Vieni a Sion
Nelle nostre famiglie e nei nostri pali e distretti, cerchiamo di edificare Sion tramite l’unità, la pietà e la carità.
Il profeta Joseph Smith disse: «L’edificazione di Sion è una causa che in ogni tempo ha interessato il popolo di Dio; è un tema su cui i profeti, i sacerdoti e i re si sono dilungati con particolare delizia. Essi hanno atteso con letizia il giorno in cui noi viviamo; e, guidati da un’attesa celestiale e gioiosa, hanno cantato, scritto e profetizzato di questo nostro giorno, ma sono morti senza vederlo. Noi siamo il popolo privilegiato che Dio ha scelto per inondare di gloria gli ultimi giorni» (Insegnamenti dei presidenti della Chiesa: Joseph Smith, 192).
Sion è sia un luogo che un popolo. Sion era il nome dato all’antica città di Enoc nei giorni che precedettero il diluvio. «E avvenne, ai suoi giorni, che egli fondò una città che fu chiamata Città di Santità, cioè SION» (Mosè 7:19). Questa Sion continuò per 365 anni (vedere Mosè 7:68). Il resoconto scritturale riporta: «Ed Enoc e tutto il suo popolo camminarono con Dio; ed Egli dimorò in mezzo a Sion; e avvenne che Sion non fu più, poiché Dio la ricevette nel Suo seno; e da allora si sparse il detto: SION È FUGGITA» (Mosè 7:69). In seguito, Gerusalemme e il suo tempio furono chiamati Monte Sion, e le Scritture profetizzano di una futura Nuova Gerusalemme in cui Cristo regnerà come «Re di Sion» quando «per lo spazio di mille anni la terra si riposerà» (Mosè 7:53, 64).
Il Signore chiamò Sion il popolo di Enoc «perché erano di un solo cuore e di una sola mente, e dimoravano in rettitudine; e non vi erano poveri fra essi» (Mosè 7:18). Altrove Egli dichiarò: «Poiché questa è Sion, LA PURA DI CUORE» (DeA 97:21).
L’antitesi e l’antagonista di Sion è Babilonia. La città di Babilonia era originariamente Babele, famosa per la Torre di Babele, che in seguito diventò la capitale dell’impero babilonese. L’edificio principale era il tempio di Bel o Baal, l’idolo cui fecero riferimento i profeti dell’Antico Testamento come «la vergogna» date le perversioni sessuali associate alla sua adorazione (vedere Bible Dictionary, «Assyria and Babylonia», 615–616; «Baal», 617–618; «Babylon or Babel», 618). La sua mondanità, la sua adorazione del male e la cattività di Giuda dopo la conquista del 587 B.C., tutte insieme, resero Babilonia il simbolo delle società in decadimento e in schiavitù spirituale.
È con questo sfondo che il Signore disse ai membri della Sua chiesa: «Uscite da Babilonia; radunatevi di fra le nazioni, dai quattro venti, da un’estremità all’altra all’altra del cielo» (DeA 133:7). Egli chiamò gli anziani della Sua chiesa perché fossero mandati nel mondo a compiere questo raduno, dando inizio a un’impresa che continua ancora oggi a pieno ritmo. «Sì, ecco, questo sarà il loro grido e la voce del Signore a tutti i popoli: Andate alla terra di Sion, affinché i confini del mio popolo siano ampliati, e affinché i suoi pali siano rafforzati e affinché Sion si estenda nelle regioni circostanti» (DeA 133:9).
E così oggi il popolo del Signore si sta radunando «di fra le nazioni» in congregazioni nei pali della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni che sono sparsi fra tutte le nazioni. Nefi previde che questi «dominii» sarebbero stati modesti, ma che il potere del Signore «scendeva sui santi della chiesa dell’Agnello… che erano dispersi su tutta la faccia della terra; ed essi erano armati di rettitudine e del potere di Dio, in grande gloria» (vedere 1 Nefi 14:12–14). Il Signore ci chiede di essere dei fari di rettitudine per guidare coloro che cercano la salvezza e le benedizioni di Sion:
«In verità dico a voi tutti: Alzatevi e splendete, affinché la vostra luce sia uno stendardo per le nazioni;
E affinché il raduno nella terra di Sion e nei suoi pali sia una difesa e un rifugio dalla tempesta, e dall’ira quando sarà riversata senza annacquamenti sulla terra intera» (DeA 115:5–6).
