Rendete grazie in ogni cosa
Quando rendiamo grazie in ogni cosa, vediamo le sofferenze e le avversità nel contesto dello scopo della vita.
In uno dei momenti di calamità spirituale e materiale registrati nel Libro di Mormon, al tempo in cui il popolo di Dio stava «soffrendo ogni sorta di afflizioni», il Signore comandò loro di «rendere grazie in ogni cosa» (Mosia 26:38–39). Vorrei applicare quel concetto ai giorni nostri.
I.
Ai figli di Dio è sempre stato comandato di rendere grazie. Ci sono esempi in tutto l’Antico Testamento e anche nel Nuovo. L’apostolo Paolo scrisse: «In ogni cosa rendete grazie, poiché tale è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi» (1 Tessalonicesi 5:18). Il profeta Alma insegnò: «Quando ti alzi al mattino, che il tuo cuore sia pieno di gratitudine verso Dio» (Alma 37:37). Tramite la rivelazione moderna il Signore ha dichiarato: «Colui che riceve ogni cosa con gratitudine sarà reso glorioso; e le cose di questa terra gli saranno aggiunte, sì, centuplicate» (DeA 78:19).
II.
Ci sono tante cose di cui dovremmo essere grati. Prima di tutto, siamo grati per il nostro Salvatore, Gesù Cristo. Nell’ambito del piano del Padre, Egli creò la terra. Tramite i Suoi profeti, Egli ha rivelato il piano di salvezza con i relativi comandamenti e ordinanze. Scese sulla terra per insegnarci e mostrarci la via. Soffrì e pagò il prezzo per i nostri peccati a patto che noi ci pentiamo. Offrì la Sua vita, sconfisse la morte e uscì dalla tomba affinché tutti noi potessimo vivere di nuovo. Egli è la luce e la vita del mondo. Come insegnò re Beniamino, se noi «rende [ssimo] tutto il ringraziamento e tutte le lodi che la [nostra] anima ha facoltà di possedere a quel Dio che [ci] ha creati, e [ci] ha custoditi e preservati, e… se lo servi[ssimo] con tutta quanta la [nostra] anima, non sare[mmo] tuttavia che dei servitori inutili» (Mosia 2:20–21).
Rendiamo grazie per le verità rivelate che ci forniscono il metro per valutare tutte le cose. Come insegna la Bibbia, il Signore ci ha dato apostoli e profeti «per il perfezionamento dei santi» (Efesini 4:12). Ci serviamo della verità rivelata che ci danno «affinché non siamo più de’ bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore» (Efesini 4:14). Coloro che vedono ogni calamità e valutano ogni nuova dichiarazione o scoperta alla luce dei principi stabiliti dalla verità rivelata non saranno «sballottati», ma possono restare fermi ed essere in pace. Dio è nei Suoi cieli e le Sue promesse sono certe. «Non siate turbati», Egli ci ha detto riguardo alla distruzione che precederà la fine del mondo, «poiché quando tutte queste cose avverranno, potrete sapere che le promesse che vi sono state fatte si adempiranno» (DeA 45:35). Queste parole rappresentano un’ancora in questi tempi travagliati.
Rendiamo grazie per i comandamenti. Ci mostrano la via che ci tiene lontani dal fossato e che ci porta alle benedizioni. I comandamenti segnano il percorso e ci mostrano la via per la felicità in questa vita e nella vita eterna nel mondo a venire.
III.
Negli ultimi otto mesi trascorsi nelle Filippine, ho udito molte testimonianze riguardo alle benedizioni del Vangelo. Parlando alla dedicazione della cappella per il suo rione, un vescovo filippino ha espresso gratitudine per il messaggio del Vangelo arrivato nella sua vita circa dieci anni fa. Costui ha descritto come quel messaggio lo abbia salvato da una vita di egoismo, di eccessi e di violenze e lo abbia reso un buon marito e padre. Ha portato testimonianza delle benedizioni di cui ha goduto per aver pagato la sua decima.
