CES – Conferenza degli insegnanti di religione
La verità persiste


38:50

La verità persiste

Una serata con l’anziano D. Todd Christofferson

Discorso tenuto agli insegnanti di religione del CES • 26 gennaio 2018 • Tabernacolo di Salt Lake

Ringrazio il mio Padre Celeste del privilegio di essere con voi questa sera. Sono grato per l’anziano Kim B. Clark e per il fratello Chad H. Webb. Ammiro tutti coloro che sono stati menzionati questa sera o sono elencati nel programma cartaceo. Apprezzo profondamente il Sistema Educativo della Chiesa, e i Seminari e gli Istituti. Ammiro profondamente tutti coloro che servono — gli impiegati, i volontari, chiunque dia il proprio contributo. Credo che il servizio che svolgete sia estremamente importante e prezioso per i membri della Chiesa, soprattutto per ciascuna generazione crescente, e io ve ne sono grato.

Questa sera vorrei parlarvi della verità. Il Sistema Educativo della Chiesa è dedito all’insegnare e all’inculcare la verità, specialmente quelle verità più salienti e fondamentali che sono i pilastri della vita eterna. È sempre stato importante non limitarsi a insegnare la verità ma a difenderla, e ai nostri giorni tale necessità sembra aumentare.

Tutti noi ricordiamo la conversazione, riportata in Giovanni, che ebbe luogo quando Gesù fu accusato davanti a Pilato e dichiarò di essere venuto nel mondo per “testimoniare della verità”. Gesù disse: “Chiunque è per la verità ascolta la mia voce”.1 Pilato, risultando quanto mai cinico, rispose: “Che cos’è verità?”2. Era, apparentemente, una domanda retorica. Magari egli non credeva che la verità esistesse o forse, dopo una vita di intrighi politici, aveva rinunciato alla speranza che si potesse mai sapere cosa è realmente vero. Ciononostante, la sua è una buona domanda, una domanda su cui dovremmo riflettere.

Nella Sua meravigliosa preghiera di intercessione fatta durante l’Ultima Cena, il Signore attestò che la parola del Padre è verità.3 Egli dichiarò che la testimonianza dello Spirito Santo è vera e che “la verità sussiste per sempre e in eterno”4. Sia del Padre che del Figlio si dice che sono “[pieni] di grazia e di verità”5. Mediante rivelazione al profeta Joseph Smith, il Salvatore fornì forse la definizione più concisa possibile della verità: “La verità è la conoscenza delle cose come sono, e come furono, e come devono avvenire”6.

Pur essendo chiara, tale definizione suggerisce che, senza l’aiuto divino, la comprensione della verità che l’essere umano ha non può essere molto estesa. Chauncey C. Riddle, professore emerito alla BYU, dà la seguente spiegazione:

“Nessun essere umano può avere altro che un briciolo della verità su come sono le cose, su come furono e su come saranno. E, dato che noi comprendiamo attraverso i rapporti, in quanto esseri umani, non possiamo comprendere quel briciolo [di verità] che conosciamo nella sua totalità perché il briciolo ha il suo pieno significato solo quando è in relazione a tutto il resto e al passato, [al presente] e al futuro di tutto il resto.

La verità è quindi una cosa compresa completamente solo dagli dèi, esseri che sono onniscienti e che conoscono ogni cosa passata, presente e futura”7.

Il professor Riddle continua sottolineando:

“Per soccorrere l’umanità da questa limitata abilità di discernere la verità, nostro Padre ci ha dato il nostro Salvatore, Gesù Cristo, e lo Spirito Santo. Il nostro Salvatore dà la Luce di Cristo a tutti gli uomini e a tutte le donne nati in questo mondo, Luce mediante la quale essi possono distinguere il bene dal male. […] Se una persona riceve e ama la Luce di Cristo, e impara a utilizzarla abitualmente nel discernere tra il bene e il male, sarà pronta a ricevere la testimonianza dello Spirito Santo. […] Una persona che ha [il dono dello Spirito Santo] ha diritto alla costante compagnia dello Spirito Santo. Chiunque abbia tale compagnia costante ha accesso a tutta la verità. ‘E mediante il potere dello Spirito Santo voi potrete conoscere la verità di ogni cosa’ [Moroni 10:5]’”8.

