Possiamo noi non ritrarci (vedere DeA 19:18)
Riunione al caminetto del Sistema educativo della Chiesa per i Giovani Adulti • 3 Marzo 2013 • University of Texas Arlington
Sono felice di poter partecipare a questo devozionale con i giovani della Chiesa di tutto il mondo. Vi voglio bene e sono grato di questa occasione per adorare insieme.
Susan ha parlato e testimoniato di principi importanti, ognuno di noi sarà benedetto e rafforzato se applicherà costantemente i suoi insegnamenti nella vita quotidiana. Susan è una donna retta, una donna eletta e l’amore della mia vita.
Ho meditato e chiesto ferventemente al nostro Padre Celeste di sapere in che modo posso meglio servirvi questa sera. Prego che il potere dello Spirito Santo sia con ognuno di noi, affinché possiamo riflettere su ciò che dobbiamo riflettere, sentire ciò che dobbiamo sentire e imparare ciò che abbiamo bisogno di imparare, in modo da poter fare ciò che sappiamo di dover fare e diventare, alla fine, ciò che il Signore desidera che diventiamo.
Un discepolo fedele e un esempio del non ritrarsi
L’anziano Neal A. Maxwell era un amato discepolo del Signore Gesù Cristo. Ha servito come membro del Quorum dei Dodici Apostoli per 23 anni, dal 1981 al 2004. Il potere spirituale dei suoi insegnamenti e il suo esempio di fedele discepolo hanno benedetto e continuano a benedire in modo straordinario i membri della Chiesa restaurata del Salvatore e le persone nel mondo.
Nell’ottobre del 1997, io e la sorella Bednar ospitammo l’anziano e la sorella Maxwell alla Brigham Young University – Idaho. L’anziano Maxwell doveva parlare agli studenti, al personale e alla facoltà in un devozionale. Tutti al campus attendevano con impazienza la sua visita all’università e si stavano preparando seriamente a ricevere il suo messaggio.
Qualche mese prima, lo stesso anno, l’anziano Maxwell si era sottoposto a 46 giorni e notti di estenuante chemioterapia a causa della leucemia. Ad aprile, poco dopo aver completato il trattamento ed essere stato dimesso dall’ospedale, aveva parlato brevemente alla conferenza generale della Chiesa. Durante i mesi primaverili ed estivi la sua riabilitazione e la continua terapia procedettero positivamente, ma quando venne a Rexburg la forza e la resistenza fisica dell’anziano Maxwell erano tuttavia limitate. Dopo aver dato il benvenuto all’anziano e alla sorella Maxwell all’aeroporto, io e Susan li accompagnammo a casa nostra per riposare e per un pranzo leggero prima del devozionale.
Quel giorno, nel corso delle nostre conversazioni, chiesi all’anziano Maxwell quali lezioni avesse imparato per mezzo della sua malattia. Ricorderò sempre la risposta precisa e penetrante che mi diede. “Dave”, disse, “ho imparato che non ritrarsi è più importante che sopravvivere”.
La sua risposta alla mia domanda era un principio sul quale aveva acquisito una grande esperienza personale durante la chemioterapia. Mentre l’anziano Maxwell e sua moglie stavano andando all’ospedale nel gennaio del 1997, nel giorno in cui doveva cominciare il suo primo ciclo di trattamenti, parcheggiarono e si fermarono un attimo insieme. L’anziano Maxwell “fece un profondo sospiro e guardò sua moglie. Le prese la mano e disse…, ‘è che non voglio ritrarmi’” (Bruce C. Hafen, A Disciple’s Life: The Biography of Neal A. Maxwell [2002], 16).
Nel suo messaggio intitolato “Applicaci il sangue espiatorio di Cristo” alla conferenza generale di ottobre 1997, l’anziano Maxwell insegnò con grande franchezza: “Quando affrontiamo le nostre… prove e tribolazioni, anche noi possiamo implorare il Padre, proprio come fece Gesù, per avere la forza di non ritrarci — cioè non ritirarsi o indietreggiare (vedere DeA 19:18). Non ritrarci è molto più importante che sopravvivere! Inoltre, bere la coppa amara senza lasciarci prendere dall’amarezza fa parte dell’emulare Gesù” (La Stella, gennaio 1998, 26).
