Capitolo 12
Uno stile di vita completo
“La mia gola mi preoccupa molto”, scrisse l’anziano Spencer W. Kimball nel suo diario l’8 gennaio 1970. “Sembra che la mia voce stia lentamente peggiorando”.
Da quando i dottori avevano rimosso una corda vocale cancerosa dodici anni prima, la sua voce si era ridotta a poco più di un rauco sussurro. Tuttavia, questo impedimento non aveva rallentato quasi per niente il suo servizio nella Chiesa. Da quando aveva istituito il Palo di San Paolo nel 1966, l’anziano Kimball aveva organizzato i primi pali in Argentina e Uruguay, aveva dedicato l’opera missionaria in Colombia e aveva ministrato ai santi in Ecuador. Aveva anche scritto un libro autorevole, Il miracolo del perdono, e aveva iniziato a prestare servizio come presidente del comitato di bilancio e del comitato missionario della Chiesa.
Tuttavia, visto il peggioramento della voce, si era consultato con un dottore, preoccupato che il cancro fosse tornato. Il dottore aveva scoperto una macchia rossa sul lato sinistro della gola dell’anziano Kimball e aveva effettuato due biopsie. Questo aveva affaticato ulteriormente la voce dell’apostolo, obbligandolo ad amplificarla mediante un piccolo microfono indossato attorno al collo.
L’anziano Kimball tornò in ospedale il 12 gennaio per apprendere la sua prognosi. Dopo aver studiato i risultati delle biopsie ed essersi consultato con altri esperti, il dottore credeva che il cancro fosse tornato e che ci fosse poca speranza di salvare la voce dell’anziano Kimball.
Mentre pensava a come procedere con le cure, l’anziano Kimball si chiese se avrebbe dovuto ritirarsi dal Quorum dei Dodici Apostoli per lasciare il posto a qualcuno che fosse maggiormente in grado di servire.
Il giorno seguente, l’anziano Kimball riferì a N. Eldon Tanner ciò che aveva detto il dottore, e il presidente Tanner suggerì che le autorità generali facessero un digiuno speciale in suo favore. Due giorni dopo, le autorità generali si riunirono nel tempio e Harold B. Lee offrì una preghiera molto sentita. Al termine, l’anziano Kimball si sedette al centro della stanza e Gordon B. Hinckley gli unse il capo con dell’olio. Poi, gli altri apostoli nella stanza formarono un cerchio attorno all’anziano Kimball e il presidente Tanner suggellò l’unzione e lo benedì.
Durante la benedizione l’anziano Kimball provò un senso di vicinanza al suo Padre Celeste e ai membri del suo quorum. Il pesante fardello che portava sembrò svanire, e in quel momento seppe che se Dio voleva che lui andasse avanti nel suo ministero, allora Dio avrebbe trovato un modo affinché potesse farlo, con o senza voce. Dopo la benedizione, l’anziano Lee avvolse l’anziano Kimball in un abbraccio. Gli altri apostoli nel cerchio dissero di essersi sentiti benedetti per aver preso parte a un’esperienza spirituale di tale potere e unità.
La domenica mattina, tre giorni dopo la benedizione, l’anziano Kimball ricevette una telefonata inaspettata dalla sua vicina. Aveva sentito dire che il presidente McKay era morto, e voleva sapere se la notizia fosse vera.
“Non ho saputo nulla”, replicò l’anziano Kimball. Cominciò a fare delle chiamate e ben presto scoprì che il profeta era davvero deceduto poco prima, quella mattina.
L’anziano Kimball si precipitò all’edificio amministrativo della Chiesa. Sia Joseph Fielding Smith, l’apostolo più anziano, sia Harold B. Lee incontrarono la famiglia McKay. L’anziano Kimball trovò Joseph Anderson e Arthur Haycock, segretari della Prima Presidenza e dei Dodici, e trascorsero varie ore a chiamare le autorità generali per dare loro la notizia.