Il Salvatore ha confermato quanto detto in una dichiarazione fatta all’Ultima Cena: “Ma quando sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità”9. Parlando a Joseph Smith, Egli aggiunse: “Colui che rispetta i [miei] comandamenti riceve verità e luce, fino a che sia glorificato nella verità e conosca ogni cosa”10.

La prima cosa che dovremmo capire della verità, quindi, è che la comprensione della verità in qualsiasi misura significativa richiede l’aiuto divino, che sia mediante la Luce di Cristo o dello Spirito Santo. In parole povere, data la limitatezza della nostra capacità e delle nostre risorse terrene, se non siamo aiutati dalla rivelazione non possiamo ottenere una conoscenza completa delle cose com’erano, come sono e come saranno e come una qualunque cosa sia in relazione a come tutto il resto era, è o sarà.

Ciononostante, questo è il consiglio del Signore al profeta Joseph Smith: “Studia, e impara, e familiarizzati con tutti i buoni libri e con le lingue e gli idiomi, ed i popoli”11. Ed Egli estende il suddetto consiglio a tutti noi: “Cercate nei libri migliori parole di saggezza [o, potremmo dire, di “verità”]; cercate l’istruzione, sì, mediante lo studio ed anche mediante la fede”12. E dice che dovremmo farlo “diligentemente”13. Dobbiamo dedicarvi il nostro impegno migliore, impegno che include l’esercizio della fede — chiedere, cercare e bussare in modo attivo perché ci venga aperta la porta della verità e della luce che proviene da Dio.14 Questo è “imparare approfonditamente”, come lo ha descritto stasera l’anziano Clark.

Credo che la maggior parte della verità, se non tutta, che siamo in grado di scoprire derivi dall’aiuto divino, che ce ne rendiamo conto o no. Nello scrivere sulla Luce di Cristo o Spirito di Cristo, il presidente Boyd K. Packer ha affermato:

“Lo Spirito di Cristo può illuminare l’inventore, lo scienziato, il pittore, lo scultore, il compositore, il musicista, l’architetto, l’autore, può produrre frutti meravigliosi, persino ispirati, per il bene di tutta l’umanità.

Lo Spirito può dare suggerimenti al contadino nel suo campo o al pescatore sulla sua barca. Può ispirare l’insegnante in classe, il missionario che sta insegnando. Può ispirare lo studente che ascolta. È inoltre enormemente importante il fatto che può ispirare marito e moglie, padre e madre”15.

Noi, tra tutti, dovremmo essere abbastanza umili e realistici da riconoscere non solo che la salvezza giunge per grazia “dopo aver fatto tutto ciò che possiamo fare”, ma che la nostra comprensione della verità giunge in modo simile per grazia “dopo aver fatto tutto ciò che possiamo fare”.16 “Poiché la parola del Signore è verità, e tutto ciò che è verità è luce, e tutto ciò che è luce è Spirito, sì, lo Spirito di Gesù Cristo”17.

Adesso leggerò la dichiarazione del Salvatore, secondo cui “la verità sussiste per sempre e in eterno”18. Nella sezione 93 di Dottrina e Alleanze, il Signore dichiara: “Ogni verità è indipendente in quella sfera in cui Dio l’ha posta, per agire da se stessa, come pure ogni intelligenza; altrimenti non v’è esistenza”19. Quello che capisco è che tutta la verità, compresa la verità che governa la nostra sfera attuale, esiste in modo indipendente e separato. Non è influenzata dalla mia preferenza o dalla vostra opinione. Rimane indipendente da qualunque tentativo di controllarla o di cambiarla. Non le si può fare pressione né la si può influenzare in alcun modo. È una realtà fissa.