La risposta dell’anziano Maxwell alla mia domanda, mi portò a riflettere sugli insegnamenti dell’anziano Orson F. Whitney, che servì anche lui come membro del Quorum dei Dodici Apostoli: “Nessun dolore che soffriamo, nessuna tribolazione che sopportiamo vanno sprecati. Approfondiscono la nostra esperienza, favoriscono lo sviluppo di virtù quali la pazienza, la fede, la fermezza e l’umiltà. Tutto quello che soffriamo e tutto quello che sopportiamo, specialmente quando lo facciamo con pazienza, rafforza il nostro carattere, purifica il nostro cuore, dilata la nostra anima, e ci rende più generosi e caritatevoli, più degni di essere chiamati figli di Dio… è tramite il dolore e la sofferenza, le prove e le tribolazioni che otteniamo l’istruzione che siamo venuti ad acquisire quaggiù” (citato in Spencer W. Kimball, Faith Precedes the Miracle [1972], 98).
E questi passi scritturali riguardo alla sofferenza del Salvatore quando offrì l’infinito ed eterno sacrificio espiatorio sono diventati ancora più intensi e significativi per me:
“Perciò io vi comando di pentirvi — pentitevi, perché non abbia a colpirvi con la verga della mia bocca, e con la mia ira, e con la mia collera, e che le vostre sofferenze siano dolorose — quanto dolorose non sapete, quanto intense non sapete, sì, quanto dure da sopportare non sapete.
Poiché ecco, io, Iddio, ho sofferto queste cose per tutti, affinché non soffrano, se si pentiranno;
ma se non volessero pentirsi, essi dovranno soffrire proprio come me;
e queste sofferenze fecero sì che io stesso, Iddio, il più grande di tutti, tremassi per il dolore e sanguinassi da ogni poro, e soffrissi sia nel corpo che nello spirito — e desiderassi di non bere la coppa amara e mi ritraessi —
Nondimeno, sia gloria al Padre, bevvi e portai a termine i miei preparativi per i figlioli degli uomini” (DeA 19:15–19).
Il Salvatore non si ritrasse nel Getsemani o sul Golgota.
Anche l’anziano Maxwell non si ritrasse. Questo possente apostolo perseverò risolutamente e fu benedetto con dell’altro tempo in questa vita per amare, servire, insegnare e testimoniare. Gli ultimi anni della sua vita sono stati un’ulteriore dimostrazione del suo esempio di discepolo fedele, sia tramite le sue parole che le sue azioni.
Credo che la maggior parte di noi probabilmente si aspetta che un uomo della portata spirituale, esperienza e statura dell’anziano Maxwell affronti una malattia grave e la morte con una comprensione del piano di felicità di Dio, con sicurezza, grazia e dignità. E senza dubbio è stato così per lui; ma oggi il mio scopo è quello di rendere testimonianza del fatto che tali benedizioni non sono riservate esclusivamente alle Autorità Generali o a un ristretto numero di membri scelti della Chiesa.
Sin da quando sono stato chiamato a riempire il posto vacante nel Quorum dei Dodici lasciato dall’anziano Maxwell dopo la sua morte, i miei incarichi e viaggi mi hanno permesso di conoscere Santi degli Ultimi Giorni fedeli, coraggiosi e valorosi, in tutto il mondo. Vi voglio raccontare la storia di un ragazzo e di una ragazza che hanno benedetto la mia vita e mi hanno aiutato a imparare lezioni spiritualmente fondamentali riguardo al non ritrarsi e al permettere alla nostra volontà personale di essere “assorbita dalla volontà del Padre” (Mosia 15:7).
