2010–2019
Il dono divino del pentimento
Ottobre 2011


15:22

Il dono divino del pentimento

Solo attraverso il pentimento possiamo accedere alla grazia espiatoria di Gesù Cristo.

Il Libro di Mormon contiene il racconto di un uomo di nome Nehor. È facile capire perché Mormon, riassumendo mille anni di storia dei Nefiti, considerò importante includere qualcosa su quest’uomo e sull’influenza duratura della sua dottrina. Mormon stava cercando di metterci in guardia, sapendo che questa filosofia sarebbe riemersa ai nostri giorni.

Nehor apparve sulla scena circa 90 anni prima della nascita di Cristo. Egli insegnò “che tutta l’umanità sarebbe stata salvata all’ultimo giorno… poiché il Signore aveva creato tutti gli uomini e aveva pure redento tutti gli uomini: e alla fine tutti gli uomini avrebbero avuto la vita eterna” (Alma 1:4).

Dopo circa 15 anni, Korihor venne tra i Nefiti predicando e amplificando la dottrina di Nehor. Il Libro di Mormon riporta che “era un anticristo, poiché cominciò a predicare al popolo contro le profezie… riguardo alla venuta di Cristo” (Alma 30:6). La predicazione di Korihor implicava “che non sarebbe stata fatta alcuna espiazione per i peccati degli uomini, ma che ogni uomo avrebbe trascorso questa vita secondo il suo modo di condursi; perciò ogni uomo prosperava secondo le sue inclinazioni e ogni uomo conquistava secondo la sua forza; e qualsiasi cosa un uomo facesse non era un crimine” (Alma 30:17). Questi falsi profeti e i loro seguaci “non credevano nel pentimento dei loro peccati” (Alma 15:15).

Come ai tempi di Nehor e Korihor, oggi viviamo in un periodo non di troppo antecedente all’avvento di Gesù Cristo; nel nostro caso il tempo per prepararsi per la Sua seconda venuta. Similmente, il messaggio del pentimento spesso non è accolto con piacere. Alcuni professano che se vi è un Dio, Egli in realtà non esige niente da noi (vedere Alma 18:5). Altri sostengono che un Dio amorevole perdona tutti i peccati dopo una semplice confessione o che, se vi fosse una punizione per il peccato, “Dio ci colpirà con alcune sferzate, e alla fine saremo salvati nel regno di Dio” (2 Nefi 28:8). Altri, con Korihor, negano l’esistenza stessa di Cristo e di qualunque forma di peccato. La loro dottrina sostiene che i valori, gli standard e perfino la verità sono tutti relativi. Pertanto, ciò che una persona reputa giusta per se stessa, non può essere giudicata sbagliata o peccaminosa da altri.

In superficie tali filosofie sembrano invitanti perché ci autorizzano ad appagare qualsiasi appetito o desiderio senza pensare alle conseguenze. Usando gli insegnamenti di Nehor e Korihor possiamo razionalizzare e giustificare qualunque cosa. Gridando il pentimento, i profeti fanno i “guastafeste”. Ma in realtà, il richiamo profetico dovrebbe essere ricevuto con gioia. Senza il pentimento, non vi è reale progresso o crescita nella vita. Fingere che il peccato non esista non ne diminuisce il peso e il dolore. Soffrire per un peccato non cambia le cose per il meglio. Solo il pentimento conduce agli altipiani soleggiati di una vita migliore. E, naturalmente, solo attraverso il pentimento possiamo accedere alla grazia espiatoria di Gesù Cristo e quindi alla salvezza. Il pentimento è un dono divino e dovremmo avere un sorriso sul volto quando ne parliamo. Ci indica la libertà, la fiducia e la pace. Piuttosto che rovinare la festa, il dono del pentimento è il motivo per fare veramente festa.

Il pentimento esiste come scelta solo grazie all’Espiazione di Gesù Cristo. È proprio il Suo sacrificio infinito che “procura agli uomini i mezzi perché possano aver fede fino a pentirsi (Alma 34:15). Il pentimento è la condizione necessaria e la grazia di Cristo è il potere tramite il quale “la misericordia può soddisfare le esigenze della giustizia” (Alma 34:16). La nostra testimonianza è questa:

“E noi sappiamo che la giustificazione [ovvero il perdono dei peccati] tramite la grazia del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è giusta e vera;

E sappiamo pure che la santificazione tramite la grazia del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è giusta e vera per tutti coloro che amano e servono Dio con tutta la loro facoltà, mente e forza” (DeA 20:30–31).