Il Salvatore ha detto che, senza tale realtà fissa della verità, “non v’è esistenza”20. Credo che sia questo che Lehi aveva in mente quando insegnò:

“E se direte che non vi è legge [con legge qui si intende un sinonimo di verità, verità che è ‘indipendente in quella sfera in cui Dio l’ha posta’], direte anche che non v’è peccato [essendo il peccato la disobbedienza alla legge]. E se direte che non v’è peccato, direte pure che non vi è rettitudine [essendo la rettitudine l’obbedienza alla legge; in altre parole, senza legge o verità non c’è nulla a cui obbedire o disobbedire]. E se non ci fosse rettitudine non ci sarebbe felicità [essendo la felicità il risultato della rettitudine]. E se non ci fossero rettitudine né felicità, non vi sarebbero punizione né infelicità [essendo la punizione e l’infelicità le conseguenze del peccato]. E se queste cose non esistono, Dio non esiste. E se non esiste Dio, non esistiamo noi, né la terra; poiché non vi sarebbe potuta essere alcuna creazione di cose, né per agire, né per subire; pertanto tutte le cose avrebbero dovuto svanire”21.

Grazie a queste cose sappiamo, quindi, che la verità esiste, che rappresenta una realtà fissa e immutabile, che, senza aiuto, la quantità di verità che gli esseri umani possono discernere è relativamente piccola, che dipendiamo dall’aiuto della rivelazione divina per apprendere “la verità di ogni cosa”22 e che noi e Dio dipendiamo dalla verità per agire e per creare, “altrimenti non v’è esistenza”.23 Altrove impariamo anche che la verità non contrasta con la verità, ma che tutta la verità può essere infatti circoscritta in un grande insieme.

Ora, a che punto ci troviamo nel mondo odierno nel cercare di insegnare e di affermare la verità, soprattutto quella spirituale?

Nella maggior parte del mondo, il pensiero relativista è diventato una filosofia dominante. Con relativismo intendo la concezione secondo cui le verità etiche o morali sono relative, che dipendono dai comportamenti e dai sentimenti di coloro che le detengono e che nessuno può giudicare la validità della “verità” altrui. In questi giorni si sentono molti discorsi su “la mia verità” e “la sua verità”, uomo o donna che sia. Questo genere di pensiero è descritto dall’editorialista David Brooks nella recensione del libro Lost in Transition, del sociologo Christian Smith dell’università di Notre Dame e di altri autori. Brooks scrive:

“La visione predominante, a cui la maggioranza [delle interviste a Smith] giungeva ripetutamente, è che le scelte morali non sono che una questione di gusto individuale. ‘È una cosa personale’, dicevano di solito gli intervistati. ‘Dipende dall’individuo. Chi sono io per dirlo?’.

Rifiutando la cieca deferenza all’autorità, molti dei giovani sono passati all’estremo opposto: ‘Farei ciò che penso possa rendermi felice o ciò che mi sentirei di fare. Non ho altro modo di sapere cosa fare se non per come mi sento internamente’.

Molti erano pronti a parlare dei loro sentimenti morali, ma restii a collegarli a qualunque pensiero più ampio riguardo a una cornice morale o un obbligo comuni. Come uno di loro ha detto: ‘Intendo dire, credo che ciò che renda giusta una cosa è come mi sento al riguardo. Molte persone, però, provano cose diverse, quindi non posso parlare per conto di chiunque altro su ciò che è giusto o sbagliato’”24

Penso concordiate sul fatto che la filosofia del relativismo morale abbia fatto grandi progressi ai nostri giorni. “Non giudicare” è diventato pressoché una norma insindacabile nella conversazione e nel comportamento. Ma, in realtà, tutti noi esprimiamo giudizi su ciò che è giusto o sbagliato, e non solo a livello personale, ma per le persone e la società che ci circondano. Le leggi e i sistemi giuridici, anche i sistemi politici, sono l’incarnazione dei valori morali e delle verità percepite. In una società multietnica, possiamo dibattere su quali valori dovrebbero essere custoditi nelle leggi o nei regolamenti e su cosa è giusto o sbagliato oppure vero, ma, alla fine, su un qualunque argomento, il modo in cui una persona o un gruppo considerano la verità prevale e tutti ne sono vincolati.