Il racconto è vero e i personaggi sono reali. Non utilizzerò tuttavia i veri nomi delle persone coinvolte, ma mi riferirò al ragazzo chiamandolo John e alla ragazza chiamandola Heather. Con il loro permesso userò anche affermazioni selezionate dai loro diari personali.
Non la mia volontà, ma la Tua sia fatta
John è un degno detentore del sacerdozio che ha servito fedelmente come missionario a tempo pieno. Dopo il suo ritorno dalla missione ha frequentato e poi sposato una ragazza retta e meravigliosa di nome Heather. John aveva 23 anni mentre Heather ne aveva 20 il giorno in cui si sono suggellati insieme per il tempo e per tutta l’eternità nella casa del Signore. Per favore tenete a mente l’età rispettive di John e Heather mano a mano che vado avanti con la storia.
Circa tre settimane dopo il loro matrimonio al tempio, a John venne diagnosticato un tumore alle ossa. Poiché i noduli cancerosi erano stati trovati nei suoi polmoni, la diagnosi non era delle migliori.
John scrisse nel suo diario: “Quello è stato il giorno più brutto della mia vita; non solo perché mi dissero che avevo un tumore, ma anche perché ero appena sposato e in qualche modo sentivo di aver fallito come marito. Ero quello che provvedeva e proteggeva la nostra nuova famiglia e ora, solo dopo tre settimane con quella responsabilità, mi sembrava di aver fallito. So che questo pensiero è assurdo, ma è una delle cose folli che mi dissi durante un momento di crisi”.
Heather annotò: “Era una notizia devastante, e ricordo quanto cambiò le nostre prospettive. Mi trovavo nella sala d’aspetto dell’ospedale scrivendo bigliettini di ringraziamento per il matrimonio mentre aspettavamo i risultati degli esami di John. Ma dopo aver scoperto del tumore di John, le pentole a cottura lenta e le altre pentole e padelle non sembravano più così importanti. Quello è stato il giorno peggiore della mia vita, ma ricordo di essere andata a letto grata per il nostro suggellamento al tempio. Benché i medici avessero dato a John soltanto il trenta percento di possibilità di sopravvivere, sapevo che se fossimo rimasti fedeli avrei avuto il cento percento di possibilità di restare con lui per sempre”.
Circa un mese dopo John iniziò la chemioterapia. Queste sono le parole con cui ha descritto l’esperienza: “La cura mi portò ad essere più malato di quanto lo sia mai stato in vita mia. Persi i capelli e 19 chili, era come se il mio corpo stesse cadendo a pezzi. La chemioterapia mi colpì anche emotivamente, mentalmente e spiritualmente. Durante i mesi di chemioterapia la vita era come essere sulle montagne russe, con alti e bassi e tutto il resto nel mezzo. Ma durante tutto questo, io e Heather conservammo la fede che Dio mi avrebbe guarito. Lo sapevamo e basta”.
Heather trascrisse i suoi pensieri e sentimenti: “Non potevo sopportare di lasciare John tutta la notte da solo in ospedale, perciò dormivo ogni notte sul piccolo divano nella sua stanza. Durante il giorno molti amici e familiari venivano a trovarci, ma le notti erano le più dure. Fissavo il soffitto e mi domandavo cosa aveva in mente per noi il Padre Celeste. A volte la mia mente vagava in luoghi bui e la mia paura di perdere John ebbe quasi il sopravvento su di me. Ma sapevo che questi pensieri non venivano dal Padre Celeste. Le mie preghiere per ricevere conforto divennero più frequenti e il Signore mi diede la forza di andare avanti”.
Tre mesi più tardi John si sottopose a un’operazione chirurgica per rimuovere un tumore esteso nella gamba. John affermò: “L’operazione era molto importante per noi perché gli esami patologici dovevano essere condotti sul tumore per vedere quanto fosse attivo e quanto fosse morto. Queste analisi ci avrebbero dato le prime indicazioni sull’efficacia della chemioterapia e di quanto forti sarebbero dovuti essere i trattamenti successivi”.