Intervenendo a una riunione dei dirigenti, un consigliere di una presidenza di palo, che è un avvocato e un rappresentante cittadino, ha detto: «Posso dichiarare al mondo intero, senza alcuna riserva mentale, che la cosa migliore che sia mai accaduta nella mia vita è l’essere diventato membro della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Ha fatto… una grande differenza nella mia vita e in quella della mia famiglia, anche se sento che devo imparare e fare ancora di più nella mia vita. La Chiesa è davvero un’opera meravigliosa e un prodigio».
Non c’è bisogno che andiate nelle Filippine per sentire testimonianze simili. Sono dovunque venga ricevuto e vissuto il messaggio evangelico. Io e la sorella Oaks però siamo profondamente grati della possibilità di vivere e lavorare nelle Filippine. Là, in un luogo tutto nuovo, abbiamo incontrato migliaia di fedeli meravigliosi e abbiamo visto il Vangelo sotto una nuova luce.
Là dove la Chiesa è ancora in via di espansione, comprendiamo l’importanza di edificarla, non solo insegnando e battezzando, ma ritenendo i nuovi convertiti con l’amore, con un incarico, ordinandoli al sacerdozio e nutrendoli con la buona parola di Dio. Abbiamo compreso l’importanza di incoraggiare i membri ad abbandonare quelle tradizioni culturali che sono contrarie ai comandamenti e alle alleanze del Vangelo, e a vivere in modo che i loro posteri «non [siano] più né forestieri né avventizi; ma… concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli apostoli e de’ profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare» (Efesini 2:19–20).
Le persone che fanno questo diventano parte della cultura evangelica mondiale fatta di comandamenti, alleanze, ordinanze e benedizioni. Queste persone subiscono un «potente cambiamento» nel loro cuore, «cosicché non [hanno] più alcuna disposizione a fare il male, ma a fare continuamente il bene» (Mosia 5:2). L’immagine di Dio è «impressa sul [loro] volto» (Alma 5:19). Tali seguaci di Cristo si trovano in ogni nazione in cui siano stati portati il Vangelo e la Chiesa. Ce ne sono molti nelle Filippine e stiamo lavorando per aiutarli a essere di più. Riusciamo a fare tutto questo par- tendo da nuclei forti, concentrando i nostri insegnamenti in aree dove ci sono gruppi di santi impegnati, sufficientemente grandi per garantire l’amicizia, gli insegnamenti, i modelli e il sostegno necessario ai membri neonati nella fede, che con difficoltà cercano di imparare ciò che il Vangelo ci richiede e ci dà.
IV.
Le rivelazioni per le quali siamo grati mostrano che dobbiamo addirittura rendere grazie per le nostre afflizioni, perché ci aiutano a volgere il nostro cuore a Dio e ci danno la possibilità di prepararci per ciò che Dio vuole che diventiamo. Il Signore insegnò al profeta Moroni: «Io do agli uomini la debolezza affinché possano essere umili»; e poi promise che: «se si umiliano dinanzi a me, ed hanno fede in me, allora farò in modo che le cose deboli divengano forti per loro» (Ether 12:27). Nel mezzo delle persecuzioni che i Santi degli Ultimi Giorni dovettero sopportare nel Missouri, il Signore ripeté un insegnamento e una promessa simili: «In verità vi dico, amici miei, non temete; che il vostro cuore sia confortato; sì, gioite ognora e in ogni cosa rendete grazie… e tutte le cose con le quali siete stati afflitti coopereranno per il vostro bene» (DeA 98:1, 3). A Joseph Smith, nelle sue afflizioni nel carcere di Liberty, il Signore disse: «Sappi figlio mio che tutte queste cose ti daranno esperienza, e saranno per il tuo bene» (DeA 122:7). Brigham Young comprese. Egli disse: «Non c’è una sola condizione di vita o un’esperienza di una sola ora che non sia di beneficio a tutti coloro che ne fanno oggetto di studio e si sforzano di migliorarsi grazie all’esperienza che acquisiscono» (Insegnamenti dei presidenti della Chiesa, Brigham Young, 179).
