2000–2009
La felicità, il vostro retaggio
Ottobre 2008


21:49

La felicità, il vostro retaggio

Il nostro diritto di nascita e lo scopo del grande viaggio su questa terra è di cercare e provare felicità eterna.

Care sorelle, sono grato per questa, la mia prima opportunità di parlare alle donne della Chiesa riunite in ogni parte del mondo. Siamo particolarmente onorati di avere con noi il presidente Monson e il presidente Eyring. Il Coro ha toccato il nostro cuore. Siamo stati ispirati dai messaggi delle sorelle Thompson, Allred e Beck.

Da quando ho saputo che oggi sarei stato con voi, ho pensato alle molte donne che hanno influenzato la mia vita: la mia meravigliosa moglie Harriet, mia madre, mia suocera, mia sorella, mia figlia, mia nuora e molte amiche. Per tutta la mia vita sono stato circondato da donne che mi hanno ispirato, insegnato e incoraggiato. Quello che sono oggi lo devo in larga parte a queste donne speciali. Ogni volta che incontro le sorelle della Chiesa, mi sento nel mezzo di anime similmente preziose. Sono grato di essere qui, grato per i vostri talenti, la vostra compassione e il vostro servizio. Soprattutto sono grato per ciò che siete: figlie preziose del nostro Padre celeste che hanno infinito valore.

Sono sicuro che questa non è una sorpresa, ma spesso le differenze tra uomini e donne possono essere alquanto palesi sia fisicamente, che mentalmente, che emotivamente. Uno dei modi migliori che mi viene in mente per illustrare ciò è il modo in cui io e mia moglie prepariamo un pasto.

Quando Harriet prepara un pasto, il tutto è un capolavoro. I suoi menù sono vari quanto il mondo e spesso prepara piatti tipici dei luoghi che abbiamo visitato. La sua presentazione del cibo lascia a bocca aperta. Infatti, spesso i suoi piatti sono così belli a vedersi che mangiarli diventa un crimine. è una festa per gli occhi tanto quanto lo è per il palato.

Ma quasi inevitabilmente, a prescindere da quanto tutto sembri e sia perfetto, Harriet si scusa sempre per qualcosa che crede non sia perfetto. «Temo di aver usato un po’ troppo zenzero», dice, o: «La prossima volta credo sarebbe meglio se usassi un po’ più curry e una foglia di salvia in più».

Lasciate che paragoni il suo al mio modo di cucinare. Per preparare questo discorso ho chiesto a Harriet di dirmi quale è il piatto che cucino meglio.

La sua risposta: «Uova fritte».

Ma fritte solamente da un lato.

E non è tutto. Ho un piatto speciale chiamato Knusperchen. Il nome potrebbe dare l’impressione di una specialità che si trova solamente in ristoranti esclusivi. Vi spiego come si prepara. Si taglia del pane francese in piccole strisce e si tosta due volte.

Questa è la ricetta!

E così tra le uova fritte, anche quando sono unte, e Knusperchen, anche quando sono bruciate, quando cucino, mi sento un eroe.

Forse ho esagerato un pochino ma questo illustra qualcosa che va ben oltre il preparare i pasti.

Mi sembra che a volte le nostre grandiose sorelle sottovalutino le loro capacità; si concentrano su ciò che manca o che è imperfetto piuttosto che su ciò che sono riuscite a fare e su ciò che sono davvero.

Forse riconoscete questa caratteristica in qualcuno che conoscete bene.

La buona notizia è che questo mette anche in luce una qualità ammirevole: l’innato desiderio di compiacere il Signore al meglio delle nostre capacità. Sfortunatamente però questo può anche portare alla frustrazione, allo sfinimento e all’infelicità.

A chi è debole

Oggi vorrei parlare a coloro che a volte si sono sentiti inadeguati, scoraggiati o deboli, in breve, vorrei parlare a tutti noi.

Prego anche che lo Spirito Santo possa amplificare le mie parole e dar loro ulteriore significato, luce e ispirazione.

Sappiamo che a volte può essere difficile stare al passo senza soccombere. Infatti, nel nostro mondo fatto di cambiamenti, sfide e liste da spuntare, a volte sembra quasi impossibile evitare di sentirsi sopraffatti dai sentimenti di sofferenza e dispiacere.