Due giorni dopo l’operazione, andai a trovare John e Heather all’ospedale. Parlammo della prima volta che io e John ci incontrammo sul campo di missione, del loro matrimonio, del tumore e delle lezioni eternamente importanti che apprendiamo tramite le prove della vita terrena. Al termine della visita, John mi chiese se potevo dargli una benedizione del sacerdozio. Risposi che l’avrei fatto volentieri ma che prima dovevo porgli alcune domande.
Posi poi delle domande che non avevo previsto e che non avevo mai considerato prima: “John, hai fede di non essere guarito? Se fosse la volontà del nostro Padre Celeste che tu morendo in giovane età continuassi il tuo ministero nel mondo degli spiriti, avresti la fede di sottometterti alla Sua volontà e di non essere guarito?
Francamente ero sorpreso dalle domande che mi sentii spinto a porre a quella particolare coppia. Spesso nelle Scritture, il Salvatore o i Suoi servitori esercitavano il dono spirituale della guarigione (vedere 1 Corinzi 12:9; DeA 35:9; 46:20) e percepivano se una persona aveva la fede per essere guarita (vedere Atti 14:9; 3 Nefi 17:8; DeA 46:19). Ma mentre io, John e Heather ci consultavamo a vicenda ed eravamo alle prese con queste domande, capimmo sempre di più che se la volontà di Dio era che questo ragazzo fosse guarito, allora quella benedizione poteva essere ricevuta solo se prima questa coppia coraggiosa avesse avuto la fede di non essere guarito. In altre parole, John e Heather dovevano vincere, per mezzo dell’Espiazione del signore Gesù Cristo, la tendenza dell’“uomo naturale” (Mosia 3:19) presente in ognuno di noi, di pretendere impazientemente e di chiedere incessantemente benedizioni che desideriamo e crediamo di meritare.
Identificammo un principio che si applica a ogni discepolo fedele: avere una forte fede nel Salvatore vuol dire sottomettersi alla Sua volontà e ai Suoi tempi nella nostra vita, anche se il risultato non è ciò che speravamo o che desideravamo. Sicuramente, John e Heather avrebbero desiderato, bramato e supplicato che John guarisse con tutta la loro facoltà, mente e forza. Ma ancora più significativo è che essi sarebbero stati “dispost[i] a sottomettersi a tutte le cose che il Signore ritiene conveniente infligger [loro], proprio come un fanciullo si sottomette a suo padre” (Mosia 3:19). Infatti, essi sarebbero stati disposti a “offri[re] tutta la [loro] anima come offerta a lui” (Omni 1:26) e a pregare umilmente: “Padre, se tu vuoi, allontana da me questo calice! Però, non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Luca 22:42).
Quelle che inizialmente ci sembravano essere domande sconcertanti diventarono parte di un insieme di principi del Vangelo apparentemente contraddittori. Prendete in considerazione l’ammonimento del Salvatore: “Chi avrà trovato la vita sua la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per cagion mia, la troverà» (Matteo 10:39). Egli inoltre dichiarò: “Ma molti primi saranno ultimi; e molti ultimi, primi” (Matteo 19:30). E il Signore esortò i Suoi discepoli degli ultimi giorni: “Mediante la tua parola molti grandi saranno resi umili, e mediante la tua parola molti umili saranno elevati” (DeA 112:8). Perciò, avere fede di non essere guarito sembrava inserirsi perfettamente in un potente insieme di principi del Vangelo apparentemente contraddittori che ci richiedono di chiedere, cercare e bussare affinché possiamo ricevere conoscenza e comprensione (vedere 3 Nefi 14:7).
