sarà confermata dalla bocca di due o di tre testimoni” (2 Corinzi 13:1).
Sul lato occidentale di questa collina, non lontano dalla cima, sotto una pietra di considerevoli dimensioni giacevano le tavole, nascoste in una cassa di pietra.
Continuavamo ancora l’opera di traduzione quando, il mese seguente (maggio 1829), in un certo giorno andammo nel bosco per pregare e chiedere al Signore in merito al battesimo per la remissione dei peccati, che avevamo trovato menzionato nella traduzione delle tavole. Mentre eravamo così occupati a pregare e a invocare il Signore, un messaggero dal cielo scese in una nuvola di luce e, dopo averci imposto le mani, ci ordinò dicendo:
“Su di voi, miei compagni di servizio, nel nome del Messia, io conferisco il Sacerdozio di Aaronne, che detiene le chiavi del ministero degli angeli, e del Vangelo di pentimento, e del battesimo per immersione per la remissione dei peccati; e questo non sarà mai più tolto dalla terra fino a che i figli di Levi non offriranno di nuovo un’offerta al Signore in rettitudine”.
Disse che il Sacerdozio di Aaronne non aveva il potere di imporre le mani per il dono dello Spirito Santo, ma che ciò ci sarebbe stato conferito in seguito; e ci comandò di andare a battezzarci, e ci dette istruzioni che io battezzassi Oliver Cowdery e che egli poi battezzasse me.
Di conseguenza andammo e ci battezzammo. Prima io battezzai lui, e poi lui battezzò me; dopo di che gli posi le mani sul capo e lo ordinai al Sacerdozio di Aaronne; poi egli pose le mani su di me e mi ordinò allo stesso sacerdozio; poiché così ci fu comandato.
Il messaggero che ci visitò in quella occasione e che ci conferì questo sacerdozio disse che il suo nome era Giovanni, lo stesso che nel Nuovo Testamento è chiamato Giovanni Battista, e che agiva sotto la direzione di Pietro, Giacomo e Giovanni, che detenevano le chiavi del Sacerdozio di Melchisedec, il quale sacerdozio, egli disse, ci sarebbe stato conferito a tempo debito, e che io sarei stato chiamato il primo Anziano della Chiesa ed egli (Oliver Cowdery) il secondo. Fu il quindici maggio 1829 che fummo ordinati sotto le mani di questo messaggero, e battezzati.
Immediatamente, mentre uscivamo dall’acqua dopo essere stati battezzati, ricevemmo grandi e gloriose benedizioni dal nostro Padre celeste. Avevo appena battezzato Oliver Cowdery, che lo Spirito Santo cadde su di lui, ed egli si alzò e profetizzò molte cose che sarebbero avvenute tra breve. E ancora, non appena fui battezzato da lui, anch’io ebbi lo spirito di profezia, per cui, alzatomi, profetizzai riguardo al sorgere di questa Chiesa e a molte altre cose connesse con la Chiesa e con questa generazione di figlioli degli uomini. Fummo riempiti dello Spirito Santo e gioimmo nel Dio della nostra salvezza.
Questa è la semplice e diretta testimonianza di Joseph Smith, che descrive alcuni degli avvenimenti che condussero alla restaurazione del Vangelo e alla fondazione della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.
Per una versione più completa della storia di Joseph Smith vedere Joseph Smith — Storia in Perla di Gran Prezzo o History of the Church, 1:2–79.
Gli insegnamenti di Gesù Cristo contenuti nella Bibbia sono da sempre una fonte di ispirazione per gli uomini. Vi sono altri insegnamenti del Salvatore in un volume di Scritture che la correda: il Libro di Mormon: un altro testamento di Gesù Cristo. Questi insegnamenti vi porteranno pace e felicità durature fornendovi una guida ispirata in questa vita.