Capitolo 11
In qualsiasi altro paese
All’inizio di ottobre del 1968, Isabel Santana stava frequentando la Benemérito de las Américas per il secondo anno. La scuola, di proprietà della Chiesa, aveva ora milleduecento studenti — più del doppio rispetto a quando Isabel era arrivata — e un campus in espansione con una nuova palestra che fungeva anche da auditorium, un piccolo negozio di alimentari, due edifici commerciali, uno spazio multifunzionale e altre trentacinque casette residenziali. In precedenza, quello stesso anno, il presidente N. Eldon Tanner era andato a Città del Messico per dedicare i nuovi edifici, ed era stato accompagnato anche dal Tabernacle Choir che si era esibito durante la cerimonia.
Isabel e la sua sorella minore Hilda si erano adattate in fretta alla vita scolastica. Isabel era timida per natura, ma si rifiutò di lasciare che la sua timidezza ostacolasse la sua istruzione. Coltivò una grande amicizia, imparò a gestire le differenze culturali che le si presentavano e fece del suo meglio per parlare con chi non conosceva.
Dimostrò anche di essere una studentessa diligente. Cercava spesso i consigli degli insegnanti e degli amministratori della scuola. Uno di questi mentori, Efraín Villalobos, da giovane aveva frequentato varie scuole della Chiesa in Messico prima di studiare agronomia presso la Brigham Young University. Aveva senso dell’umorismo, e per Isabel e per gli altri studenti della Benemérito era facile relazionarsi con lui. Trovandosi lontani da casa, lo consideravano un mentore, una guida e una figura paterna.
Un’altra insegnante che la ispirò fu Leonor Esther Garmendia, che insegnava fisica e matematica. Durante il primo anno di Isabel, Leonor chiese ai suoi studenti di alzare la mano se amavano la matematica. Molti alzarono la mano. Chiese a chi non piacesse la materia. Isabel alzò la mano.
“Perché non ti piace?”, chiese Leonor.
“Perché non la capisco”, disse Isabel.
“Qui la capirai”.
Le lezioni di Leonor non erano facili. A volte, però, dava alla classe un compito e poi chiedeva a ogni studente di venire alla cattedra per risolvere i problemi di matematica insieme a lei. Ben presto, Isabel riuscì a risolvere i problemi da sola — un’abilità che non aveva mai pensato di possedere.
Come molti dei suoi compagni, Isabel si destreggiava tra scuola e responsabilità lavorative. La Chiesa copriva la maggior parte dei costi di formazione per tenere bassa la retta scolastica. Per pagare il rimanente, gli studenti facevano le pulizie negli edifici o lavoravano nel negozio di alimentari del campus. Isabel aveva trovato un lavoro come centralinista della scuola. Sedeva per ore in una piccolo spazio adibito a centralino telefonico e connetteva le chiamate del campus attraverso un pannello pieno di spinotti e numeri. Il lavoro era semplice e spesso lei portava con sé un libro per far passare il tempo.
A quel tempo gli studenti universitari di tutto il mondo stavano protestando contro il rispettivo governo. A Città del Messico molti studenti scesero in piazza per manifestare a favore di una maggiore giustizia economica e politica. Erano inoltre infastiditi dall’influenza degli Stati Uniti sui governanti messicani. Nella mente degli studenti, la guerra fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica era un’opportunità per le nazioni più potenti di dominare i loro vicini più piccoli e vulnerabili.
A complicare la situazione c’era il fatto che Città del Messico si stava preparando a ospitare le Olimpiadi estive e si trattava delle prime Olimpiadi organizzate in un paese latino-americano. Le tensioni raggiunsero l’apice il 2 ottobre 1968, dieci giorni prima delle Olimpiadi, quando le forze armate messicane aprirono il fuoco sui dimostranti in Plaza del Tlatelolco, a Città del Messico, uccidendo quasi cinquanta persone. Nelle settimane che seguirono, le autorità arrestarono i capi dei movimenti studenteschi mentre il governo e i media cercarono di minimizzare la brutalità del massacro di Tlatelolco.