Dopo aver preso il tempo necessario per riflettere sulle mie domande e per parlare con sua moglie, John mi disse: “Anziano Bednar, non voglio morire. Non voglio lasciare Heather. Ma se la volontà del Signore è quella di mandarmi nel mondo degli spiriti, allora penso di essere disposto ad accettarlo”. Il mio cuore si riempì di apprezzamento e ammirazione nel vedere questa giovane coppia affrontare la più ardua di tutte le difficoltà spirituali: sottomettere la loro volontà a quella di Dio. La mia fede si rafforzò nel vedere questa coppia permettere al loro desiderio forte e comprensibile che lui guarisse di essere “assorbito dalla volontà del Padre” (Mosia 15:7).
John descrisse la sua reazione alla nostra conversazione e alla benedizione che ricevette: “L’anziano Bednar condivise con noi l’idea dell’anziano Maxwell che è meglio non ritrarsi piuttosto che sopravvivere. L’anziano Bednar poi ci ha chiesto: ‘So che hai fede per essere guarito, ma hai fede di non essere guarito?’ Era un concetto a me sconosciuto. In pratica mi stava chiedendo se avessi la fede di accettare la volontà di Dio se la Sua volontà fosse stata quella che io non guarissi? Se si stava avvicinando per me il momento di entrare nel mondo degli spiriti attraverso la morte, ero preparato a sottomettermi e accettarlo?”
John continuò: “Avere fede di non essere guarito sembrava incomprensibile, ma quella prospettiva cambiò il modo di pensare mio e di mia moglie e ci permise di mettere completamente la nostra fiducia nel piano del Padre per noi. Imparammo che dobbiamo ottenere la fede nel fatto che il Signore è al comando qualsiasi sia il risultato e che Egli ci guiderà da dove siamo a dove dobbiamo essere. Mentre pregavamo, le nostre richieste cambiarono da ‘Ti prego guariscimi’ a ‘Ti prego dammi la fede di accettare qualsiasi cosa hai pensato per me’.
Ero sicuro che dal momento che l’anziano Bednar è un apostolo, avrebbe benedetto le parti del mio corpo perché si sistemassero e che sarei saltato giù dal letto e avrei cominciato a ballare o a fare qualcosa di sensazionale o di quel genere! Ma mentre mi benediceva quel giorno, fui sorpreso dal fatto che le parole che pronunciò fossero quasi identiche a quelle di mio padre, di mio suocero e del mio presidente di missione. Mi resi conto che alla fine non importa quali mani siano sulla mia testa; il potere di Dio non cambia, e la Sua volontà ci viene resa manifesta individualmente e tramite i Suoi servi autorizzati”.
Heather scrisse: “Quel giorno per me è stato pieno di emozioni diverse. Ero convinta che l’anziano Bednar avrebbe messo le sue mani sulla testa di John e l’avrebbe guarito completamente dal tumore. Sapevo che per mezzo del potere del sacerdozio poteva essere guarito, e desideravo così tanto che ciò succedesse. Dopo che ci ebbe insegnato riguardo alla fede di non essere guarito, ero terrorizzata. Fino a quel momento, non avevo mai dovuto affrontare il fatto che i progetti del Signore potessero includere perdere il mio novello marito. La mia fede dipendeva dai risultati che desideravo; si può dire che era unidimensionale. Benché all’inizio fosse sconvolgente, l’idea di avere fede di non essere guarito alla fine mi liberava dal timore. Mi permetteva di avere una fiducia completa nel fatto che il mio Padre Celeste mi conosce meglio di me e che avrebbe fatto ciò che era meglio per me e John”.
Venne data una benedizione, passarono settimane, mesi e anni. Il tumore di John miracolosamente regredì. Fu in grado di terminare i suoi studi accademici e di ottenere un lavoro redditizio. John e Heather continuarono a rafforzare il loro rapporto e a godersi insieme la vita.
Qualche tempo dopo, successivamente ricevetti una lettera da John e Heather nella quale mi informavano che il tumore era tornato. Si ricominciò con la chemioterapia e fu fissata la data per un’operazione. John spiegò: “Non solo questa notizia ci colse con disappunto, ma ci confuse. C’era forse qualcosa che non avevamo imparato la prima volta? Il Signore si aspettava qualcosa in più da noi? Crescendo come Santo degli Ultimi Giorni, era normale andare in chiesa e sentire la frase: ‘Ogni prova che Dio ci dà è per il nostro bene’. Beh, per essere onesti, non riuscivo a vedere in che modo questo era per il mio bene!