Come ha detto qualcuno, c’è una grande differenza tra vent’anni di esperienza e l’esperienza di un anno ripetuta venti volte. Se comprendiamo gli insegnamenti e le promesse del Signore, impareremo e cresceremo attraverso le nostre avversità.
Molti degli insegnamenti dei nostri profeti moderni sono contenuti nel corso di studio per il Sacerdozio di Melchisedec e la Società di Soccorso, dal titolo Insegnamenti dei presidenti della Chiesa. Le dottrine e i principi eterni contenuti in questi libri sono sorgenti di divina saggezza e guida. Insegnanti saggi nei rioni e nei rami non li sostituiranno con argomenti e sapere personali, ma si concentreranno su questi insegnamenti ispirati e sulla loro applicazione alle circostanze e alle difficoltà presenti.
Per esempio, nell’attuale volume leggiamo queste parole del presidente John Taylor sulla gratitudine per la sofferenza: «Abbiamo imparato molte cose attraverso la sofferenza. La chiamiamo sofferenza. Io la chiamo scuola di esperienza… Non ho mai considerato queste cose se non come prove che hanno lo scopo di purificare i santi di Dio, affinché possano essere, come dicono le Scritture, come l’oro che è stato purificato sette volte mediante il fuoco» (Insegnamenti dei presidenti della Chiesa: John Taylor, 203). Pionieri come il presidente John Taylor, che hanno assistito all’uccisione del loro profeta e hanno sofferto lunghe persecuzioni e incredibili difficoltà a motivo della loro fede, lodavano Dio e Lo ringraziavano. Attraverso le loro difficoltà e le azioni coraggiose e ispirate intraprese per superarle, costoro crebbero nella fede e in statura spirituale. Attraverso le afflizioni, essi divennero ciò che Dio desiderava che diventassero e costoro gettarono le basi del grande lavoro che benefica anche noi oggi.
Come i pionieri, anche noi dobbiamo ringraziare Dio per le avversità e pregare per essere guidati quando le incontriamo. Attraverso questo atteggiamento, la nostra fede e l’obbedienza ci renderemo conto delle promesse che Dio ci ha fatto. Fa tutto parte del piano.
Amo la commedia musicale Fiddler on the Roof. In essa, un eccezionale padre ebreo canta: «Se fossi ricco». La sua memorabile preghiera si conclude con questa domanda:
Tu creasti il leone e l’agnello,
Tu così mi facesti, O Signor.
Cambierebbe il tuo piano sì tanto,
Se anch’io fossi ricco quaggiù?
(versi di Sheldon Harnick [1964])
Sì, Tevye, forse cambierebbe. Rendiamo grazie per ciò che siamo e per le condizioni create da Dio per il nostro viaggio attraverso la mortalità.
Anni fa, il profeta Lehi insegnò questa verità a suo figlio Giacobbe:
«Nella tua infanzia hai sofferto afflizioni e molto dolore a causa della durezza dei tuoi fratelli.
Nondimeno, Giacobbe, mio primogenito nel deserto, tu conosci la grandezza di Dio, ed egli consacrerà le tue afflizioni per il tuo profitto» (2 Nefi 2:1–2).
Mia madre amava quei versetti e viveva secondo il principio contenuto in essi. Il più grande dolore della sua vita fu la morte di suo marito, nostro padre, dopo appena undici anni di matrimonio. Questo evento cambiò la sua vita per sempre e pose sul suo cammino grandi difficoltà mentre cercava di provvedere alla famiglia e crescere da sola i suoi tre figli piccoli. Tuttavia, le ho spesso sentito dire che il Signore aveva consacrato quell’afflizione per il suo profitto dal momento che la morte di suo marito l’aveva costretta a sviluppare i suoi talenti e a lavorare e diventare ciò che non sarebbe mai diventata senza quella apparente tragedia. Nostra madre era un gigante spirituale, forte e degna sotto ogni aspetto dell’amorevole tributo inciso dai suoi tre figli sulla sua lapide: «La sua fede ha reso TUTTI più forti».
