La sacra chiamata del servizio
Compiere il proprio dovere porta un senso di felicità e di pace.
Anch’io desidero dare il benvenuto a coloro che sono stati chiamati a dei nuovi compiti durante questa conferenza, e faccio le mie sentite congratulazioni a coloro che hanno avuto un rilascio onorevole dal loro incarico. L’opera continua a progredire. Vogliamo bene a ciascuno di voi.
Miei cari fratelli, sono onorato di potervi parlare questa sera. Quale gioia vedere questo magnifico Centro delle Conferenze, gremito sia di giovani che di meno giovani che detengono il sacerdozio di Dio. Pensare che simili congregazioni si riuniscono in tutto il mondo suscita in me un notevole senso di responsabilità. Prego che l’ispirazione del Signore guidi i miei pensieri e mi suggerisca le parole.
Il presidente Joseph F. Smith ha fatto la seguente dichiarazione in merito al sacerdozio: «Il santo sacerdozio è l’autorità che Dio ha delegato all’uomo. Con tale autorità egli può rivelare la volontà di Dio… che è sacra, e come tale deve essere considerata dal popolo, il quale, inoltre, la deve onorare e rispettare in qualsiasi persona ne sia investita nella Chiesa».1
Il giuramento e alleanza del sacerdozio appartiene a tutti noi. Per coloro che detengono il Sacerdozio di Melchisedec, è una dichiarazione del nostro requisito di essere fedeli e obbedienti alle leggi di Dio e di magnificare le chiamate che ci vengono date. Per coloro che detengono il Sacerdozio di Aaronne, è una dichiarazione che riguarda i doveri e le responsabilità future, affinché essi possano prepararsi già da oggi.
Il presidente Marion G. Romney, che è stato consigliere della Prima Presidenza, disse: «Ogni detentore del Sacerdozio di Melchisedec dovrebbe prestare una solenne e diligente attenzione alle implicazioni di questo giuramento e alleanza che ha fatto. La mancata osservanza degli obblighi da esso imposti è fonte sicura di delusione, dolore e sofferenza».2
Il presidente Spencer W. Kimball ha aggiunto: «Un uomo infrange la sua alleanza del sacerdozio trasgredendo ai comandamenti—ma anche tralasciando di svolgere i suoi doveri. Di conseguenza, per rompere questa alleanza basta che una persona non faccia niente».3
Un famoso ministro di culto disse: «Gli uomini lavoreranno duramente per denaro. Gli uomini lavoreranno più duramente per altri uomini. Tuttavia gli uomini lavoreranno il più duramente possibile quando saranno impegnati in una causa… Il dovere non si compie degnamente finché non viene svolto da una persona che farebbe volentieri di più, se soltanto potesse».4
Compiere il proprio dovere porta un senso di felicità e di pace. Così scrisse un poeta:
Ho dormito e sognato che la vita era gioia.
Mi sono svegliato e ho visto che la vita era dovere.
Ho agito, e ho visto che il dovere era gioia».5
La chiamata a svolgere il nostro dovere può arrivare in silenzio, quando noi che deteniamo il sacerdozio rispondiamo agli incarichi che riceviamo. Il presidente George Albert Smith, quel dirigente mode- sto ed efficiente, insegnò: «È prima di tutto vostro compito imparare ciò che il Signore vuole e poi, attraverso il potere e la forza del Suo santo sacerdozio, magnificare in tale maniera la vostra chiamata in presenza dei vostri simili, affinché la gente sia contenta di seguirvi».6
Che cosa significa magnificare una chiamata? Significa farla crescere in dignità e importanza, renderla onorevole e lodevole agli occhi di tutti gli uomini, estenderla e rafforzarla, lasciare che grazie ad essa la luce del cielo brilli anche per altri uomini.
E in che modo una persona magnifica una chiamata? Semplicemente svolgendo il servizio pertinente ad essa. Un anziano magnifica la chiamata di ordinazione all’ufficio di anziano imparando quali siano i suoi doveri e svolgendoli. Come per un anziano, così è per un diacono, un insegnante, un sacerdote, un vescovo e ogni uomo che detenga un ufficio nel sacerdozio.
Il poeta e autore Robert Louis Stevenson ci ha ricordato: «So cos’è il piacere, poiché ho svolto un buon lavoro».
Fratelli, ricordiamoci del consiglio di re Beniamino: «Quando siete al servizio dei vostri simili, voi non siete che al servizio del vostro Dio».7
Cerchiamo coloro che hanno bisogno del nostro aiuto e aiutiamoli a intraprendere un cammino più alto e più nobile. Dirigiamo il nostro pensiero alle necessità dei detentori del sacerdozio che sono caduti nell’inattività, delle loro mogli e dei loro figli. Possiamo noi sentire il tacito messaggio dei loro cuori, che vi suonerà familiare: «Guidami, aiutami, cammina insieme a me; dimmi quel che devo far per ritornare…».8
L’opera di riattivazione è un lavoro che non si addice all’indolente o al sognatore. I figli crescono, i genitori invecchiano e il tempo corre. Non mettete da parte i suggerimenti dello Spirito. Agite in base ad essi e il Signore vi aprirà la via.