Il pentimento è un argomento molto vasto, ma oggi vorrei menzionare solo cinque aspetti di questo principio fondamentale del Vangelo, aspetti che spero vi saranno d’aiuto.

Primo, l’invito al pentimento è un’espressione d’amore. Quando il Salvatore “cominciò a predicare e a dire: Ravvedetevi, perché il regno de’ cieli è vicino” (Matteo 4:17), Egli pronunciava un messaggio d’amore, che invitava tutti coloro che lo volevano a qualificarsi per unirsi a Lui “e godere delle parole di vita eterna in questo mondo, e della vita eterna [stessa] nel mondo a venire” (Mosè 6:59). Se non invitiamo gli altri a cambiare o se non esigiamo il pentimento da noi stessi, veniamo meno al dovere fondamentale che dobbiamo gli uni agli altri e a noi stessi. Un genitore permissivo, un amico indulgente e un dirigente della Chiesa timoroso sono in realtà preoccupati più per loro stessi che per il benessere e la felicità di coloro che potrebbero aiutare. Certo, la chiamata al pentimento a volte è percepita come intollerante o offensiva e può anche essere odiata, ma se guidata dallo Spirito, è in realtà un atto di interesse genuino (vedere DeA 121:43–44).

Secondo, pentirsi significa sforzarsi di cambiare. Pensare che il Salvatore ci trasformerà in esseri angelici senza alcuno sforzo reale da parte nostra è come farsi beffe della sofferenza che Egli patì per noi nel Giardino di Getsemani e sulla croce. Al contrario, noi ricerchiamo la Sua grazia per completare e per premiare i nostri sforzi più diligenti (vedere 2 Nefi 25:23). Forse dovremmo pregare non solo per ricevere misericordia, ma anche per avere il tempo e l’opportunità di impegnarci a fare del nostro meglio per vincere il peccato. Certamente il Signore arride a coloro che desiderano essere giudicati degnamente e che si sforzano giorno dopo giorno con risolutezza per trasformare la loro debolezza in un punto di forza. Il vero pentimento, il vero cambiamento potrebbe richiedere ripetuti tentativi, ma vi è qualcosa di sacro e di purificante in tale sforzo. Il perdono e la guarigione divini fluiscono in maniera abbastanza naturale nell’anima che li pratica, perché invero “la virtù ama la virtù; la luce si attacca alla luce; [e] la misericordia ha compassione della misericordia e reclama il suo” (DeA 88:40).

Grazie al pentimento, possiamo costantemente migliorare la nostra capacità di vivere la legge celeste, poiché riconosciamo che “colui che non è in grado di attenersi alla legge di un regno celeste non può sopportare una gloria celeste” (DeA 88:22).

Terzo, pentirsi non significa solamente abbandonare il peccato, ma anche impegnarsi a obbedire. Il Bible Dictionary asserisce: “Pentirsi significa rivolgere il cuore e la volontà a Dio, [come pure] rinunciare al peccato che per natura siamo propensi a commettere”.1 Una delle tante esemplificazioni di questo insegnamento all’interno del Libro di Mormon si trova nelle parole di Alma dirette a uno dei suoi figli:

“Perciò ti comando, figlio mio, nel timore di Dio, di astenerti dalle tue iniquità;

di rivolgerti al Signore con tutta la tua mente, forza e facoltà” (Alma 39:12–13; vedere anche Mosia 7:33; 3 Nefi 20:26; Mormon 9:6).

