Storia della Chiesa
Capitolo 3: Un buon combattimento


Capitolo 3

Un buon combattimento

il pugile Chuck Woodworth che combatte contro il Siluro Tongano

Ogni mattina, dal lunedì al sabato, alle sette in punto, Mosese Muti e i suoi colleghi missionari si riunivano nel cantiere della cappella di Niue. L’anziano Archie Cottle, un supervisore edile di Ogden, nello Utah, era venuto sull’isola nel marzo del 1957 con la sua famiglia e altri due missionari tongani per iniziare la costruzione della nuova casa di riunione e della casa della missione. Ora, la prima cappella permanente della Chiesa a Niue stava finalmente prendendo forma all’ombra di una piccola schiera di palme.

A Mosese piaceva il suo lavoro sull’isola. Lui e un altro missionario tongano si stavano occupando dei lavori di muratura sulle mura esterne della cappella. I missionari si resero conto che non sarebbe stato facile chiedere aiuto agli uomini locali per il progetto, soprattutto perché gli uomini avevano altri lavori difficili da svolgere sull’isola. Tuttavia, un gruppo devoto di donne più anziane si offriva regolarmente di aiutare trasportando sabbia o fornendo assistenza con altre mansioni nel cantiere.

Il presidente di distretto, Chuck Woodworth, si lamentava privatamente per la lentezza dei progressi della cappella. Mosese non poteva biasimarlo. Chuck non era stato chiamato come missionario edile, ma la mancanza di lavoratori volontari a Niue significava che doveva dedicare più tempo alla costruzione e meno tempo al benessere spirituale dei santi del distretto.

Mosese esortava sempre Chuck a essere paziente. “Queste sono brave persone”, ricordò una volta al giovane. “Sono figli del Signore. Non trovo nessuna colpa in loro. Cerchiamo di capire quali sono i loro punti di forza e concentriamoci su quelli”.

Inoltre, costruire una cappella non era un’impresa facile per degli operai non qualificati. Gli uomini dovevano rompere il corallo, scavare le fondamenta, versare cemento e preparare la malta, tutto senza l’aiuto di macchinari. Spesso questo esponeva gli operai a vesciche, tagli e altre ferite. Inoltre, a volte le persone avevano semplicemente bisogno di tempo per cogliere lo spirito del servizio.

Per chiarire questo punto Mosese raccontò a Chuck la sua esperienza di quando, come missionario edile, costruì il Liahona College. “Quando abbiamo iniziato la costruzione del Liahona College eravamo solo in cinque e abbiamo lavorato per più di un anno prima che qualcuno ci aiutasse”, disse. “Mentre lo stavamo costruendo, lo facevamo con lo sguardo puntato sulle generazioni future”.

Mosese era paziente anche con Chuck. Lui e Salavia passavano molte sere a parlare e a consultarsi con il missionario, ed era diventato come un figlio per loro. Chuck aveva persino iniziato a chiamarli “papá” e “mamá”. Suo padre aveva abbandonato la sua famiglia, lasciando la madre di Chuck sola con sei figli di crescere. Il giovane aveva molta rabbia e molto dolore dentro di sé ed era grato di avere Mosese nella sua vita in quel momento.

“Conosce davvero il significato della fede e del servizio”, scrisse Chuck. “Mi ha insegnato cose che senza il suo aiuto avrei impiegato anni a imparare”.

Eppure, di tanto in tanto, Chuck desiderava servire altrove. Un giorno venne a sapere che il Liahona College stava formando una squadra di pugilato e vide un’opportunità di cambiamento. Prima della missione era stato un pugile professionista. E se avesse chiesto al presidente di missione di trasferirlo a Tonga per terminare la sua missione come insegnante e allenatore di pugilato nella scuola? Dopotutto, a volte l’università includeva dei missionari nel suo personale.

Mosese era contrario all’idea. Avendo trascorso più di un anno a lavorare e a insegnare al fianco di Chuck, credeva che Dio avesse mandato il giovane a Niue per un motivo. Ogni volta che un compito era particolarmente difficile Chuck raddoppiava i suoi sforzi e lavorava più di quanto gli fosse richiesto. Inoltre, quando venne a sapere che Mosese e Salavia avevano digiunato per poter sfamare i missionari e gli altri operai, Chuck aveva mangiato il meno possibile in modo che rimanesse abbastanza cibo per la coppia.

Nel giugno del 1957, durante una delle loro conversazioni con Chuck, Mosese e Salavia menzionarono quanto desiderassero andare al tempio. Sapevano che il tempio in Nuova Zelanda stava per essere completato, ma il viaggio era ancora fuori portata per loro economicamente.