Spesso è necessaria la celeste virtù della pazienza. Un giorno, quando ero vescovo, sentii di dover far visita a un uomo la cui moglie era in un certo qual modo attiva, così come i figli; quest’uomo, tuttavia, era rimasto di-staccato. Era un caldo mattino d’estate quando bussai alla porta di Harold G. Gallacher. Dal vetro vedevo il fratello Gallacher seduto nella sua poltrona a leggere il giornale. «Chi è?» chiese senza alzare lo sguardo.
«Il suo vescovo», risposi. «Sono venuto a farle visita e a chiederle di venire in chiesa insieme alla sua famiglia».
«No, sono troppo occupato», fu la sua risposta sdegnosa. Non alzò mai lo sguardo. Lo ringraziai per aver ascoltato e andai via.
La famiglia Gallacher si trasferì in California poco dopo. Trascorsero molti anni finché un giorno, come membro del Quorum dei Dodici Apostoli, ero nel mio ufficio quando la mia segretaria mi chiamò dicendo: «Il fratello Gallacher, tempo fa membro del suo rione, vorrebbe parlarle».
Risposi: «Gli chieda se è Harold G. Gallacher, la cui famiglia viveva a Vissing Place tra la West Temple e la Fifth South».
Mi rispose: «È proprio lui».
Le chiesi di farlo entrare. Parlammo della sua famiglia e passammo un bel momento insieme. Mi disse: «Sono venuto a scusarmi per non essermi alzato e averla accolta in casa quella mattina d’estate di tanti anni fa». Gli chiesi se fosse attivo nella Chiesa. Sorridendo, rispose: «Sono consigliere nel vescovato del mio rione. Il ricordo del suo invito ad andare in chiesa e la mia risposta negativa non mi ha mai abbandonato e mi ha spinto ad agire».
Io e Harold ci siamo incontrati molte volte prima della sua morte. I Gallacher e i loro figli hanno svolto numerose chiamate nella Chiesa.
Il presidente Stephen L. Richards, che servì come consigliere del presidente David O. McKay, disse: «Il sacerdozio di solito è definito semplicemente come ‹il potere di Dio delegato all’uomo›». Egli continua: «Ritengo esatta questa definizione. Ma per praticità mi piace definire il sacerdozio in termini di servizio, e spesso lo chiamo ‹il piano perfetto per servire›… Esso è uno strumento per servire; e l’uomo che manca di farne uso corre il rischio di perderlo, poiché ci è detto chiaramente per rivelazione che colui che lo trascura non sarà giudicato degno di conservarlo».9
Lo scorso gennaio ho avuto l’onore di assistere a un bellissimo atto di servizio nella vita di una donna che viveva nel mio rione quando ero vescovo, molti anni fa. Si chiamava Adele, e insieme alle due figlie ormai cresciute—una è handicappata—è vissuta molti anni nella zona di Rose Park, nella Valle del Lago Salato. Adele, che oggi è vedova, ha lottato economicamente e la sua vita è stata spesso irta di difficoltà.
Ricevetti una telefonata da una persona partecipante al Progetto Gingerbread House, che mi invitava ad assistere all’inaugurazione della casa rinnovata di Adele, lavori che erano stati svolti nello spazio di tre giorni e tre notti a cura di molte persone buone e generose, che hanno lavorato come volontari con i materiali donati da numerose aziende locali. Durante i lavori sulla casa, Adele e le due figlie erano state ospitate in una città assai distante, dove anche loro avevano ricevuto una calorosa accoglienza.
Ero presente quando la limousine che trasportava Adele e le figlie arrivò davanti alla casa. Il gruppo che le aspettava era composto dei familiari e degli amici, ma anche di molti degli artigiani che avevano lavorato giorno e notte al progetto. Era ovvio che fossero compiaciuti dei risultati e ansiosi di vedere la reazione di Adele e delle sue figlie.
Le donne scesero dall’automobile con gli occhi bendati. Ci fu grande emozione quando le bende vennero rimosse e Adele e le sue figlie si voltarono e videro la loro nuova casa. Rimasero assolutamente attonite davanti al magnifico progetto che era stato portato a termine, compresa la ristrutturazione della parte anteriore, un allargamento della casa stessa e un tetto nuovo. L’esterno era stato rifatto come nuovo. Non poterono trattenere le lacrime.
