Se siete preparate, voi non temerete
Viviamo in un’epoca tumultuosa. Spesso non si conosce il futuro, perciò è necessario essere preparati per ciò che è incerto.
È un privilegio stare dinanzi a voi a questa conferenza generale della Società di Soccorso. Riconosco che oltre a voi che siete riunite in questo Centro delle conferenze, migliaia di persone stanno seguendo e ascoltando i discorsi via satellite.
Nel parlarvi oggi, mi rendo conto di essere in minoranza come uomo, e devo essere cauto nei miei commenti. Mi sento un po’ come il timido cugino di campagna che andò a far visita a un parente in una grande città. Non aveva visto il parente per diversi anni e rimase sconcertato quando un ragazzo rispose al suono del campanello. Il giovanotto lo fece entrare e quando furono seduti comodamente, gli chiese: «Ma lei chi è?»
Il visitatore rispose: «Sono un cugino da parte di tuo padre», allorché il ragazzo rispose: «Signore, allora in questa casa lei è dalla parte del torto!»
Oggi confido, in questa casa, di poter essere trovato dalla parte giusta, sì, dalla parte del Signore.
Anni fa, vidi la fotografia di una classe della Scuola Domenicale del Sesto Rione del Palo di Pioneer, a Salt Lake City. Era stata scattata nel 1905. Una bella ragazza con lunghe codine era in prima fila. Si chiamava Belle Smith. In seguito, come Belle Smith Spafford, presidentessa generale della Società di Soccorso, ella scrisse: «Le donne non hanno mai avuto maggiore influenza nel mondo di quanta ne abbiano oggi. Non hanno mai avuto davanti a sé tante possibilità. Questa è un’epoca invitante, entusiasmante, impegnativa per noi donne. È un’epoca ricca di ricompense, purché sappiamo conservare il nostro equilibrio, imparare i veri valori della vita e stabilire con saggezza le nostre priorità».1
L’organizzazione della Società di Soccorso ha avuto l’obiettivo di eliminare l’analfabetismo. Quelli che sanno leggere e scrivere non capiscono la grande privazione di coloro che non sono in grado di farlo. Essi sono avvolti da una nube oscura che rallenta il loro progresso, offusca il loro intelletto e diminuisce le loro speranze. Sorelle della Società di Soccorso, voi potete dissipare questa nuvola di disperazione e accogliere la luce divina mentre splende sulle vostre sorelle.
Qualche anno fa ho partecipato a una conferenza regionale a Monroe, in Louisiana. Era stata una bella esperienza. All’aeroporto sulla via di casa fui avvicinato da una cara donna afro-americana, membro della Chiesa, che disse con un gran sorriso: «Presidente Monson, prima di unirmi alla Chiesa e far parte della Società di Soccorso, non sapevo leggere né scrivere. Nessuno della mia famiglia sapeva farlo. Eravamo tutti dei poveri mezzadri. Presidente, le mie sorelle bianche della Società di Soccorso mi hanno insegnato a leggere. Mi hanno insegnato a scrivere. Ora io collaboro a insegnare alle mie sorelle bianche come leggere e scrivere». Riflettei sulla gioia suprema che doveva aver provato quando aprì la sua Bibbia e lesse per la prima volta le parole del Signore:
«Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo.
Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perch’io son mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre;
poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero».2
Quel giorno a Monroe, in Louisiana, ebbi conferma dallo spirito del nobile obiettivo della Società di Soccorso di contribuire a eliminare l’analfabetismo.
Un poeta scrisse:
Forse avete dei tesori inestimabili,
cofanetti pieni di gioielli e d’oro.
Ma non sarete mai più ricchi di me:
ho avuto una madre che leggeva per me.3
Un altro poeta ha aggiunto questo verso profondo:
Ma pensate al fato di un altro bambino,
con umile educazione e carattere mite
che malgrado avesse la stessa necessità,
nacque da una madre che non sapeva leggere.4
Ovunque i genitori si preoccupano dei propri figli e della loro felicità eterna. Ciò viene rappresentato nel musical «Il violinista sul tetto», uno degli spettacoli più rappresentati nella storia del teatro.
Si ride mentre si osserva il padre all’antica di una famiglia ebrea in Russia, mentre cerca di stare al passo con i tempi che vivono inevitabilmente le belle figlie adolescenti.
L’allegria della danza, il ritmo della musica e l’eccellenza dell’interpretazione svaniscono quando il vecchio Tevye esprime quello che, secondo me, è il fulcro del messaggio del musical. Egli raduna attorno a sé le graziose figlie e, con la semplicità tipica del mondo contadino, dà loro dei consigli mentr’esse meditano sul proprio futuro. Ricordate, dice Tevye, «in Anatevka… ognuno sa chi è e sa quello che Dio si aspetta da lui».5
Voi, mie care sorelle, sapete chi siete e quello che Dio si aspetta che diventiate. La vostra sfida è di portare tutti coloro di cui siete responsabili alla conoscenza di questa verità. La Società di Soccorso di questa chiesa, la chiesa del Signore, può essere il mezzo per raggiungere tale obiettivo.