Non intendo dire che possiamo semplicemente spegnere un interruttore per fermare i sentimenti negativi che ci affliggono. Non sto cercando di abbindolarvi né di incoraggiare coloro che si trovano nelle sabbie mobili a immaginare di essere sulla spiaggia a rilassarsi. Riconosco che nella vita di ognuno di noi ci sono problemi reali. So che ci sono cuori qui stasera pieni di profonde sofferenze. Altre combattono con le paure che travagliano l’anima. Per alcune, la solitudine è la loro prova segreta.

Queste cose non sono insignificanti.

Tuttavia vorrei parlare di due principi che possono aiutarvi a trovare la via della pace, della speranza e della gioia, anche nei momenti di prova e dolore. Voglio parlare della felicità di Dio e di come ognuno di noi può provarla a prescindere dai fardelli che ci abbattono.

La felicità di Dio

Permettetemi una domanda: «Quale ritenete sia il più grande tipo di felicità possibile?» Per me la risposta a questa domanda è: «La felicità di Dio».

Questo porta a un’altra domanda: «Cos’è la felicità del nostro Padre celeste?»

Forse è impossibile rispondere perché le Sue vie non sono le nostre vie. «Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così son le… vie [di Dio] più alte delle [nostre] vie, e i [Suoi] pensieri più alti dei [nostri] pensieri».1

Sebbene non conosciamo «il significato di tutte le cose», sappiamo che Dio «ama i suoi figlioli»2 perché ha detto: «Poiché ecco, questa è la mia opera e la mia gloria: fare avverare l’immortalità e la vita eterna dell’uomo».3

Il Padre celeste è in grado di far avverare questi due grandi obiettivi, l’immortalità e la vita eterna dell’uomo, perché Egli è un Dio che crea e ha compassione. Creare ed essere compassionevoli sono due obiettivi che contribuiscono alla felicità perfetta del nostro Padre celeste. Creare ed essere compassionevoli sono due attività che noi, come Suoi figli spirituali, possiamo e dovremmo emulare.

L’opera della Creazione

Il desiderio di creare è uno degli stimoli più profondi dell’anima umana. A prescindere dai nostri talenti, dall’istruzione, dal passato e dalle capacità, ognuno di noi ha un desiderio innato di creare qualcosa che non è esistito prima.

Tutti possono creare. Non c’è bisogno di soldi, una posizione o di essere influenti per poter creare qualcosa di solido o bello.

Il creare porta profonda soddisfazione e realizzazione. Cresciamo e facciamo crescere gli altri quando prendiamo della materia non organizzata nelle nostre mani e la modelliamo fino a creare qualcosa di bello, e non parlo del processo di pulizia delle stanze dei vostri figli adolescenti.

Potreste obiettare: «Ma io non sono un tipo creativo. Quando canto, sono sempre sopra o sotto di mezzo tono. Non riesco a fare una linea dritta se non con il righello e l’unico uso che si può fare del mio pane fatto in casa è come fermacarte o fermaporta».

Se vi sentite così allora pensate di nuovo e ricordate che siete figlie di spirito dell’Essere più creativo dell’universo. Non è meraviglioso pensare che i nostri spiriti sono creati da un Dio infinitamente creativo e eternamente compassionevole? Pensateci, il vostro corpo di spirito è un capolavoro creato con bellezza, funzioni e capacità al di là di ogni immaginazione.

Ma per quale scopo siamo stati creati? Siamo stati creati con lo scopo preciso e il potenziale di provare una pienezza di gioia.4 Il nostro diritto di nascita e lo scopo del nostro grande viaggio su questa terra è di cercare e provare felicità eterna. Uno dei modi in cui la troviamo è creando cose.

Se siete madri, collaborate con Dio nella Sua opera di creazione, non solo offrendo dei corpi fisici ai vostri figli, ma anche insegnando e educandoli. Se non siete madri adesso, i talenti creativi che sviluppate vi prepareranno per quel giorno, in questa vita o nella prossima.

Potete pensare di non avere talenti ma questo è un falso assunto perché tutti abbiamo talenti e doni, ognuno di noi.5 I limiti della creatività si estendono ben oltre i limiti della tela o del foglio e non richiedono un pennello, una penna o i tasti di un pianoforte. Creare significa portare in vita qualcosa che non esisteva prima; giardini colorati, case armoniose, ricordi di famiglia, risate scroscianti.