Le loro parole commossero Chuck e il suo desiderio di terminare la sua missione al Liahona College non sembrava più così importante. E se, dopo la fine della sua missione, fosse andato in Nuova Zelanda e avesse lanciato una sfida a un campione di pugilato, dando vita a un evento abbastanza grande da guadagnare una somma sufficiente da permettere ai Muti di recarsi al nuovo tempio? Era il minimo che potesse fare dopo tutto quello che avevano fatto per lui.

Quattro giorni dopo scrisse a Johnny Peterson, il suo agente negli Stati Uniti, e gli chiese di spedire la sua attrezzatura da pugilato a Niue.


Più o meno in quel periodo, la Missione dell’Estremo Oriente Meridionale aveva un disperato bisogno di una nuova missionaria. Una delle quattro donne che servivano a Hong Kong era appena tornata negli Stati Uniti per motivi di salute, lasciando un inaspettato posto vacante nella missione. Il presidente Grant Heaton sapeva che le sorelle rimanenti avevano bisogno immediatamente di aiuto, così chiamò Nora Koot come missionaria a tempo pieno locale.

Negli ultimi due anni Nora era stata una risorsa indispensabile per la missione. Quando gli Heaton arrivarono a Hong Kong, le diedero l’incarico di contattare tutti i santi della zona e la sede centrale della missione era diventata la sua seconda casa. A volte faceva da tata ai figli degli Heaton. Altre volte dava lezioni di cantonese e mandarino ai missionari. Insieme a Luana Heaton, insegnava le storie della Bibbia in una classe della Scuola Domenicale per i bambini della città.

Nora accettò prontamente la chiamata in missione. Un altro santo locale, un anziano di nome Lee Nai Ken, aveva svolto una missione a breve termine a Hong Kong e il presidente Heaton era entusiasta di chiamare altri santi locali come missionari. I missionari nordamericani spesso facevano fatica a imparare la lingua cinese e la cultura locale. Molte persone in città guardavano con sospetto gli stranieri e a volte confondevano i missionari con agenti del governo degli Stati Uniti.

Nora e altri santi cinesi, invece, comprendevano già la cultura locale e non dovevano preoccuparsi della barriera linguistica. Inoltre, spesso riuscivano a relazionarsi meglio con le persone a cui insegnavano. Come profuga proveniente dalla Cina continentale, Nora sapeva cosa significava cominciare una nuova vita in una città affollata dove non era facile trovare una casa e un impiego.

Molti membri della Chiesa e santi potenziali di Hong Kong erano profughi e il presidente Heaton cercava dei modi per provvedere al loro benessere spirituale. Nel 1952, la Chiesa aveva introdotto sette lezioni, o colloqui, per aiutare i potenziali convertiti a prepararsi a far parte della Chiesa. Adattandosi alle necessità locali, il presidente Heaton e i suoi missionari misero a punto diciassette lezioni sul Vangelo studiate appositamente per le molte persone di Hong Kong che non erano cristiane o avevano solo una comprensione basilare delle credenze cristiane. Queste lezioni trattavano argomenti quali la Divinità, l’Espiazione di Gesù Cristo, i primi principi e le prime ordinanze del Vangelo e la Restaurazione. Una volta battezzati, i convertiti ricevevano altre venti lezioni studiate per i nuovi membri.

La sera prima di essere messa a parte come missionaria, Nora fece un sogno molto realistico. Era in piedi in una strada trafficata, circondata dal caos e dal trambusto, quando notò un bellissimo edificio. Entrò e provò immediatamente pace e calma. Le persone all’interno dell’edificio erano vestite di bianco e Nora riconobbe alcune di loro: erano i missionari attualmente in servizio a Hong Kong.

Quando Nora si presentò alla casa della missione il giorno dopo, raccontò agli anziani il suo sogno. Rimasero senza parole. Come faceva a sapere com’era fatto un tempio? Non ne aveva mai visitato uno prima.


L’attrezzatura da pugilato di Chuck Woodworth arrivò a Niue nell’ottobre del 1957 e tutta la famiglia Muti si mobilitò per contribuire al suo allenamento. Salavia gli fece un sacco da pugilato con dei sacchi di patate e Mosese aiutava a ripararlo quando necessario. Tuttavia, viste le numerose responsabilità legate all’opera missionaria sull’isola, né Chuck né la famiglia avevano molto tempo da dedicare agli allenamenti. Alcune mattine, Chuck si svegliava alle cinque in punto per andare a correre. Dato che fuori era buio, Paula, il figlio sedicenne dei Muti, andava in moto dietro di lui illuminando la strada con il fanale.