«La prima e più importante occasione d’insegnare nella Chiesa si trova nella casa», osservò il presidente David O. McKay.6 «Una vera casa mormone è quella in cui, se Cristo dovesse per caso entrarvi, sarebbe lieto di restare a riposare».7
Che cosa stiamo facendo per fare in modo che le nostre case rispondano a questa descrizione? Non basta che solo i genitori abbiano una forte testimonianza. I figli non possono sempre appoggiarsi alle convinzioni di un genitore.
Il presidente Heber J. Grant dichiarò: «È nostro dovere istruire i figli in gioventù… Io posso sapere che il Vangelo è vero, come pure mia moglie, ma voglio dirvi che i nostri figli non sapranno che il Vangelo è vero se non studiano e non acquisiscono sé stessi una testimonianza».8
L’amore per il Salvatore, la riverenza per il Suo nome e il rispetto per il nostro prossimo ci aiuteranno ad avere una forte testimonianza.
Studiare il Vangelo, portare testimonianza, guidare una famiglia sono raramente compiti semplici. Il viaggio della vita è caratterizzato da buche nella strada, onde agitate: le mere turbolenze del nostro tempo.
Alcuni anni fa, mentre facevo visita ai membri e ai missionari dell’Australia, assistetti a un sublime esempio che illustra come il tesoro di una testimonianza possa benedire e santificare una casa. Io e il presidente della missione, Horace D. Ensign, ci stavamo recando in aereo da Sydney a Darwin, dove avrei dovuto dare il primo colpo di piccone per la costruzione della nostra prima cappella in quella città. Era in programma una sosta di rifornimento in un centro minerario chiamato Monte Isa. Mentre stavamo entrando nel piccolo aeroporto, fummo avvicinati da una donna e dai suoi due figli. «Sono Judith Louden», disse, «appartengo alla Chiesa, e questi sono i miei due bambini. Pensavamo che potesse essere su questo volo, così siamo venuti a incontrarla durante la breve sosta». Ella spiegò che suo marito non apparteneva alla Chiesa e che lei e i figli erano gli unici membri della Chiesa di tutta la zona. Parlammo di diverse esperienze e portammo testimonianza.
Il tempo passava. Quando ci preparammo per risalire sull’aereo, la sorella Louden sembrava molto triste e sola. Supplicò: «Non potete ripartire subito; ho sentito tanto la mancanza della Chiesa». Improvvisamente fu annunciato un ritardo di trenta minuti per problemi meccanici al nostro volo. La sorella Louden sussurrò: «La mia preghiera è stata esaudita». Poi chiese come potesse aiutare il marito a interessarsi al Vangelo. Le consigliammo di invitarlo alla loro lezione settimanale della Primaria di casa e di essere per lui un esempio di vita nell’osservanza del Vangelo. Le promisi che le avremmo mandato un abbonamento alla rivista L’amico e altri testi per il suo insegnamento familiare. La esortammo a non rinunciare mai alla speranza di convertire suo marito.
Lasciammo così Monte Isa, località nella quale non sono più tornato. Però avrò sempre caro il ricordo di quella brava madre e dei suoi due bambini che ci salutavano con le lacrime agli occhi, esprimendoci tutta la loro affettuosa gratitudine.
Molti anni più tardi, nel discorso che tenni a una riunione per i dirigenti del sacerdozio a Brisbane, in Australia, sottolineai l’importanza di una buona istruzione evangelica nella casa e la necessità di osservare i principi del Vangelo e di essere esempi di verità. Raccontai ai fratelli presenti la storia della sorella Louden e l’effetto che la sua fede e la sua perseveranza avevano avuto su di me. Alla conclusione del mio discorso dissi: «Suppongo che non saprò mai se il marito della sorella Louden si è unito alla Chiesa, ma so che non avrebbe mai potuto trovare un esempio migliore da emulare di quello di sua moglie».
Uno dei dirigenti presenti alzò la mano, si alzò in piedi e dichiarò: «Fratello Monson, sono Richard Louden. La donna di cui lei parla è mia moglie. Quei bambini [disse con voce tremante] sono i nostri figli. Oggi siamo una famiglia unità per l’eternità, grazie anche alla perseveranza e pazienza della mia cara moglie. Ha fatto tutto lei». Non fu pronunciata parola. Si avvertivano solo i singhiozzi soffocati dei presenti in lacrime.
Viviamo in un’epoca tumultuosa. Spesso non si conosce il futuro, perciò è necessario essere preparati per ciò che è incerto. Le statistiche rivelano che a un certo punto, per diverse ragioni, potete ritrovarvi a dovervi mantenere economicamente. Vi esorto a istruirvi e a sviluppare quelle capacità che vi permetteranno di trovare un lavoro affinché, se dovessero sopraggiungere tali circostanze, siate preparate.
