Come ci ricorderanno i nostri figli?
Per molti aspetti i genitori terreni rappresentano il Padre celeste nel processo che li vede nutrire, amare e istruire i figli. I figli naturalmente guardano ai loro genitori per conoscere le caratteristiche proprie del loro Padre celeste.
Il messaggio che vi rivolgo oggi è un messaggio di amore. Voglio molto bene a mia moglie Mary, ai miei due figli e alle loro famiglie e voglio esprimere loro la mia gratudine per tutta la gioia che hanno portato nella mia vita.
Quando penso ai rapporti che ho con i miei familiari, non posso fare a meno di ricordare l’esempio che ho ricevuto dai miei genitori. I nostri figli ci ricorderanno per l’esempio che diamo loro. Ricordo sin dalla prima fanciullezza le esperienze che mi hanno insegnato a capire il sacerdozio che detengo e a rispettare e amare il rapporto che univa mio padre e mia madre.
Mio padre mi insegnò il rispetto per il sacerdozio. Quando facevo parte del Sacerdozio di Aaronne, distribuivamo il sacramento usando i vassoi di acciaio inossidabile che, a causa dell’acqua che fuoriusciva dai bicchieri, spesso erano opachi e macchiati. Come detentore del Sacerdozio di Aaronne avevo il compito di preparare il sacramento. Papà mi chiedeva di portare a casa i vassoi e li pulivamo con la paglietta d’acciaio sino a farli risplendere. Quando distribuivo il sacramento, sapevo che contribuivo a rendere più sacra l’esperienza di prendere il sacramento.
Durante le vacanze mio padre ci portava a visitare le località di interesse storico per la Chiesa per accrescere la nostra conoscenza e testimonianza.
Una volta, quando ero un diacono di dodici anni, papà mi chiese se volevo andare a vedere la galleria in cui si onorano i campioni del baseball a Copperstown, nello Stato di New York, e poi assistere al corteo storico alla Collina di Cumorah, vicino a Palmyra. Fu là che a Joseph Smith furono mostrate e consegnate le tavole d’oro dalle quali egli avrebbe tradotto il Libro di Mormon. Papà mi portò anche a vedere il Bosco Sacro dove Joseph Smith aveva pregato il Padre celeste e aveva veduto in visione Dio Padre e Suo Figlio Gesù Cristo. Pregammo insieme nel bosco e facemmo la promessa di rimanere leali e fedeli al sacerdozio che detenevamo. Papà in seguito dipinse un quadro del luogo in cui avevamo pregato e me lo donò come ricordo delle promesse che avevamo fatto quel giorno. Ora è appeso nel mio ufficio, mi ricorda ogni giorno quella sacra esperienza e le promesse che feci al mio padre terreno oltre che al mio Padre celeste.
In un’altra occasione mio padre mi portò al fiume Susquehanna, dove nel 1829 Joseph Smith e Oliver Cowdery ricevettero il Sacerdozio di Aaronne per mano di Giovanni Battista. Papà mi spiegò che la restaurazione del sacerdozio fu uno degli avvenimenti più importanti di questa dispensazione.
Imparai a rispettare le donne grazie alle premure che mio padre aveva per mia madre e per le mie sorelle. Papà era il primo ad alzarsi da tavola dopo il pranzo per sparecchiare. Io e mia sorella lavavamo e asciugavamo i piatti ogni sera, proprio dietro richiesta di mio padre. Se non eravamo a casa, mio padre e mia madre riordinavano insieme la cucina.
In seguito mia madre fu colpita da paralisi e mio padre doveva provvedere premurosamente a tutte le sue necessità. Durante i suoi due ultimi anni di vita ella ebbe bisogno di un’assistenza continua; lo chiamava ogni pochi minuti, giorno e notte. Non dimenticherò mai il suo esempio di amore e di affetto per sua moglie. Egli mi disse che quelle cure erano soltanto una piccola ricompensa per l’affettuosa devozione che ella gli aveva dedicato per oltre cinquant’anni.
Papà lavorava come disegnatore per un’importante agenzia pubblicitaria di New York. Una volta era tornato a casa il venerdì sera e aveva lavorato per quasi tutta la notte. Dopo alcune ore di lavoro in giardino il sabato mattina, si era ritirato nel suo studio per preparare la campagna pubblicitaria di un nuovo prodotto. Intanto io e mia sorella continuavamo a rincorrerci attorno al tavolo da pranzo che stava proprio sopra lo studio. Egli ci chiese invano un paio di volte di smetterla. La terza volta salì su di corsa, mi prese per il colletto, mi mise a sedere e mi insegnò un’importante lezione. Non gridò e non mi percosse, anche se era molto irritato.