Quello che create non deve essere perfetto. Che importa se le uova sono unte ogni tanto o il pane è bruciato? Non lasciate che la paura del fallimento vi scoraggi. Non lasciate che le voci dei critici vi paralizzino, sia che il critico sia fuori o dentro di voi.

Se ancora non vi sentite capaci di creare, cominciate con qualcosa di piccolo. Provate a vedere quanti sorrisi riuscite a suscitare, scrivete una lettera di apprezzamento, imparate a fare qualcosa di nuovo o scegliete un luogo e abbellitelo.

Quasi un secolo e mezzo fa il presidente Brigham Young parlò ai Santi dei suoi giorni. «C’è un grande lavoro che i Santi devono fare», disse. «Progredite, migliorate e rendete bella ogni cosa attorno a voi. Coltivate la terra e coltivate la mente. Costruite città, ornate le case, piantate giardini, orti e vigne e rendete la terra così piacevole che quando la guardate dopo la fatica possiate farlo con piacere e così che gli angeli possano godere nel venire a farvi visita nei vostri bei luoghi. E nel frattempo cercate continuamente di adornare le vostre menti con tutte le grazie dello Spirito di Cristo».6

Più avete fiducia e contate sullo Spirito, più grande sarà la vostra capacità di creare. Ecco la vostra opportunità in questa vita e il vostro destino in quella a venire. Sorelle, abbiate fiducia e contate sullo Spirito. Quando cogliete le normali opportunità della vita quotidiana e create qualcosa di bello e di utile, non migliorate soltanto il mondo attorno a voi ma anche il mondo dentro di voi.

Essere compassionevoli

Essere compassionevoli è un’altra grande opera del nostro Padre celeste e una caratteristica fondamentale di quello che siamo come popolo. Ci è stato comandato: «Soccorri i deboli, alza le mani cadenti e rafforza le ginocchia fiacche».7 I discepoli di Cristo, in tutte le epoche del mondo, si sono distinti per la loro compassione. Coloro che seguono il Salvatore, «piang[ono] con quelli che piangono… e confort[ano] quelli che hanno bisogno di conforto».8

Quando ci diamo da fare per benedire la vita degli altri, anche la nostra vita viene benedetta. Il servizio e il sacrificio aprono le cateratte del cielo permettendo alle benedizioni di riversarsi su di noi. Invero il nostro amato Padre celeste sorride a coloro che si prendono cura dell’ultimo dei Suoi figli.

Nel sollevare gli altri, raggiungiamo noi stessi vette più alte. Il presidente Spencer W. Kimball insegnò che: «Più serviamo i nostri simili in maniera appropriata, e più nutrimento riceve la nostra anima».9

Il presidente Gordon B. Hinckley credeva nel potere curativo del servizio. Dopo la morte di sua moglie, diede un grande esempio alla Chiesa nel modo in cui si immerse nel lavoro e nel servizio agli altri. Si dice che il presidente Hinckley avesse detto a una donna che aveva da poco perso il marito: «Il lavoro curerà il suo dolore. Serva gli altri!»

Queste sono parole profonde. Quando ci perdiamo nel servire gli altri, scopriamo la nostra stessa vita e la nostra propria felicità.

Il presidente Lorenzo Snow espresse un simile pensiero: «Quando siete un po’ giù, guardatevi intorno e cercate qualcuno le cui condizioni sono peggiori delle vostre; andate da lui e scoprite quale è il problema e poi provate a rimuoverlo con la saggezza che il Signore riversa su di voi; e subito la vostra tristezza è sparita, vi sentite leggeri, lo Spirito del Signore è su di voi e tutto sembra essersi illuminato».10

Nel mondo di oggi con la sua psicologia spicciola, la TV spazzatura e i manuali per la felicità in due parole, questo consiglio può sembrare contrario al buon senso. A volte ci viene detto che la risposta ai nostri mali è pensare a noi, coccolarci, spendere ora e pagare dopo e soddisfare i nostri desideri anche a spese di coloro che ci stanno attorno. Sebbene ci siano delle volte in cui è segno di prudenza badare prima alle nostre necessità, nel lungo raggio questo non porta alla felicità duratura.

Uno strumento nelle mani del Signore

Credo che le donne della Chiesa, a prescindere dall’età o dalla loro condizione familiare, capiscano e applichino meglio le parole di James Barrie, l’autore di Peter Pan: «Coloro che portano la luce nella vita degli altri non possono impedire che illumini anche la propria».11 Ho spesso assistito a silenziosi atti di dolcezza e compassione per mano di nobili donne che si sono date alla carità altruistica. Il mio cuore si gonfia di gioia quando sento le storie di quelle sorelle della Chiesa che corrono ad aiutare chi si trova nel bisogno.