Il relativismo morale semplicemente non funziona se devono esserci ordine e giustizia nella società. Può l’omicidio essere sbagliato per la maggior parte delle persone, ma giusto per qualcuno? Un ladro è autorizzato a tenere ciò che ruba e a continuare a rubare perché crede che il furto sia una cosa giusta per lui, soprattutto perché è cresciuto in circostanze svantaggiate? Oppure, prendendo spunto dalle notizie che oggi sono su tutti i giornali, un uomo è autorizzato a molestare sessualmente una donna perché pensa che sia coerente con il proprio senso di giusto e sbagliato?

“Beh”, mi si potrebbe dire, “stai parlando di cose che sono in genere considerate sbagliate. Ci sono alcuni valori autoesistenti inerenti all’esistenza umana che sono le basi di leggi contro l’omicidio, la violenza sessuale, il furto e altre azioni che danneggiano le persone o che interferiscono con il loro legittimo perseguimento della felicità. Questi sono diritti umani essenziali e universali che negano qualunque diritto individuale a fare il contrario. È solo al di là di questi diritti umani riconosciuti che si applica il relativismo morale, secondo cui ciascun individuo può definire personalmente cosa è giusto o sbagliato”. Ma questa linea di ragionamento puntualizza che ci sono di fatto assoluti morali, che vogliate chiamarli diritti umani universali o in qualche altro modo. Almeno alcune verità e alcuni concetti morali esistono separatamente dal capriccio o dalla preferenza personali. L’unico dibattito, in realtà, è su ciò che sono e sulla loro portata. Ciò che definiamo relativismo morale e in realtà un dibattito continuo sulla tolleranza: quali azioni e quali differenze dovrebbero essere tollerate nella società e nei rapporti umani?

La nostra chiamata, ed è sempre più urgente in questo contesto, è quella di insegnare la verità dei concetti morali: che cosa sono e qual è la loro portata. Stimiamo la verità su qualunque argomento da qualsiasi fonte, ma la verità eterna, specialmente quando influenza il significato, lo scopo e la condotta della vita, dobbiamo ottenerla da Dio. I relativisti morali in genere non vedono alcun ruolo o rilevanza per Dio in questa discussione e di solito dubitano addirittura che Egli esista. Sarebbe davvero poco conveniente per loro se Egli esistesse e lo sarebbe ancora di più se Egli parlasse all’uomo. Si può solo pensare alla verità come relativa se Dio non ci fosse.

Di recente, il centro di ricerca Pew Research ha riportato che, per la prima volta, una maggioranza di americani (il 56%) dice che non è necessario appartenere a una religione per essere una brava persona. “‘Dio non è un prerequisito per i buoni valori e la moralità’, ha detto Greg Smith, direttore associato di ricerca presso il Pew, nel suo post sulle scoperte”25.

Sono certo che concorderemmo sul fatto che le persone atee o che altrimenti non professano alcuna religione o credo religioso possono essere, e spesso lo sono, persone buone e rette. Non concorderemmo, però, sul fatto che ciò avvenga senza Dio. Come sottolineato prima, che a qualcuno piaccia o no, che ci creda o no oppure che ne sia al corrente o no, quel qualcuno è pervaso dalla Luce di Cristo e possiede, quindi, un senso comune di giusto e sbagliato che a volte chiamiamo coscienza. Il Salvatore ha detto: “Io sono la vera luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo”26. Leggiamo anche: “E lo Spirito dà luce a ogni uomo che viene nel mondo; e lo Spirito illumina ogni uomo in tutto il mondo che dà ascolto alla voce dello Spirito”27.

