I profeti sono ispirati
So che il lavoro in cui siamo impegnati è il vangelo del nostro Salvatore, del nostro Signore Gesù Cristo, così come Egli lo predicò quando era sulla terra.
Sono onorato di trovarmi qui, di essere presente a questa grande conferenza. Sono lieto che la Prima Presidenza mi abbia concesso di prendervi parte. La vecchiaia ci impone certi limiti. Sono ben consapevole dei miei, anche se qualche volta riesco in qualche modo ad aggirarli. Ho scoperto che se la vista diventa debole, posso riparare a questa menomazione facendo altre cose; possiamo compensare alcune piccole debolezze e rafforzare un poco alcuni punti deboli. Ma, nonostante tutto, voglio che sappiate che amo molto il Vangelo e sono consapevole della Sua veridicità.
Come inno di intermezzo abbiamo cantato un bellissimo inno, «S’approssima il tempo», scritto da W. W. Phelps (Inni, No. 3). Questo inno fu scritto dopo un fatto accaduto a Independence, nel Missouri, dove fratello Phelps era direttore di un piccolo giornale. Alcuni individui ostili alla Chiesa decisero di liberarsi della macchina da stampa che fratello Phelps aveva tanto cara. La plebaglia irruppe nell’edificio, che fu poi dato alle fiamme, e distrusse la macchina. Dettero alle fiamme anche circa duecento case di membri della Chiesa per dimostrare la loro irritazione nei confronti degli aderenti al nostro credo. In quel momento di disperazione W. W. Phelps scrisse queste parole: «S’approssima il tempo d’eterna salvezza, stranieri in terra mai più vagherem», parole che ridettero speranza e incoraggiamento ai fedeli. Pieni di speranza per le cose che avverranno nella nostra vita, andiamo avanti, sospinti dalla convinzione della verità di ciò che stiamo cercando di fare.
Voglio che tutti voi sappiate che io so che il lavoro in cui siamo impegnati è il vangelo del nostro Salvatore, del nostro Signore Gesù Cristo, così come Egli lo predicò quando era sulla terra, quando chiamò gli Apostoli e i discepoli che Lo seguivano mentre Egli svolgeva il Suo ministero ammaestrandoli. Ho riflettuto spesso sull’esperienza fatta da Giovanni e Andrea, quando questi due giovani furono presentati al Salvatore da Giovanni Battista. Essi seguirono il Salvatore e rimasero con Lui quel giorno, come è scritto nel vangelo di Giovanni (vedi Giovanni 1:39). Essi stavano alla Sua presenza; gli stringevano la mano, conoscevano il timbro della Sua voce, Lo udivano portare testimonianza di chi Egli era: che era venuto a fare la volontà del Padre; si trovavano in quella santa presenza. Dopo aver fatto una simile esperienza, Andrea doveva parlarne con qualcuno, perciò andò a cercare suo fratello Simone e lo portò da Gesù. Proprio per i sentimenti che lo animavano, proprio perché doveva far sapere a qualcuno ciò che egli sapeva, ciò che sentiva e ciò che aveva visto, Andrea ne parlò con suo fratello e lo portò dal Salvatore. La santità e l’influenza personale del Salvatore trasformarono un comune mortale come Simone in un apostolo straordinario (Giovanni 1:35–42).
Sono rimasto molto colpito da tutti i profeti che succedettero a Joseph Smith, a colui che per rivelazione ricevette il messaggio, vide Dio Padre e Suo Figlio, come ci ha descritto dettagliatamente fratello Aldin Porter questa mattina. So che per dare inizio a questo lavoro ci fu quella apparizione che dette al profeta Joseph Smith la prospettiva, la determinazione e la capacità di fare tutto ciò che fece per compiere la restaurazione del Vangelo. Messaggeri celesti e rivelazioni vennero al profeta Joseph Smith per dare inizio a questa grande opera che noi proclamiamo in tutto il mondo e che so essere vera. So che i profeti che si sono succeduti dal tempo del profeta Joseph Smith in poi erano tutti chiamati da Dio.
Mi commuovo sempre quando leggo la vita di quei meravigliosi uomini. Uno di essi che vorrei menzionare questa mattina era il presidente David O. McKay, che entrò nella mia vita come primo profeta, per istruirmi e plasmarmi personalmente.
Fui chiamato come presidente di palo in California poco prima che il presidente McKay fosse sostenuto in solenne assemblea come presidente della Chiesa e come nostro profeta. Io e mia moglie Ruby andammo in automobile a Salt Lake City per partecipare a quella conferenza. Sentivo lo Spirito che regnava nell’assemblea. Ero consapevole della guida che il presidente McKay dava alla Chiesa a quel tempo. In seguito lo invitai a venire in California per dedicare un edificio della Chiesa che avevamo appena completato. Quelli erano i tempi in cui dovevamo fornire personalmente la metà del denaro necessario per acquistare il terreno e costruire l’edificio, non come avviene oggi; perciò sentivamo di essere veramente condomini dei beni della Chiesa, e dei suoi edifici in particolare. Il presidente venne in California in risposta al mio invito, cosa che mi sorprese. Andammo a prenderlo al treno e fummo felici di averlo ospite in casa nostra. La sua visita mi dette una nuova prospettiva della portata e dell’importanza della missione che siamo stati mandati a compiere su questa terra.