La morte del presidente McKay rattristò la Chiesa intera. Il suo amore per i Santi in tutto il mondo era leggendario. Aveva guidato la Chiesa per quasi diciannove anni, e due dei suoi tre milioni di membri erano stati battezzati durante la sua presidenza. Quando successe a George Albert Smith nell’aprile del 1951, la Chiesa contava 184 pali. In quel momento, nel 1970, aveva 500 pali, tra cui quattordici pali in Australia e Nuova Zelanda, tredici pali in Europa, e i primi pali in Argentina, Brasile, Guatemala, Messico, Tonga, Uruguay e Samoa Occidentali.
Quasi il 90 percento dei nuovi pali formati durante l’amministrazione McKay erano negli Stati Uniti e in Canada, dove la crescita della Chiesa era ancora massiccia. In Nord America la reputazione della Chiesa era buona grazie ad alcun santi illustri come J. Willard Marriott, fondatore di una grande catena di alberghi, e George W. Romney, che era stato amministratore delegato della American Motors Corporation e governatore dello Stato del Michigan.
Il presidente McKay aveva dedicato cinque templi in quattro paesi e aveva supervisionato la traduzione delle ordinanze del tempio in una dozzina di lingue. Allo stesso modo, la Conferenza generale era diventata maggiormente disponibile dal momento che veniva trasmessa da duecento stazioni televisive e decine di stazioni radio in Nord, Centro e Sud America. Come esperto dell’opera missionaria e del Sistema Educativo della Chiesa, il presidente McKay aveva ampliato grandemente l’impegno della Chiesa in entrambi gli ambiti. Inoltre, l’attuazione del programma di correlazione, che lui considerava la sua opera più importante come presidente della Chiesa, aveva reso le semplici verità del vangelo restaurato maggiormente accessibili a un pubblico mondiale.
Migliaia di santi andarono al funerale del presidente McKay per rendergli omaggio. Poco tempo dopo, il Quorum dei Dodici Apostoli si riunì per sostenere Joseph Fielding Smith come nuovo presidente della Chiesa. Con i suoi novantatré anni, il presidente Smith era l’uomo più anziano che avesse mai guidato la Chiesa. Assunse l’incarico con sessant’anni di esperienza come apostolo, e i Santi rispettavano la sua ragguardevole conoscenza della storia della Chiesa e delle Scritture. Essendo il figlio del presidente Joseph F. Smith, era anche nipote di Hyrum Smith, fratello del profeta Joseph Smith.
Il presidente Smith chiamò Harold B. Lee e N. Eldon Tanner come suoi consiglieri nella Prima Presidenza. Dal momento che i nuovi incarichi del presidente Lee gli impedivano di servire come presidente del Quorum dei Dodici Apostoli, l’anziano Kimball fu messo a parte per servire come presidente del quorum al suo posto.
Andando contro i consigli del suo amico dottore, il quale lo esortava a ricevere cure oncologiche in California, dopo la morte del presidente McKay l’anziano Kimball mise da parte le sue preoccupazioni di salute e si concentrò sui suoi doveri apostolici. Era ancora indeciso su quale fosse la maniera migliore per affrontare la sua malattia e, dal momento che dopo la benedizione poteva parlare meglio, non voleva sottoporsi a un intervento che avrebbe posto a rischio la sua voce.
Quando lo mise a parte nel suo nuovo incarico, il presidente Lee menzionò i problemi di salute dell’anziano Kimball, offrendo parole di conforto e di speranza.
“Benediciamo in modo speciale la tua voce”, disse, “supplicando il Signore di preservare la tua capacità di comunicare sia con la voce che tramite istruzioni scritte, affinché tu possa vivere sulla terra per tutto il tempo in cui la tua vita ti sarà dolce, e fino a quando il Signore non dirà che è abbastanza”.
Poco dopo il suo arrivo in California, Maeta Holiday andò al centro commerciale con Venna Black, la sua madre affidataria nel Programma per il collocamento degli studenti indiani. Maeta non era mai stata in un centro commerciale, perciò durante il viaggio prestò attenzione a ogni singola svolta compiuta da Venna.
Nel centro commerciale Maeta prese alcuni vestiti di cui aveva bisogno, ma quando giunse il momento di andare via, Venna non era sicura di come tornare a casa. “Non ricordo dove dobbiamo andare”, disse a Maeta.