Nell’articolo che ho citato prima, il presidente Boyd K. Packer ha spiegato:

“Ogni uomo, donna e bambino di ogni nazione, credo o colore, ogni persona, a prescindere da dove vive o ciò in cui crede o fa, ha in sé l’inesauribile Luce di Cristo. In questo senso, tutti gli uomini sono creati uguali. La Luce di Cristo presente in tutti noi è una testimonianza che Dio non ha riguardo alla qualità delle persone (vedere DeA 1:35). Egli tratta tutti con equità nel conferire la Luce di Cristo”28.

La Luce di Cristo esistente in ogni essere umano è ciò che Lehi aveva in mente quando dichiarò: “E gli uomini sono istruiti sufficientemente per distinguere il bene dal male. […] E poiché sono stati redenti dalla caduta, essi sono diventati per sempre liberi, distinguendo il bene dal male; per agire da sé e non per subire”29. Mormon esortò: “[Investigate] diligentemente nella Luce di Cristo per poter distinguere il bene dal male; e se vi atterrete ad ogni cosa buona e non la condannerete, certamente sarete figlioli di Cristo”30.

Il danno che il relativismo morale fa è reale poiché agisce per sminuire le coscienze. Se riconosciuta e seguita, la coscienza porterà a una luce e a una verità sempre più grandi. Ignorare o reprimere la coscienza porta, ovviamente, la persona lontana dalla luce e dalla verità verso la negazione, l’errore e il rammarico. Fingere che non ci sia una verità fissa e oggettiva non è altro che un tentativo di evadere la responsabilità e l’affidabilità. Questa non è una ricetta per la felicità.

Vent’anni fa, J. Budziszewski, professore di Scienze politiche e Filosofia presso la University of Texas, ad Austin, ha scritto un articolo interessante per la rivista cattolica First Things dal titolo “The Revenge of Conscience” [la vendetta della coscienza]. Ha parlato della coscienza come parte di una legge naturale, “una legge scritta nel cuore di ciascun essere umano”. L’ha, ovviamente, definita la Luce di Cristo. In ogni caso, le sue osservazioni sui tentativi di reprimere la coscienza sono acute.

Ha scritto: “La nostra conoscenza dei principi cardine [come quelli inclusi nei Dieci Comandamenti] è indelebile. Queste sono le leggi che non possiamo non conoscere”31. Il relativismo morale nega che tali principi cardine esistano o, se esistono, nega che siano affatto giusti. Il realismo morale sostiene che non conosciamo realmente la verità, ma che la cerchiamo sinceramente e che facciamo del nostro meglio, nel tentativo di vedere in una notte di nebbia, diciamo così. Budziszewski dichiara: “La nostra conoscenza è migliore di così; noi non stiamo facendo del nostro meglio. […] In linea di massima sappiamo cos’è giusto e cos’è sbagliato, ma vorremmo non saperlo. Noi facciamo solo credere che stiamo cercando la verità — così da poter fare ciò che è sbagliato, da condonare ciò che è sbagliato o da reprimere il nostro rimorso per aver fatto scelte sbagliate in passato. [… Il] nostro declino non è dovuto all’ignoranza morale, ma alla repressione morale. Noi non siamo senza istruzione, noi ‘neghiamo’. Noi non siamo senza conoscenza morale, noi la freniamo”32.

Ciò che Alma descrisse a suo figlio Corianton come “rimorso di coscienza”33 è reale e Budziszewski sottolinea che i tentativi di reprimere la coscienza o di alleviare il rimorso, senza pentirsi, alla fine saranno infruttuosi. Lo vediamo nelle persone che fingono che non sia sbagliato ciò che invece sanno esserlo. Il fatto di ricommettere un peccato ripetutamente può essere intenzionale nel tentativo di mettere a tacere la voce della coscienza. Alcuni magari perseguono una distrazione perpetua immergendosi nei social media o nei videogiochi oppure avendo costantemente la musica nelle orecchie per evitare i momenti di silenzio durante i quali la coscienza potrebbe parlare. Lo vediamo nella razionalizzazione alla quale sembra non esserci fine, sia nel numero che nella creatività. Budziszewski la cita: “Dico a me stesso che il sesso [al di fuori del matrimonio] va bene perché sposerò la mia compagna, perché voglio che la mia compagna mi sposi o perché devo scoprire se possiamo essere felici da sposati, [oppure] ‘a noi non servono promesse perché siamo innamorati’. Ciò implica, ovviamente, che chi ha bisogno di promesse [o chi le vuole] ama in modo impuro”34.