Perciò iniziai a pregare per avere chiarezza e per chiedere al Signore di aiutarmi a capire perché mi fosse ricomparso il tumore. Un giorno mentre stavo leggendo il Nuovo Testamento ricevetti la mia risposta. Leggevo il resoconto di Cristo e dei Suoi apostoli di quando erano sul mare e la tempesta venne sedata. Temendo che la barca affondasse, i discepoli andarono dal Salvatore e chiesero: ‘Maestro, non ti curi tu che noi periamo?’ Questo era esattamente come mi sentivo! Non ti curi tu che io ho un tumore? Non ti curi tu che noi desideriamo cominciare una famiglia? Ma andando avanti a leggere la storia, trovai la mia risposta. Il Signore li guardò e disse: ‘O gente di poca fede’, stese la Sua mano e calmò le acque.
In quel momento dovevo chiedermi: ‘Credo veramente a questa storia? Credo davvero che Egli abbia calmato le acque quel giorno? O è semplicemente una bella storia da leggere?’ La risposta è: Ci credo e poiché so che Egli calmò le acque, seppi all’istante che mi poteva guarire. Fino a quel momento, era stato difficile conciliare il bisogno della mia fede in Cristo con l’inevitabilità della Sua volontà. Le vedevo come due cose separate e a volte mi sembrava che una contraddicesse l’altra. ‘Perché avrei dovuto avere fede se la Sua volontà alla fine è quella che prevale?’, mi chiedevo. Dopo questa esperienza, seppi che avere fede, almeno nelle mie circostanze, non era necessariamente sapere che mi avrebbe guarito, ma che mi poteva guarire. Dovevo credere che Egli poteva, e poi se ciò fosse accaduto sarebbe dipeso da Lui.
Quando permisi a queste due idee di coesistere nella mia vita, concentrai la fede in Gesù Cristo e mi sottomisi completamente alla Sua volontà, trovai grande conforto e pace. È stato straordinario vedere la mano del Signore nella nostra vita. Le cose si sono sistemate, sono avvenuti miracoli e noi veniamo continuamente resi umili nel vedere il realizzarsi del piano di Dio per noi”.
Ripeto per sottolineare l’affermazione di John: “Quando permisi a queste due idee di coesistere nella mia vita, concentrai la fede in Gesù Cristo e mi sottomisi completamente alla Sua volontà, trovai grande conforto e pace”.
La rettitudine e la fede di sicuro sono determinanti per muovere le montagne, se il farlo realizza i propositi di Dio ed è conforme alla Sua volontà. La rettitudine e la fede di sicuro sono determinanti nel guarire gli ammalati, i sordi o gli storpi, se questa guarigione realizza i propositi di Dio ed è conforme alla Sua volontà. Perciò, persino con una forte fede, molte montagne non verranno mosse. E non tutti gli ammalati e gli infermi saranno guariti. Se tutte le avversità fossero ridotte, se tutte le malattie venissero rimosse, allora gli scopi principali del piano del Padre verrebbero frustrati.
Molte delle lezioni che dobbiamo apprendere nella mortalità posso essere ricevute solo tramite ciò che viviamo e a volte ciò che soffriamo. E Dio si aspetta e confida che noi affrontiamo le avversità temporanee della mortalità con il Suo aiuto affinché possiamo imparare ciò che dobbiamo imparare e alla fine diventare ciò che dobbiamo diventare nell’eternità.