“Beh, gira qui”, disse Maeta indicando a Venna la strada sulla destra. Poi, dando un’indicazione dopo l’altra, guidò Venna fino a casa.
Venna rimase colpita. “Come fai a sapere la strada di casa?”, chiese.
“Sono una brava osservatrice”, disse Maeta. Memorizzare i punti di riferimento era un’abitudine che aveva sviluppato quando da giovane radunava le pecore nella riserva Navajo. Se non poneva attenzione ai punti di riferimento, rischiava di non poter tornare a casa.
Poco dopo questa esperienza, Maeta cominciò a frequentare la scuola superiore locale. I primi giorni furono spaventosi. La scuola era molto più grande di quella che aveva frequentato prima. I corridori affollati erano tappezzati di armadietti. Quasi tutti gli studenti erano bianchi e, per quanto ne sapeva, lei era l’unica studentessa della scuola a far parte del programma di collocamento. Ciononostante, non percepì alcun pregiudizio razziale tra i suoi coetanei, al contrario di alcuni studenti del programma in altre scuole. I suoi compagni di classe le diedero il benvenuto e lei fece amicizia velocemente.
Come altri giovani nel suo rione, Maeta partecipava al Seminario di primo mattino. Lei e la sua sorella adottiva Lucy si svegliavano ogni giorno infrasettimanale alle cinque del mattino per poter arrivare alla casa di riunione del rione in tempo per la lezione. Il suo primo giorno di Seminario, Maeta si mise seduta e aspettò, non sapendo esattamente perché era lì, fino a che non cominciò la lezione. Poi capì. “Ah, pensò”, “impariamo delle cose della Chiesa”.
Maeta non era molto interessata al Seminario. Rimase stupita e confusa quando scoprì che le avrebbero dato un voto al termine del corso. “Come si può dare un voto sulle tue credenze?”, si chiedeva. Dio le avrebbe dato il voto? Ciononostante, lei e Lucy non perdevano quasi mai una lezione.
Durante il suo primo anno di scuola superiore, Maeta si unì a un coro della scuola. L’anno seguente praticò la pallacanestro, avendo imparato a giocare quando frequentava il collegio in Arizona. Giocò in maniera eccellente e divenne la playmaker della sua squadra. Le piaceva segnare con tiri ravvicinati e dalle zone in prossimità della linea dei tiri liberi. Ma era anche brava a passare la palla alle altre giocatrici. Alla fine della stagione, le sue compagne di squadra e i suoi allenatori la elessero miglior giocatrice.
Il programma di collocamento raccomandava che gli studenti facessero ritorno alla fine dell’anno scolastico per vivere insieme alle loro famiglie d’origine durante l’estate. A Maeta non piaceva tornare a casa o trascorrere del tempo con Evelyn, la sua madre problematica. Tuttavia, Venna credeva che fosse importante che Maeta mantenesse i legami con le sue radici e la incoraggiava a scrivere a casa ogni mese. Ogni volta che arrivava l’estate, Maeta prendeva un autobus per tornare in Arizona.
Nella primavera del 1970, mentre Maeta terminava il suo secondo anno di scuola superiore, venne a sapere che la casa di sua madre era andata a fuoco. Nessuno era rimasto ferito, e Maeta non era preoccupata per la sua famiglia. Tuttavia, Venna aiutò Maeta a comprare alcune cose per rimpiazzare ciò che i suoi fratelli e le sue sorelle avevano perso nell’incendio.
Il giorno che Maeta partì per l’Arizona, Venna la lasciò alla fermata dell’autobus con degli scatoloni pieni di cibo, vestiti e coperte. “Queste cose sono per la tua famiglia”, le spiegò. “Sono state donate dal nostro rione”.
Quando guardò gli scatoloni che venivano caricati nel bagagliaio dell’autobus, fu sopraffatta dall’emozione. Quando era arrivata in California, si era sentita sospettosa nei confronti della gentilezza della famiglia Black, chiedendosi se l’avessero accolta solo per farle fare i lavori di casa. Da allora, si era resa conto che tenevano a lei. Ma fino a che non vide gli scatoloni, non capì quanto la sua famiglia affidataria la amasse.
E non si era resa conto di quanto lei amasse loro.
