Un inno per Ryan
Era uno di quei sabati in cui mi piace rimanere al calduccio sotto le morbidecoperte del mio letto. Ma questo piacere non mi fu concesso. Il suono rumorosodel mio cercapersone mi avvertì di un incendio scoppiato nel vicino cementificio, così mi vestii di corsa e mi precipitai verso la porta. Per fortuna il mio elmetto mi copriva i capelli in disordine. La vanità ha ceduto il passo dal momento in cui ho iniziato a fare parte del dipartimento dei vigili del fuoco della nostra cittadina e sono diventata un paramedico di soccorso (EMT).
L’incendio nel cementificio fu subito domato, ma i nostri cercapersone squillarono di nuovo, questa volta per richiedere la presenza degli EMT sul luogo di un incidente autostradale in cui era rimasto coinvolto un bambino di quattro anni. Mi resi conto che questo caso sarebbe stato difficile, così io e il mio collega iniziammo immediatamente a pregare. In verità nessun EMT può affermare di non rimanere coinvolto emotivamente quando si prende cura di bambini gravemente feriti.
Arrivammo sul luogo e trovammo un furgoncino bianco capovolto sullo spartitraffico. Subito cercai il nostro paziente, pensando che sarebbe potuto essere ancora nel veicolo. Fui, però, chiamata dal lato opposto dell’autostrada dove diverse persone erano accalcate attorno al corpicino del bambino. Era presente un medico, che mi fece un resoconto delle ferite più gravi del bambino, poi scomparve tra la folla. Una donna stava tenendo il bambino per mano e lo rassicurava. Le chiesi se sapesse il suo nome. Mi rispose: «Si chiama Ryan, sono la madre». Lei e due bambini più grandi erano rimasti miracolosamente illesi.
Gli EMT seguono certi protocolli per assicurarsi che ai pazienti venga prestato il miglior soccorso possibile, ma nessuna di queste procedure ci può preparare per le sofferenze umane con cui abbiamo a che fare quando interveniamo in caso di incidenti raccapriccianti. Mi ricordo di aver ripensato al mio addestramento ma anche di non essermi sentita all’altezza. Il mio piccolo paziente stava piangendo, volevo alleviare i suoi timori, baciarlo per fargli andare via il male e promettere alla sua mamma spaventata che tutto sarebbe andato bene. Le mie mani agivano quasi in automatico, seguendo quella routine che conoscevo benissimo, tuttavia mi sentivo inadeguata e sola. Il mio collega non fu in grado di aiutarmi con Ryan poiché si stava prendendo cura del padre del bambino, che era ancora intrappolato nel furgone.
Presto arrivarono le ambulanze. Mi fu chiesto di mantenere ben ferma la testa di Ryan lungo il tragitto verso l’ospedale. M’inginocchiai al di sopra della sua testa e gli parlai con gentilezza, ma lui continuava a piangere e ad agitarsi. Ero preoccupata per il fatto che il suo quadro clinico avrebbe potuto peggiorare per via della sua irrequietezza, ma legandolo si sarebbero causati altri problemi.
In quel momento iniziai a pregare più intensamente e chiesi al Padre celeste di benedirmi facendomi sapere come confortare Ryan, calmarlo e alleviargli il dolore. Mi venne immediatamente in mente un suggerimento: «Canta per lui». Esitai. Mi chiedevo se avessi capito bene. Dopo tutto, ero una professionista e che impressione avrebbe dato vedere una EMT che cantava in un’ambulanza con un paziente gravemente ferito?
Ryan urlava e di nuovo percepii distintamente il suggerimento: «Canta per lui». Mentre tenevo la sua testa ben salda, mi chinai e con tranquillità iniziai a cantare vicino al suo orecchio: «Come una stella del cielo che sorride al mondo inter» («Come una stella», Innario dei bambini , 84). Appena iniziai a cantare, Ryan si calmò. Cantai «Sono un figlio di Dio» e molti altri inni della Primaria. Mi resi conto che Ryan era un Santo degli Ultimi Giorni quando notai che sua madre, che era sconvolta, cercava di cantare con me. Più di una volta i paramedici si preoccuparono poiché egli era troppo silenzioso, ma Ryan rispondeva alle domande. Continuai a cantare per tutto il tragitto fino all’ospedale e al pronto soccorso, dove l’equipe traumatologica lo prese in consegna.
Più tardi quel giorno ritornai in ospedale per controllare come stessero Ryan e suo padre. Appresi che il bambino era stato sottoposto a un intervento chirurgico, che la sua situazione era stabile e che andava bene. Fui grata per le notizie che ricevetti, anche se sia lui che il padre sarebbero dovuti rimanere ricoverati in ospedale a lungo. Io e Ryan diventammo subito buoni amici e ogni anno non vedo l’ora di ricevere un biglietto d’auguri natalizi con dentro la sua fotografia.
Ricorderò per sempre la risposta a una preghiera, quando il mio piccolo paziente si tranquillizzò istantaneamente grazie agli inni che amava, inni che gli ricordarono quanto il suo Padre celeste lo ama. L’efficacia della medicina d’emergenza è veramente prodigiosa, ma la bellezza e la semplicità di qualche inno della Primaria rimarranno per sempre nella mia memoria come un miracolo gentile e profondo.
Luana Lish è membro del Rione di Rapid Creek, Palo di McCammon (Idaho).