Affinché il nostro volgerci al Signore sia completo, non deve includere niente di meno che l’alleanza di esserGli obbedienti. Ci riferiamo spesso a questa alleanza come l’alleanza battesimale perché è testimoniata dal fatto che si è battezzati nell’acqua (vedere Mosia 18:10). Fu proprio il battesimo del Salvatore che, oltre a fornirci l’esempio, confermò anche la Sua alleanza di obbedire al Padre. “Ma, nonostante fosse santo, egli mostra ai figlioli degli uomini che, secondo la carne, egli si umilia davanti al Padre e testimonia al Padre che gli sarebbe obbediente nell’osservare i suoi comandamenti” (2 Nefi 31:7). Senza questa alleanza, il pentimento rimane incompleto e la remissione dei peccati non viene ottenuta.2 Il professore Noel Reynolds espresse in maniera memorabile questo concetto: “Quando si sceglie il pentimento si sceglie anche di tagliare tutti gli altri ponti [perché si è deciso] di seguire sempre e solo una via, quell’unica via che conduce alla vita eterna”.3

Quarto, il pentimento richiede una serietà d’intenti e una volontà a perseverare anche nel dolore. Creare un elenco dei passi necessari per pentirsi potrebbe risultare utile ad alcuni, ma potrebbe anche portare a un comportamento meccanico di spuntare dalla lista ciò che si è raggiunto senza essere cambiati veramente e senza un reale intento a volerlo fare. Il vero pentimento non è superficiale. Il Signore richiede due requisiti fondamentali: “Da questo potrete sapere se un uomo si pente dei suoi peccati: ecco, li confesserà e li abbandonerà” (DeA 58:43).

Confessare e abbandonare sono dei concetti potenti. Sono molto di più di un disinvolto “lo ammetto; mi dispiace”. La confessione è un profondo, a volte agonizzante, riconoscimento dello sbaglio e offesa arrecati a Dio e agli uomini. Spesso la confessione di chi si pente è accompagnata dal dolore, dal rimpianto e da lacrime amare di sofferenza, specialmente quando le azioni del peccatore hanno fatto soffrire qualcuno o, peggio ancora, hanno portato un’altra persona a peccare. È questo tipo di angoscia profonda, questa visione delle cose come realmente sono, che porta il peccatore a gridare come fece Alma: “O Gesù, tu, Figlio di Dio, abbi misericordia di me che sono nel fiele dell’amarezza e sono circondato dalle catene eterne della morte” (Alma 36:18).

Avendo fede nel Redentore misericordioso e nel Suo potere, la disperazione si trasformerà in speranza. Il cuore e i desideri stessi di una persona cambieranno e il peccato, che prima appariva attraente, diventerà sempre più ripugnante. In quel cuore nuovo nascerà una forte volontà di abbandonare e di rinunciare al peccato, facendo, inoltre, tutto il possibile per riparare il danno arrecato. Questa volontà maturerà presto in un’alleanza di obbedienza a Dio. Dopo che quest’alleanza sarà stata fatta, lo Spirito Santo, il messaggero della grazia divina, porterà il sollievo e il perdono. Si sarà portati a dichiarare di nuovo con Alma: “Ed, oh! quale gioia e quale luce meravigliosa [vedo]; sì, la mia anima [è] riempita da una gioia tanto grande quanto era stata la mia pena!” (Alma 36:20).

Qualsiasi tipo di pena necessaria al pentimento sarà di gran lunga meno dolorosa della sofferenza richiesta per soddisfare la giustizia nel caso di una trasgressione non risolta. Il Salvatore parlò davvero poco di quello che dovette subire per soddisfare le esigenze della giustizia ed espiare i nostri peccati, però fece questa significativa dichiarazione:

“Poiché ecco, io, Iddio, ho sofferto queste cose per tutti, affinché non soffrano, se si pentiranno;

ma se non volessero pentirsi, essi dovranno soffrire proprio come me;

e queste sofferenze fecero sì che io stesso, Iddio, il più grande di tutti, tremassi per il dolore e sanguinassi da ogni poro, e soffrissi sia nel corpo che nello spirito—e desiderassi di non bere la coppa amara” (DeA 19:16–18).

Quinto, qualunque sia il costo del pentimento, esso è sommerso dalla gioia del perdono. In un discorso alla Conferenza generale, intitolato “Lo splendente mattino del perdono”, il presidente Boyd K. Packer ha utilizzato la seguente analogia:

“Nell’aprile 1847 Brigham Young si mise alla guida del primo gruppo di pionieri partiti da Winter Quarters. Nello stesso momento, 2.600 chilometri a ovest, i miseri sopravvissuti della carovana guidata da Donner si trascinavano giù per i fianchi delle montagne della Sierra Nevada per raggiungere la Valle di Sacramento.

