2000–2009
«Le mie parole… non cessano mai»
Aprile 2008


2:3

«Le mie parole… non cessano mai»

Invitiamo tutti a investigare la meraviglia di ciò che Dio ha detto dai tempi della Bibbia e sta dicendo ancora oggi.

Presidente Monson, mi permetta una nota personale per un momento.

Come primo tra i fratelli che è stato invitato a parlare dopo il messaggio particolare che lei ha dato alla Chiesa questa mattina, le vorrei dire qualcosa da parte di tutti i suoi Fratelli delle Autorità generali e da parte di tutta la Chiesa.

Dei molti privilegi che abbiamo avuto a questa storica conferenza, incluso quello di partecipare a una solenne assemblea in cui abbiamo potuto sostenerla come profeta, veggente e rivelatore, non posso fare a meno di sottolineare che sento che il privilegio più importante che tutti abbiamo avuto è stato di testimoniare di persona che un mantello profetico è stato posto sulle sue spalle, quasi come se fosse stato posto per mano degli angeli. Tutti coloro che hanno partecipato ieri sera alla riunione generale del sacerdozio e tutti i partecipanti alla trasmissione mondiale della sessione di questa mattina sono stati testimoni oculari di questi eventi. A nome di tutti i partecipanti, esprimo gratitudine per quel momento. Lo dico con affetto verso il presidente Monson e specialmente verso il nostro Padre nei cieli per la meravigliosa opportunità che abbiamo avuto di essere stati «testimoni oculari della sua maestà» (2 Pietro 1:16), come una volta disse l’apostolo Pietro.

Durante la conferenza generale di ottobre dell’anno scorso, dissi che c’erano due ragioni principali per le quali la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni è accusata, erroneamente, di non essere cristiana. In quell’occasione ho trattato uno di questi problemi: cioè la nostra visione della divinità basata sulle Scritture. Oggi vorrei parlarvi di un’altra dottrina importante che caratterizza la nostra fede ma che è causa di dubbi per alcune persone, mi riferisco alla chiara affermazione che Dio continua a proclamare la Sua parola e rivelare le Sue verità, rivelazioni che sostengono che le opere canoniche sono aperte ad altre rivelazioni.

Alcuni cristiani, la maggior parte per via del loro amore autentico per la Bibbia, hanno dichiarato che non vi possono più essere Scritture approvate, oltre alla Bibbia. Affermando che il canone di rivelazione è chiuso, i nostri amici di altre religioni rifiutano rivelazioni divine che per noi, membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, sono preziose: il Libro di Mormon, Dottrina e Alleanze, Perla di Gran Prezzo e la continua guida ricevuta da profeti e apostoli unti da Dio. Benché non attribuiamo loro cattive intenzioni nell’assumere tale posizione, con rispetto ma con fermezza rifiutiamo questa caratterizzazione non scritturale della vera cristianità.

Uno degli argomenti che viene spesso usato in difesa di un canone di Scritture chiuso è il versetto nel Nuovo Testamento che si trova in Apocalisse 22:18. «Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole… di questo libro: Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro». Tuttavia oggi esiste un forte consenso, praticamente tra tutti gli studiosi della Bibbia, che questo versetto si applichi solo al libro dell’Apocalisse e non alla Bibbia intera. Gli studiosi di oggi riconoscono un certo numero di «libri» del Nuovo Testamento che quasi sicuramente furono scritti dopo che Giovanni ebbe ricevuto la rivelazione sull’isola di Patmo. Compresi in questa categoria sarebbero almeno i libri di Giuda, le tre Epistole di Giovanni e probabilmente l’intero Vangelo di Giovanni.1 Forse ve ne sono anche altri.

Ma c’è una risposta più semplice al perché quel versetto nel libro conclusivo dell’attuale Nuovo Testamento non si applichi all’intera Bibbia. E sarebbe che l’intera Bibbia come la conosciamo noi, cioè una raccolta di testi rilegati in un unico volume, non esisteva quando quel versetto fu scritto. Per secoli, dopo che Giovanni scrisse, i singoli libri del Nuovo Testamento circolavano singolarmente o forse insieme ad alcuni altri testi, ma quasi mai come una collezione completa. Dell’intera raccolta di 5.366 manoscritti conosciuti del Nuovo Testamento in greco, solo 35 contengono l’intero Nuovo Testamento come lo conosciamo noi, e 34 furono compilati dopo l’anno 1000 d.C.2

Il fatto è che praticamente tutti i profeti dell’Antico e del Nuovo Testamento hanno aggiunto Scritture a quelle ricevute dai loro predecessori. Se le parole di Mosè nell’Antico Testamento fossero state sufficienti, come alcuni sbagliandosi hanno pensato,3 allora che bisogno c’era delle successive profezie di Isaia o di Geremia che seguirono? Per non parlare di Ezechiele e Daniele, Gioele, Amos e tutti gli altri. Se una rivelazione a un profeta in un certo periodo di tempo è sufficiente per ogni tempo, che cosa giustifica tutte le altre? La ragione di questo fu resa chiara da Geova Stesso quando disse a Mosè: «Le mie opere sono senza fine, e… le mie parole…non cessano mai».4