Fortunatamente, Chuck era in buona forma per praticare il pugilato. Un anno passato a frantumare corallo lo aveva mantenuto fisicamente forte. Aveva anche tenuto alcune esibizioni di pugilato sull’isola per raccogliere fondi per la cappella. Ma un allenamento occasionale sarebbe stato sufficiente?

Prima della sua missione, Chuck aveva trascorso ore e ore in palestra, allenandosi per disputare incontri negli Stati Uniti occidentali e in Canada. I suoi incontri lo avevano portato a gareggiare contro altri pugili professionisti poco conosciuti, ma aveva anche combattuto contro pugili di fama mondiale come Ezzard Charles e Rex Layne.

Il combattimento contro Rex, un famoso peso massimo santo degli ultimi giorni, era stato il più difficile della carriera di Chuck. Rex aveva passato l’apice della sua carriera di pugile, ma era undici chili più pesante di Chuck e i suoi attacchi feroci e implacabili lo avevano inchiodato alle corde per dieci round brutali. Chuck era rimasto in piedi, ma i giudici assegnarono la vittoria a Rex.

“Woodworth”, riferì il giornale locale, “non era abbastanza forte”.

A dicembre, a Niue giunse voce che un’associazione pugilistica in Nuova Zelanda aveva organizzato un incontro tra Chuck e Kitione Lave, il “Siluro Tongano”. Proprio come Rex Layne, Kitione era un combattente poderoso che usava la sua stazza e la sua forza per distruggere gli avversari. In un combattimento contro uno dei migliori pugili pesi massimi del mondo, Kitione mise fuori combattimento l’avversario con un pugno al secondo round.

Chuck fu rilasciato dalla sua missione all’inizio di gennaio del 1958, subito dopo aver posato il tetto della nuova cappella insieme agli altri anziani. Salavia gli scrisse una lettera di addio, rassicurandolo dell’amore e del sostegno incessanti della sua famiglia. “Figlio mio, fa’ del tuo meglio”, gli disse. “Non scoraggiarti e trionferai. Quando la tua forza è accompagnata dalle nostre preghiere, non c’è nulla che possa ostacolarti. Confidiamo che Dio ti aiuterà”.

Il combattimento era in programma per il 27 febbraio 1958. Quel giorno Mosese, Salavia e i loro figli digiunarono e pregarono per Chuck. Quando arrivò la sera, si riunirono in cappella con decine di membri della Chiesa e amici per sintonizzarsi sul canale radio che trasmetteva l’incontro. Dato che la trasmissione era in inglese, Mosese la tradusse in niueano.

Una folla record di quasi quindicimila persone si era recata al Carlaw Park, ad Auckland, in Nuova Zelanda, per assistere all’evento. Al suo ingresso nel ring, le previsioni davano Chuck come sfavorito. Kitione aveva un vantaggio di nove chili su di lui e, nei giorni che precedettero l’incontro, a Chuck giunse voce che Kitione lo aveva definito un “passero” che non sarebbe durato un solo round contro di lui.

Non appena la campanella suonò, Kitione si gettò contro Chuck. “Sarà un massacro”, mormorò qualcuno tra la folla.

Chuck schivò la carica e sferrò dei diretti a Kitione con scarsa efficacia. Kitione rispose con i suoi pugni in rapida successione, colpendo Chuck alla testa e al busto. Poi, Kitione cercò di metterlo al tappeto. Caricò e sferrò un potente gancio sinistro. Chuck fece un passo indietro e il guantone di Kitione affondò nel suo mento. La forza del colpo gettò Chuck sulle corde. E per un attimo, tutto ciò che lo circondava sembrava svanire.

Agendo in base all’istinto, Chuck afferrò Kitione e si tenne stretto mentre il mondo attorno a lui girava vorticosamente. L’arbitro cercò di separarli, ma la campanella suonò. Il round era finito.

Chuck si riprese mentre aspettava nel suo angolo. Quando iniziò il round successivo, si mosse al centro del ring con rinnovato impeto. Kitione lo fronteggiò con un turbinio di pugni, pronto a sferrare il colpo di grazia, ma Chuck si muoveva con passi leggeri e veloci. Girava in cerchio attorno al suo avversario, stando alla larga dagli angoli, bersagliandolo ripetutamente un colpo dopo l’altro. Il Siluro non riusciva a tenere il passo. Ad ogni nuovo round, Chuck si sentiva sempre più forte. Riusciva a sentire la folla che lo incoraggiava mentre accumulava punti.

