In soccorso
«Fratelli, il mondo ha bisogno del vostro aiuto. Vi sono piedi da rafforzare, mani da afferrare, menti da incoraggiare, cuori da ispirare e anime da salvare».
Miei cari fratelli, detentori del sacerdozio di Dio, che siete riuniti nel Centro delle conferenze e in tutto il mondo, ho la grande e umile responsabilità di parlarvi questa sera.
Fra di voi ci sono dei diaconi, ordinati forse da poco; altri sono sommi sacerdoti che hanno servito in questa sacra chiamata a lungo e con fedeltà. Tutti siamo qua riuniti per imparare meglio quali sono i nostri doveri.
Fratelli, il mondo ha bisogno del vostro aiuto. Vi sono piedi da rafforzare, mani da afferrare, menti da incoraggiare, cuori da ispirare e anime da salvare. Le benedizioni dell’eternità vi aspettano. Vostro è il privilegio di essere non spettatori, ma di partecipare attivamente al servizio reso dal sacerdozio.
Il presidente Wilford Woodruff dichiarò: «Tutte le organizzazioni del sacerdozio hanno potere. Il diacono ha potere, tramite il sacerdozio che detiene, come pure ne ha l’insegnante. Entrambi hanno il potere di andare dinanzi al Signore ed essere ascoltati ed esauditi, esattamente come il profeta… È con questo sacerdozio che gli uomini ricevono le ordinanze, che i loro peccati vengono perdonati e che essi sono redenti. È per questo scopo che è stato rivelato e suggellato sul nostro capo».1
Mi fu detto che un diacono appena ordinato, subito dopo aver ricevuto il Sacerdozio di Aaronne, disse: «Oggi è il primo giorno in cui posso distribuire il sacramento. Non vedo l’ora. So che si tratta di una ordinanza molto sacra, quindi farò le cose con cura. Ho veramente una testimonianza della Chiesa e spero di andare presto in missione».
Questa sera desidero leggervi una lettera che ho ricevuto un po’ di tempo fa. È stata scritta da un marito che si è allontanato dal sentiero del sacerdozio fatto di servizio e dovere. Essa rappresenta la supplica di troppi nostri fratelli:
«Caro presidente Monson,
Avevo così tanto e ora ho così poco. Sono infelice e mi sembra di fallire in ogni cosa. Il Vangelo non ha mai lasciato il mio cuore, anche se ha lasciato la mia vita. Le chiedo di pregare per me.
Non dimentichi, per favore, quelli di noi che sono là fuori—i Santi degli Ultimi Giorni che si sono smarriti. So dove trovare la Chiesa, ma a volte penso di aver bisogno di qualcuno che mi indichi la via, mi dia coraggio, allontani le mie paure e mi porti la sua testimonianza».
Nel leggere questa lettera ho ripensato a una visita fatta a una delle più grandi gallerie d’arte del mondo: il Victoria and Albert Museum di Londra. Racchiuso in una cornice stupenda è possibile ammirare un capolavoro di Joseph Mallord William Turner, dipinto nel 1831. Il quadro rappresenta nubi scure e la furia di un mare in tempesta, premonitore di pericolo e di morte. In lontananza si vedono le luci di una nave che si è arenata. In primo piano vi è una grande scialuppa di salvataggio sballottata da onde spumeggianti. Gli uomini tirano con forza i remi della barca che si tuffa nelle onde impetuose. Sulla riva ci sono una mamma e i suoi due bambini, bagnati di pioggia e colpiti dal vento, con lo sguardo ansioso verso il mare. Abbreviai con la mente il titolo del quadro, che per me divenne: «In soccorso».
Nel mezzo delle tempeste della vita si nasconde il pericolo; e gli uomini, come barche, sono sballottati e si trovano davanti alla distruzione. Chi lascerà le comodità della casa e il conforto della famiglia per occuparsi delle scialuppe di salvataggio e andare in soccorso?
Il presidente John Taylor ci ha ammoniti: «Se non fate onore alle vostre chiamate, Dio vi riterrà responsabili di coloro che avreste potuto salvare se aveste fatto il vostro dovere».2
Fratelli, il nostro compito non è insormontabile. Siamo lavorando per il Signore, pertanto abbiamo diritto all’aiuto del Signore. Ma dobbiamo provare. Dall’opera teatrale Shenandoah ascoltiamo la seguente battuta che fa riflettere: «Se non ci proviamo, non possiamo farlo, e allora perché siamo qui?»