La Benemérito si trovava vicino al luogo della carneficina e Isabel si addolorò quando venne a sapere delle uccisioni. Ciononostante, si sentiva sicura nella scuola, in quanto la maggior parte di studenti e insegnanti non prendeva parte alle proteste politiche.
Un pomeriggio, però, un uomo telefonò minacciando di rubare gli autobus della scuola. Isabel era spaventata, ma non si lasciò prendere dal panico. “Chi parla?”, domandò.
L’interlocutore riattaccò il telefono.
Incerta su cosa fare, inserì uno spinotto nel pannello e chiamò Keynon Wagner, il direttore della scuola.
“Isabel”, disse, “ce ne occuperemo noi”.
La chiamata si rivelò essere una minaccia a vuoto e Isabel fu sollevata che non fosse accaduto nulla di brutto. La Benemérito era diventata la sua oasi, un luogo di pace dove poteva studiare il Vangelo e perseguire un’istruzione.
Fintanto che si fosse trovata nella scuola, sapeva che sarebbe stata protetta.
La mattina del 10 novembre 1968, Henry Burkhardt si riunì con circa 230 santi per una conferenza di distretto a Görlitz, una città sul confine orientale della Repubblica Democratica Tedesca. L’edificio a tre piani in cui si riunirono cadeva a pezzi. Intorno alle finestre, sulla facciata deteriorata, si potevano vedere i mattoni scoperti.
Improvvisamente, la casa di riunione proruppe in un’ondata di gioia. L’apostolo Thomas S. Monson si era presentato alla conferenza sorprendendo i santi. Nei sette anni trascorsi dalla costruzione del Muro di Berlino, avevano avuto poche opportunità di incontrarsi con un’autorità generale.
L’anziano Monson aveva da poco ricevuto l’incarico di supervisionare le missioni di lingua tedesca e Henry, come dirigente della Chiesa nella RDT, era ansioso di lavorare con lui. Con i suoi quarantun anni di età, l’anziano Monson era poco più grande di lui. Tuttavia, era un apostolo, e questo lo rendeva davvero speciale agli occhi di Henry. Come sarebbe stato lui? Sarebbero andati d’accordo?
Queste domande scomparvero quasi nel momento esatto in cui l’anziano Monson entrò nella casa di riunione. Era un uomo alla mano e coinvolgente. Non sapeva parlare tedesco, e Henry non parlava inglese, ma divennero amici.
La conferenza cominciò alle dieci in punto. I santi nella congregazione erano sorridenti, chiaramente grati della presenza dell’anziano Monson. Senza dubbio, alcuni di loro erano degli informatori, ossia membri della Chiesa che facevano rapporto al governo sulle parole e sulle azioni degli altri santi. Henry aveva un’idea abbastanza chiara di chi fossero, ma non cercò di fermarli. Preferiva di gran lunga permettere che il governo ricevesse rapporti da informatori santi degli ultimi giorni che dicevano la verità sulla Chiesa, piuttosto che da fonti meno amichevoli.
Era però infastidito dalle molte restrizioni imposte su di lui e sugli altri cittadini della Germania dell’Est. Dirigere la Chiesa in queste condizioni continuava a costringerlo a stare lontano dalla famiglia per sei giorni alla settimana, e ora lui e Inge avevano un altro figlio, un maschietto di nome Tobias. Ogni volta che doveva interfacciarsi con dei funzionari governativi — e ciò accadeva molto spesso — questi cercavano di convincerlo dei benefici del comunismo. Lui non riusciva a vederli. Quando rifletteva sulle condizioni del paese e su un sistema che induceva dei santi a fare rapporto su altri santi, si chiedeva: “Com’è possibile una cosa del genere?”.