Il match finì dopo dodici round e i giudici diedero la vittoria a Chuck. Kitione reagì bene alla sconfitta. “Mi è piaciuto l’incontro”, disse. “Quel Woodworth è un pugile capace e veloce, ed è un tipo molto simpatico”.

Il giorno dopo Mosese mandò un telegramma a Chuck. Diceva: “Grazie mille per aver disputato un buon combattimento e per aver vinto”. Chuck rispose inviando sufficiente denaro da sfamare la famiglia per il resto della missione e da permettere alla coppia di recarsi al tempio in Nuova Zelanda.


Alcuni mesi dopo, dall’altra parte del mondo, la polizia della Repubblica Democratica Tedesca arrestò il ventisettenne Henry Burkhardt. Stava tornando nel settore orientale di Berlino, sotto il controllo comunista, dopo aver incontrato Burtis Robbins, il presidente della Missione tedesca settentrionale della Chiesa, nel settore occidentale della città. Anche se non era illegale recarsi a Berlino Ovest — un’area sotto l’autorità del Regno Unito, della Francia e degli Stati Uniti — la frequenza con cui Henry lo faceva destò dei sospetti.

Era trascorso quasi un decennio da quando la Germania si era divisa nella Repubblica Federale Tedesca (RFT), o Germania Ovest, e nella Repubblica Democratica Tedesca (RDT), o Germania Est. Entrambe le nazioni erano ancora protagoniste principali della Guerra Fredda tra gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica e i loro rispettivi alleati. Situato nel cuore del territorio della RDT, Berlino Ovest era diventata un simbolo della resistenza al comunismo. Nel frattempo, la RDT era emersa come uno dei vari paesi dell’Europa centrale e orientale influenzati dall’Unione Sovietica.

Nella loro competizione per aggiudicarsi il dominio globale, queste potenze rivali gareggiavano a sviluppare armi più forti e tecnologie più sofisticate. La fiducia tra le nazioni opposte scarseggiava. Chiunque poteva rivelare segreti al nemico.

Henry non oppose resistenza quando la polizia lo portò a un commissariato di Königs Wusterhausen, una città fuori Berlino Est. La Stasi, la polizia segreta della RDT, stava tenendo d’occhio lui e la sua famiglia da un po’ di tempo. La sua chiamata come primo consigliere nella presidenza della missione lo portava ad avere contatti regolari con il presidente Robbins e altri dirigenti della Chiesa americani. Questo, insieme alle sue frequenti visite a Berlino Ovest, lo rese un presunto nemico dello Stato.

Non era nulla del genere. Dopo essere stati suggellati nel tempio svizzero a novembre del 1955, Henry e sua moglie, Inge, erano tornati nella RDT e si erano sottomessi alle numerose restrizioni imposte dal governo alle persone religiose. Non c’erano missionari o dirigenti stranieri nel paese e Henry non poteva comunicare direttamente con i funzionari della Chiesa a Salt Lake City. Lui e i Santi dovevano anche presentare i discorsi della riunione sacramentale ai funzionari governativi affinché li controllassero prima che venissero letti alla congregazione.

Essere il dirigente della Chiesa con la carica più elevata nella RDT occupava gran parte della vita di Henry. Vedeva Inge e la loro neonata, Heike, solo durante delle brevi visite a casa. Trascorreva il resto del tempo viaggiando per tutta la missione, prendendosi cura dei cinquemila santi sparsi in quarantacinque rami dislocati in tutto il paese.

Ogni volta che un membro della Chiesa denunciava il governo, incoraggiava qualcuno a emigrare negli Stati Uniti o non pagava un debito, Henry era coinvolto. Due anni prima, quando la polizia aveva cercato di impedire ai missionari locali di visitare un altro membro della Chiesa, presentò un reclamo formale al governo, affermando i diritti dei missionari e chiedendo “una migliore cooperazione” da parte della polizia. Le sue comunicazioni con i funzionari di governo erano deliberatamente educate e diplomatiche, e questo di solito giocava a suo favore.

Alla stazione di polizia di Königs Wusterhausen, Henry trascorse la notte sotto interrogatorio. Nella sua auto c’erano alcuni doni da parte del presidente Robbins e del materiale per l’ufficio della Chiesa nella Germania Est. Quando la polizia vide questi oggetti, accusò Henry di violare il divieto della RDT ai suoi cittadini di ricevere donazioni da organizzazioni straniere. Egli aveva commesso, secondo loro, una “violazione dei regolamenti economici”.