Il ruolo delle donne è unico. Il famoso saggista, romanziere e storico americano, Washington Irving, dichiarò: «C’è qualcuno nel mondo che prova per colui che è triste una tristezza ancora maggiore di quella che proverebbe per sé; qualcuno in cui la luce riflessa è ancor più splendente della luce diretta; qualcuno che gioisce per i successi altrui più che per i propri; qualcuno che, raggiunta l’eccellenza, non si vanta, ma infonde gioia; qualcuno che nasconde le infermità altrui con maggiore fede delle proprie; qualcuno che, nella totale abnegazione di sé, si perde nel sentimento di gentilezza, tenerezza e dedizione verso gli altri. Quel qualcuno è la donna».
Il presidente Gordon B. Hinckley ha detto: «Dio ha piantato nella donna qualcosa di divino che si esprime con forza pacata, grazia, pace, bontà, virtù, verità, amore. Tutte queste qualità eccellenti trovano l’espressione più vera e soddisfacente nella maternità».9
Essere madre non è mai stato un ruolo semplice. Alcuni degli scritti più antichi al mondo ci intimano di non ricusare l’insegnamento di nostra madre, ci istruiscono che un figlio stolto è il cordoglio di sua madre e ci ammoniscono a non disprezzare nostra madre quando sarà vecchia.10
Anche le Scritture ci rammentano che imparando da nostra madre, formiamo i nostri valori più importanti, come accadde ai duemila giovani guerrieri di Helaman, le cui «madri avevano loro insegnato che, se non avessero dubitato, Dio li avrebbe liberati».11 E così fu!
Molte sorelle della Società di Soccorso non hanno un marito. La morte, il divorzio, la mancata possibilità di sposarsi, in molti casi rendono necessario alla donna di vivere da sola. Inoltre vi sono tutte coloro che sono appena arrivate dal programma delle Giovani Donne. In realtà, nessuna deve stare da sola, poiché un amorevole Padre celeste sarà al suo fianco per darle direttive nella vita e offrire pace e rassicurazione in quei momenti di solitudine in cui si necessita di compassione. È anche significativo il fatto che le donne della Società di Soccorso stanno le une vicine alle altre come sorelle. Possiate sempre prendervi cura le une delle altre e riconoscere le necessità altrui. Possiate voi essere sensibili alle situazioni in cui si trovano le altre, e rendervi conto che alcune donne affrontano particolari difficoltà, ma che ogni donna è una figlia importante del nostro Padre celeste.
Al termine del mio discorso desidero raccontarvi un’esperienza vissuta diversi anni fa, che esprime la vostra forza, care sorelle della Società di Soccorso.
Nel 1980, in occasione del centocinquantenario dell’organizzazione della Chiesa, a ogni membro del consiglio generale della Società di Soccorso fu chiesto di scrivere una lettera personale alle sorelle della Chiesa dell’anno 2030, ossia cinquant’anni avanti. Ecco un estratto della lettera scritta dalla sorella Helen Lee Goates:
«Il nostro mondo nel 1980 è pieno di incertezze, ma io sono decisa a vivere ogni giorno con fede e senza timore, a confidare nel Signore e a seguire il consiglio del nostro attuale profeta. So che Dio vive e lo amo con tutta la mia anima. Sono molto grata del fatto che il Vangelo sia stato restaurato sulla terra 150 anni fa e che io posso godere delle benedizioni derivanti dall’appartenenza a questa grande chiesa. Sono grata per il sacerdozio di Dio e per aver sentito il suo potere nel corso della mia vita.
Sono in pace con il mio mondo e prego che voi possiate essere sostenute nel vostro dalla ferma testimonianza e dalle incrollabili convinzioni derivanti dal Vangelo di Gesù Cristo».12
Helen Lee Goates è passata a miglior vita nell’aprile del 2000. Poco prima del suo decesso a causa del cancro, io e sorella Monson ci incontrammo con lei, suo marito e i figli. Ella appariva calma e in pace. Ci disse di essere pronta ad andare, e attendeva di incontrare nuovamente i suoi genitori e i suoi cari che l’avevano preceduta. Con la sua vita la sorella Goates ha esemplificato la nobiltà di una donna della Chiesa. Nella sua morte ha impersonificato il vostro tema: «Se siete preparate, voi non temerete».13
Care sorelle, vi porto testimonianza che il Padre celeste vive, che Gesù è il Cristo, e che oggi siamo guidati da un profeta del nostro tempo: il presidente Gordon B. Hinckley. Possa il vostro viaggio terreno svolgersi in modo sicuro, questa è la mia preghiera, nel nome di Gesù Cristo. Amen.