Sotto la direzione del profeta Joseph Smith, i primi membri della Chiesa cercarono di stabilire il punto centrale di Sion nel Missouri, ma non si qualificarono per costruire la città santa. Il Signore spiegò uno dei motivi del loro fallimento:
«Non hanno imparato ad essere obbedienti alle cose che ho richiesto da loro, ma sono pieni d’ogni sorta di malvagità e non dividono le loro sostanze con i poveri e gli afflitti fra loro, come conviene ai santi.
E non sono uniti secondo l’unione che è richiesta dalla legge del regno celeste» (DeA 105:3–4).
«C’erano fra loro discordie e contese, invidie e lotte, e desideri lascivi e cupidi; perciò, hanno profanato con queste cose la loro eredità» (DeA 101:6).
Invece di giudicare troppo duramente questi primi santi, dovremmo piuttosto cercare di guardare a noi stessi e vedere se stiamo facendo meglio.
Sion è Sion per via del carattere, degli attributi e della fedeltà dei suoi cittadini. Ricordate: «Il Signore chiamò il suo popolo SION, perché erano di un solo cuore e di una sola mente, e dimoravano in rettitudine; e non vi erano poveri fra essi» (Mosè 7:18). Se vogliamo stabilire Sion nelle nostre case, rami, rioni e pali, dobbiamo raggiungere questo standard. Sarà necessario (1) diventare uniti in un solo cuore e una sola mente, (2) diventare un popolo santo individualmente e collettivamente e (3) prendersi cura dei poveri e dei bisognosi con efficacia tale da eliminare la povertà tra noi. Non possiamo aspettare che queste cose avvengano per formare Sion—Sion verrà solo quando queste cose accadranno.
Unità
Se consideriamo l’unità richiesta affinché Sion prosperi, dobbiamo chiederci se abbiamo superato «discordie e contese, invidie e lotte» (vedere DeA 101:6). Siamo, individualmente e come popolo, liberi da lotte e contese, e uniti «secondo l’unione che è richiesta dalla legge del regno celeste»? (DeA 105:4). Il perdono reciproco è essenziale per avere questa unità. Gesù disse: «Io, il Signore, perdonerò chi voglio perdonare, ma a voi è richiesto di perdonare tutti» (DeA 64:10).
Diventeremo di un solo cuore e di una sola mente quando porremo individualmente il Salvatore al centro della nostra vita e seguiremo coloro che Lui ha incaricato di guidarci. Possiamo unirci al presidente Thomas S. Monson nell’amore e nella preoccupazione reciproca. Alla conferenza generale dell’aprile scorso, il presidente Monson ha parlato a coloro che si sono allontanati dalla Chiesa e a tutti noi: «Nel santuario privato della propria coscienza si trova quello spirito, quella determinazione a liberarsi della vecchia persona e a raggiungere la statura del vero potenziale. Con questo spirito porgiamo ancora quel sentito invito: tornate. Ci rivolgiamo a voi col puro amore di Cristo ed esprimiamo il nostro desiderio di aiutarvi e di darvi il benvenuto nella piena appartenenza. A coloro che sono feriti nello spirito e che hanno difficoltà e timore, diciamo, lasciate che vi solleviamo e vi rallegriamo e che calmiamo i vostri timori» (Thomas S. Monson, «Guardare indietro e procedere in avanti», Liahona, maggio 2008, 89–90).