Anche l’anziano Monson era visibilmente toccato dalle condizioni della RDT. Quando si alzò per parlare ai santi durante la conferenza, i suoi occhi si riempirono di lacrime. Provò a parlare, ma gli mancò la voce, strozzata dall’emozione. Alla fine disse: “Se rimarrete fedeli ai comandamenti di Dio, riceverete tutte le benedizioni di cui godono i membri della Chiesa in qualsiasi altro paese”.
Per Henry e gli altri santi nella congregazione, l’anziano Monson aveva appena promesso tutto ciò che desideravano in quanto membri della Chiesa. Tuttavia, nella RDT dovevano cambiare molte cose per far sì che quelle parole diventassero realtà. Quando i dirigenti della Chiesa avevano proposto di organizzare un palo nella RDT, Henry si era opposto all’idea, preoccupato di attrarre attenzioni indesiderate da parte del governo. Inoltre, le benedizioni del tempio erano fuori portata da quando la RDT aveva serrato i propri confini. Ogni volta che i santi chiedevano il permesso di recarsi al Tempio svizzero, il governo respingeva la loro richiesta.
Nonostante tutto, uno spirito meraviglioso riempì la sala. L’anziano Monson benedisse i santi, ed essi conclusero la riunione con un inno fervente:
Circa in quel periodo, in Ghana, nell’Africa Occidentale, Joseph William Billy Johnson era certo di aver trovato il vero vangelo di Gesù Cristo. Quattro anni prima, il suo amico Frank Mensah gli aveva dato un Libro di Mormon e altri libri e opuscoli dei Santi degli Ultimi Giorni. Come la confinante Nigeria, il Ghana non aveva alcuna congregazione della Chiesa. Frank voleva cambiare questa realtà.
“Sento che sei la persona giusta con cui devo lavorare”, aveva detto a Billy.
Da quel momento, avevano organizzato quattro congregazioni non ufficiali dei Santi degli Ultimi Giorni ad Accra, la capitale del Ghana, e nei dintorni. Avendo contattato la sede centrale della Chiesa, erano al corrente della riluttanza della Chiesa a inviare missionari nell’Africa Occidentale. Tuttavia, LaMar Williams e altri li avevano incoraggiati a studiare il Vangelo e a riunirsi con altri credenti che condividevano le stesse convinzioni. Quando vennero a sapere che Virginia Cutler, una professoressa della Brigham Young University, era ad Accra per avviare un programma di economia domestica alla University of Ghana, organizzarono una Scuola Domenicale settimanale insieme a lei.
Billy amava condividere il Vangelo. Lavorava nel settore import-export, ma voleva lasciare il lavoro e dedicare più tempo all’opera missionaria. Sua moglie non condivideva la sua fede. “Questa chiesa è del tutto nuova”, gli disse. “Non voglio che dai le dimissioni”.
Billy però era ansioso di predicare di più. “C’è un fuoco che arde dentro di me e non posso nasconderlo”, le rispose.
Da tempo la religione era importante per Billy. Sua madre, Matilda, era una metodista devota e gli aveva insegnato ad avere fede in Dio e ad amare la Sua parola. A scuola, Billy spesso trovava un luogo appartato dove cantare inni e pregare mentre gli altri studenti giocavano. Uno dei suoi insegnanti lo aveva notato e gli disse che un giorno sarebbe diventato un sacerdote.
Man mano che cresceva, la sua fede diventava sempre più forte a seguito di sogni e visioni straordinari. Poco dopo che Frank Mensah gli fece conoscere il vangelo restaurato, mentre stava pregando, Billy vide i cieli aprirsi e gli apparve una schiera di angeli intenta a suonare le trombe e a cantare lodi a Dio. “Johnson, Johnson, Johnson”, lo chiamò una voce. “Se ti dedicherai alla mia opera come ti comanderò, benedirò te e la tua terra”.
Non tutti però avevano accettato Billy e Frank o le loro credenze. Alcuni dicevano che stavano seguendo una falsa chiesa. Altri li accusavano di non credere in Gesù Cristo. Le loro parole ferivano Billy. Domandandosi se si fosse fatto portare fuori strada, cominciò a digiunare. Dopo tre giorni, andò in una stanza della sua casa in cui aveva appeso a una parete i ritratti dei presidenti della Chiesa. Si inginocchiò e chiese aiuto a Dio in preghiera.