Al di là della pretesa, della distrazione e della razionalizzazione, le persone possono provare a coinvolgere altri nell’atto colpevole come tentativo di giustificare se stesse. Queste persone “non peccano in privato; reclutano”35. Potremmo dire che Satana è il reclutatore per eccellenza, “poiché egli cerca di rendere tutti gli uomini infelici come lui”36. Più pericolosi sono coloro che insistono che “la società deve essere trasformata in modo che non si erga più in tremendo giudizio. Pertanto, cambiano le leggi, si infiltrano nelle scuole e creano burocrazie socio-assistenziali inopportune”37. Isaia fece bene a fare il seguente ammonimento: “Guai a quelli che chiaman bene il male, e male il bene, che mutan le tenebre in luce e la luce in tenebre, che mutan l’amaro in dolce e il dolce in amaro!”38.

Quindi, conclude Budziszewski, è il nostro sforzo di reprimere le forze possenti della coscienza e di razionalizzare la colpa che spinge la società sempre più a fondo dell’abisso morale.39 Vorrei aggiungere che esso giustifica anche la rabbia che scoppia sempre più in qualunque tentativo di discussione che implichi gli standard e le norme sociali.

Parlando a Nicodemo, Gesù disse:

“E il giudizio è questo: che la luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perché le loro opere erano malvagie.

Poiché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, perché le sue opere non siano riprovate;

ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le opere sue siano manifestate, perché son fatte in Dio”40.

I tentativi di reprimere la coscienza non solo sono futili, ma, se la gente comprendesse le cose nella loro vera luce, nessuno vorrebbe mai provare a farli. Quasi all’inizio ho menzionato ciò che Lehi insegnò sul tentativo di evitare la punizione e l’infelicità negando la realtà del peccato — “se direte che non vi è legge, direte […] che non v’è peccato”41. Se potessimo cancellare la legge, ossia la verità, come cercano di fare coloro che lottano contro la coscienza, potremmo davvero liberarci della colpa, della punizione o dell’infelicità. Ma, ricordate, come ha avvertito Lehi, che neanche la vostra esistenza avrebbe valore senza la legge. Cancelleremmo la possibilità di essere retti e felici. Cancelleremmo la creazione e l’esistenza. Ovviamente, l’idea di cancellare o di eliminare la verità non ha senso, ma c’è un modo per eliminare l’infelicità pur preservando l’opportunità di essere felici. Si chiama dottrina del vangelo di Cristo — fede in Cristo, pentimento e battesimo, sia di acqua che di Spirito.42

Dobbiamo aiutare i nostri studenti, come disse il Salvatore, a “[mettere] in pratica la verità”43 — ovvero, abbracciare completamente la Luce di Cristo che è in loro e accogliere la luce e la verità ulteriori che giungono mediante lo Spirito Santo. Resistere, razionalizzare e fingere non lo faranno. Solo il pentimento e l’obbedienza alla verità possono dare l’“autenticità” che molti desiderano. Solo il pentimento e l’obbedienza alla verità possono preservare e accrescere la nostra felicità e la nostra libertà.

All’inizio della mia carriera in campo legale, ho visto personalmente i tragici frutti dell’ignorare la coscienza. Ero segretario del giudice John J. Sirica, del tribunale distrettuale degli Stati Uniti a Washington D.C. (USA). Lo scandalo noto come Watergate scoppiò poco dopo l’inizio del mio impiego e i procedimenti giudiziari relativi al Watergate occuparono il tempo del giudice Sirica e, di conseguenza, il mio quasi completamente per i successivi due anni e mezzo circa. Senza ricordare i dettagli, dirò semplicemente che, nel 1972, alcuni operatori della campagna per la rielezione del presidente Richard Nixon, il Comitato per la rielezione del presidente, facendo irruzione e ascoltando di nascosto, cercarono di rubare informazioni al Comitato democratico nazionale. Ci furono degli arresti e un tentativo quasi immediato di nascondere qualsiasi collegamento delle suddette attività illegali alla campagna del presidente Nixon o a qualsiasi funzionario della Casa Bianca. Tale insabbiamento costituiva un criminale ostacolo alla giustizia, e arrivò a comprendere persino il presidente Nixon.

