Il potere curativo degli inni
I santi raccontano come gli inni di Sion hanno giovato loro.
Ho compreso il Suo amore
Nella mia vita c’è stato un periodo nel quale mi sono allontanata dai principi che sapevo essere veri. A causa di ciò mi sentivo terribilmente infelice. Benché credessi che l’Espiazione si applicasse agli altri, ritenevo di essermi allontanata troppo perché funzionasse per me. Pensavo che non valesse la pena di salvarmi.
Una domenica mattina udii le campane di una chiesa cristiana vicina a casa che suonavano l’inno «Hai lasciato all’alba il sonno» (Inni, 84). La melodia mi colpì e per la prima volta dopo molti mesi sentii lo Spirito. Quando mi sono resa conto che il Padre celeste stava usando questo inno per farmi sentire il Suo amore e per farmi sapere che mi avrebbe aiutato, mi sono messa a piangere.
Il processo di pentimento non è stato facile e molte volte mi sono sentita scoraggiata. Tuttavia, i sentimenti che ho provato quella domenica mattina sono rimasti con me e dopo un certo tempo sono ritornata alla piena attività, ricevendo poi l’investitura nel Tempio di Dallas, Texas, USA.
Ora quando odo questo inno, mi ricordo quel dolce momento quando Colui che pensavo mi avesse dimenticata mi ha mostrato il Suo amore in una maniera che sapeva avrei accolto.
Jessica Blakely, New Mexico, USA
Invitammo lo Spirito
Io e mio marito volevamo aumentare lo Spirito durante lo studio familiare delle Scritture. Avevamo udito l’anziano Gene R. Cook, allora membro dei Settanta, che ci suggeriva di cantare un inno prima dello studio familiare delle Scritture, così decidemmo di mettere in pratica il consiglio. Anche se i figli adolescenti in qualche maniera si opponevano all’idea, accettarono di fare una prova.
Il giorno seguente iniziai a riprodurre alcuni inni sullo stereo circa trenta minuti prima dell’ora prevista per la lettura delle Scritture. Ciò che avvenne dopo cambiò tutto nella nostra vita. La musica toccò il nostro figlio tredicenne (che era quello che aveva opposto più resistenza alla nostra proposta), tanto che questi volle cantare tutte le strofe e persino altri inni. Questo stesso figlio ora si affida agli inni quando è scoraggiato o tentato.
Usiamo gli inni non solo per lo studio familiare delle Scritture, ma anche per la serata familiare e la domenica.
Marci Owen, Utah, USA
La morte di mia madre
Erano diversi mesi che la salute di mia madre, che aveva ottantasei anni, stava peggiorando e temevo che non sarebbe rimasta a lungo con noi. Io e mio marito avevamo programmato di partecipare alla conferenza di palo a Lille, che distava centotrenta chilometri, ma ero preoccupata di lasciare mia sorella da sola a prendersi cura della mamma.
Supplicai il Padre celeste affinché tutto andasse bene durante la nostra assenza. Immediatamente mi vennero in mente le parole «Taccia il mar!» («Oh, qual furente tempesta», Inni, 63) e i timori diminuirono. Partimmo alla volta della conferenza provando un senso di calma e rassicurati che il Signore aveva udito la mia preghiera e che stava vegliando su mia madre.
Mentre eravamo via tutto andò bene.
Un po’ di tempo dopo, mia sorella telefonò per chiedere se mio marito, Yves, potesse andare ad aiutarla a mettere a letto la mamma. Poco dopo il suo arrivo a casa di mia sorella, mia madre spirò.
Non volendomi comunicare la notizia per telefono, Yves mi telefonò dicendomi solamente che mia sorella era nel panico. Mi suggerì di preparare alcuni effetti personali perché sarebbe venuto subito a casa a prendermi.
Iniziai a fare la valigia, pensando che per un po’ sarei forse rimasta con mia sorella per assisterla a curare la mamma. Nel farlo, però, lo Spirito mi comunicò che non era necessario che preparassi una valigia. Mi resi conto che la mamma era morta, ma provai una pace interiore, come mi era capitato quando ero andata alla conferenza di palo.
Yves arrivò a casa e fece fatica a spiegarmi quello che era accaduto. Per alleviare il suo fardello, gli spiegai che sapevo già che la mamma se n’era andata.
La conoscenza del Vangelo ha continuato a sostenermi e riuscii a consolare mia sorella quando piangemmo la scomparsa di nostra madre. Molte volte ho pregato per provare un senso di pace e ogni volta ho sentito la rassicurazione che il Padre celeste e il mio Salvatore, Gesù Cristo, mi stavano aiutando nel momento di lutto e dolore. Grazie alla fede e alle preghiere trovammo la pace che l’inno sacro invocava: «Taci, calmati!»