Avevano trascorso un rigido inverno, intrappolati dalla neve poco sotto il passo. Il fatto che fossero sopravvissuti per giorni, settimane e mesi senza cibo, tra sofferenze indescrivibili, è quasi incredibile.

Tra loro c’era un ragazzo quindicenne, John Breen. La notte del 24 aprile arrivò alla Fattoria di Johnson. Molti anni dopo egli scrisse:

‘Fu molto dopo il calar della notte che arrivammo alla Fattoria di Johnson, così la prima volta che la vidi erano le prime ore del mattino dopo. Il tempo era bello, il terreno era ricoperto di erba verde, gli uccelli cantavano dalle cime degli alberi e il viaggio era giunto alla fine. Non riuscivo a credere di essere ancora vivo.

La scena che vidi quella mattina sembra incisa nella mia mente. La maggior parte degli episodi che accaddero sono scomparsi dalla mia memoria, ma posso sempre vedere l’accampamento vicino alla Fattoria di Johnson’”.

Il presidente Packer ha commentato: “All’inizio rimasi stupefatto dalla dichiarazione: ‘La maggior parte degli episodi che accaddero sono scomparsi dalla mia memoria’. Come potevano lunghi mesi di incredibili sofferenze e di dolore essere scomparsi dalla sua mente? Come poteva il ricordo di quel brutale e oscuro inverno essere sostituito dalla visione di uno splendido mattino?

Ma riflettendo più a lungo non mi sentii più stupito. Ho visto qualcosa di simile accadere a persone che conosco. Ho visto alcune di loro, che hanno passato un lungo inverno di colpe e di fame spirituale, emergere nel mattino del perdono Quando venne il mattino essi sapevano questo:

‘Ecco, colui che si è pentito dei suoi peccati è perdonato, e io, il Signore, non li ricordo più’ [DeA 58:42]”.4

Con gratitudine riconosco e rendo testimonianza che l’incomprensibile sofferenza, la morte e la resurrezione del nostro Signore “realizza[no] le condizioni del pentimento” (Helaman 14:18). Il dono divino del pentimento è la chiave per essere felici sia qui che nell’aldilà. Con le parole del Salvatore e con profonda umiltà e amore, invito tutti a “ravvede[rsi], perché il regno de’ cieli è vicino” (Matteo 4:17). Io so che se accetterete questo invito, troverete gioia ora e per sempre. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.

  1. Bible Dictionary, “Repentance”.

  2. Il Libro di Mormon parla ripetutamente dell’essere “battezzati al pentimento” (vedere Mosia 26:22; Alma 5:62; 6:2; 7:14; 8:10; 9:27; 48:19; 49:30; Helaman 3:24; 5:17, 19; 3 Nefi 1:23; 7:24–26; Moroni 8:11). Giovanni Battista utilizzò parole simili (vedere Matteo 3:11) e Paolo parlò del “battesimo di ravvedimento” (Atti 19:4). La frase compare anche in Dottrina e Alleanze (vedere Dottrina e Alleanze 35:5; 107:20). “Il battesimo di ravvedimento” o “il battesimo al pentimento” sono espressioni che fanno semplicemente riferimento al fatto che il battesimo, con la sua alleanza di obbedienza, è il momento culminante del pentimento. Quando ci si pente completamente e ci si fa battezzare, si è qualificati per ricevere l’imposizione delle mani per il dono dello Spirito Santo ed è grazie allo Spirito Santo che si riceve il battesimo di Spirito (vedere Giovanni 3:5) e il perdono dei peccati: “Poiché ecco, la porta per la quale dovrete entrare è il pentimento e il battesimo mediante l’acqua; e allora viene la remissione dei vostri peccati mediante il fuoco e mediante lo Spirito Santo” (2 Nefi 31:17).

  3. Noel B. Reynolds, “The True Points of My Doctrine”, Journal of Book of Mormon Studies, volume 5, numero 2, (1996): 35; corsivo dell’autore.

  4. Boyd K. Packer, in Conference Report, ottobre 1995, 21; vedere anche “Lo splendente mattino del perdono”, La Stella, gennaio 1996, 20.