Sii forte e fatti animo
Troviamo il coraggio — tutti noi — di sfidare l’opinione generale, il coraggio di difendere un principio.
Miei amati fratelli, è bello essere di nuovo con voi. Prego di avere l’aiuto dei cieli nel cogliere questa opportunità di parlarvi.
Oltre ai presenti in questo Centro delle conferenze, ci sono altre migliaia di persone riunite in cappelle e in altri luoghi sparsi per il mondo. Un filo comune ci lega tutti assieme, perché ci è stata data la responsabilità di detenere il sacerdozio di Dio.
Siamo qui sulla terra in uno straordinario periodo della sua storia. Le nostre opportunità sono pressoché illimitate, eppure affrontiamo parecchie difficoltà, alcune delle quali specifiche del nostro tempo.
Viviamo in un mondo in cui i valori morali, in larga misura, sono stati messi da parte, in cui il peccato è sempre palesemente in mostra e in cui la tentazione di abbandonare il sentiero stretto e angusto è sempre presente. Ci troviamo di fronte a costanti pressioni e insidiose influenze che distruggono ciò che è decoroso e tentano di rimpiazzarlo con le vacue filosofie e pratiche di una società secolare.
A causa di queste e di altre difficoltà, abbiamo sempre davanti a noi decisioni che possono determinare il nostro destino. Al fine di prendere le decisioni corrette, è necessario il coraggio — il coraggio di dire “no” quando dovremmo, il coraggio di dire “sì” quando è opportuno, il coraggio di fare la cosa giusta perché è giusta.
Poiché il corso della società oggi si sta rapidamente allontanando dai valori e dai principi che il Signore ci ha dato, quasi certamente saremo chiamati a difendere ciò in cui crediamo. Avremo il coraggio di farlo?
Il presidente J. Reuben Clark jr, che per molti anni fu membro della Prima Presidenza, disse: “Non sono rari i casi di [individui] di presunta fede […] i quali hanno ritenuto che, poiché la proclamazione di tutta la loro fede avrebbe potuto richiamare sul loro capo il ridicolo dei loro colleghi non credenti, hanno ritenuto di dover modificare o scusare la propria fede o di diluirla disastrosamente o addirittura di fingere di rinunciarvi. Tali persone sono degli ipocriti”1. Nessuno di noi vorrebbe essere etichettato in questa maniera; malgrado ciò, siamo talvolta riluttanti a professare la nostra fede in alcune circostanze?
Possiamo aiutare noi stessi nel nostro desiderio di fare ciò che è giusto se ci facciamo trovare in posti e partecipiamo ad attività in cui i nostri pensieri sono influenzati positivamente e in cui lo Spirito del Signore è a Suo agio.
Ricordo di aver letto, qualche tempo fa, il consiglio che un padre diede a suo figlio quando partì per andare all’università: “Se mai ti trovassi dove non dovresti essere, vattene via!” Offro a ciascuno di voi lo stesso consiglio: “Se mai vi trovaste dove non dovreste essere, andatevene via!”
La chiamata ad aver coraggio giunge costantemente a ognuno di noi. Ogni giorno della nostra vita c’è bisogno di coraggio, non solo per gli eventi di grande importanza, ma, più spesso, quando prendiamo decisioni o reagiamo alle circostanze nelle quali ci troviamo. Il poeta e romanziere scozzese Robert Louis Stevenson disse: “Il coraggio di ogni giorno ha pochi testimoni. Tuttavia, il tuo non è meno nobile perché nessun tamburo batte per te e nessuna folla grida il tuo nome”2.
Il coraggio si manifesta in molte forme. L’autore cristiano Charles Swindoll ha scritto: “Il coraggio non si limita al campo di battaglia […] o all’audace cattura di un ladro nella propria casa. Le vere prove del coraggio sono molto più quiete. Sono prove interiori, come rimanere fedeli quando nessuno sta guardando, […] come restare sulla propria posizione quando non si viene capiti”3. Aggiungerei che questo coraggio interiore include, inoltre, fare la cosa giusta perfino quando magari abbiamo paura, difendere i nostri principi a rischio di essere presi in giro e osservarli anche quando rischiamo di perdere gli amici o il nostro status sociale. Colui che sostiene fermamente ciò che è giusto corre inevitabilmente il rischio, a volte, di non essere accettato o di non essere popolare.