In seguito il presidente Spencer W. Kimball esercitò una grande influenza sulla mia vita. Menziono soltanto alcuni presidenti della Chiesa, data la brevità del tempo a mia disposizione questa mattina. Quante cose ci insegnava il presidente Kimball! Nella sua maniera meravigliosa ci insegnava direttamente dalle Scritture e esprimeva principi, linee di condotta e dottrine in maniera tale da elevare il nostro cuore e la nostra anima. Ci raccontò la storia di un giovane che era stato chiamato a fare il servizio militare. Il ragazzo aveva scritto una lettera ai suoi genitori per descrivere che nel poligono di tiro gli era stato insegnato a maneggiare un fucile e a lanciare le bombe a mano. Nella lettera il giovane diceva: «Durante le esercitazioni naturalmente lanciavamo granate che non esplodevano. Quando ci esercitavamo con quelle granate non esplosive riuscivo a lanciarle a poco più di dieci metri di distanza. Oggi che ci hanno fatto esercitare con le granate vere, sono riuscito a lanciarle a più di venticinque metri». Il presidente Kimball sapeva come influire su di noi in maniera da aiutarci a vedere e a capire le cose che eravamo stati chiamati a fare.
Voglio ricordarvi che sei mesi fa, dopo la sessione pomeridiana di domenica della conferenza, siamo tornati a casa per vedere un programma televisivo. Eravamo preoccupati per il presidente Gordon B. Hinckley. (Ho avuto il privilegio e l’onore di seguirlo per molti anni prima che diventasse nostro profeta e capo; ho osservato il modo scrupoloso in cui gestiva gli affari di questa chiesa che era affidata alle sue cure durante il tempo in cui egli è stato consigliere di tre presidenti). Il presidente Hinckley doveva comparire in un programma televisivo a diffusione nazionale. Ci chiedevamo come sarebbero andate le cose. Eravamo consapevoli dell’importanza di quell’intervista e dei suoi effetti su di noi. Eravamo al corrente del lavoro e delle lunghe ore di preghiera, di meditazione e di studio che il nostro profeta e capo aveva dedicato alla preparazione di quella intervista che, secondo le informazioni che avevamo ricevuto, sarebbe stata seguita da circa trentacinque milioni di persone. Ricorderete, come ricordo io, l’attesa e l’ansia che provavamo al pensiero di quella intervista.
Alla fine del programma il cuore mi batteva forte nel petto, sì che mi sembrava dovesse scoppiare da un momento all’altro. Mi sentivo pieno di gioia e di gratitudine verso il Signore per il modo in cui il nostro profeta e capo aveva risposto alle domande di una persona che godeva della reputazione di cercare sempre di porre quesiti ai quali era difficile rispondere. Quale gioia fu per noi vedere che il nostro profeta e capo era emerso con onore e gloria da quella intervista! Mentre guardavo il suo volto alla televisione, e sono certo che voi avreste avuto la stessa reazione, mi resi conto che un gran numero di persone vedevano quale aspetto ha un profeta di Dio: un uomo gentile, buono e attraente, un uomo ordinato e intelligente. Si percepivano la sua natura straordinaria, la sua personalità, le capacità del nostro profeta e capo che era stato messo davanti agli occhi di un vasto pubblico televisivo. Poi l’intervistatore chiese al presidente Hinckley: «Crede veramente alla storia che degli esseri celesti apparvero a un ragazzo in quel bosco? Crede veramente che sia una storia vera?» E qui il nostro profeta rispose immediatamente: «Certo che lo credo! Non è meravigliosa?»
Queste parole hanno risuonato nelle mie orecchie dal momento in cui furono pronunciate: «Certo che lo credo! Non è meravigliosa?» Egli fece questa dichiarazione con tanta sicurezza, con la meravigliosa personalità che egli possiede, per proclamarla a tutto il mondo. Vogliamo che il presidente Hinckley sappia che da quel momento l’attività dei missionari negli Stati Uniti, nelle zone in cui le persone hanno seguito il programma, ha ricevuto un nuovo impulso, come l’ha ricevuto l’attività dei fedeli. Più persone si sono interessate alla Chiesa perché avevano veduto un profeta vivente in carne ed ossa stare davanti a quel vasto pubblico televisivo per dichiarare al mondo: «Certo che lo credo! Non è una cosa meravigliosa?» Vogliamo sperare, e per questo preghiamo, che i missionari di tutto il mondo abbiano gli stessi sentimenti, possiedano la stessa conoscenza e sentano la stessa determinazione; che desiderino proclamare questo messaggio di speranza, di salvezza e di vita eterna a tutto il mondo.
Ringrazio il Signore ogni giorno per la salute di cui godo, e per la determinazione che possiedo di usare al meglio ogni ora che mi rimane su questa terra per collaborare al compimento di quest’opera. Vi esprimo il mio affetto, vi porto la mia testimonianza e proclamo la mia assoluta certezza e convinzione che quest’opera è vera. Nel nome di Gesù Cristo. Amen. 9