Una conferenza generale solo per me
Ciò che stavo affrontando era orribile, ma quel primo week-end di ottobre il Padre Celeste conosceva la mia situazione.
Sono cresciuta in una famiglia in cui le conferenze generali erano attese quanto le festività. Ricordo, da ragazza, di aver ricevuto l’incarico alla Scuola Domenicale di abbinare le fotografie delle Autorità generali con il loro volto in televisione a mano a mano che parlavano alla conferenza generale. Crescendo, imparai a riconoscere quei Fratelli non solo dall’aspetto fisico, ma anche dalle loro voci e dai messaggi che portavano. Da matricola d’università, fui davvero emozionata quando il coro dell’istituto di religione a cui appartenevo fu invitato a cantare a una sessione della conferenza nel Tabernacolo. Per farla breve, arrivata a vent’anni provavo un sentimento speciale per quei primi week-end di aprile e di ottobre.
Ma dovevo ancora imparare quanto la conferenza generale potesse essere personale in modo significativo. Il nostro palo ricevette i biglietti per partecipare alla riunione generale della Società di Soccorso nel settembre 2008 presso il Centro delle conferenze. Ero molto emozionata di poter stare con le sorelle del nostro palo, pregustando la musica e i discorsi ispirati, e mi sentivo particolarmente felice al pensiero di poter sentire il messaggio del presidente Dieter F. Uchtdorf, secondo consigliere della Prima Presidenza. Ascoltai ogni singola parola, prendendo freneticamente nota, e mi impegnai a mettere in pratica ciò che eravamo state invitate a fare. Pensai che quello fosse stato un meraviglioso preludio delle sessioni della conferenza generale che sarebbero seguite il fine settimana successivo.
Poi il mio mondo andò in frantumi. Mentre ero al lavoro il giovedì successivo, ricevetti una telefonata dal mio dottore che informavano che gli esami che avevo fatto la settimana prima indicavano la presenza di un cancro.
I giorni che seguirono furono offuscati da dubbi, paura, ansietà, tristezza, disperazione e sofferenza. Dentro di me si agitavano così tante emozioni che non riuscivo a dormire e piangevo costantemente. Non avevo mai provato tanta paura.
Quando arrivò il sabato mattina, intendevo ascoltare la conferenza generale mentre facevo altre cose. Tenendomi impegnata, speravo di poter distrarre la mia mente allontanandola dalla mia prova; ma fui attratta davanti al televisore, lasciando perdere il bucato da fare e i piatti nel lavandino. Il mio cuore quasi si fermò quando l’anziano L. Tom Perry, del Quorum dei Dodici Apostoli, diede inizio alla prima sessione con questa dichiarazione: “Non possiamo predire tutte le lotte e le tempeste della vita, neppure quelle dietro l’angolo ma, come persone di fede e di speranza, sappiamo senza alcun dubbio che il vangelo di Gesù Cristo è vero e che il meglio deve ancora arrivare”.1
Di certo, pensai, il prossimo argomento sarà sulla purezza morale o sul giorno del riposo. Invece ciascun messaggio successivo era di speranza nei momenti di prova!
La domenica fu un giorno di pace, mentre la nostra famiglia era riunita in preghiera e digiuno a mio favore. Continuai ad ascoltare le parole di speranza, proprio come il giorno prima, con il possente messaggio conclusivo nel pomeriggio dell’anziano Quentin L. Cook, del Quorum dei Dodici Apostoli: “Attesto che l’Espiazione di Gesù Cristo copre tutte le prove e le difficoltà che ognuno di noi incontrerà in questa vita. A volte, quando vorremmo dire: ‘Spero che tu sappia che ho passato un momento difficile’, possiamo essere rassicurati che Egli è lì, e che noi siamo al sicuro tra le Sue braccia amorevoli”.2
Forse furono il digiuno o le preghiere o semplicemente il mio umile stato emotivo, ma dall’inizio alla fine, io sentii che quella era la mia conferenza generale personale, composta da una sola persona tra il pubblico.
I giorni, le settimane e i mesi successivi portarono con sé molte sfide mentre dovetti affrontare esami, operazioni, chemioterapia e radioterapia. Vorrei poter dire di non aver mai provato disperazione in quei dodici mesi; ma non fu così. Però in quel periodo, mi sentii anche sostenuta dalle preghiere e dai digiuni dei membri del rione e della famiglia, dalle benedizioni del sacerdozio impartitemi da mio padre, e dalla fede di mia madre. Nei primi mesi di cure lessi completamente il Libro di Mormon, sapendo che avrei tratto conforto dalla parola di Dio.
Ma nei giorni più bui, mi rifugiavo sempre nella mia copia ben consumata della Liahona di novembre 2008 e rileggevo quelle parole che provenivano da un amorevole Padre per mezzo dei Suoi servi ispirati e che erano dirette al mio cuore impaurito. Fui colpita da una frase che non ricordavo di aver sentito pronunciare dal presidente Thomas S. Monson nel suo discorso di apertura: “Il nostro Padre Celeste si ricorda di ognuno di noi e conosce le nostre necessità. Possiamo noi essere riempiti del Suo Spirito mentre partecipiamo a questa 178ma conferenza generale della Chiesa”.3
Io avevo ottenuto una testimonianza di quella verità. Il Padre Celeste si era ricordato di me quel week-end di ottobre. Egli conosceva il mio bisogno di speranza nel Suo amore e di speranza nel Suo piano per me. Egli parlò e io ascoltai.