Henry non aveva mai sentito parlare di quel divieto prima. Disse ai suoi interrogatori che si recava a Berlino Ovest ogni mese. “L’unico scopo del mio incontro con il signor Robbins”, spiegò, “era discutere con lui di attività religiose e delle relative questioni finanziarie”.

Anche i doni del presidente di missione non erano fuori dall’ordinario. “Ho ricevuto regali di questo tipo, o sotto forma di medicinali, durante ciascuna delle nostre riunioni mensili”, riferì Henry. “Riceviamo anche dei pacchi via posta recapitati al nostro ufficio di Dresda e provenienti dall’estero”.

La polizia confiscò i doni, ispezionò le valigette di Henry e rovistò tra alcuni rapporti della missione che aveva portato con sé. Non trovando nulla di sospetto, ordinarono a Henry di leggere, approvare e firmare un rapporto ufficiale della sua riunione con il presidente Robbins. A quel punto erano ormai ben oltre le quattro del mattino. Alla fine, qualche ora dopo, lo rilasciarono.

L’arresto di Henry sarebbe potuto andare molto peggio. Quando la polizia fermò un missionario della Germania Est con una copia di Der Stern, la rivista in lingua tedesca della Chiesa, lo avevano imprigionato per nove mesi. Henry e altri avevano cercato di aiutare l’anziano a farsi coraggio, ma c’era poco che potessero fare. Aveva confessato di avere la rivista e i funzionari governativi — almeno in questo caso — erano inflessibili.

Questi dissidi con la polizia stavano cambiando Henry. Non aveva più paura quando aveva a che fare con le autorità, specialmente quando lui o i Santi non avevano fatto nulla di male. Ogni giorno vivere il Vangelo comportava assumersi dei rischi, e la cosa stava diventando normale.

Si era abituato a sentirsi con un piede già in galera.


La mattina del 12 aprile 1958, Mosese e Salavia Muti videro per la prima volta il Tempio della Nuova Zelanda. Era sulla cima di una collina erbosa che sovrastava una vasta valle fluviale a centoventi chilometri a sud di Auckland. Il suo stile era semplice e moderno, simile al tempio svizzero. Aveva pareti di cemento armato dipinte di bianco e una singola guglia che si innalzava per oltre 45 metri d’altezza.

I Muti erano arrivati in Nuova Zelanda appena in tempo per partecipare all’apertura al pubblico. Migliaia e migliaia di persone provenienti da tutta la Nuova Zelanda, dall’Australia e dalle isole del Pacifico erano ansiose di vedere il tempio, perciò Mosese e Salavia dovettero aspettare un’ora e mezza prima di poterlo visitare.

Una volta dentro, poterono ammirare la bellezza del tempio e apprezzare l’immenso sacrificio dei santi locali. Come la cappella di Niue e un numero crescente di edifici della Chiesa in tutta l’Oceania, il tempio era stato costruito in gran parte da missionari edili. Questi operai si erano trasferiti lì con la loro famiglia per costruire non solo il tempio, ma anche l’adiacente campus del Church College of New Zealand, una nuova scuola superiore gestita dalla Chiesa.

Il giorno dopo la loro visita al tempio, Mosese fu invitato a parlare a una riunione sacramentale per i santi tongani della zona. Mentre si avvicinava al pulpito, pensò alla promessa che George Albert Smith gli aveva fatto vent’anni prima, quando disse che Mosese sarebbe andato al tempio senza dover sostenere alcuna spesa di tasca sua. Mosese non aveva parlato con Chuck Woodworth di questa promessa. Quando pagò per il viaggio al tempio dei Muti, il giovane aveva inconsapevolmente adempiuto una profezia.

“Sono una persona che rende testimonianza delle parole che il profeta degli ultimi giorni ha detto”, disse Mosese alla congregazione. “So che George Albert Smith è un vero profeta di Dio, poiché io e mia moglie siamo diventati un testamento delle sue parole”. Poi, parlò del sacrificio compiuto da Chuck per la famiglia Muti. “Questa sera siamo qui grazie all’amore immortale di un uomo”, attestò. “Finché vivremo, non lo dimenticheremo mai, qualunque cosa accada”.