Uno studioso protestante ha fatto efficaci ricerche sull’erronea dottrina di un canone chiuso. Egli scrisse: «Su quali basi bibliche o storiche l’ispirazione di Dio è stata limitata ai documenti scritti che la chiesa ora chiama Bibbia?… Se lo Spirito ispirò solo i documenti scritti del primo secolo, vuol dire che quello stesso Spirito non parla oggi nella chiesa riguardo a questioni che sono di significativo interesse?»5 Con umiltà noi poniamo le stesse domande.

La rivelazione continua non degrada o discredita le rivelazioni già esistenti. L’Antico Testamento ai nostri occhi non perde il suo valore quando ci viene presentato il Nuovo Testamento, e il Nuovo Testamento viene solo valorizzato quando leggiamo il Libro di Mormon, un altro Testamento di Gesù Cristo. Nel considerare le Scritture addizionali accettate dai Santi degli Ultimi Giorni, potremmo chiederci: quei primi cristiani che per decenni ebbero accesso solo al Vangelo originale di Marco, generalmente considerato il primo Vangelo del Nuovo Testamento ad essere stato scritto, furono essi risentiti di ricevere i resoconti più dettagliati manifestati più tardi da Matteo e Luca, per non parlare dei passi straordinari e della grande rivelazione fornita più tardi ancora da Giovanni? Sicuramente avranno gioito del fatto che maggiori prove convincenti sulla divinità di Cristo continuassero ad arrivare. Allo stesso modo noi gioiamo.

Per favore, non fraintendetemi. Noi amiamo e onoriamo la Bibbia, come ha insegnato molto chiaramente da questo pulpito l’anziano M. Russell Ballard solo un anno fa.6 La Bibbia è la parola di Dio. Essa viene sempre riconosciuta per prima nel nostro canone, tra le nostre «opere canoniche». Infatti fu una lettura divinamente ordinata del quinto versetto del primo capitolo del libro di Giacomo che condusse Joseph Smith alla sua visione del Padre e del Figlio, che diede inizio alla restaurazione del Vangelo di Gesù Cristo ai nostri giorni. Ma anche allora, Joseph sapeva che la Bibbia da sola non poteva essere la risposta a tutte le domande religiose che aveva e che altri, come lui, avevano. Come disse nelle sue parole, i ministri della sua comunità contendevano, a volte con collera, sulle loro dottrine. «Ministro disputava contro ministro, e convertito contro convertito… in un conflitto di parole e in una controversia sulle opinioni», disse. L’unica cosa che queste religioni, che contendevano tra di loro, avevano in comune era, ironicamente, una fede nella Bibbia, ma come scrisse Joseph: «Gli insegnanti di religione delle diverse sette comprendevano gli stessi passi delle Scritture in modo così differente da distruggere ogni fiducia di appianare la questione [riguardo a quale chiesa fosse vera] mediante un appello alla Bibbia».7 Chiaramente la Bibbia, molto spesso descritta a quel tempo come «punto in comune», non lo era affatto, anzi sfortunatamente era un punto di disaccordo.

Perciò uno degli scopi principali della rivelazione continua ricevuta dai profeti viventi è di dichiarare al mondo, grazie a ulteriori testimoni, che la Bibbia è vera. Un antico profeta disse, parlando del Libro di Mormon: «Questa è scritta con l’intento che possiate credere a quella», riferendosi alla Bibbia.8 In una delle prime rivelazioni ricevute da Joseph Smith, il Signore disse: «Ecco, non l[o] porto [il Libro di Mormon] per distruggere quello che hanno ricevuto [la Bibbia], ma per edificarlo».9

Va chiarito anche un altro punto. Siccome è chiaro che ci fossero dei cristiani molto tempo prima che ci fosse un Nuovo Testamento o addirittura una compilazione degli insegnamenti di Gesù, non si può perciò continuare ad affermare che la Bibbia è ciò che rende un uomo cristiano. Usando le parole dello stimato studioso del Nuovo Testamento N.T. Wright, «Alla fine del Vangelo di Matteo, Gesù risorto non dice ‹Ogni potestà in cielo e sulla terra è stata data ai libri che voi tutti scriverete›, ma bensì ‹Ogni potestà in cielo e sulla terra mi è stata data›».10 In altre parole: «Le Scritture stesse escludono il fatto che sono la vera autorità finale, ma che essa appartiene a Dio stesso».11 Quindi le Scritture non sono l’unica fonte di conoscenza per i Santi degli Ultimi Giorni. Esse sono manifestazioni della fonte suprema. La fonte suprema della conoscenza e dell’autorità per i Santi degli Ultimi Giorni è il Dio vivente. La comunicazione di quei doni viene da Dio in veste di rivelazione viva, vigorosa e divina.12

