Siate di buon animo
Siate di buon animo. Il futuro è tanto luminoso quanto lo è la vostra fede.
Miei fratelli e sorelle, vi esprimo il mio amore per voi. La responsabilità di parlarvi mi fa sentire umile, ma allo stesso tempo sono grato per la possibilità che ho di farlo.
Da quando ci siamo incontrati alla scorsa conferenza generale, sei mesi fa, si sono susseguiti segni che le circostanze nel mondo non sono proprio quelle che avremmo sperato. L’economia globale, che sei mesi fa sembrava aver subito un arresto, oggi sembra essere in caduta libera e da molte settimane ormai il panorama economico si è ingrigito. In aggiunta, le fondamenta morali della società continuano a sgretolarsi, mentre coloro che provano a preservarle vengono spesso messi in ridicolo e, a volte, assediati e perseguitati. Guerre, disastri naturali e sciagure personali continuano a verificarsi.
Sarebbe facile scoraggiarci e diventare cinici riguardo al futuro, o addirittura avere paura di ciò che verrà, se ci permettessimo di soffermarci solamente su ciò che di male c’è nel mondo e nella nostra vita. Oggi, tuttavia, vorrei che portassimo i nostri pensieri e la nostra attenzione lontano dai problemi attorno a noi e che ci concentrassimo sulle benedizioni di cui godiamo come membri della Chiesa. L’apostolo Paolo dichiarò: «Iddio ci ha dato uno spirito non di timidità, ma di forza e d’amore e di correzione».1
Nessuno di noi attraversa questa vita senza problemi e difficoltà, e a volte tragedie e sciagure. Dopo tutto, per lo più siamo qui per imparare e crescere grazie a tali eventi nella nostra vita. Sappiamo che ci sono momenti in cui soffriremo, altri in cui saremo afflitti e altri ancora in cui saremo tristi. Tuttavia ci viene detto: «Adamo cadde affinché gli uomini potessero essere; e gli uomini sono affinché possano provare gioia».2
Come possiamo provare gioia nella vita, malgrado tutto ciò che affrontiamo? Di nuovo leggiamo nelle Scritture: «Pertanto, siate di buon animo e non temete, poiché io, il Signore, sono con voi e vi starò vicino».3
La storia della Chiesa in questa, la dispensazione della pienezza dei tempi, è piena di esperienze di persone che hanno avuto problemi, ma che sono rimaste ferme e di buon animo, avendo fatto del vangelo di Gesù Cristo il fulcro della loro vita. Questo atteggiamento è ciò che ci sosterrà qualunque cosa si abbatta su di noi. Esso non rimuoverà i problemi dal nostro cammino, ma piuttosto ci metterà nella condizione di guardare in faccia le nostre difficoltà, di affrontarle e di uscire vittoriosi.
Troppi numerosi da menzionare sono gli esempi di tutti gli individui che hanno affrontato difficili circostanze, ma che hanno perseverato e vinto perché la loro fede nel vangelo e nel Salvatore gli ha dato la forza di cui avevano bisogno. Questa mattina, tuttavia, desidero condividere con voi tre esempi del genere.
Primo, dalla mia famiglia, menziono un’esperienza commovente che è sempre stata fonte di ispirazione per me.
I miei bisnonni materni, Gibson e Cecelia Sharp Condie, vivevano a Clackmannan, in Scozia. Le loro famiglie lavoravano nel campo dell’estrazione del carbone. Erano in pace con il mondo, attorniati da familiari e amici, e vivevano in case piuttosto confortevoli in una terra che amavano. Poi ascoltarono il messaggio dei missionari della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e, nel profondo della loro anima, furono convertiti. Sentirono la chiamata a radunarsi a Sion e sapevano di dover rispondere a quella chiamata.