“Vorrei vedere questi profeti”, disse. “Voglio che mi diano istruzioni”.
Quella notte, mentre dormiva, Billy sognò che Joseph Smith gli appariva e gli diceva: “Molto presto i missionari verranno. Il profeta McKay sta pensando a te”.
Un altro uomo si avvicinò a lui e si presentò come Brigham Young. “Johnson, siamo con te”, disse. “Non scoraggiarti”. Prima dell’alba, Billy vide tutti i profeti santi degli ultimi giorni fino a George Albert Smith.
Il desiderio di Billy di dedicare più tempo alla condivisione del Vangelo lo portò ben presto a lasciare il lavoro e a trasferirsi a Cape Coast, una città a sud-ovest di Accra, dove pianificò di iniziare a coltivare la terra e organizzare una nuova congregazione. Sua moglie non sostenne la sua decisione perciò, invece di trasferirsi con la famiglia, chiese il divorzio lasciando Billy da solo a prendersi cura dei loro quattro figli piccoli.
Billy era distrutto, ma ebbe il sostegno di sua madre, Matilda. Anche lei aveva avuto dei dubbi sul fatto che Billy lasciasse il lavoro e trasferisse la famiglia a Cape Coast, e si era chiesta se avrebbe avuto successo in una città in cui erano già presenti numerose chiese. Tuttavia, Billy era il suo unico figlio vivente, e dipendeva da lui per il suo benessere, perciò lo seguì.
A quel punto Matilda condivideva la fede di suo figlio. Quando Billy le aveva parlato per la prima volta delle sue nuove credenze, lei non le aveva prese seriamente. Ma dopo aver visto come queste credenze avevano cambiato lui e le persone a cui insegnava, si era resa conto che suo figlio aveva trovato qualcosa di speciale. Sapeva che lei e molti altri sarebbero stati benedetti quando la Chiesa fosse arrivata in Ghana, e questa consapevolezza le dava coraggio.
Quando la famiglia si stabilì a Cape Coast, Matilda si prese cura dei figli di Billy mentre lui organizzava la sua nuova congregazione. Gli dava anche supporto morale e incoraggiamento e, quando poteva, dava una mano per rafforzare la congregazione.
“Quali che siano le nostre circostanze e il nostro futuro”, diceva, “sono pronta a combattere una battaglia onesta per la Chiesa”.
Dopo l’uscita del loro album con Stan Bronson, le cantanti dell’orfanotrofio Songjuk iniziarono ben presto a esibirsi regolarmente nelle basi militari e negli spettacoli televisivi americani e coreani. Sembrava che tutti, inclusi il presidente della Corea del Sud e l’ambasciatore degli Stati Uniti, amassero quel coro di bambine.
A Hwang Keun Ok piaceva lavorare con Stan e con le cantanti. Il gruppo aveva un effetto positivo sulle bambine. Uno dei lati positivi era il fatto che, per partecipare, le bambine dovevano finire i compiti in tempo. Ma oltre a questo, Keun Ok era contenta di vedere che, tramite il canto, le bambine acquisivano una percezione del loro valore personale. Man mano che la popolarità del gruppo cresceva, lei e Stan continuavano a incoraggiare le cantanti, guidandole con amore durante ogni prova, ogni spettacolo e ogni registrazione.
Volevano aiutare le bambine dell’orfanotrofio sia in quel momento che nel futuro. Un anno prima, mentre era in congedo, Stan aveva convinto alcune persone nella sua città a comprare un cappotto o una bambola nuovi in modo che ogni bambina potesse riceverli per Natale. Chiese poi a un amico che parlava coreano di vestirsi da Babbo Natale e di distribuire i doni. In seguito, Stan e Keun Ok pensarono di chiedere a varie persone negli Stati Uniti di fornire un sostegno economico mensile per le bambine.
