Una cosa che non mi aspettavo
Alle superiori mi legai a un ragazzo che la mia famiglia non approvava. Alla fine, a causa della loro opposizione, divenni ostile verso i miei fratelli e odiosa verso i genitori. Purtroppo ero convinta che non sapessero che cosa fosse buono per me, ma che lo sapevo solo io. Come potevano essere tanto avversi al mio ragazzo? Sì, a volte egli mi diceva cose orribili, ma io credevo che mi ferisse perché mi amava. Pensavo che nessun altro si curasse davvero di me.
Essendo coinvolta in un rapporto fondato sulle offese, le mie emozioni e percezioni si alterarono. Un momento ero arrabbiata con chiunque e un attimo dopo ero delusa di me stessa. Mi tenevo alla larga dalla Chiesa, schivavo tutti coloro che mi amavano veramente ed evitavo tutto quanto fosse spirituale, soprattutto la buona musica. Ero ferita, benché non volessi ammetterlo.
Mentre ero in crisi riguardo alla mia vita e con coloro che mi circondavano, la mia insegnante di violino mi chiese aiuto. Era la dirigente della musica nella Primaria del suo rione, e stava programmando una riunione sacramentale con inni cantati dai bambini. L’insegnante mi chiese se fossi disposta ad accompagnare con il violino alcuni inni. Non volevo, ma le dissi di sì. Quando mi diede la musica guardai i titoli. L’ultimo pezzo era «Sono un figlio di Dio» (Inni, numero 190).
Non ero entusiasta dell’idea perché conoscevo il potere della musica. Ad ogni buon conto iniziai a esercitarmi con gli inni, facendo di tutto per respingere lo Spirito, ad esempio pensando a quanto odiassi la mia famiglia, per cercare di non conservare nella mente gli inni quando non mi esercitavo.
Quando finalmente arrivò la domenica del programma, non vedevo l’ora che fosse tutto finito. Durante la riunione cercai di ignorare lo Spirito, ma quando giunse l’inno finale, la mia insegnante di violino fece una cosa che non mi aspettavo: si voltò e invitò la congregazione a unirsi al canto.
Appoggiai l’archetto sulle corde e suonai la prima nota. Lo Spirito mi colpì con tanta forza che le lacrime iniziarono a scendermi dalle guance prima della fine della seconda strofa. Lo Spirito mi disse di ascoltare le parole e di ricordarmi che ero una figlia di Dio, che sarei sempre stata per Lui speciale e che non avevo bisogno di un ragazzo che mi offendeva, ma che avevo bisogno di Lui.
Il suono di tutte quelle voci, giovani e anziane, che cantavano le parole semplici dell’inno mi aiutarono ad ascoltare e a comprendere le Sue parole, quelle dei miei familiari e dirigenti ecclesiastici. La musica era il mio punto debole. Il Padre celeste sapeva che la musica era la via che portava al mio cuore. Ero io che avevo bisogno di cambiare, non i miei familiari.
Il Signore conosce e comprende il potere della musica (vedere DeA 25:12). Essa può elevarci e aprire il nostro cuore e la nostra mente allo Spirito. Sarò per sempre grata per la musica e per lo Spirito che anche oggi porta nella mia vita.