Intorno al 1848, essi vendettero tutto ciò che possedevano e si prepararono per il rischioso viaggio sul grande Oceano Atlantico. Con cinque bambini piccoli, essi salirono su un veliero portando tutto ciò che avevano in un piccolo baule. Viaggiarono per quasi cinquemila chilometri sull’acqua, per otto lunghe e stancanti settimane su un mare insidioso, guardando e aspettando, con poco cibo, poca acqua e nessun aiuto aldilà di quello a disposizione su quella piccola imbarcazione.
Nel mezzo di questa difficile situazione, uno dei loro piccoli figli si ammalò. Non c’erano dottori, né negozi dove poter comprare medicine per alleviargli la sofferenza. Guardavano, pregavano, attendevano e piangevano mentre le sue condizioni peggioravano giorno dopo giorno. Quando alla fine i suoi occhi si chiusero davanti alla morte, i loro cuori andarono in frantumi. In aggiunta al loro dolore, le leggi del mare dovevano essere obbedite. Avvolto in un telo, a cui erano stati fissati dei pesi, il piccolo corpo fu consegnato alla tomba d’acqua. Mentre il veliero si allontanava dal luogo, solo quei genitori conoscevano il colpo distruttore riservato ai cuori dolenti.4 Tuttavia, con una fede nata dalla profonda convinzione della verità e dall’amore per il Signore, Gibson e Cecelia andarono avanti. Essi furono confortati dalle parole del Signore: «Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo».5
Sono davvero grato per i miei antenati, che ebbero la fede di lasciare la loro casa e la loro vita per andare a Sion, e che fecero sacrifici che io posso solo vagamente immaginare. Ringrazio il mio Padre celeste per l’esempio di fede, di coraggio e di determinazione lasciato a me e ai loro posteri da Gibson e Cecelia Sharp Condie.
Adesso voglio parlare di un uomo gentile e pieno di fede che era l’emblema della pace e della gioia che il vangelo di Gesù Cristo può portare nella nostra vita.
Una sera tardi, su un’isola del Pacifico, una piccola barca scivolava silenziosa verso il suo rozzo ancoraggio. Due donne polinesiane aiutarono Meli Mulipola a scendere dalla barca e lo guidarono lungo un noto sentiero che conduceva alla strada principale del villaggio. Le donne si stupirono davanti alle stelle che splendevano nel cielo di mezzanotte. La luce della luna illuminava il loro cammino. Ma Meli Mulipola non poteva apprezzare queste delizie della natura, la luna, le stelle e il cielo, poiché era cieco.
La vista del fratello Mulipola era stata normale sino al tragico giorno in cui, mentre era al lavoro in una piantagione di ananas, la luce si era improvvisamente trasformata in tenebre e il giorno era diventato per lui una notte perpetua. Era depresso e di cattivi sentimenti, fino a quando apprese «la buona novella» del vangelo di Gesù Cristo. La sua vita fu messa in linea con gli insegnamenti della Chiesa, e ancora una volta egli sentì speranza e gioia.
Il fratello Mulipola e i suoi familiari avevano compiuto quel lungo viaggio dopo aver saputo che un uomo che deteneva il sacerdozio di Dio si trovava in visita in quelle isole del Pacifico. Cercava una benedizione, ed io ebbi l’onore, insieme ad un altro detentore del Sacerdozio di Melchisedec, di dargliela. Al termine, notai le lacrime sgorgare dai suoi occhi spenti e scorrere lungo le sue guance brune, andando poi a bagnare il suo abito. Egli cadde in ginocchio e pregò: «Oh, Dio, Tu sai che io sono cieco. I Tuoi servi mi hanno benedetto affinché mi sia ridata la vista. Sia che, secondo la Tua saggezza, io veda la luce o rimanga nelle tenebre tutti i giorni della mia vita, sarò eternamente grato per la verità del Tuo vangelo, che ora conosco e che mi dà la luce della vita».
Si alzò e, con un sorriso, ci ringraziò per la benedizione. Poi sparì nel buio della notte. Era venuto in silenzio; in silenzio se n’era andato; ma non dimenticherò mai la sua persona. Riflettei sul messaggio del Maestro: «Io son la luce del mondo; chi mi seguita non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».6
Fratelli e sorelle, ognuno di noi ha quella luce. Non siamo lasciati soli nel nostro cammino, non importa quanto sia buio il sentiero.