Quest’anno a fine luglio i giovani adulti non sposati di diversi paesi dell’Europa dell’est si sono riuniti fuori Budapest, in Ungheria, in occasione di una conferenza. Nel gruppo c’erano anche venti giovani della Moldavia che hanno impiegato giorni per ottenere il passaporto e il visto e che hanno viaggiato più di 30 ore in pullman per arrivare. Il programma della conferenza prevedeva circa quindici seminari. Ogni persona doveva scegliere i due o tre corsi che voleva seguire di più. Invece di concentrarsi esclusivamente sui loro interessi personali, questi giovani moldavi si sono riuniti e organizzati affinché almeno uno del gruppo fosse presente a ogni corso e prendesse tanti appunti. Poi avrebbero condiviso gli uni con gli altri e con i giovani in Moldavia che non erano riusciti a partecipare tutto ciò che avevano imparato. Nella forma più semplice, questo esemplifica l’unità e l’amore reciproci che, moltiplicati centinaia di volte in modi diversi, faranno «ritornare a Sion» (vedere Isaia 52:8).
Santità
Gran parte dell’opera da svolgere per stabilire Sion consiste dei nostri sforzi individuali per divenire «i puri di cuore» (vedere DeA 97:21). «Sion non può essere edificata se non mediante i principi della legge del regno celeste; altrimenti [io, il Signore] non posso riceverla presso di me» (DeA 105:5). La legge del regno celeste è, certamente, la legge del Vangelo e le alleanze che includono il nostro costante ricordo del Salvatore e il nostro impegno all’obbedienza, al sacrificio, alla consacrazione e alla fedeltà.
Il Salvatore fu critico verso alcuni dei primi santi per i loro «desideri lascivi» (DeA 101:6; vedere anche DeA 88:121). Si trattava di persone che non disponevano di televisione, film, Internet o iPod. In un mondo inondato da immagini e musica pieni di sensualità, siamo liberi da desideri lascivi e dai mali ad essi connessi? Lontani dal limite dei vestiti immodesti o dall’indulgere nell’immoralità della pornografia, dobbiamo essere affamati e assetati di giustizia. Per giungere a Sion non è sufficiente essere un po’ meno malvagi degli altri. Dobbiamo diventare non solo buoni, ma uomini e donne santi. Riprendendo una frase dell’anziano Neal A. Maxwell, decidiamo una volta per tutte di prendere residenza a Sion e di rinunciare alla casa per le vacanze a Babilonia (vedere Larry W. Gibbons, «Mettetevi dunque questo nel cuore», Liahona, novembre 2006, 102).
Prendersi cura dei poveri
Nel corso della storia, il Signore ha misurato le società e le persone dal modo in cui si prendevano cura dei poveri. Egli ha detto:
«Poiché la terra è piena, e c’è abbastanza e d’avanzo; sì, io ho preparato ogni cosa e ho dato ai figlioli degli uomini di essere arbitri di se stessi.
Perciò, se qualcuno prende dell’abbondanza che ho creato e non impartisce la sua porzione, secondo la legge del mio Vangelo, ai poveri ed ai bisognosi, alzerà assieme ai malvagi gli occhi in inferno, poiché sarà nei tormenti» (DeA 104:17–18; vedere anche 56:16–17).
Egli dichiara inoltre: «Nelle cose materiali siate uguali, e ciò non di malavoglia, altrimenti l’abbondanza delle manifestazioni dello Spirito sarà impedita» (DeA 70:14; vedere anche 49:20; 78:5–7).
Noi controlliamo la destinazione dei nostri mezzi e delle nostre risorse, ma rendiamo conto a Dio per tale intendenza sulle cose terrene. È gratificante testimoniare la vostra generosità nel contribuire alle offerte di digiuno e ai progetti umanitari. Nel corso degli anni le sofferenze di milioni di persone sono state alleviate, e molti altri sono stati messi in grado di aiutare se stessi grazie alla generosità dei santi. Tuttavia, nel perseguire la causa di Sion, ciascuno di noi dovrebbe analizzare in preghiera se sta facendo ciò che dovrebbe, agli occhi del Signore, per quanto riguarda i poveri e i bisognosi.