Più avanti, quell’anno, il sedicenne Kazuhiko Yamashita stava cercando riparo dal sole in una calda mattina di luglio a Osaka, in Giappone. Lui e il suo fratello maggiore, Masahito, avevano viaggiato varie ore per partecipare a Expo ’70, una fiera mondiale che prevedeva centinaia di presentazioni maestose e padiglioni allestiti da nazioni e organizzazioni di tutto il mondo. Il tema era “Progresso e armonia per l’umanità” e, ovunque posassero lo sguardo, i visitatori potevano vedere le prove del recupero impressionante del Giappone dalla devastazione della Seconda guerra mondiale.
Kazuhiko e Masahito avevano già visitato diverse esposizioni insieme. Nel padiglione degli Stati Uniti videro una delle esposizioni più popolari dell’Expo: una pietra lunare proveniente dallo storico allunaggio avvenuto l’anno precedente.
Quel giorno però i fratelli si erano divisi: Masahito osservava le mostre di ingegneria, mentre Kazuhiko girovagava per l’Expo con la sua macchina fotografica. Kazuhiko voleva andare al padiglione del Giappone per vedere che tipo di mostre il suo paese stesse presentando al mondo. Tuttavia, quando arrivò al padiglione, la coda si estendeva ben oltre l’ingresso. Un membro del personale gli disse che c’era un tempo d’attesa di almeno due ore.
Piuttosto che restare così tanto tempo sotto il sole, Kazuhiko passò oltre, camminando per cinque o dieci minuti prima di vedere un padiglione che sembrava un bellissimo edificio bianco. Si ergeva su due piani e aveva una guglia alta con in cima la statua di un uomo che suonava una lunga tromba. Kazuhiko non sapeva che padiglione fosse, ma non c’era coda e quindi non doveva aspettare per entrare.
Passando attraverso un giardino in stile giapponese, entrò in un atrio dove una guida radunò lui e altre persone per cominciare una visita. Ben presto, Kazuhiko scoprì che il padiglione forniva informazioni su La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e i suoi membri. La Chiesa aveva gestito delle mostre famose presso altre esposizioni mondiali, ma questa era la prima volta che allestiva un padiglione in un paese dove il cristianesimo non era la religione principale. Al piano terra dell’edificio c’era una riproduzione in marmo alta più di tre metri e mezzo del Christus, una statua realizzata dallo scultore danese Bertel Thorvaldsen. C’era anche una mostra fotografica sulle attività quotidiane dei membri della Chiesa in tutto il Giappone.
La famiglia di Kazuhiko era buddista e lui non sapeva nulla su Gesù Cristo o sul Padre Celeste. Tuttavia, dopo che arrivarono al secondo piano del padiglione, lui e altri ospiti entrarono in una serie di stanze che illustravano loro il ministero del Salvatore e il Suo ruolo nella creazione del mondo. Vennero a conoscenza del piano di felicità di Dio e della restaurazione del vangelo di Gesù Cristo tramite un giovane profeta chiamato Joseph Smith.
La visita terminò in una piccola sala cinematografica che proiettava la versione giapponese di Man’s Search for Happiness [l’uomo alla ricerca della felicità], il cortometraggio che la Chiesa aveva presentato per la prima volta alla Fiera Mondiale di New York nel 1964. In seguito alle esortazioni dei dirigenti di missione locali Ed e Chieko Okazaki, il film giapponese fu girato localmente con attori popolari giapponesi, e Kazuhiko poté riconoscerne alcuni. Tuttavia, le domande suscitate dal film, come “da dove veniva? Perché era lì? Dove andrà?”, gli erano nuove. Non ci aveva mai pensato prima. E non era sicuro di credere nelle risposte proposte nel padiglione.
Mentre usciva dalla sala, Kazuhiko vide un uomo in piedi nell’atrio.
“Lei ci crede?”, chiese Kazuhiko, riferendosi al film.
“Sì, ci credo”, disse l’uomo senza alcuna esitazione.
“Ne è sicuro?”.
Kazuhiko lasciò il padiglione e continuò a esplorare l’Expo, ma ben presto si rese conto di aver dimenticato la sua macchina fotografica. Tornò di corsa alla mostra, dove un membro del personale aveva ritrovato la sua macchina fotografica.