Mi piacciono le parole scritte da M. Louise Haskins:
Dissi all’uomo che stava alla porta dell’anno:
«Dammi una luce, affinché possa camminare al sicuro nell’ignoto!»
Ed egli rispose:
«Vai nelle tenebre e metti la mano nella mano di Dio.
Questo sarà per te meglio di una luce, più sicuro di una via conosciuta».7
Il mio ultimo esempio è la storia di una persona che perseverò e infine prevalse, nonostante le circostanze estremamente difficili. Questa storia ha inizio nella regione della Prussia orientale dopo la seconda guerra mondiale.
Nel marzo del 1946, meno di un anno dalla fine della guerra, Ezra Taft Benson, allora un membro del Quorum dei Dodici, accompagnato da Frederick W. Babbel, fu incaricato di fare un viaggio in Europa con lo scopo di incontrare i santi, valutando le loro necessità per fornire loro assistenza. L’anziano Benson e il fratello Babbel in seguito raccontarono, da una testimonianza che avevano ascoltato, l’esperienza di una sorella della Chiesa che si ritrovò in una zona non più controllata dal governo sotto il quale aveva vissuto.
Lei e suo marito avevano avuto una vita idilliaca nella Prussia orientale. Poi giunse la seconda grande guerra. Il suo amato marito fu ucciso negli ultimi giorni di quelle spaventose battaglie nel loro stesso paese, lasciandola sola ad occuparsi dei loro quattro figli.
Le forze dell’occupazione stabilirono che i tedeschi della Prussia orientale dovevano trasferirsi nella Germania Ovest. La donna era tedesca e fu quindi necessario che si trasferisse. Il viaggio era di oltre mille e seicento chilometri, e lei non aveva altro modo che farlo a piedi. Le fu permesso di portare con lei solo quanto era strettamente necessario e che poteva caricare sul suo piccolo carretto. Oltre ai suoi figli e queste poche cose, portò con sé una forte fede in Dio e nel vangelo restaurato dal profeta degli ultimi giorni, Joseph Smith.
Lei e i bambini iniziarono il viaggio in estate inoltrata. Non avendo cibo né denaro con lei, fu costretta a raccogliere quotidianamente quanto le era di sostentamento dai campi e dai boschi lungo il cammino. Affrontava costantemente il pericolo rappresentato dai rifugiati impauriti e dalle truppe che continuavano a saccheggiare.
Quando i giorni si trasformarono in settimane e le settimane in mesi, la temperatura si abbassò fino a gelare. Ogni giorno avanzava sul terreno ghiacciato, con il figlio più piccolo sulle braccia. Gli altri tre bambini arrancavano dietro di lei, e il più grande, di sette anni, tirava il piccolo carretto con i loro possedimenti. I piedi erano fasciati da sacchi ormai vecchi e stracciati, che fornivano l’unica protezione, in quanto le scarpe era state consumate da lungo tempo. Le giacche sottili e consunte, sopra vestiti sottili e consunti, fornivano l’unica protezione contro il freddo.
Presto arrivò la neve, e i giorni, e le notti, divennero un incubo. La sera cercavano di trovare un qualche riparo, un fienile o una tettoia, e si stringevano per riscaldarsi, coperti dalle sottili coperte che avevano sul carretto.
Lei combatteva costantemente la paura che sarebbero morti prima di arrivare a destinazione.
Poi un mattino accadde l’irreparabile. Quando si svegliò, sentì il cuore gelarsi. Il corpicino della figlioletta di tre anni era freddo e immobile, e lei si rese conto che la morte aveva preteso la sua bambina. Benché spezzata dal dolore, sapeva che doveva prendere gli altri figli e continuare il viaggio. Prima però usò l’unica cosa che aveva, un cucchiaio, per scavare una tomba nella terra gelata per la sua piccola, preziosa bimba.