Quando fu congedato dall’esercito, Stan fondò un’organizzazione senza scopo di lucro nello Utah. Inoltre, parlava a delle riunioni al caminetto, organizzava concerti e vendeva album per far conoscere le bambine e le loro necessità economiche. Prima che l’organizzazione potesse operare in Corea del Sud, però, aveva bisogno di una licenza da parte del governo. Il governo della Corea del Sud aveva impedito alle organizzazioni straniere di compiere opere di natura sociale nel paese. Fortunatamente, Keun Ok riuscì a sfruttare la popolarità del gruppo corale e le sue conoscenze nel governo per ricevere una licenza a favore dell’organizzazione di Stan.
Mentre stava fondando l’organizzazione, Stan lesse un libro edificante intitolato Tender Apples [mele tenere], il quale parlava di una donna santa degli ultimi giorni che aveva aiutato dei bambini in pericolo. Il titolo piacque a lui e a Keun Ok, ed egli decise di contattare l’autrice la quale acconsentì a lasciare che la loro organizzazione si chiamasse Tender Apples Foundation. Keun Ok trasformò una stanza della sua casa a due piani a Seul nell’ufficio coreano della fondazione senza scopo di lucro, e quando si trovava in Corea Stan lavorava lì. Poco tempo dopo, anche il gruppo corale iniziò a chiamarsi Tender Apples.
Un giorno, alcune bambine porsero ridacchiando un dizionario a Stan. Dal momento che avevano cantato in diverse riunioni della Chiesa in una base militare americana, sapevano che Stan era un santo degli ultimi giorni. Ma, come la maggior parte dei coreani, non sapevano molto sulla Chiesa o sui suoi insegnamenti. Quando cercarono la parola “Mormone”, scoprirono che la definizione data dal dizionario era: “Popolo con strane usanze”.
“Beh”, Stan disse alle bambine, “pensate che io sia strano?”.
“Oh no”, dissero.
“Pensate che la signora Hwang sia strana?”.
Le bambine trasalirono. Nessuna sapeva che anche la sovrintendente fosse “mormone”.
Stan raccontò a Keun Ok ciò che era successo. Lei sapeva che era solo questione di tempo prima che i finanziatori protestanti dell’orfanotrofio venissero a sapere della sua appartenenza alla Chiesa, e si preparò ad affrontare la loro reazione.
Non dovette aspettare a lungo. Non appena i finanziatori scoprirono che Keun Ok era una santa degli ultimi giorni, e che alcune bambine dell’orfanotrofio avevano cominciato a interessarsi alla Chiesa, le offrirono una scelta. Poteva lasciare la Chiesa, oppure dimettersi. Per Keun Ok non c’era alcun dubbio sulla scelta da compiere.
Radunò le sue cose e lasciò l’orfanotrofio. Poco dopo, alcune delle ragazze più grandi che avevano sviluppato un profondo amore per Keun Ok la seguirono, portando con sé i loro esigui possedimenti. Quando si presentarono davanti alla sua porta, seppe che doveva trovare un modo per prendersi cura di loro.
Nello Utah, Truman Madsen aveva solo buone notizie da dare al suo comitato impegnato nelle ricerche sulle origini della Chiesa. Durante l’estate del 1968, vari storici gli avevano inviato aggiornamenti sulle loro spedizioni di ricerca negli Stati Uniti orientali. Grazie ai fondi ricevuti dalla Prima Presidenza, avevano potuto passare al setaccio biblioteche e archivi, individuando documenti storici e confermando date e fatti importanti.
“È stata un’estate fantastica!”, dichiarò Truman. Confidava nel fatto che a quel punto gli storici santi degli ultimi giorni fossero meglio preparati a rispondere alle asserzioni di Wesley Walter sulla Prima Visione.