Questa dottrina rappresenta il fulcro della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e del nostro messaggio al mondo. Essa sottolinea il significato dell’assemblea solenne nella quale ieri abbiamo sostenuto Thomas S. Monson come profeta, veggente e rivelatore. Noi crediamo in un Dio che è impegnato nella nostra vita, che non rimane in silenzio, che non è assente, né come disse Elia del dio dei sacerdoti di Baal, che Egli è «in viaggio; fors’anche dorme e [deve essere risvegliato]».13 In questa Chiesa persino i bambini più piccoli della Primaria ripetono: «Noi crediamo in tutto ciò che Dio ha rivelato, in tutto ciò che rivela ora, e noi crediamo che Egli rivelerà ancora molte cose grandi e importanti relative al Regno di Dio».14

Nel dichiarare nuove Scritture e la rivelazione continua, preghiamo di non essere mai arroganti o insensibili. Ma dopo una visione sacra, in quello che oggi viene considerato il bosco sacro, che diede una risposta affermativa alla domanda se Dio esiste, Joseph Smith e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ci inducono a porci un’altra domanda che viene in conseguenza della prima e cioè se Egli parla ancora. Noi portiamo la buona novella che Egli parla ancora e ha parlato in precedenza. Con l’amore e l’affetto che scaturiscono dalla nostra cristianità, invitiamo tutti a investigare la meraviglia di ciò che Dio ha detto dai tempi della Bibbia e sta dicendo ancora oggi.

In un certo senso, Joseph Smith e i profeti che lo succedettero in questa Chiesa rispondono alla sfida che fece Ralph Waldo Emerson agli studenti della Facoltà di Teologia di Harvard 170 anni fa quest’estate. Il grande saggio di Concord supplicò quel gruppo formato dai Protestanti migliori e più brillanti, di insegnare «Dio che è, non che fu; che Dio parla, non che parlò».15

Attesto che i cieli sono aperti. Vi rendo testimonianza che Joseph Smith era ed è un profeta, che il Libro di Mormon è veramente «un altro testamento di Gesù Cristo», che Thomas S. Monson è il profeta di Dio, un apostolo moderno con le chiavi del Regno nelle sue mani, un uomo sul quale ho personalmente visto ricadere il mantello dell’autorità. Rendo testimonianza che la presenza di queste voci autorizzate, profetiche e di continue rivelazioni canonizzate sono state al centro del messaggio cristiano ogni qual volta vi fosse sulla terra un ministro di Cristo. Attesto che questo tipo di ministro è nuovamente sulla terra e si trova qui, nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.

Nella nostra sincera devozione verso Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, invitiamo tutti a esaminare ciò che abbiamo ricevuto da Lui, a unirsi a noi e a bere con abbondanza dalla «fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna»,16 questi costanti e incessanti mementi che Dio vive, che ci ama e che ci parla. Esprimo la più profonda gratitudine personale del fatto che le Sue opere sono senza fine, e le Sue «parole… non cessano mai». Rendo testimonianza di queste amorevoli considerazioni divine e del fatto che vengano registrate, nel sacro nome di Gesù Cristo. Amen.

  1. Vedere Stephen E. Robinson, Are Mormons Christians? (1991), 46. La questione del canone scritturale è discusso alle pagine 45–56. Si definisce canone scritturale «un elenco di libri accettati come Sacre Scritture» (Merriam Webster’s Collegiate Dictionary, 11a ed. [2003], «canon»).

  2. Vedere Bruce M. Metzger, Manuscripts of the Greek Bible: An Introduction to Greek Paleography (1981), 54–55; vedere anche Are Mormons Christians? 46.

  3. Per esempio, vedere Deuteronomio 4:2.

  4. Mosè 1:4.

  5. Lee M. McDonald, The Formation of the Christian Biblical Canon, ed. riveduta (1995), 255–256.

  6. Vedere «Il miracolo della Sacra Bibbia», Liahona, maggio 2007, 80–82.

  7. Joseph Smith—Storia 1:6, 12.

  8. Mormon 7:9; corsivo dell’autore.

  9. DeA 10:52; vedere anche DeA 20:11.

  10. N. T. Wright, The Last Word: Beyond the Bible Wars to a New Understanding of the Authority of Scripture (2005), xi.

  11. Wright, The Last Word, 24.

  12. Per un trattato completo su questo argomento, vedere Dallin H. Oaks, «Scripture Reading and Revelation», Ensign, gennaio 1995, 6–9.

  13. 1 Re 18:27.

  14. Articoli di Fede 1:9.

  15. «An Address», The Complete Writings of Ralph Waldo Emerson (1929), 45.

  16. Giovanni 4:14.