In segno di gratitudine, Kazuhiko comprò una copia in giapponese del Libro di Mormon e lasciò il suo nome e il suo indirizzo al membro del personale, anche se non era particolarmente interessato a saperne di più sulla Chiesa.
Tre mesi dopo un paio di missionari si presentarono davanti a casa sua a Tokyo. Non si aspettava che venissero davvero, ma fu felice di vederli e disposto ad ascoltare quello che avevano da dire.
A settembre del 1970 la presidentessa generale della Società di Soccorso Belle Spafford era in piedi davanti a migliaia di donne sante degli ultimi giorni, in occasione della conferenza annuale della Società di Soccorso. Di solito l’evento era un momento di gioia in cui donne di tutto il mondo si riunivano per raccontare esperienze e ricevere istruzioni dai loro dirigenti. Questa conferenza, tuttavia, fu più cupa delle altre.
“Viviamo in un periodo caratterizzato da un susseguirsi di crisi”, disse la presidentessa Spafford. Negli Stati Uniti, alla televisione balenavano tutti i giorni immagini di guerre e disordini civili. I conflitti razziali erano ancora intensi e gli assassinii di famosi capi politici ed esponenti per i diritti civili avevano scosso la nazione. I giovani continuavano a protestare conto la Guerra del Vietnam. La pace e la tranquillità sembravano qualcosa di effimero.
La stessa Società di Soccorso si trovava in un periodo di transizione mentre l’organizzazione adottava la correlazione della Chiesa. In passato, i membri della Società di Soccorso avevano organizzato le proprie raccolte fondi e avevano predisposto dei bilanci che venivano poi approvati dai dirigenti del sacerdozio. Recentemente, però, la Prima Presidenza aveva annunciato che le Società di Soccorso sarebbero state finanziate dai fondi del ramo o del rione.
Secondo questo sistema, i dirigenti del sacerdozio locali assegnavano a ogni organizzazione del rione una quota fissa da spendere ogni anno. Le singole Società di Soccorso potevano continuare a controllare l’utilizzo del proprio denaro senza aggiungere il peso di effettuare delle raccolte fondi per la loro organizzazione. Tuttavia, dal momento che ora erano vincolate da una disponibilità limitata di fondi, le Società di Soccorso persero in parte l’indipendenza finanziaria di cui avevano goduto nel corso degli anni. Anche i bazar della Società di Soccorso, degli eventi diventati tradizione in cui le donne esponevano e vendevano oggetti di loro produzione, non furono più organizzati.
Ci furono altri cambiamenti nell’amministrazione. Come parte delle sue opere di servizio sociale, la Società di Soccorso aveva gestito il Programma per il collocamento degli studenti indiani e un programma di riabilitazione per giovani in situazioni problematiche. Questi programmi erano tuttavia limitati principalmente agli Stati Uniti occidentali, e il desiderio di estendere il servizio in ambito sociale a tutti i membri della Chiesa nel mondo sotto una singola organizzazione correlata, suggeriva il bisogno di una ristrutturazione.
Nel 1969 i dirigenti della Chiesa crearono gli Unified Social Services [servizi sociali unificati] che portarono tutte queste iniziative sotto la direzione dei dirigenti del sacerdozio. La presidentessa Spafford continuò a servire come consulente, ma non era più la direttrice dei programmi.
Mentre la Società di Soccorso si adattava ai nuovi cambiamenti, la presidentessa Spafford e le sue consigliere furono schiette in merito ai potenziali problemi che vedevano. Quando vennero a sapere che il Comitato di correlazione per gli adulti aveva ricevuto l’incarico di riscrivere le lezioni della Società di Soccorso, la presidenza fece sentire la propria voce. Alla fine, la Società di Soccorso scrisse le proprie lezioni dopo aver ricevuto degli spunti da parte del comitato, che poi fece un lavoro di revisione.
La presidentessa Spafford riconosceva che la Società di Soccorso doveva adattarsi man mano che il vangelo restaurato si diffondeva in tutto il mondo. La rivista della Chiesa per i lettori internazionali ora veniva tradotta in diciassette lingue, mentre il Relief Society Magazine veniva pubblicato solo in inglese e in spagnolo.