Mi sembrava che ci fossero molti momenti, nei successivi due anni prima che si dimettesse, in cui Nixon, con una risvegliata coscienza, avrebbe potuto fermare tutto dicendo: “Questo non è giusto, noi non continueremo, lasciate che accada quel che deve accadere”, avrebbe potuto superare bene l’imbarazzo politico e le inevitabili critiche e completare il suo mandato. Ma non disse mai di fermarsi. Al contrario, si fece coinvolgere sempre più personalmente nella cospirazione per insabbiare il tutto. Ritengo che il livello più basso si sia raggiunto quando il giudice Sirica e io ascoltammo la registrazione di una conversazione avvenuta il 21 marzo 1973 tra il presidente e il consigliere legale della Casa Bianca, John Dean, nell’ufficio ovale.

Dean aveva gestito l’insabbiamento all’interno della Casa Bianca e aveva le sensazione che stava iniziando a venire alla luce. Era andato a chiedere indicazioni a Nixon. Nella registrazione di quella conversazione, Dean espose quello che era stato fatto durante i mesi precedenti, compresa l’intenzione di consegnare denaro alle famiglie di chi era stato giudicato colpevole nell’effrazione del Watergate. Il denaro era stato versato per comprare il loro silenzio riguardo alle alte sfere del Comitato per la rielezione del presidente che avevano pianificato e ordinato l’effrazione, ma ora minacciavano di parlare perché il denaro per le rispettive famiglie non sarebbe arrivato subito o non era quanto ritenevano fosse stato loro promesso.

Io e il giudice Sirica fummo scioccati nel sentire Nixon chiedere con calma: “Quanti soldi serviranno?”. Dal suo tono di voce, lo stesso Dean sembrava sorpreso della risposta e, con quello che sembrava un numero tirato a caso, rispose: “Un milione di dollari”. Nixon rispose che mettere insieme quella cifra non sarebbe stato un problema, ma che si preoccupava di come potesse essere distribuito senza lasciare traccia. Io e il giudice non riuscivamo a credere — non volevamo credere — a quello che stavamo ascoltando, ed egli mi passò un biglietto suggerendo di riavvolgere il nastro e di riascoltarlo. Finimmo di ascoltare la conversazione e poi, senza dirci granché, riponemmo il nastro e andammo a casa prima. Anche ora, ricordo la sensazione di disillusione e di tristezza. Questo accadeva alcuni mesi prima che Nixon si ritirasse, ma sapevamo che il presidente sarebbe stato accusato se non si fosse dimesso prima.

A volte mi chiedo, me lo chiedo da allora, perché Nixon lasciò che questo scandalo crescesse e peggiorasse. Mi sorprende ancora che, con il passare del tempo, la sua coscienza è potuta diventare sufficientemente insensibile che persino il tentativo di ricatto al presidente degli Stati Uniti da parte degli scassinatori del Watergate non gli abbia causato alcuna indignazione. La lezione che ho imparato da questa esperienza è che la mia speranza di evitare la possibilità di una simile catastrofe nella mia vita risiede nel non fare mai eccezioni — nel sottomettermi sempre e invariabilmente ai dettami della coscienza. Mettere da parte la propria integrità anche solo per atti apparentemente piccoli in questioni apparentemente irrisorie pone nel pericolo di perdere il beneficio e la protezione della coscienza in una sola volta. Sono sicuro che qualcuno l’abbia “fatta franca” nel senso che ha agito disonestamente o illegalmente negli affari oppure nella vita professionale o politica e non ha mai dovuto renderne conto (almeno in questa vita). Ma una coscienza debole e, di sicuro, una coscienza intorpidita, apre le porte dei “Watergate”, che siano grandi o piccoli, collettivi o personali — disastri che possono compromettere e distruggere sia il colpevole che l’innocente.

