Il mio dono al Salvatore
L’autrice vive nell’Idaho, USA.
Mi sentivo una missionaria inadeguata. Che cosa potevo fare per smettere di concentrarmi su me stessa e per cominciare a concentrarmi sul Salvatore?
L’inverno in Russia è molto freddo e spesso è nuvoloso, il che rende le giornate uggiose e piuttosto tristi. Era novembre inoltrato e, oltre ad esserci un tempo deprimente, mi sentivo sola, inadeguata e incapace di essere una buona missionaria. Avevo appena ricevuto l’incarico di addestrare una nuova collega, e, anche se sorella Hart era meravigliosa, a quel punto su di me gravava la pressione di dover imparare meglio la lingua, di essere un esempio migliore e di trovare qualcuno — chiunque — a cui insegnare.
Ci era appena giunta voce che il nostro nuovo presidente di missione avrebbe tenuto una conferenza di zona a Yekaterinburg, a cinque ore di distanza dalla nostra area di Perm. Nelle prime ore di un freddo mattino di dicembre, io e la sorella Hart siamo andate alla stazione.
Mentre aspettavamo, ho meditato sui sentimenti che stavo provando. Ho pensato alle festività che erano alle porte e al mio desiderio di stare con la mia famiglia. L’entusiasmo di essere in missione era sbiadito e ora mi sentivo come se non avessi concluso molto nei miei nove mesi di servizio come missionaria. Alla fine l’arrivo del nostro treno è stato annunciato, così siamo salite e abbiamo preso posto. Mi sono ritrovata a pensare al Salvatore. Ho chiuso gli occhi e ho pregato per sapere come liberarmi di quei sentimenti e come potermi concentrare meglio su di Lui.
Il giorno seguente, alla conferenza di zona, il discorso del presidente Rust era bello e sentito. Quando si è alzata per parlare, la sorella Rust ha raccontato una semplice storia che parlava di come il Salvatore è il pastore che trova la pecorella smarrita e che la riporta all’ovile. Ha parlato dei sacrifici che il Salvatore fece per noi e alla fine ha reso una possente testimonianza dell’opportunità che noi missionari abbiamo di servirLo portando le Sue pecorelle smarrite all’ovile. La sorella Rust ci ha invitate a pensare a quale dono avremmo potuto fare al Salvatore per Natale.
Quando ha lanciato quella sfida, ho sentito la forte impressione che il dono che avrei dovuto fare al Salvatore era semplicemente quello di parlare con più persone. Fino a quel momento ero stata terrorizzata all’idea di cominciare delle conversazioni con dei perfetti estranei, specialmente in russo! Non volevo che pensassero che ero ottusa perché non capivo la lingua, così era più facile non dire proprio nulla. In quel momento, tuttavia, sapevo esattamente cosa dovevo fare. Dovevo smettere di pensare a me stessa e dovevo cominciare a pensare ai miei fratelli e alle mie sorelle. Mi sono posta l’obiettivo, per il resto del mese, di parlare a qualcuno riguardo al Vangelo ogni volta che avrei preso un mezzo di trasporto e di offrire le conversazioni fatte come regalo di Natale al Salvatore.
Quando, la mattina seguente, io e la sorella Hart abbiamo preso il treno per tornare a Perm, ho iniziato a tener fede al mio obiettivo parlando con le persone sedute vicino a me. Non erano molto interessate a ciò che avevo da condividere, ma almeno ci avevo provato!
Ogni giorno era una lotta dato che combattevo per dare il mio dono al Salvatore, ma pian piano ho scoperto di essere più felice e sicura di me — sentivo che stavo adempiendo meglio la mia chiamata di missionaria. Il Natale è passato in fretta, ma ho deciso che avrei continuato a parlare con le persone. Ho cominciato a parlare con le persone non solo quando prendevamo i mezzi pubblici, ma anche per le strade, nei negozi, in biblioteca e ovunque andavamo.
Il fatto che parlassi di più alle persone non ci ha fatto trovare nessuno a cui insegnare, ma sento di aver piantato i semi del Vangelo. Abbiamo fatto amicizia con gli autisti degli autobus, con le persone al supermercato della nostra zona e con tanti altri. La cosa più bella era che, quando incontravamo qualcuno per la seconda volta, spesso lo vedevamo sorridere e salutarci prima che lo facessimo noi. Ho fede che quei semi che abbiamo piantato un giorno germoglieranno quando queste persone avranno nuove opportunità di conoscere il Vangelo. Il Padre Celeste opera in modi piccoli e semplici e a volte tutto comincia solo con un semplice “Salve”.
Quando ripenso a quel momento sul treno verso Yekaterinburg, mi rendo conto che il Padre Celeste ha esaudito le mie preghiere. Mi ha aiutato a vedere che l’opera missionaria non è incentrata su di me, ma sugli altri, e che quando poniamo gli altri al di sopra di noi stessi, delle nostre preoccupazioni e dei nostri dolori, troviamo la felicità che stiamo cercando. È meraviglioso per me vedere quanto il Salvatore sia generoso, perché, anche quando ci impegniamo a donarGli tutto ciò che possiamo, lui ci benedice e in cambio ci dà cento volte tanto.