Una manciata di farina e un po’ d’olio
Ognuno di noi può fare qualcosa … se non abbiamo denaro possiamo dare il nostro tempo alle cause meritevoli e alle persone bisognose, e possiamo dare il nostro amore quando non abbiamo più tempo.
Tutti noi diamo il benvenuto a questi nuovi Fratelli e alle loro mogli nella dolce comunanza di cui fanno parte le Autorità generali e le loro famiglie.
Per punire la grande malvagità di re Achab il Signore, tramite il profeta Elia, sigillò i cieli, sì che né rugiada né pioggia potesse cadere in tutta la terra di Israele. La siccità e la conseguente carestia colpirono anche Elia, insieme a molte altre persone.
I corvi portavano a Elia pane e carne per sfamarlo ma, a meno che allora non fossero in grado di trasportare una maggiore quantità di cibo di quanto ritengo facciano ora, a Elia non veniva certamente servito un banchetto. Ed entro breve tempo il torrente Kerrith, presso il quale il profeta si nascondeva e al quale si abbeverava, si prosciugò. Quella situazione durò per tre anni.
Mentre il profeta si preparava per lo scontro finale con Achab, Dio gli comandò invece di andare nel villaggio di Sarepta dove, così disse, Egli aveva comandato a una vedova di procurargli di che vivere.
Quando entrò in città, stanco e affamato, il profeta incontrò la sua benefattrice che era indubbiamente debole e affamata quanto lui. Forse, quasi in tono di scusa, l’assetato viandante la importunò: «Ti prego, vammi a cercare un po’ d’acqua in un vaso affinché io beva». Mentre la donna andava a soddisfare la sua richiesta, Elia aumentò per così dire le sue suppliche: «Portami, ti prego, anche un pezzo di pane».
La difficile situazione in cui si trovava Elia era evidente, Inoltre la vedova era stata preparata dal Signore a questa richiesta ma, date le sue condizioni di debolezza e di scoraggiamento, la seconda richiesta del profeta era più di quanto quella fedele donna potesse sopportare. Afflitta dalla fame e dalla fatica, con la voce angosciata di una madre che vede morire il proprio figlio, ella gridò allo straniero: «Com’è vero che vive l’Eterno, il tuo Dio, del pane non ne ho, ma ho solo una manata di farina in un vaso, e un po’ olio in un orciolo; ed ecco, sto raccogliendo due stecchi [il che ci dice quanto piccolo fosse il fuoco necessario per cuocere quel po’ di farina che le rimaneva], per andare a cuocerla per me e per il mio figliuolo; e la mangeremo e poi morremo».
Ma Elia stava svolgendo una missione per il Signore. Era in gioco il futuro d’Israele, compreso il futuro di quella stessa vedova e di suo figlio. Il compito del profeta rendeva Elia più importuno di quanto egli normalmente avrebbe voluto essere.
«‹Non temere›, egli disse alla donna, ‹fa’ come hai detto; ma fanne prima una piccola schiacciata per me e portamela, poi ne farai per te e per il tuo figliuolo›.
Poiché così dice l’Eterno, il Dio d’Israele – il vaso della farina non si esaurirà e l’orciolo dell’olio non calerà fino al giorno che l’Eterno manderà la pioggia sulla terra».
Poi abbiamo questa espressione di fede più grande, data la situazione, di ogni altra che io conosco nelle Scritture: «Ed ella andò e fece come le avea detto Elia». Forse incerta su quello che poteva essere il costo della sua fede, non soltanto per sé ma anche per suo figlio, ella portò prima di tutto la schiacciata a Elia, confidando nel fatto che se non fosse rimasto abbastanza pane, almeno ella e suo figlio sarebbero morti compiendo un atto di pura carità. Naturalmente la storia continua fino a raggiungere un lieto fine, sia per lei che per suo figlio.1
Questa donna è simile a un’altra vedova molto ammirata da Cristo la quale gettò il suo obolo, due spiccioli, nel tesoro della sinagoga, dando così, disse Gesù, più di tutti gli altri che avevano versato le loro offerte in quel giorno.2
Purtroppo i nomi di queste due donne non sono specificati nelle Scritture, ma se avrò mai nell’eternità il privilegio di incontrarle, vorrei cadere ai loro piedi e dire: «Grazie per la bellezza della vostra vita, per la meraviglia del vostro esempio, per lo spirito divino che vi spinse a tali atti di carità che scaturiscono da un cuore puro».3
Vorrei davvero fare qualcosa di più immediato, oggi stesso, in loro favore. Desidero parlare per la vedova, per l’orfano, per il sofferente, per l’oppresso, per l’affamato, per il senza tetto e per colui che soffre in silenzio. Desidero parlare per coloro che Dio ha sempre amato e menzionato con tanto calore.4 Desidero parlare dei poveri.