Una settimana dopo, il presidente David O. McKay venne in Nuova Zelanda e dedicò il tempio. L’edificio adempì una profezia che aveva fatto quasi quarant’anni prima, quando visitò la Nuova Zelanda durante la sua prima missione apostolica su scala mondiale. A quel tempo disse a un gruppo di santi maori che un giorno avrebbero avuto un tempio. Il suo interprete durante il discorso era stato Stuart Meha, che aveva appena finito di tradurre l’investitura in Maori.

Quando il presidente McKay offrì la preghiera di dedicazione del tempio, rese omaggio ai missionari edili e agli altri santi che avevano consacrato tutto per costruire il tempio e altri edifici della Chiesa. “Che tutti coloro che hanno contribuito possano essere confortati nello spirito e prosperare abbondantemente”, pregò. “Possano sentirsi sicuri di avere la gratitudine di migliaia, forse milioni di persone dall’altro lato del velo per le quali le porte della prigione possono ora essere aperte e la liberazione può essere proclamata”.

Alcuni giorni dopo, Mosese e Salavia ricevettero l’investitura e furono suggellati per il tempo e per l’eternità. Mentre era nel tempio, Mosese sentì la gloriosa presenza di Dio. “Come posso non amare con tutto me stesso il mio Padre nei cieli e Suo Figlio, Gesù Cristo, quando so che erano lì per me nel tempio?”, disse in seguito. Questa esperienza gli diede una nuova prospettiva del piano eterno di Dio.

“Tutte le cose che ho fatto e che faccio nella Chiesa puntano al tempio”, riconobbe. “È l’unico luogo santo in cui un’organizzazione familiare può essere unita e rimanere intatta per sempre”.

  1. Muti e Muti, Man of Service, 154; “J. Archie Cottle and Family Called to Tongan Mission”, Church News, Feb. 4, 1956, 10; Woodworth, Mission Journal, Mar. 2–June 1, 1957; Niue District, Tongan Mission, Minutes, June 27, 1956, 3:27–28; “Mission Home”, “West Side of the Chapel”, “Concrete Wall and Part of the Tower”; “One Classroom and Office” e “Partially Finished Mission Home”, Photographs, Charles J. Woodworth Papers, CHL. Argomento: Building Program

  2. Muti e Muti, Man of Service, 168; Muti, Book of Remembrance, [33], [73]; Woodworth, Mission Journal, Dec. 29, 1956; Mar. 2, 1957; Apr. 1–3, 9, 13, 15 e 17, 1957; Charles Woodworth to Marsha Davis, Jan. 8, 1957, Charles J. Woodworth Papers, CHL; Mortensen, Mission Journal, Mar. 30 e Apr. 11, 1957; Mortensen, “Serving in Paradise”, 20–22.

  3. Muti e Muti, Man of Service, 155; Woodworth, Mission Journal, July 1, 4, 9–10, 14, 22 e 30, 1956; Aug. 17, 1956; Sept. 10, 1956; Nov. 9, 1956; Dec. 9 and 13, 1956; Jan. 21, 1957; June 8–9, 1957; Charles Woodworth to Marsha Davis, June 25, 1956; Feb. 26, 1957, Charles J. Woodworth Papers, CHL; First Presidency to Mission Presidents, Dec. 2, 1949, First Presidency, Circular Letters, CHL; Muti, Interview Notes [2012].

  4. Muti e Muti, Man of Service, 154–155; Mortensen, “Serving in Paradise”, 37; Woodworth, Mission Journal, Sept. 17, 1955; Oct. 22, 1955; June 7 e 13, 1956; Mar. 5–7, 9, 15, 18–19, 21 e 30, 1957; July 30, 1957; Mortensen, Mission Journal, Sept. 3, 1956.

  5. Muti e Muti, Man of Service, 126–127, 336–337; Woodworth, Mission Journal, Dec. 26, 1956; Harold Lundstrom, “Unification Affects Many Campuses”, Church News, July 18, 1953, 9. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  6. Woodworth, Mission Journal, Aug. 16, 1955; Sept. 21, 1955; Aug. 4–5, 10, 24, e 26, 1956; Nov. 7 e 19, 1956; Dec. 8, 13 e 29, 1956; Feb. 17–18, 1956; Mar. 31, 1957; July 22, 1957; Muti, Interview Notes [2021], 2; Woodworth, Oral History Interview, 42, 47, 56; Muti e Muti, Man of Service, 181–182; Macke, “Oral History of Lois Maurine Lambert Woodworth Macke”, 13; Charles Woodworth to Marsha Davis, Aug. 16 e 25, 1956; Jan. 8, 1957, Charles J. Woodworth Papers, CHL. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  7. Woodworth, Mission Journal, Jan. 22, 1956; Nov. 19, 1956; Jan. 2 e 18, 1957; Feb. 3, 1957; Apr. 25, 1957; May 5–6, 1957; Charles Woodworth to Marsha Davis, Jan. 8, 1957; Charles Woodworth to Ralph Olson, Feb. 17, 1957; Charles Woodworth to Fred Stone, Feb. 26, 1957, Charles J. Woodworth Papers, CHL; Dalton, Autobiography, 1, 4–5, 14–15.