Mentre servivo nella Marina degli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale, imparai cosa fossero le imprese coraggiose, le azioni di valore e gli esempi di coraggio. Uno che non dimenticherò mai fu il silenzioso coraggio di un marinaio diciottenne — non appartenente alla nostra religione — che non era troppo orgoglioso per pregare. Dei duecentocinquanta uomini della compagnia, era il solo che ogni sera si inginocchiava vicino alla sua cuccetta, a volte tra la derisione dei bulli e le battute dei miscredenti. Con la testa china pregava Dio. Non vacillava mai. Non esitava mai. Aveva coraggio.
Non molto tempo fa, ho sentito parlare dell’esempio di una persona che sicuramente sembrava mancare di questo coraggio interiore. Un’amica mi ha raccontato di una riunione sacramentale spirituale ed edificante a cui lei e suo marito avevano assistito nel loro rione. Un giovane uomo, che deteneva l’ufficio di sacerdote nel Sacerdozio di Aaronne, toccò il cuore dell’intera congregazione, quando parlò delle verità del Vangelo e della gioia dell’osservare i comandamenti. Rese una testimonianza fervente e commovente dal pulpito, con la sua camicia bianca e la sua cravatta che gli conferivano un aspetto pulito e ordinato.
In seguito, quel giorno, quando stavano uscendo in auto dal loro quartiere, questa donna e suo marito videro questo stesso giovane uomo che li aveva ispirati così tanto solo poche ore prima. Adesso, però, presentava un’immagine totalmente diversa, mentre camminava lungo il marciapiede vestito con abiti trasandati e fumando una sigaretta. La mia amica e suo marito non solo rimasero grandemente delusi e rattristati, ma erano anche confusi da come egli fosse riuscito ad essere in modo così convincente un certo tipo di persona alla riunione sacramentale, per poi sembrare così velocemente una persona completamente diversa.
Fratelli, ovunque vi troviate e qualsiasi cosa stiate facendo voi rimanete la stessa persona — la persona che il nostro Padre Celeste vuole che siate e la persona che sapete di dover essere?
In un’intervista pubblicata in una rivista nazionale, al noto cestista americano della NCAA Jabari Parker, membro della Chiesa, è stato chiesto di condividere il miglior consiglio che avesse ricevuto da suo padre. Jabari ha risposto: “[Mio padre] ha detto: ‘Sii la stessa persona sia quando sei in privato che quando sei in pubblico”4. È un consiglio importante, fratelli, per tutti noi.
Le nostre Scritture sono piene di esempi del tipo di coraggio di cui ciascuno di noi ha bisogno oggi. Il profeta Daniele manifestò un coraggio supremo quando difese quello che sapeva essere giusto e dimostrò audacia nel pregare, nonostante la minaccia di morte se l’avesse fatto.5
Il coraggio caratterizzò la vita di Abinadi, come mostrato dalla sua disponibilità a offrire la sua vita piuttosto che rinnegare la verità.6
Chi non trova ispirazione nella vita dei duemila giovani figli di Helaman, che insegnarono e dimostrarono quanto fosse necessario avere coraggio per seguire gli insegnamenti dei genitori, per essere casti e puri?7
Forse ognuno di questi episodi scritturali è coronato dall’esempio di Moroni, che ebbe il coraggio di perseverare in rettitudine sino alla fine.8
Durante la sua vita, il profeta Joseph Smith esibì innumerevoli esempi di coraggio. Uno dei più drammatici si ebbe quando lui e altri fratelli furono incatenati gli uni agli altri — immaginatelo: incatenati gli uni agli altri — e detenuti in una casa non ancora terminata accanto al tribunale di Richmond, in Missouri. Parley P. Pratt, che era tra i prigionieri, scrisse di una notte particolare: “Restammo sdraiati come se dormissimo fino a che passò la mezzanotte, e le nostre orecchie ed i nostri cuori avevano sofferto, mentre avevamo ascoltato per ore ed ore gli insulti, le oscenità, le terribili bestemmie e il linguaggio volgare delle nostre guardie”.