Il significato di tutte le cose
La storia di John e Heather è sia comune che straordinaria. Questa giovane coppia rappresenta i milioni di Santi degli Ultimi Giorni fedeli in tutto il mondo, che mantengono le proprie alleanze, che si stanno spingendo innanzi lungo il sentiero stretto e angusto con fede ferma in Cristo, avendo un perfetto fulgore di speranza. John e Heather non stavano servendo in una posizione direttiva in vista nella Chiesa, non erano imparentati con Autorità generali e a volte avevano dubbi e paure. Sotto molti aspetti la loro storia è alquanto comune.
Ma fratelli e sorelle, questo ragazzo e questa ragazza furono benedetti in modi straordinari attraverso afflizioni e difficoltà per imparare lezioni fondamentali per l’eternità. Ho condiviso con voi questo episodio perché John e Heather, che sono proprio come molti di voi, appresero che non ritrarsi è più importante di sopravvivere. Infatti, la loro esperienza non era principalmente vivere e morire, piuttosto era imparare, vivere e diventare.
La potente combinazione spirituale della fede nel sacro nome di Gesù Cristo, dell’umile sottomissione alla Sua volontà e ai Suoi tempi, dello spingersi innanzi “con instancabile diligenza” (Helaman 15:6) e del riconoscere la Sua mano in ogni cosa produce le cose pacifiche del regno di Dio, che portano gioia e vita eterna (vedere DeA 42:61). Mentre questa coppia affrontava difficoltà apparentemente enormi, vivevano una “vita tranquilla e quieta, in ogni pietà e onestà” (1 Timoteo 2:2). Avevano una condotta pacifica (vedere Moroni 7:4) verso e tra i figlioli degli uomini. “E la pace di Dio che sopravanza ogni intelligenza, [teneva i loro] cuori e i [loro] pensieri in Cristo Gesù” (Filippesi 4:7).
Per molti di voi, la loro storia è, è stata o potrebbe essere la vostra storia. State affrontando, avete affrontato o dovete ancora affrontare prove simili nella vostra vita con lo stesso coraggio e la stessa prospettiva spirituale di John e Heather. Non conosco il motivo per cui alcune persone apprendono lezioni eterne per mezzo di prove e sofferenze, mentre altri imparano lezioni simili soccorrendo e guarendo. Non conosco tutti i motivi, tutti i propositi e non conosco ogni cosa sui tempi del Signore. Insieme a Nefi, io e voi possiamo dire che “non conosc[iamo] il significato di tutte le cose” (1 Nefi 11:17).
Ma conosco con certezza alcune cose. So che siamo figli e figlie di spirito di un amorevole Padre Celeste. So che il Padre Eterno è l’Autore del piano di felicità. So che Gesù Cristo è il nostro Salvatore e Redentore. So che Gesù rese possibile il piano del Padre tramite la Sua Espiazione infinita ed eterna. So che il Signore, che “mor[ì] un dì con gran dolor” (“Cristo di Nazaret, Re, Salvator”, Inni, 110), può soccorrere e rafforzare “il suo popolo nelle loro infermità” (Alma 7:12). E so che una delle benedizioni più grandi della mortalità è quella di non ritrarsi per permettere alla nostra volontà personale di essere “assorbita dalla volontà del Padre” (Mosia 15:7).
Anche se non conosco tutto su come, quando, dove e perché si verifichino queste benedizioni, so e testifico che sono reali. Attesto che tutte queste cose sono vere e che noi sappiamo abbastanza tramite il potere dello Spirito Santo da rendere una testimonianza sicura sulla loro divinità, la loro realtà e la loro efficacia. Cari fratelli e fratelli, quale Suo servitore, io invoco questa benedizione su di voi: che mentre vi spingete innanzi nella vostra vita con incrollabile fede in Cristo, voi abbiate la capacità di non ritrarvi. Rendo questa testimonianza e invoco questa benedizione nel sacro nome del Signore Gesù Cristo. Amen.
© 2013 by Intellectual Reserve, Inc. Tutti i diritti riservati. Testo inglese approvato: 8/12. Approvato per la traduzione: 8/12. Traduzione di: That We Might “Not … Shrink.” Italian. PD50045417 160