Mi spiegò il processo creativo e la necessità che aveva di concentrarsi e di sentire la vicinanza dello Spirito perché la sua creatività potesse esprimersi. Proprio per il tempo che dedicò a spiegarmi la situazione e ad aiutarmi a capire le sue esigenze, imparai una lezione che ho messo a buon frutto quasi ogni giorno della vita. Il motivo per cui vi parlo di questi fatti è perché noi genitori abbiamo il diritto e il dovere di insegnare il Vangelo ai nostri cari mediante l’esempio e la testimonianza.
Mio padre se ne è andato da diversi anni; ma io lo ricordo con affetto e rispetto. Gli esempi diventano ricordi che guidano i nostri passi:
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Ricordi della mamma che in pantofole teneva i piedi sulle scarpe di papà, mentre ballavano per la cucina; e ricordi delle espressioni di affetto che avevano l’uno per l’altra.
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Ricordi di quando ero bambino e sedevo sul pavimento accanto a mamma e papà mentre essi a turno leggevano ad alta voce le Scritture.
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Ricordi di anni successivi, quando andavo al Tempio di Salt Lake e vedevo la mamma e il papà partecipare alla cerimonia dell’investitura.
Possano i ricordi dei nostri figli guidare i loro passi.
Ora mi sorprendo a farmi questa domanda: «Come mi ricorderanno i miei figli?» Come vi ricorderanno i vostri figli?
La chiamata di padre e di madre è sacra e ha una grande importanza. Uno dei più grandi diritti e doveri che ci sono stati concessi è quello di essere genitori, di collaborare a portare sulla terra un figlio di Dio e di avere la sacra responsabilità di amare, crescere e guidare i figli per ricondurli al nostro Padre celeste. Per molti aspetti i genitori terreni rappresentano il Padre celeste nel processo che li vede nutrire, amare e istruire i figli. I figli naturalmente guardano ai loro genitori per conoscere le caratteristiche proprie del loro Padre celeste. Dopo che hanno imparato ad amare, rispettare e ad aver fiducia nei loro genitori terreni, spesso inconsapevolmente sviluppano gli stessi sentimenti verso il loro Padre celeste.
Nessun genitore sulla terra è perfetto. In effetti i figli sono molto comprensivi, quando sentono che i genitori si curano veramente di loro e cercano di fare del loro meglio.
È utile ai figli vedere che i buoni genitori possono avere opinioni diverse dalle loro, e che queste divergenze si possono appianare senza percosse, urla o lancio di oggetti. Essi devono rendersi conto che è possibile comunicare nel rispetto dei diversi punti di vista, in modo da poter imparare a risolvere le divergenze che incontreranno nella vita.
I genitori sono esortati a insegnare ai loro figli mediante il precetto e l’esempio. Il Signore ha detto:
«E ancora, se vi sono dei genitori che hanno dei figli in Sion o in alcuno dei suoi pali organizzati e non insegnano loro a comprendere la dottrina del pentimento, della fede in Cristo, il Figlio del Dio vivente, del battesimo e del dono dello Spirito Santo per imposizione delle mani all’età di otto anni, il peccato sarà sul capo dei genitori …
Ed essi insegneranno pure ai loro figli a pregare e a camminare rettamente al cospetto del Signore» (DeA 68:25-28).
I figli ai quali è stato insegnato a pregare e che pregano con i genitori quando sono piccoli, saranno più propensi a pregare quando saranno grandi. Coloro ai quali è insegnato ad amare Dio e a credere nella Sua esistenza quando sono piccoli, saranno più propensi a continuare nel loro sviluppo spirituale e ad accrescere i loro sentimenti di amore quando saranno grandi.
Tuttavia un figlio, anche quello che è stato allevato con grande amore e cura, quello che è stato istruito attentamente, una volta diventato adulto può decidere di non seguire tali insegnamenti per una grande varietà di motivi. Come dobbiamo reagire? Noi conosciamo e rispettiamo il principio del libero arbitrio. Noi preghiamo che le esperienze della vita lo aiutino a ritrovare il desiderio e la capacità di mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo. È ancora nostro figlio, e noi continuiamo ad amarlo e a curarci di lui. Non chiudiamo la porta di casa, né la porta del nostro cuore.
Alcuni pensano di non poter accettare o assolvere una chiamata nella Chiesa se uno dei loro figli si è traviato. Se accettiamo la chiamata e facciamo del nostro meglio, potremo avere un profondo effetto spirituale su coloro che più amiamo. Se pensiamo che le altre famiglie non abbiano delle difficoltà, allora non le conosciamo abbastanza.