Le benedizioni delle avversità si estendono anche ad altri. So che per me è stata una benedizione essere cresciuto da una madre vedova, i cui figli hanno dovuto imparare a lavorare presto e sodo. So che non avere grandi fortune e dover lavorare sodo non sono afflizioni più grandi della ricchezza e dell’abbondante disponibilità di tempo libero. So anche che la forza scaturisce dalle avversità e che la fede si sviluppa quando non riusciamo a vedere cosa c’è dopo.
V.
Quando rendiamo grazie in ogni cosa, vediamo le sofferenze e le avversità nel contesto dello scopo della vita. Veniamo qui per essere messi alla prova. Ci deve essere un’opposizione in tutte le cose. Dobbiamo imparare e crescere per mezzo dell’opposizione, superando le nostre prove e insegnando agli altri a fare altrettanto. Il nostro amato compagno di servizio, l’anziano Neal A. Maxwell, ci ha dato un nobile esempio di questo principio. Il suo coraggio, la sua umiltà nell’accettare il suo male, il cancro, e il suo ininterrotto e vigoroso servizio hanno portato conforto a migliaia di persone e hanno insegnato principi eterni a milioni di altre. Il suo esempio mostra che il Signore non solo consacrerà la nostra afflizione per il nostro profitto, ma se ne servirà anche per beneficare la vita d’innumerevoli persone.
Gesù insegnò questa lezione quando insieme ai Suoi discepoli incontrò un uomo cieco dalla nascita. «Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?», chiesero i discepoli. «Né lui peccò, né i suoi genitori», rispose Gesù. Quest’uomo è nato cieco «affinché le opere di Dio siano manifestate in lui» (Giovanni 9:2–3).
Se guardiamo alla vita attraverso le lenti della spiritualità, riusciamo a vedere molti esempi dell’opera di Dio realizzata attraverso le avversità dei Suoi figli. Faccio spesso visita all’American War Memorial a Manila. Per me si tratta di un luogo sacro. È il luogo in cui sono sepolti più di 17.000 soldati, marinai e aviatori che hanno perso la vita negli scontri avvenuti nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale. Il monumento onora anche più di 36.000 altri militari, anch’essi morti, ma i cui corpi non sono mai stati ritrovati. Quando passo accanto ai bei muri dove sono scritti i loro nomi e il loro Stato di provenienza, vedo molti nomi che ritengo siano stati di fedeli Santi degli Ultimi Giorni.
Nel riflettere sulla morte in guerra di tanti meravigliosi santi e su quanto dolore queste morti hanno portato ai loro cari, mi è tornata in mente la magnifica visione del presidente Joseph F. Smith, contenuta nella sezione 138 di Dottrina e Alleanze. Egli vide «una innumerevole compagnia di spiriti di giusti, che erano stati fedeli nella testimonianza di Gesù mentre vivevano nella mortalità» (versetto12). Furono organizzati e assegnati a essere messaggeri, «rivestiti di potere e autorità, e [incaricati] di andare a portare la luce del Vangelo a coloro che erano nelle tenebre… e così il Vangelo fu predicato ai morti» (versetto 30). Quando penso a questa rivelazione e mi ricordo dei milioni di uomini caduti in guerra, gioisco del piano del Signore grazie al quale l’afflizione della morte di tanti uomini retti si tramuta nella benedizione di avere retti messaggeri che predicano il Vangelo ai tanti caduti come loro.
Quando comprendiamo questo principio, che Dio ci offre occasioni di ricevere benedizioni e ci benedice attraverso le nostre afflizioni e le sofferenze degli altri, allora riusciamo a capire perché ci ha comandato ripetutamente di «ringrazia[re] il Signore [nostro] Dio in ogni cosa» (DeA 59:7).
Prego affinché possiamo essere benedetti con la comprensione della verità e scopo delle dottrine e dei comandamenti di cui ho parlato, e che possiamo essere abbastanza fedeli e forti da rendere grazie in ogni cosa. Porto testimonianza di Gesù Cristo, nostro Salvatore, Redentore e Creatore, per il quale noi rendiamo grazie. Nel nome di Gesù Cristo. Amen