È descritto un comportamento particolarmente biasimevole nel Libro di Mormon quando un gruppo di Zoramiti, vanitosi e poco cristiani, dopo essere saliti sul loro Rameumpton e dopo aver proclamato la loro posizione privilegiata dinanzi a Dio, procedevano immediatamente a scacciare i poveri dalle loro sinagoghe, dagli edifici che quelle persone bisognose avevano costruito con le loro stesse mani. Essi furono scacciati, dice la rivelazione, semplicemente a causa della loro povertà. In un versetto delle Scritture molto penetrante che espone in maniera chiara la reale situazione e il dolore dei poveri, il Libro di Mormon dice: «Erano poveri quanto alle cose del mondo, ed erano pure poveri in spirito». Essi erano davvero «poveri in spirito» per via della loro povertà delle cose di questo mondo.5
Opponendosi direttamente all’arroganza e alla chiusura che gli Zoramiti avevano mostrato verso quelle persone, Amulec tenne un commovente sermone sull’espiazione di Gesù Cristo; spiegando che il dono di Cristo sarebbe stato «infinito ed eterno», un’offerta a ogni uomo, donna e bambino che fosse mai vissuto in questo mondo, egli portò testimonianza della misericordia di tale dono. Egli elencò tutti i modi in cui le persone dovevano pregare per godere i benefici di quella misericordia espiatrice», «per il vostro bene», e «per il bene di coloro che vi circondano».6
Ma questo straordinario discorso sull’Espiazione non finisce qui. Con grande franchezza Amulec dice questa fervente preghiera: «non pensiate che ciò sia tutto; poiché, dopo che avrete fatto tutte queste cose, se respingete i bisognosi e gli ignudi e non visitate i malati e gli afflitti, e non impartite delle vostre sostanze, se ne avete, a coloro che si trovano nel bisogno, vi dico, se non fate nessuna di queste cose, ecco, la vostra preghiera è vana e a nulla vi giova, e siete come gli ipocriti che negano la fede».7 Se questo è il messaggio rivolto a coloro che hanno così poco, che significato ha esso per noi?
Amulec qui esprime esattamente la stessa teologia su cui si basò re Beniamino cinquant’anni prima. Dopo aver istruito il popolo di Zarahemla in merito alla caduta di Adamo e all’espiazione di Gesù Cristo, Beniamino vide la sua congregazione cadere letteralmente a terra perché si considerava in uno stato di grande necessità: si considerava, egli disse, inferiore alla polvere della terra (la differenza tra questa risposta e quella della gente del Rameumpton è evidente).
E gridarono unanimi ad alta voce così: «Abbi pietà, e applicaci il sangue espiatore di Cristo affinché possiamo ricevere il perdono dei nostri peccati e i nostri cuori siano purificati».8
Con queste parole animate da tanta misericordia, le più belle parole che possono uscire da ogni bocca, re Beniamino dice dell’Espiazione e della remissione dei peccati:
«Se Dio, che vi ha creati, dal quale dipendete per la vostra vita e per tutto ciò che avete e che siete, vi accorda qualsiasi cosa chiediate che sia giusta, oh, quanto più dovreste voi impartire gli uni agli altri le sostanze che avete!» «Soccorrete quelli che hanno bisogno del vostro soccorso; darete delle vostre sostanze a colui che si trova nel bisogno». «Non siamo tutti mendicanti? Non dipendiamo tutti dallo stesso Essere, sì, Dio, per tutte le sostanze che abbiamo?»
«Al fine di mantenere la remissione dei vostri peccati», conclude re Beniamino, «vorrei che impartiste ai poveri delle vostre sostanze, ognuno secondo ciò che ha, come nutrire gli affamati, rivestire gli ignudi, visitare gli infermi e provvedere a soccorrerli, sia spiritualmente che temporalmente, secondo i loro bisogni».9
Forse non apparteniamo ancora alla Sion che i nostri profeti predissero e verso la quale i profeti e i sacerdoti di Israele ci hanno indirizzato, ma l’attendiamo con ansia e continuiamo a adoperarci per realizzarla. Non so se si potrà attuare una simile società prima della venuta di Cristo, ma so che quando Egli andò dai Nefiti la maestà dei Suoi insegnamenti e il Suo nobile Spirito portarono al più felice di tutti i tempi, a un periodo in cui «non vi erano contese e dispute tra loro, e tutti si comportavano con giustizia l’uno verso l’altro. E avevano tutte le cose in comune fra loro; non v’erano dunque ricchi e poveri, liberi e schiavi, ma erano stati resi tutti liberi e partecipi del dono celeste».10 Questa condizione felice a mio avviso si verificò soltanto in un’altra occasione di cui siamo a conoscenza: nella città di Enoc dove tutti «erano un sol cuore e una sola anima e dimoravano in giustizia; e non vi erano poveri tra essi».11
Il profeta Joseph Smith ebbe una simile grandiosa visione delle nostre possibilità, una visione datagli per rivelazione di Dio. Egli sapeva che la vera soluzione delle difficoltà stava nella capacità di essere più simili a Cristo, di provvedere ai poveri nella maniera in cui faceva il Salvatore, di amare nella maniera in cui Egli amava, «ogni uomo cercando l’interesse del suo prossimo», dicono le Scritture, e «facendo ogni cosa con occhio rivolto unicamente alla gloria di Dio».12
Questo è ciò che Giacobbe nel Libro di Mormon aveva insegnato: «Che dopo aver ottenuto una speranza in Cristo, voi otterrete le ricchezze, se le cercherete; e le ricercherete con l’intenzione di fare il bene – di rivestire gl’ignudi, di nutrire gli affamati, di liberare i prigionieri e di dare sollievo agli ammalati e agli afflitti».13
Lodo tutti voi, tutti voi che fate tanto, e che tanto vi adoperate per fare il bene. Tanti di voi sono generosi. So che alcuni di voi lottano per arrivare alla fine del mese, e tuttavia trovano qualcosa da dare agli altri. Come re Beniamino ammonì il suo popolo, non è inteso che corriate più veloci di quanto ve lo consentono le vostre forze, e ogni cosa deve essere fatta con ordine.14 Vi voglio bene, e il Padre celeste vi ama per tutto ciò che vi sforzate di fare.