L’anziano Pratt continuò:
“Ascoltai sino a sentirmi disgustato, ferito, spaventato e indignato a tal punto che riuscivo appena a trattenermi dal balzare in piedi e rimproverare le guardie. Ma non avevo detto nulla a Joseph e a nessun altro, anche se ero sdraiato accanto a lui e sapevo che era sveglio. Improvvisamente egli si alzò e parlò con voce di tuono, come un leone ruggente, gridando, per quanto posso ricordare, le seguenti parole.
‘SILENZIO […]. Nel nome di Gesù Cristo, io vi rimprovero e vi comando di tacere; non sopporterò per un altro istante un simile linguaggio. Cessate di parlare in questo modo oppure o io o voi moriremo IN QUESTO MOMENTO!”
Joseph, come descrisse l’anziano Pratt, “rimase eretto in grandiosa maestà”. Era incatenato, disarmato, eppure era calmo e dignitoso. Guardò con ribrezzo quelle guardie intimorite che si rannicchiavano in un angolo o si accovacciavano ai suoi piedi. Quegli uomini apparentemente incorreggibili gli chiesero perdono e se ne stettero zitti.9
Non tutti gli atti di coraggio producono risultati così spettacolari o immediati, ma tutti portano la pace di mente e la consapevolezza che il giusto e la verità sono stati difesi.
È impossibile rimanere integri quando si affondano le radici nelle instabili sabbie dell’opinione e dell’approvazione popolari. C’è bisogno del coraggio di un Daniele, di un Abinadi, di un Moroni o di un Joseph Smith per poterci attenere fortemente e saldamente a ciò che sappiamo essere giusto. Essi ebbero il coraggio di fare non quello che era facile, ma quello che era giusto.
Tutti dovremo affrontare la paura, sperimentare lo scherno e scontrarci con l’opposizione. Troviamo il coraggio — tutti noi — di sfidare l’opinione generale, il coraggio di difendere un principio. Il coraggio, non il compromesso, porta il sorriso dell’approvazione divina. Il coraggio diventa una virtù viva e attraente quando è vista non soltanto come disponibilità a morire con onore, ma anche come determinazione a vivere con decenza. Nel progredire, sforzandoci di vivere come dovremmo, riceveremo sicuramente aiuto dal Signore e potremo trovare conforto nelle Sue parole. Amo la Sua promessa riportata nel libro di Giosuè:
“Io non ti lascerò e non ti abbandonerò.
[…] Sii forte e fatti animo; non ti spaventare e non ti sgomentare, perché l’Eterno, il tuo Dio, sarà teco dovunque andrai”10.
Miei diletti fratelli, con il coraggio delle nostre convinzioni, mi auguro che dichiareremo assieme all’apostolo Paolo: “Io non mi vergogno dell’Evangelo”11. Poi, con questo stesso coraggio, spero che seguiremo il consiglio di Paolo: “Sii [un esempio del credente], nel parlare, nella condotta, nell’amore, nella fede, nella castità”12.
I conflitti catastrofici vanno e vengono, ma la guerra mossa contro l’anima degli uomini continua senza tregua. Come il suono di una tromba, la parola del Signore arriva a voi, a me e ai detentori del sacerdozio dappertutto: “Pertanto, che ora ognuno con ogni diligenza apprenda il suo dovere e impari ad agire nell’ufficio a cui è nominato”13. Allora, come dichiarato dall’apostolo Paolo, saremo proprio “un real sacerdozio”14, unito negli intenti e investito di potere dall’alto15.
Mi auguro che stasera ognuno di noi esca da qui con la determinazione e il coraggio di dire assieme a Giobbe: “Finché avrò fiato […], non mi lascerò togliere la mia integrità”16. Che possa essere così è la mia umile preghiera. Nel nome di Gesù Cristo, il nostro Signore. Amen.