Nicole Germe, Pas-de-Calais, Francia
Il canto calmò il nostro cuore
Molti anni fa stavo programmando di trascorrere la vigilia di Natale in famiglia, il che mi preoccupava. Mi ero da poco unita alla Chiesa e i familiari osteggiavano la mia nuova religione. La situazione peggiorò quando accompagnai in macchina mia madre a casa di mia nonna. Mia madre aveva bevuto molto e io mi rivolsi a lei con un tono tagliente. L’entusiasmo che di solito provavo durante la stagione natalizia fu rimpiazzato dalla disperazione. Pregai silenziosamente per ricevere aiuto.
Sintonizzai l’autoradio sulla stazione di musica moderna che ascoltavo di solito, sperando che mi sollevasse. Sentii invece l’impressione di spegnere la radio e di cantare gli inni di Natale. Lo feci e mia madre, benché sorpresa, sembrò calmarsi e iniziò persino a cantare alcuni inni con me.
Il mio stato d’animo cambiò immediatamente e mi ritornò in mente il vero significato del Natale. Quando pensai a quanto altruisticamente il Salvatore avesse offerto la vita per noi, i miei problemi sembrarono piccoli e risolvibili. Mi resi conto di avere molte benedizioni nella vita e tanti motivi di gioire. Mi sentii rassicurata che lo Spirito Santo era con me e sentii che avrei potuto rispondere in maniera pacifica a qualsiasi critica sulla Chiesa.
Il canto non eliminò i problemi, ma mi rese capace di affrontarli con un atteggiamento positivo, e questo si è dimostrato fondamentale.
Kimberley Hirschi, California, USA
Il mio fardello fu alleggerito
Nel 1988 gli affari non mi andavano molto bene. Dopo averne parlato con il presidente di palo, io e mia moglie decidemmo di vendere l’attività che avevamo e di cercare un altro lavoro. Mi si presentarono diverse possibilità di lavoro, che però lasciarono me e mia moglie frustrati, avviliti e senza un’entrata regolare.
Dopo un anno i risparmi erano quasi esauriti e mi sentii oppresso da un fardello che mi sembrava insopportabile. Avevamo un figlio in missione e altri sei a casa, e mi sentivo in colpa nei loro confronti.
Un giorno, mentre sentivo questo fardello, mi resi conto che era un po’ di tempo che ripetevo nella mente una melodia. Si trattava di un inno e lo Spirito mi consolò appena pensai alle sue parole:
Se saprai umilmente vincer le tue debolezze,
sarà con te il Signore, che per man ti condurrà.
(«Sii umile», Inni, 76)
Istantaneamente mi sembrò che il fardello mi fosse stato alleviato e mi resi conto che il Padre celeste conosceva la mia situazione. Benché stentammo economicamente per diversi anni, provavo un senso di conforto nel sapere che Egli guidava le nostre decisioni, a condizione che cercassimo di fare la Sua volontà.
Ci trasferimmo in un’altra città e alla fine avviammo una nuova attività. Con l’aiuto di altre persone, la nostra famiglia fu in grado di comprare una casa e di avere successo negli affari.
Anche se quella difficoltà economica è stata ora superata, continuo a cercare di prestare attenzione agli inni che mi vengono in mente. Ho appreso che il Padre celeste risponde spesso alle mie preghiere attraverso la musica sacra.
Warren C. Wassom, Idaho, USA
Come potevo cantare?
Anni fa mia madre morì in un incidente d’auto nel quale era coinvolta una persona che guidava in stato di ebbrezza. Ancora in stato di shock ritornai in aereo a casa dei miei genitori. Con i miei fratelli e con mio padre, che aveva riportato delle ferite, programmammo il funerale.
Poco dopo essere ritornata a casa fui chiamata come direttrice della musica della Primaria. Durante la preparazione per l’incarico mi sembrava di essere apatica e iniziai a dubitare delle mie capacità. «La direttrice della musica della Primaria deve essere una persona allegra e piena d’entusiasmo», pensai tra me. Provavo solamente dolore. Desideravo incoraggiare i bambini, ma pensavo che li avrei delusi. Ero molto addolorata e mi chiedevo se sarei mai più stata felice. Non parliamo poi del desiderio che avevo di cantare…
Il giorno prima d’iniziare il nuovo incarico, io e mio marito prendemmo parte a una sessione del tempio con amici che sarebbero stati suggellati. Prima dell’inizio della sessione ci fu chiesto di andare nella cappella per cantare un inno, pregare e ascoltare un dirigente del tempio. Mentre cantavamo «Oh, quanto dolce» (Inni, 73), non potei fare a meno di notare le parole:
Se il peso su di te
s’aggrava sempre più,
affrettati, che riposar
alfin potrai lassù.
Sentii di avere un «peso» e mi resi conto che lì, nel Suo santo tempio, stavo trovando riposo. Nella quarta strofa udii un messaggio diretto a me:
Eterna è la bontà
del dolce mio Signor;
il mio fardello ai piè porrò
del santo Redentor.
In quel momento seppi che avrei potuto adempiere qualsiasi chiamata e che potevo provare gioia, anche se mi mancava mia madre. Poiché sapevo che il mio Salvatore portava il mio fardello, potevo cantare.
Sheri Stratford Erickson, Idaho, USA