Quando il Maestro svolgeva il Suo ministero fra gli uomini, mentre era in Galilea chiese ad alcuni pescatori di abbandonare le reti e seguirLo, asserendo: «Vi farò pescatori d’uomini».3 E così fece. Questa sera Egli chiama ciascuno di noi a «unirci alle schiere»4 e ci fornisce il piano di battaglia con questo ammonimento: «Pertanto, che ora ognuno con ogni diligenza apprenda il suo dovere e impari ad agire nell’ufficio a cui è nominato».5
Mi piace molto e mi sta molto a cuore questa nobile parola: dovere. Ascoltiamo il commovente monito che leggiamo nell’epistola di Giacomo: «Siate facitori della Parola e non soltanto uditori, illudendo voi stessi».6
Una vecchia canzone dei miei tempi si intitolava: «Desidera e si avvererà». Non è vero. I desideri non fanno avverare le cose. Il Signore si aspetta che pensiamo. Si aspetta che agiamo. Si aspetta che lavoriamo. Si aspetta che diamo la nostra testimonianza. Si aspetta che siamo devoti. Sfortunatamente, alcuni non sono più così attivi nell’espletare le mansioni del sacerdozio. Aiutiamoli a ritrovare quel sentiero che conduce alla vita eterna. Poniamo le solide basi del sacerdozio di Melchisedec che costituiscono il fondamento della crescita e dell’attività della Chiesa. E con questo sostegno possiamo rafforzare ogni famiglia, ogni casa, ogni quorum in ogni nazione.
Fratelli, possiamo prendere per mano coloro di cui siamo responsabili e portarli alla tavola del Signore perché si nutrano della Sua parola e godano della compagnia del Suo Spirito, e non siano più «né forestieri, né avventizi; ma…concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio».7
Il trascorrere del tempo non ha alterato la capacità del Redentore di cambiare la vita degli uomini—la nostra vita e la vita di coloro con cui noi operiamo. Come ha detto a Lazzaro morto, così dice a noi oggi: «Vieni fuori».8 Venite fuori dalla disperazione del dubbio. Venite fuori dal dolore del peccato. Venite fuori dalla morte dell’incredulità. Venite fuori a nuova vita. Venite fuori.
Scopriremo che coloro che serviamo, che grazie al nostro lavoro hanno sentito il tocco della mano del Maestro, in qualche modo non sono in grado di spiegare il cambiamento avvenuto nella loro vita. Hanno il desiderio di servire con fedeltà, di andare avanti con umiltà e di vivere in modo più simile al Salvatore. Poiché hanno ricevuto una visione spirituale e hanno dato un’occhiata alla promesse dell’eternità, ripetono le parole del cieco a cui Gesù ridette la vista: «Una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo».9
Come dobbiamo considerare questi miracoli? Perché questo improvviso aumento dell’attività di uomini rimasti a lungo in letargo? Il poeta, riferendosi alla morte, disse: «Dio lo ha toccato ed egli si è addormentato».10 Io dico, riferendomi a questa rinascita: «Dio li ha toccati ed essi si sono svegliati».
Dobbiamo in gran parte dare il merito di questi cambiamenti di atteggiamenti, abitudini, azioni a due motivi principali. Primo, le possibilità eterne sono state mostrate agli uomini e questi hanno deciso di raggiungerle. Nessun uomo è veramente contento della mediocrità, una volta che vede l’eccellenza a portata di mano.
Secondo, altri uomini hanno seguito l’ammonimento del Salvatore di amare il prossimo come se stessi e hanno aiutato altri a raggiungere i propri sogni e a realizzare le proprie ambizioni.
L’elemento catalizzatore di questo processo è stato—e continuerà ad essere—il principio dell’amore.
Un altro principio di verità che ci guiderà nella nostra decisione è che giovani e adulti possono cambiare. Ricordo le parole di un direttore di carcere, Warden Duffy, che insegnava questa realtà. Un critico che sapeva dei suoi sforzi per riabilitare gli uomini, gli chiese: «Lei pensa che i leopardi potranno mai cambiare le macchie del loro pelo?»
Il sig. Duffy rispose: «Lei dovrebbe sapere che io non lavoro con i leopardi. Lavoro con gli uomini e gli uomini cambiano ogni giorno».
Alcuni anni fa, prima di partire per diventare presidente della Missione Canadese a Toronto, nell’Ontario, feci amicizia con un uomo di nome Shelley che viveva nel rione ma non aveva abbracciato il Vangelo, sebbene lo avessero fatto la moglie e i figli. Shelley, quando era giovane, era conosciuto come l’uomo più violento della città. Si può dire che fosse un pugile, ma i suoi incontri non si svolgevano mai sul ring. Per quanto provassi, non riuscii a portare nessun cambiamento nel comportamento di Shelley. Sembrava un compito disperato.
Quando, ritornato dal Canada, fui chiamato a far parte dei Dodici, ricevetti una telefonata da Shelley. Mi disse: «Vuole suggellare me, mia moglie e i miei figli nel tempio di Salt Lake?»