Se l’esempio che abbiamo avuto dai nostri genitori non è stato bello, è nostro dovere prendere un’altra direzione.
Sicuramente i genitori commettono degli errori nel crescere i figli; ma mediante l’umiltà, la fede, la preghiera e lo studio ognuno di noi può imparare un modo migliore di agire, e facendolo aiuterà i suoi familiari oggi e istituirà delle tradizioni positive per le generazioni che seguiranno.
Le promesse del Signore sono certe: «Io t’ammaestrerò e t’insegnerò la via per la quale devi camminare» (Salmi 32:8). E ancora: «E tutto ciò che domanderete al Padre in nome mio, se è giusto, credendo che riceverete, vi sarà accordato» (3 Nefi 18:20).
L’egoismo è spesso alla radice delle difficoltà nei rapporti familiari. Quando le persone si concentrano sui propri interessi egoistici, rinunciano alla possibilità di ascoltare, capire e considerare i sentimenti o le necessità dell’altra persona.
Il presidente Benson ci ha messo in guardia:
«Dobbiamo essere più simili a Cristo nel nostro atteggiamento e comportamento di quanto vediamo accadere nel mondo. Dobbiamo essere tanto caritatevoli e premurosi con i nostri cari quanto Cristo lo è con noi. Egli è buono, affettuoso e paziente con ognuno di noi. Non dobbiamo quindi dare alle nostre mogli e ai nostri figli lo stesso amore?
Che sorta di uomini dovremmo essere? Ricordate che la risposta del Signore a questa domanda è: ‹In verità, Io vi dico: così come sono Io› (3 Nefi 27:27)» (La Stella, aprile 1984, pag 85).
Il presidente Benson continua:
«Ascoltando queste relazioni di cattive azioni mi sono chiesto: ‹Come può un membro della Chiesa – qualsiasi uomo che detiene il sacerdozio di Dio – rendersi colpevole di crudeltà verso sua moglie e i suoi figli?›
Tali azioni, se compiute da un detentore del sacerdozio, sono inconcepibili. Sono totalmente estranee agli insegnamenti della Chiesa e del vangelo di Gesù Cristo.
Come detentori del sacerdozio dobbiamo emulare il carattere del Salvatore» (La Stella, aprile 1984, pag. 81).
La sezione 121 di Dottrina e Alleanze insegna quanto segue:
«Nessun potere o influenza può o dovrebbe essere mantenuto in virtù del sacerdozio, se non per persuasione, per longanimità, per gentilezza e mansuetudine, e con amore sincero» (v. 41).
Questi attributi di gentilezza e conoscenza pura sono propri del nostro Padre celeste.
Possiamo vedere e capire meglio l’amore che Gesù nutriva per Suo Padre, il nostro Padre nei cieli, nella Sua preghiera di intercessione contenuta nella Bibbia, nel 17mo capitolo del vangelo di Giovanni.
La sofferenza del sacrificio espiatorio era ormai imminente.
«Queste cose disse Gesù; poi levati gli occhi al cielo, disse: Padre, l’ora è venuta; glorifica il tuo Figliuolo, affinché il Figliuolo glorifichi te» (Giovanni 17:1).
«E questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo» (Giovanni 17:3).
Gesù dichiarò che Egli era con il Padre prima di venire sulla terra, e parlò dell’amore che li univa:
«O Padre, glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse … affinché il mondo conosca che tu m’hai mandato, e che li ami come hai amato me … poiché tu m’hai amato avanti la fondazion del mondo» (vv. 5, 23-24).
Per me è commovente il fatto che Gesù chiuda la Sua preghiera con l’auspicio che possiamo conoscere e amare il nostro Padre come fa Lui, anche se nella nostra condizione terrena non riusciamo a ricordarLo.
Gesù pregò così:
«Padre giusto, il mondo non t’ha conosciuto, ma io t’ho conosciuto; e questi [discepoli] hanno conosciuto che tu mi hai mandato» (v. 25).
Gesù poté compiere la Sua missione di espiazione sulla terra grazie alla conoscenza, all’esempio e all’amore di Suo Padre. Così ognuno di noi, nella sua veste di genitore e specialmente come fratello nel sacerdozio, per il suo esempio, affetto e premure, potrà essere ricordato dai suoi figli come possessore delle virtù proprie del nostro Padre celeste e del nostro Salvatore, in modo che possano perseverare sino alla fine e ritornare un giorno alla Loro celeste presenza. Questa è la mia preghiera, nel nome di Gesù Cristo. Amen.