Ma la morte fu la sua compagna nel viaggio. Suo figlio di sette anni morì, per la fame, o il freddo, o entrambi. Di nuovo scavò con il cucchiaio, per ore ed ore, per poggiare gentilmente il suo corpo inerme sotto terra. Poi morì il figlio di cinque anni; e di nuovo lei usò il cucchiaio per scavare.
La sua disperazione era completa. Le rimase solo la bambina piccola, che però stava venendo meno. Alla fine, al termine del suo viaggio, la bimba morì tra le sue braccia. Non aveva più il cucchiaio, così per ore scavò una tomba nella terra gelata a mani nude. Il suo dolore divenne insopportabile. Come poteva inginocchiarsi nella neve sulla tomba della sua ultima bambina? Aveva perso il marito e tutti i suoi figli. Aveva lasciato tutti i suoi beni materiali, la sua casa, e persino la sua patria.
In questo momento di dolore e stupore, pensava che il cuore si sarebbe letteralmente spezzato. Nella disperazione, pensò al modo in cui porre termine alla sua stessa vita, come facevano molti dei suoi connazionali. Sarebbe stato facile saltare da un ponte, pensava, o gettarsi sotto un treno in arrivo.
E poi, mentre l’assalivano questi pensieri, qualcosa dentro di lei le disse: «Inginocchiati e prega». Ignorò quel suggerimento fino a quando non poté più resistere. Si inginocchiò e pregò più fervidamente di quanto avesse mai fatto in vita sua.
«Caro Padre celeste, non so come posso andare avanti. Non ho più nulla, se non la mia fede in Te. Tra la desolazione della mia anima, Padre, sento un grande senso di gratitudine per il sacrificio espiatorio di Tuo Figlio Gesù Cristo. Non posso esprimere in modo adeguato il mio amore per Lui. So che grazie alla Sua sofferenza e alla Sua morte, vivrò di nuovo con la mia famiglia; poiché Egli spezzò le catene della morte, vedrò di nuovo i miei figli e avrò la gioia di crescerli. Anche se in questo momento non voglio vivere, lo farò, in modo che possiamo essere riuniti come famiglia e, insieme, ritornare a Te».
Quando finalmente giunse a destinazione, a Karlsruhe, in Germania, era emaciata. Il fratello Babbel disse che il suo volto era violaceo e grigio, i suoi occhi rossi e gonfi, le sue giunture protuberanti. Stava letteralmente morendo di fame. Poco tempo dopo, in una riunione in chiesa, rese una gloriosa testimonianza, affermando che tra tutte le persone sofferenti nella sua triste nazione, lei era la più felice perché sapeva che Dio viveva, che Gesù era il Cristo, che morì e risuscitò in modo che noi potessimo vivere di nuovo. Attestò che sapeva che se avesse continuato ad essere fedele fino alla fine, sarebbe stata riunita a coloro che aveva perso e che sarebbe stata salvata nel regno celeste di Dio.8
Nelle Sacre Scritture leggiamo: «Ecco, i giusti, i santi del Santo d’Israele, coloro che hanno creduto [in Lui], coloro che hanno sopportato le croci del mondo… essi erediteranno il regno di Dio… e la loro gioia sarà completa per sempre».9
Rendo testimonianza che le benedizioni promesse vanno oltre ogni misura. Anche se le nuvole tempestose minacciano, anche se la pioggia si riversa su di noi, la nostra conoscenza del Vangelo e il nostro amore per il Padre celeste e il Salvatore ci saranno di conforto e sostegno, e ci porteranno gioia se cammineremo rettamente e obbediremo ai comandamenti. Non ci sarà nulla al mondo che potrà sconfiggerci.
Miei cari fratelli e sorelle, non temete. Siate di buon animo. Il futuro è tanto luminoso quanto lo è la vostra fede.
Attesto che Dio vive e che ascolta e risponde alle nostre preghiere. Suo Figlio Gesù Cristo è il nostro Salvatore e Redentore. Le benedizioni del cielo ci attendono. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.