Dovremmo chiederci, dal momento che in tanti viviamo in società che adorano il possesso e i piaceri, se ci stiamo tenendo lontani della cupidigia e dall’avidità di voler accumulare sempre più le cose del mondo. Il materialismo è solo un’ulteriore manifestazione dell’idolatria e dell’orgoglio che caratterizzano Babilonia. Forse possiamo imparare ad accontentarci di ciò che basta per i nostri bisogni.
L’apostolo Paolo ammonì Timoteo contro coloro che «stimano la pietà esser fonte di guadagno» (1 Timoteo 6:5).
Poi continuò: «Non abbiam portato nulla nel mondo, perché non ne possiamo neanche portar via nulla;
ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti» (1 Timoteo 6:7–8).
In gran parte del mondo stiamo entrando in un periodo economicamente incerto. Curiamoci l’un l’altro nel modo migliore. Ricordo la storia di una famiglia vietnamita che fuggì da Saigon nel 1975 e si ritrovò a vivere in una piccola roulotte a Provo, nello Utah. Un giovane uomo della famiglia di rifugiati divenne il collega di insegnamento familiare di un certo fratello Johnson, che viveva nei paraggi con la sua grande famiglia. Il ragazzo riferì quanto segue:
«Un giorno il fratello Johnson notò che la nostra famiglia non aveva un tavolo da cucina. Il giorno dopo si presentò con un tavolo, un po’ vecchiotto a vedersi, ma perfettamente funzionante che stava bene contro la parete della roulotte, tra il lavandino e un mobile. Dico d’aspetto vecchiotto, poiché due delle gambe erano in stile con la superficie del tavolo e due no; si aggiunga che diversi piccoli tasselli di legno sporgevano da un lato della superficie logorata.
Subito usammo questo tavolo particolare per la preparazione quotidiana del cibo e per consumare dei pasti veloci. Consumavamo ancora i nostri pasti di famiglia seduti sul pavimento… secondo la vera tradizione vietnamita.
Una sera, prima di recarci a fare l’insegnamento familiare, attesi il fratello Johnson nell’atrio di casa sua. Fui sorpreso nel vedere che nell’adiacente cucina c’era un tavolo praticamente identico a quello che ci avevano regalato. L’unica differenza era che dove il nostro tavolo aveva dei tasselli di legno, quello dei Johnson aveva dei buchi! Mi resi allora conto che, vedendo le nostre necessità, quest’uomo caritatevole aveva tagliato il suo tavolo della cucina e aveva costruito due gambe nuove per ogni metà.
Era evidente che la famiglia Johnson non poteva sedersi tutta attorno a questo piccolo tavolo, che probabilmente era a mala pena sufficiente quando era intero…
Durante tutta la vita questo atto gentile è stato per me un potente ricordo del vero donare (Son Quang Le, raccontato a Beth Ellis Le, «Due tavoli gemelli», Liahona, luglio 2004, 45–46).
Il profeta Joseph Smith affermò: «Il nostro massimo obiettivo è l’edificazione di Sion» (Insegnamenti dei presidenti della Chiesa: Joseph Smith, 192). Nelle nostre famiglie e nei nostri pali e distretti, cerchiamo di edificare Sion tramite l’unità, la pietà e la carità, preparandoci per il grande giorno in cui Sion, la Nuova Gerusalemme, sarà sulla terra. Come dicono le parole del nostro inno:
Israele, Dio ti chiama
dalle terre del dolor,
Babilonia sta cadendo,
la abbatte il Signor.
Vieni a Sion, vieni a Sion,
dove i popoli han ristor.
Vieni a Sion, vieni a Sion,
presto è qui l’Emmanuel.
(«Israele, Dio ti chiama», Inni, 7).
Rendo testimonianza di Gesù Cristo, il Re di Sion, nel nome di Gesù Cristo. Amen.