Risposi con una certa esitazione: «Ma, Shelley, prima devi farti battezzare e diventare membro della Chiesa».
Scoppiò a ridere e rispose: «Oh, a quello ho provveduto mentre lei era in Canada. Il mio insegnante familiare era uno dei vigili volontari che aiutano i bambini ad attraversare la strada e ogni giorno di scuola io e lui tenevamo lunghe conversazioni a quell’incrocio in merito al Vangelo».
I suggellamenti furono celebrati; una famiglia fu unita; la gioia fu grande.
Abraham Lincoln ci ha lasciato questo saggio consiglio, che sicuramente si applica agli insegnanti familiari: «Se volete convincere un uomo a unirsi alla vostra causa, prima convincetelo che siete suo sincero amico».11
Un amico fa qualcosa di più della visita mensile richiesta. Un amico si preoccupa più di aiutare le persone che di ricevere credito per le sue buone azioni. Un amico si interessa. Un amico ama. Un amico ascolta. E un amico aiuta.
In ogni rione ci sono fratelli che possiedono una capacità speciale e una tendenza a penetrare la scorza esteriore per raggiungere il cuore. Una di queste persone era Raymond L. Egan, che ha servito come mio consigliere nel vescovato. Amava prendere a benvolere il padre di una famiglia e riattivarlo nella Chiesa e riportare all’ovile la cara moglie e i suoi preziosi bambini. Questo meraviglioso fenomeno si è ripetuto molte volte fino alla morte fratello Egan.
Ci sono altri modi in cui una persona può elevarsi e servire. In una occasione parlavo con un direttore in pensione che conoscevo da tempo. Gli chiesi: «Ed, cosa fai in Chiesa?» Mi rispose: «Ho l’incarico più bello del rione. Ho la responsabilità di aiutare le persone che sono disoccupate a trovare un’occupazione fissa. Quest’anno ho aiutato dodici fratelli disoccupati a trovare un lavoro stabile. Non sono mai stato così felice in vita mia!». Era piccolo di statura il «Piccolo Ed», come lo chiamavamo affettuosamente, ma quel giorno sembrava un gigante, con gli occhi pieni di gioia e la voce che tremava per l’emozione. Egli dimostrava il suo amore aiutando chi aveva bisogno. Quell’uomo ridava dignità all’umanità. Apriva le porte a coloro che non sapevano farlo da soli.
Credo veramente che coloro che hanno la capacità di stendere la mano per risollevare qualcuno abbiano trovato la formula che descrive il fratello Walter Stover—un uomo che passò la sua vita al servizio degli altri. Al suo funerale, il genero gli rese omaggio con queste parole: «Walter Stover aveva la capacità di vedere Cristo in ogni volto che incontrava e di trattare ogni persona di conseguenza». Sono diventati leggendari il suo aiuto compassionevole e il talento che aveva di innalzare verso il cielo ogni persona che incontrava. La luce che lo guidava era la voce del Maestro. «In quanto l’avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me».12
Apprendete la lingua dello Spirito. Non si apprende dai libri di testo scritti dagli uomini di lettere, né si acquisisce mediante la lettura e l’esercizio mnemonico. Il linguaggio dello Spirito è appreso da colui che si sforza con tutto il cuore di conoscere Dio e di osservare i Suoi divini comandamenti. La padronanza di questa «lingua» consente di abbattere le barriere, di superare gli ostacoli e di arrivare dritti al cuore degli uomini.
In un momento di pericolo o in un tempo di prove, questa conoscenza, questa speranza, questa comprensione porta conforto alla mente turbata e al cuore addolorato. Le ombre della disperazione svaniscono sotto i raggi della speranza. Il dolore cede alla gioia e il senso di smarrimento tra la folla svanisce davanti alla sicura conoscenza che il nostro Padre celeste si ricorda di ognuno di noi.
Per terminare, voglio ritornare al quadro di Turner. In un senso molto reale, quelle persone bloccate sulla nave che si era arenata a causa del mare in tempesta sono come molti giovani uomini—e anche persone più adulte—che aspettano di essere soccorsi da chi di noi ha la responsabilità del sacerdozio di occuparsi delle scialuppe di salvataggio. Il loro cuore anela l’aiuto. Madri e padri pregano per i propri figli. Mogli e figli supplicano il cielo che il papà e gli altri possano essere raggiunti.
Stasera io prego che tutti coloro fra di noi che detengono il sacerdozio possano sentire le proprie responsabilità e, uniti, seguire la nostra guida—il Signore Gesù Cristo—in soccorso.
Nel nome di Gesù Cristo. Amen.