Nella Chiesa ci sono alcuni, sia uomini che donne, che si chiedono come possono dare un contributo al regno. A volte donne single, divorziate o vedove si chiedono se c’è posto per loro. Ogni sorella nella Chiesa ha un’importanza fondamentale, non solo per il nostro Padre celeste ma anche per l’edificazione del regno di Dio. C’è un grande lavoro da svolgere.

Un anno fa a questa riunione, il presidente Monson insegnò che voi: «siete circondate da possibilità per rendere servizio… Spesso i piccoli atti di servizio sono quanto richiesto per sollevare e aiutare un’altra persona».12 Guardatevi intorno. Lì, alla riunione sacramentale, c’è una giovane madre con molti bambini; offritevi di sederle accanto e aiutarla. Là, tra i vostri vicini, c’è un ragazzo che sembra scoraggiato: ditegli che vi piace stare con lui, che sentite che è un bravo ragazzo. Parole sincere di incoraggiamento richiedono solamente un cuore amorevole e che si preoccupa degli altri, ma possono avere un impatto eterno sulla vita di coloro che ci circondano.

Voi, meravigliose sorelle, rendete un servizio compassionevole agli altri per ragioni che vanno oltre il desiderio di benefici personali. In questo emulate il Salvatore che, sebbene fosse un re, non cercò di guadagnarsi una posizione, né si preoccupò di farSi notare dagli altri. Non perse tempo a gareggiare con gli altri. I Suoi pensieri furono sempre volti ad aiutare il prossimo. Egli insegnò, guarì, conversò e ascoltò gli altri. Sapeva che l’essere grandi ha poco a che fare con i segni esteriori della prosperità e dello status sociale. Insegnò e visse secondo questa dottrina: «Il maggiore fra voi, sia vostro servitore».13

Alla fine dei conti, il numero di preghiere che diciamo potrà aver contribuito alla nostra felicità, ma il numero di preghiere a cui diamo risposta potrebbe avere ancora maggiore importanza. Apriamo i nostri occhi e vediamo i cuori pesanti, notiamo la solitudine e la paura; ascoltiamo le preghiere silenziose degli altri attorno a noi e siamo così degli strumenti nelle mani del Signore per dare risposta a quelle preghiere.

Conclusione

Mie care sorelle, ho una fede semplice. Credo che se sarete fedeli e diligenti nell’osservare i comandamenti di Dio, avvicinandovi a Lui con fede, speranza e carità, le cose per voi si sistemeranno.14 Credo che se vi immergerete nel lavoro del nostro Padre, creando bellezza ed essendo compassionevoli verso gli altri, Dio vi circonderà con le braccia del Suo amore.15 Lo scoraggiamento, il senso di inadeguatezza e la debolezza lasceranno il posto a una vita piena di significato, grazie e appagamento.

In quanto figlie spirituali del nostro Padre celeste, la felicità è il vostro retaggio.

Voi siete figlie speciali del nostro Padre celeste e, attraverso le cose che create e il servizio compassionevole che offrite, siete una grande forza per il bene. Voi renderete il mondo un posto migliore. Alzate il mento, camminate ritte. Dio vi ama. Vi vogliamo bene e vi ammiriamo.

Di questo rendo testimonianza e vi lascio la mia benedizione, quale apostolo del Signore, nel nome di Gesù Cristo. Amen.

  1. Isaia 55:9.

  2. 1 Nefi 11:17.

  3. Mosè 1:39.

  4. Vedere 2 Nefi 2:25.

  5. Vedere DeA 46:11–12.

  6. Brigham Young, Deseret News, 8 agosto 1860, 177.

  7. DeA 81:5.

  8. Mosia 18:9.

  9. The Teachings of Spencer W. Kimball, curato da Edward L. Kimball [1982], 254.

  10. Lorenzo Snow, in Conference Report, aprile 1899, 2–3.

  11. J. M. Barrie, A Window in Thrums (1917), 137.

  12. Thomas S. Monson, «Tre obiettivi che vi guidino», Liahona, novembre 2007, 120.

  13. Matteo 23:11.

  14. Vedere DeA 90:24.

  15. Vedere DeA 6:20.