  8. Muti e Muti, Man of Service, 155, 165–166, 182.

  9. Woodworth, Mission Journal, Apr. 24, 1957; June 15, 19 e 22, 1957; Woodworth, Autobiography, 3; Woodworth, Oral History Interview, 56; Charles Woodworth to Marsha Davis, Feb. 18, 1957; June 18, 1957, Charles J. Woodworth Papers, CHL.

  10. Heaton, Personal History, volume 2, 116; Jue, Reminiscence, 5; China Hong Kong Mission, Manuscript History and Historical Reports, May 26, 1957; “Local Sister Called to Be a Missionary”, [18].

  11. Heaton, Personal History, volume 2, 19; Hardy, “Personal History”, volume 2, 87; Heaton e Heaton, Documentary History, 175; “Local Sister Called to Be a Missionary”, [18].

  12. Jue, Reminiscence, 5; Southern Far East Asian Mission Report, 16, 19–21.

  13. Jue, Mission Reminiscences, 1; Heaton e Heaton, Documentary History, 175; Jue, Reminiscence, 1–2; Southern Far East Asian Mission Report, 16–19; Peterson, “Crisis and Opportunity”, 141; Britsch, From the East, 232–233.

  14. Heaton e Heaton, Documentary History, 25, 32, 35–36, 54–55; Heaton, Personal History, volume 2, 70; Britsch, From the East, 242–243, 251; Allen e Leonard, Story of the Latter-day Saints, 568; A Systematic Program for Teaching the Gospel ([Salt Lake City]: The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints, 1952); Heaton, Oral History Interview [Interview 3], 72. Argomento: Hong Kong

  15. Britsch, From the East, 244; Jue Family, Oral History Interview [2019], 56–61; Hardy, “Personal History”, volume 2, 83.

  16. Woodworth, Mission Journal, Aug. 15–16, 1957; Sept. 2, 1957; Oct. 17, 1957; Nov. 1, 16 e 29, 1957; Dec. 21, 1957; Muti e Muti, Man of Service, 201; Muti, Interview Notes [2021], 1; Woodworth, Oral History Interview, 57; Charles Woodworth to Marsha Davis, Nov. 2, 1957, Charles J. Woodworth Papers, CHL.

  17. “Chuck Woodworth Quits Ring to Perform Service for Church”, Joplin (MO) Globe, July 31, 1955, C2; “Charles Pleases in Ring Exhibitions Here”, Rocky Mountain News (Denver), Apr. 30, 1954, 52; “Ezzard Charles”, in Odd, Encyclopedia of Boxing, 26; Al Warden, “The Tragedy of Rex Layne”, Ogden (UT) Standard-Examiner, May 25, 1954, A8; “Woodworth Set for Ring Return”, Joplin Globe, Jan. 9, 1958, B2.

  18. Art Grace, “U-M Boxer Started Layne’s Ring Career”, Miami Daily News, Apr. 1, 1953, B2; Woodworth, Oral History Interview, 63; “Layne, Chuck Tangle in Bout Tonight”, Salt Lake Tribune, Aug. 30, 1954, 25; Al Warden, “The Tragedy of Rex Layne”, Ogden (UT) Standard-Examiner, May 25, 1954, A8; “Tale of Tape for Monday’s Woodworth-Layne Scrap”, Salt Lake Tribune, Aug. 29, 1954, B10; “Layne Continues Comeback with Win over Woodworth”, Daily Herald (Provo, UT), Aug. 31, 1954, 6.

  19. Woodworth, Mission Journal, Nov. 13 e Dec. 6, 1957; “Kitione Lave—The Tongan Torpedo”, New Zealand Ring, Feb. 25, 1958, 5; “Island Boxers Are Doing Well”, Pacific Islands Monthly, Apr. 1955, 143; “Boxing Youth Prevails”, Times (London), Apr. 25, 1956, 15; “Grand Slam”, Daily News (New York City), Apr. 27, 1956, 72.