Giovanni riporta la possente promessa del Salvatore “a que’ Giudei che aveano creduto in lui: Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi”44. Conoscere e seguire la verità ci rende senza dubbio liberi — innanzitutto liberi dalla schiavitù dell’ignoranza e del peccato,45 e poi liberi di perseguire ogni cosa buona finché riceviamo il regno del Padre e tutto quello che Egli ha da dare.46 Sapendo che Gesù è “la via, la verità e la vita”47 in persona, forse il significato più importante della verità che ci rende liberi è che, mediante la Sua grazia, Egli ci libera dalla morte e dall’inferno.48

Il Signore ha dichiarato: “La luce e la verità abbandonano quel a maligno [ponendo fine alla schiavitù del peccato]. [… Ma] quel malvagio viene e toglie la luce e la verità dai figlioli degli uomini tramite la disobbedienza, e a causa delle tradizioni dei loro padri”49.

Nel Libro di Mormon abbiamo un esempio profondo del maligno che toglie la luce e la verità attraverso false tradizioni e disobbedienza. Circa un secolo e mezzo prima della venuta di Cristo, dei Lamaniti si dice che erano gravati da false tradizioni e “non sapevano nulla riguardo al Signore”50. Fu solo quando i figli di Mosia si impegnarono nella loro notevole missione che un numero considerevole di Lamaniti sentì parlare del piano di salvezza e apprese la verità.51

E il re Lamoni fu sopraffatto dalla gioia, la gioia di uscire dall’oscurità della falsità e di entrare nella luce meravigliosa della verità. “E la luce che aveva illuminato la sua mente, che era la luce della gloria di Dio […] aveva infuso una tale gioia nella sua anima, dato che la nube di tenebre era stata dissipata e che la luce della vita eterna era stata accesa nella sua anima, sì, […] ciò aveva sopraffatto il suo organismo naturale e che egli era stato rapito in Dio”52.

Esistono veramente solo due opzioni. Una è quella di perseguire la verità dando ascolto alle parole di Cristo: “Colui che rispetta i suoi comandamenti riceve verità e luce, fino a che sia glorificato nella verità e conosca ogni cosa53. L’altra è essere ingannati dall’avversario e provare a fare l’impossibile — trovare felicità nelle sue finzioni. Non si può riuscire nella vita, in questa o nella prossima, ignorando la realtà della verità, tuttavia alcuni, a dire il vero molti, ci provano — sembra semplicemente molto più facile che pentirsi. Ma solo il pentimento e l’obbedienza alla verità di Dio ci liberano da un mondo di fantasia che è destinato a fallire, “e la sua ruina [sarà] grande”54.

Le verità cardine, le realtà fondamentali della nostra esistenza, che vogliamo insegnare ripetutamente con convinzione pura e con tutto il potere che Dio ci dà, sono queste:55

  1. Dio, il nostro Padre Celeste, vive; l’unico Dio vero e vivente.

  2. Gesù Cristo è l’Unigenito Figlio di Dio.

  3. Gesù Cristo venne sulla terra per redimere il Suo popolo; Egli soffrì e morì per espiarne i peccati.

  4. Egli risorse dalla morte, facendo avverare la Risurrezione.

  5. Tutti si troveranno dinanzi a Lui per essere giudicati all’ultimo giorno, quello del giudizio, secondo le loro opere.

Mi auguro che ameremo queste verità e che vivremo in base a esse. Rendo solenne testimonianza della loro veridicità. Possa ognuno di noi, in modo attivo ed entusiasta, cercare e insegnare la verità e vivere in base a essa; questa è la mia preghiera, nel nome di Gesù Cristo. Amen.