Una delle scoperte più significative fatte quell’estate fu la chiara presenza di indizi sul risveglio religioso in atto vicino alla dimora di Joseph Smith nel 1820. Milton Backman, un professore di storia e religione presso la Brigham Young University, osservò che Joseph Smith aveva descritto il fermento religioso in termini generali, senza individuare località specifiche. Questo portò Milton a credere che Wesley Walter avesse concentrato le sue ricerche in maniera troppo ristretta su Palmyra. Dopo aver trascorso settimane a setacciare documenti storici nella parte occidentale dello Stato di New York, Milton scoprì che un “ciclone” di fervore religioso aveva effettivamente investito la regione di Palmyra tra il 1819 e il 1820, proprio come descritto da Joseph Smith nel suo resoconto della Prima Visione fatto nel 1838.
Nei mesi seguenti, Truman e altri storici si dedicarono a scrivere articoli sulle loro scoperte. Voleva pubblicare in massa tutte le ricerche in un unico numero del BYU Studies [studi della BYU], un periodico accademico pubblicato dalla Brigham Young University.
Nel frattempo, Hugh Nibley continuava a studiare i frammenti di papiro ricevuti dal Metropolitan Museum of Art. Quando la Chiesa ottenne gli artefatti, molte persone erano ansiose di scoprire ciò che rivelavano sul Libro di Abrahamo e la sua traduzione. Dopotutto, da oltre un secolo alcune persone avevano cercato di mettere in dubbio l’interpretazione di Joseph Smith dei tre “facsimili” pubblicati insieme al Libro di Abrahamo. Questi facsimili, che riproducevano le illustrazioni trovate nei papiri, erano quasi identici alle immagini rinvenute su comuni pergamene funerarie egizie che non avevano niente a che vedere con Abrahamo o il periodo storico in cui viveva.
Le prime analisi e traduzioni di questi frammenti confermarono che si trattava di testi funerari risalenti a vari secoli dopo l’epoca di Abrahamo, e né la Chiesa né Hugh contestarono queste scoperte. Tuttavia, Hugh credeva che altri studi avrebbero gettato ulteriore luce sul papiro e sulla traduzione fornita dal Profeta. Attingendo alla sua conoscenza di culture e lingue antiche, in oltre una dozzina di articoli pubblicati tra il 1968 e il 1969 avanzò diverse teorie sul Libro di Abrahamo e sul suo collegamento con la religione e la cultura dell’antico Egitto. Osservò, ad esempio, che uno degli indizi più schiaccianti dell’autenticità del Libro di Abrahamo fosse la sua somiglianza con altri testi rinvenuti in templi antichi e con tradizioni millenarie relative ad Abrahamo, che difficilmente Joseph Smith poteva conoscere. Le pubblicazioni di Hugh portarono inoltre testimonianza delle possenti informazioni fornite dal libro riguardo il sacerdozio, le ordinanze del tempio e il piano di salvezza.
Nella primavera del 1969 la ricerca condotta dal comitato di Truman comparve nel BYU Studies. In quel numero, la rivista presentò le informazioni più recenti sulla Prima Visione e fornì un solido sostegno alla testimonianza di Joseph Smith. Leonard Arrington e James Allen, due membri del comitato, fecero un compendio degli articoli e dei libri fino ad allora pubblicati sui primi anni della storia della Chiesa. Milton Backman scrisse un articolo sulla sua ricerca di attività religiose nei pressi di Palmyra e Dean Jessee, un archivista nell’ufficio dello storico della Chiesa, preparò un articolo sui resoconti della Prima Visione di Joseph Smith. Altri articoli trattarono argomenti simili. Oltre al loro valore come baluardi della fede, Truman credeva che questi saggi mostrassero il valore della collaborazione tra i Santi al fine di ottenere una comprensione più completa della storia della Restaurazione. Fece notare che molti membri della Chiesa possedevano lettere, diari e altri documenti che potevano essere immensamente utili agli storici.