  20. Woodworth, Mission Journal, Dec. 26 e 30–31, 1957; Jan. 3 e 14, 1958; Salavia Muti to Charles Woodworth, Feb. 2, 1958, Charles J. Woodworth Papers, CHL.

  21. Woodworth, Mission Journal, Feb. 29, 1958; Muti, Interview Notes [2021], 2; Woodworth, Oral History Interview, 64.

  22. “Ringwise American Too Good”, Auckland (New Zealand) Star, Feb. 28, 1958, 7; “Return Fight Here Soon for Woodworth and Kitione Lave?” e “Noel Holmes’ Sports Talk”, Auckland Star, Feb. 28, 1958, 24; Auckland Boxing Association, “Announcer’s Card”, [Feb. 27, 1958], Charles J. Woodworth Papers, CHL; Woodworth, Oral History Interview, 60–61; vedere anche Britsch, “Charles (‘Chuck’) J. Woodworth”, 175–176.

  23. “Ringwise American Too Good”, Auckland (New Zealand) Star, Feb. 28, 1958, 7; Woodworth, Oral History Interview, 61–63; “Return Fight Here Soon for Woodworth and Kitione Lave?”, Auckland Star, Feb. 28, 1958, 24; Woodworth, Mission Journal, Feb. 29, 1958; vedere anche Britsch, “Charles (‘Chuck’) J. Woodworth”, 175–177.

  24. Mosese Muti to Charles Woodworth, Telegram, Feb. 28, 1958, Charles J. Woodworth Papers, CHL; Woodworth, Oral History Interview, 63; Woodworth, Mission Journal, Feb. 29, 1958.

  25. Kuehne, Henry Burkhardt, 33–34. Nel 1957 la Missione tedesca orientale fu rinominata Missione tedesca settentrionale. (Kuehne, Mormons as Citizens of a Communist State, 436).

  26. Wilke, Path to the Berlin Wall, 65–66, 122; Trachtenberg, Constructed Peace, 96–103, 146–147, 195, 204–205.

  27. Kuehne, Henry Burkhardt, 13–37; Hall, “The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints in the Former East Germany”, 489–495; Alvin R. Dyer to First Presidency, Oct. 25, 1960, First Presidency, Mission Correspondence, 1946–1969, CHL. Argomenti: Cold War; Germany

  28. Burkhardt, Journal, Nov. 11, 1955; Spencer W. Kimball, Journal, Jan. 14, 1962; Burkhardt, Oral History Interview [1991], 4–8; Kuehne, Henry Burkhardt, 42; vedere anche Kuehne, Mormons as Citizens of a Communist State, 437–439.

  29. Kuehne, Henry Burkhardt, 20–31, 34; Spencer W. Kimball, Journal, Jan. 14, 1962.

  30. Kuehne, Henry Burkhardt, 30–35. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  31. Muti, Book of Remembrance, [70]; Gordon B. Hinckley, “Temple in the Pacific”, Improvement Era, July 1958, 506–508; Theodore L. Cannon, “The President in New Zealand”, Church News, Apr. 26, 1958, 8–9; Theodore L. Cannon, “Inside the New Zealand Temple”, Church News, Apr. 19, 1958, 8–9; Santi, volume 3, capitolo 39.

  32. Wendell Mendenhall, “Story of New Zealand Temple”, 1–7, in First Session, Apr. 20, 1958, New Zealand Temple Dedication Services, CHL; Newton, Tiki and Temple, 226, 232, 242–244, 249–250, 255–256; Cummings, Mighty Missionary of the Pacific, 30, 38–39, 57–68; vedere anche Gordon T. Allred, “The Great Labor of Love”, Improvement Era, Apr. 1958, 229, 269–271. Argomenti: Building Program; Accademie della Chiesa; New Zealand; Edificazione di templi

  33. Muti, Book of Remembrance, [70], [84]; Woodworth, Oral History Interview, 64.

  34. Gordon B. Hinckley, “Temple in the Pacific”, Improvement Era, July 1958, 508–509; Santi, volume 3, capitolo 14; McKay, Diary, May 16, 1957; June 18, 1957; Nov. 4, 7 e 15, 1957; Newton, Tiki and Temple, 257; “Dedicatory Prayer by Pres. McKay”, Church News, May 10, 1958, 6. Argomenti: David O. McKay; Dedicazioni dei templi e preghiere dedicatorie

  35. Hamilton New Zealand Temple, Temple Records for the Living, 1955–1991, Apr. 23, 1958, microfilm 458,071, FSL; Muti, Book of Remembrance, [82]; Muti e Muti, Man of Service, 199. Argomento: Suggellamento