Inoltre so che un discorso tenuto a una conferenza generale non potrà mai eliminare la disuguaglianza materiale che da secoli affligge l’umanità, ma so anche che il Vangelo di Gesù Cristo contiene la risposta a ogni problema sociale, politico e economico che questo mondo abbia mai dovuto affrontare. So che ognuno di noi può fare una cosa, per quanto piccola possa sembrare. Possiamo pagare una decima onesta e versare le offerte di digiuno e le altre offerte volontarie, secondo la nostra situazione. Possiamo cercare altri modi di dare il nostro aiuto. Ognuno di noi può fare qualcosa … se non abbiamo denaro possiamo dare il nostro tempo alle cause meritevoli e alle persone bisognose, e possiamo dare il nostro amore quando non abbiamo più tempo. Possiamo dividere con gli altri il pane che abbiamo e confidare in Dio che non faccia venir meno l’olio nell’orciolo.
Per molti aspetti questo passo del primo capitolo di Alma è simile alla meraviglia che fu Nauvoo. In quel periodo felice il profeta Joseph disse: «In merito a quanto un uomo può dare, non abbiamo particolari istruzioni … Egli deve nutrire gli affamati, rivestire gli ignudi, provvedere alle vedove, asciugare le lacrime dell’orfano, confortare gli afflitti, sia in questa chiesa che in qualsiasi altra, o in nessuna chiesa, dovunque egli li trova».15
Ricordate quanto ci insegna il Libro di Mormon. È abbastanza difficile essere poveri nelle cose materiali, ma il più grande dolore si trova nel cuore addolorato per la speranza che svanisce, nei sogni infranti, nell’angoscia dei genitori, nella delusione dei figli, che quasi sempre accompagnano tali situazioni.16
Ho cominciato dalla storia della manciata di farina. Consentitemi di concludere con un’altra storia. Tra le terribili ostilità nel Missouri, che avrebbero portato il profeta nel carcere di Liberty e scacciato migliaia di Santi degli Ultimi giorni dalle loro case, sorella Drusilla Hendricks e il marito invalido James, che era rimasto ferito dai nemici della Chiesa nella battaglia del Fiume Crooked, andarono ad abitare coi loro figli in una rozza capanna a Quincy, nell’Illinois, per trascorrervi la primavera di quel difficile anno.
Nel giro di due settimane gli Hendricks erano ridotti alla fame. Rimaneva loro soltanto un cucchiaio di zucchero e una ciotola di farina. Secondo la grande tradizione delle donne della Chiesa, Drusilla ne fece una polenta per James e i bambini, allungandola il più possibile. Quando quella piccola offerta fu consumata dalla famiglia affamata, ella lavò ogni cosa, ripulì la loro povera capanna meglio che poteva e attese in silenzio di morire.
Poco tempo dopo il rumore di un carro che si avvicinava fece alzare Drusilla. Era un vicino, Reuben Allred. Disse di aver avuto l’impressione che gli Hendricks fossero rimasti senza cibo, pertanto prima di venire in città aveva fatto macinare un sacco di grano per loro.
Poco dopo arrivò Alexander Williams che portava sulle spalle due moggi di farina. Disse a Drusilla che aveva molto da fare, ma che lo Spirito gli aveva sussurrato che la famiglia di fratello Hendricks era affamata; «così ho lasciato ogni cosa e sono venuto di corsa».17
Possa Dio che ha dato a tutti noi tante cose, tante davvero a molti di noi, aiutarci con un’altra cosa. Possa Egli benedirci in modo che possiamo udire le spesso silenziose grida degli afflitti, degli oppressi, dei meno privilegiati, dei poveri. Possa Egli aiutarci a udire i suggerimenti dello Spirito Santo quando un vicino, da qualsiasi parte si trovi, sta soffrendo, in modo che possiamo lasciare ogni cosa e andare a soccorrerlo di corsa. Per questo io prego nel nome del Signore dei poveri, il Signore Gesù Cristo, amen.