Ho accompagnato Adele e gli altri all’interno della casa e siamo rimasti in ammirazione davanti alle bellissime opere svolte. I muri erano stati imbiancati, i rivestimenti dei pavimenti sostituiti. I mobili erano nuovi, come pure le tende. Gli armadietti della cucina erano stati sostituiti; erano stati installati nuovi piani di lavoro e nuovi elettrodomestici. Tutta la casa era stata rifatta da cima in fondo, ogni stanza era impeccabile e bellissima. Adele e le sue figlie erano letteralmente sopraffatte. Tuttavia, altrettanta commozione si leggeva sul volto di coloro che avevano lavorato febbrilmente per rifare la casa come nuova. Avevamo le lacrime agli occhi nel vedere la gioia che avevano portato nella vita di Adele e delle sue figlie. Non soltanto era stato alleviato il fardello di una vedova, ma innumerevoli altre persone erano state toccate dallo spirito del progetto. Tutte erano persone migliori per aver preso parte a questo impegno.
Il presidente Harold B. Lee, uno dei grandi insegnanti della Chiesa, ci ha lasciato questo consiglio, facile da capire, in merito al sacerdozio: «Quando un uomo diventa detentore del sacerdozio, diventa un amministratore del Signore. Egli deve considerare la sua chiamata come una missione affidatagli dal Signore».10
Forse alcuni di voi sono timidi per natura, o si considerano inadeguati per rispondere in maniera affermativa a una chiamata. Ricordate che quest’opera non è soltanto vostra e mia. È l’opera del Signore, e quando stiamo svolgendo la missione affidataci dal Signore, abbiamo diritto al Suo aiuto. Ricordate che il Signore modellerà le nostre spalle per potervi adagiare il fardello che dovremo portare.
Mentre le classi formali possono a volte intimidire, alcuni degli insegnamenti più efficaci vengono impartiti in luoghi diversi dalla cappella o dall’aula. Ricordo bene che durante la primavera, alcuni anni fa, i membri del mio rione e di un rione vicino che detenevano il sacerdozio erano impazienti di poter commemorare la restaurazione del Sacerdozio di Aaronne in una cerimonia annuale tenuta all’aperto. In quella particolare occasione, facemmo un viaggio di 150 chilometri a nord in autobus, per andare al cimitero di Clarkston, nello Utah. In quel luogo, in uno scenario bellissimo e silenzioso, radunammo i giovani attorno alla tomba di Martin Harris, uno dei Tre Testimoni del Libro di Mormon. Mentre circondavamo la bella lapide di granito della sua tomba, l’anziano Glen L. Rudd, allora vescovo dell’altro rione, raccontò la vita di Martin Harris e lesse dal Libro di Mormon la sua testimonianza, quella di Oliver Cowdery e di David Whitmer. I giovani uomini ascoltarono rapiti, rendendosi conto di trovarsi sulla tomba di un uomo che aveva visto un angelo e aveva realmente visto le tavole con i suoi occhi. Toccarono riverentemente la lapide di granito e rifletterono sulle parole che avevano ascoltato e sui sentimenti che avevano provato.
Poi andammo un po’ oltre fino ad arrivare alla tomba di un pioniere. La lapide indicava il nome di John P. Malmberg e recitava il verso:
Una luce se n’è andata dalla nostra casa.
Una voce che amavamo è taciuta.
Un posto è rimasto vuoto nei nostri cuori
E non potrà essere riempito mai più.
Parlammo con i ragazzi del sacrificio, del dedicarsi alla verità. Dovere, onore, servizio e amore erano tutti temi insegnati da quella lapide. Riesco ancora a vedere i ragazzi che presero il loro fazzoletto e si asciugarono le lacrime. Sento ancora i singhiozzi che testimoniavano la commozione dei loro cuori e gli impegni che si assunsero. Credo che ogni giovane avesse deciso di essere un pioniere—uno che va in perlustrazione, mostrando agli altri la via da seguire.
Poi tutto il gruppo si radunò in un parco locale dove tenemmo un gioioso picnic. Prima di ripartire per le nostre case, ci fermammo sul terreno del bellissimo Tempio di Logan. Era un giorno caldo. Invitai i ragazzi a distendersi sul grande prato e a guardare il cielo azzurro, attraversato da nuvoloni veloci spinti da una brezza costante. Ammirammo la bellezza di questo magnifico tempio dei pionieri. Parlammo delle ordinanze sacre e delle alleanze eterne. Imparammo delle lezioni. I cuori di tutti furono toccati. Le alleanze e le promesse diventarono molto più che parole. Il desiderio di essere degni di entrare nel tempio albergava nel cuore di quei giovani. I pensieri si rivolsero al Maestro; la Sua presenza era vicina. Il Suo gentile invito «Seguitemi», in qualche modo fu udito e sentito.
A tutti coloro che sono disposti a rispondere alla sacra chiamata del servizio, viene fatta la seguente promessa: «Io, il Signore, sono misericordioso e benevolo verso coloro che mi temono, e mi diletto ad onorare coloro che mi servono in rettitudine ed in verità fino alla fine. Grande sarà la loro ricompensa ed eterna sarà la loro gloria».11
Prego sinceramente che tutti noi possiamo qualificarci per questa promessa divina, nel nome di Gesù Cristo, nostro Salvatore. Amen.