“Le informazioni vitali da raccogliere, ricercare e interpretare costituiscono un lavoro troppo vasto per una mente, o anche per cento menti”, scrisse nella sua prefazione di quel numero del BYU Studies. “C’è bisogno del coinvolgimento di tutti”.
Nel frattempo, nella Repubblica Democratica Tedesca, Henry Burkhardt stava supervisionando alcuni cambiamenti che interessavano i santi affidati alle sue cure. Dopo la visita dell’anziano Monson a Görlitz, la Prima Presidenza aveva creato una missione a Dresda, una grande città nella RDT, e aveva chiamato Henry come presidente. Poco tempo dopo, l’anziano Monson era tornato nel paese per organizzare la missione, ordinare Henry all’ufficio di sommo sacerdote, e metterlo a parte nella sua nuova chiamata.
Inge, la moglie di Henry, fu chiamata a servire insieme a lui. Dopo il suo incontro con i Burkhardt, l’anziano Monson era angustiato all’idea che la coppia si vedesse solo per poche ore alla settimana. “Questa cosa non va per niente bene”, aveva detto a Henry. Ora Inge, come sua compagna nella dirigenza della missione, viaggiava regolarmente insieme a lui per tutto il paese e a volte si occupava di alcuni doveri nell’ufficio della missione.
Quando pensava che avrebbe potuto incontrare dei problemi, però, Henry preferiva viaggiare da solo. Il governo stava ancora monitorando le attività dei santi, ma era diventato meno sospettoso nei confronti della Chiesa dopo che Henry, un cittadino della Germania dell’Est, era stato chiamato come presidente di missione. Fintantoché i santi non tenevano riunioni fuori programma, non stampavano né ciclostilavano alcun materiale della Chiesa, o non agivano incautamente, le autorità li lasciavano in pace. Erano liberi di tenere le riunioni sacramentali, fare insegnamento familiare e tenere le riunioni della Società di Soccorso, della Scuola Domenicale, del sacerdozio e della Primaria.
Henry cercava di essere cauto. Molti santi nel paese temevano di perdere i contatti con il resto della Chiesa e desideravano ricevere altro materiale stampato della Chiesa. A volte il governo permetteva ai santi di importare qualche articolo, come innari e Scritture, in grandi quantità. Di solito, però, i membri della Chiesa dovevano arrangiarsi con quello che avevano. Per adattarsi alle restrizioni sulla stampa e il ciclostilato del materiale della Chiesa, Henry affidò ad alcuni volontari fidati l’incarico di fare delle copie dei manuali con macchine da scrivere e carta carbone.
Ciò non era contrario alla legge, perciò Henry si sentiva giustificato nel realizzare e distribuire i manuali. Ciononostante, questa pratica lo preoccupava. Le leggi che limitavano la libertà religiosa non erano sempre scritte nero su bianco o applicate allo stesso modo in tutto il paese. Henry sapeva fin troppo bene che gli agenti della Stasi non avevano bisogno di un motivo per arrestarlo. Se l’agente sbagliato lo avesse colto con manuali stranieri della Chiesa, Henry sarebbe potuto finire in guai seri.
Anche se le condizioni nel paese non erano ideali, la Chiesa andava avanti. Incredibilmente, nel 1968 si erano battezzate quarantasette persone. Quando l’anziano Monson istituì la Missione di Dresda, nella Germania dell’Est c’erano 4.641 santi in quarantasette rami e sette distretti. Quand’era possibile, i santi partecipavano alle riunioni, si dedicavano all’insegnamento familiare e organizzavano attività della Chiesa. Tennero persino una “settimana della genealogia” e inviarono quattordicimila nomi per cui svolgere il lavoro di tempio.
Riflettendo sulla sua nuova chiamata, Henry decise che lui e la sua famiglia avrebbero fatto tutto il necessario. “Adesso il nostro compito dev’essere quello di lavorare con tutta la nostra forza per edificare la Chiesa”, scrisse Henry nel suo diario. “Insieme a Inge spero di portare a termine tutto ciò che mi è richiesto, e anche di superare le mie debolezze”.