Per contribuire a far sì che i messaggi correlati raggiungessero il maggior numero possibile di lettori, i dirigenti avevano recentemente proposto dei cambiamenti nelle pubblicazioni della Chiesa. A giugno del 1970 annunciarono che le riviste più recenti, tra cui l’Instructor, l’Improvement Era e il Relief Society Magazine non sarebbero più state pubblicate. Anche le riviste di lunga data in lingua inglese pubblicate nelle missioni, come il Millennial star nel Regno Unito e il Cumorah’s Southern Messenger in Sudafrica, sarebbero cessate. Per rimpiazzarle la Chiesa avrebbe pubblicato tre nuove riviste, ognuna rivolta a una particolare fascia d’età: l’Ensign per gli adulti, New Era per i giovani, e Friend per i bambini.
Mentre si trovava di fronte al suo pubblico nel Tabernacolo, la presidentessa Spafford sapeva che molte donne erano alle prese con i recenti cambiamenti, proprio come lei. La sua presidenza aveva ricevuto lettere da donne che erano infinitamente dispiaciute di sapere della fine della rivista. E la presidentessa Spafford poteva comprendere il loro dispiacere. Quando all’inizio fu proposta l’idea, lei aveva obiettato, ritenendo che la rivista avesse uno scopo importante nella Chiesa e nella vita delle sorelle. Che cosa poteva dire ora per portare guarigione e conforto?
Scelse come tema un passo del Libro di Mormon: “Vivemmo in maniera felice”. Quando si trovarono ad affrontare tempi difficili, i membri del popolo di Nefi non diminuirono il loro impegno. Tennero fede ai comandamenti di Dio al meglio delle loro capacità. Inoltre, furono industriosi, allevando greggi e mandrie; seminando e mietendo.
Poteva essere così per la Società di Soccorso. I cambiamenti nell’organizzazione non avevano alterato le cose che portano alla felicità: la rettitudine, il servizio compassionevole, l’espressione creativa e il coinvolgimento nella comunità.
“La Società di Soccorso offre opportunità illimitate”, testimoniò la presidentessa Spafford, “per sviluppare gli elementi essenziali di una vita felice”.
Nel febbraio del 1971, sei anni dopo la sua conversione, Darius Gray stava vivendo a Salt Lake City. Come membro della Chiesa era felice della compagnia di molti santi che gli avevano offerto la loro amicizia e lo avevano aiutato ad adattarsi alla sua nuova fede. Aveva anche conosciuto alcuni membri della Chiesa che lo avevano trattato male perché era nero. Tuttavia, si afferrò alle potenti parole che aveva sentito la notte prima del suo battesimo: “Questo è il vangelo restaurato, e tu devi farne parte”.
Darius lavorava come reporter per la KSL-TV, una stazione televisiva locale che forniva notizie. Prima di ottenere il lavoro, non aveva mai pensato a una carriera nel giornalismo. Poi, conobbe Arch Madsen, il presidente della compagnia di comunicazioni di proprietà della Chiesa che supervisionava la KSL. Vedendo che Arch era amichevole e schietto, Darius accettò il lavoro. Sembrava come se Dio gli stesse preparando il cammino.
Dopo che fu assunto, Darius conseguì una laurea in giornalismo alla University of Utah. Inoltre, partecipò attivamente nel suo rione a Salt Lake City e servì come sovrintendente della Scuola Domenicale. Tramite Arch, conobbe Monroe Fleming, un santo degli ultimi giorni nero che lavorava presso l’Hotel Utah. La moglie di Monroe, Frances, apparteneva a una famiglia che faceva parte della Chiesa da quattro generazioni ed era la nipote di Jane Manning James. I Fleming lo invitarono a casa per cena, parlarono francamente delle loro esperienze nella Chiesa e lo presentarono ad altri membri della comunità di santi degli ultimi giorni neri a Salt Lake City.
Tra le persone che Darius incontrò c’era Lucile Bankhead, l’adorata matriarca della comunità. Come Frances Fleming, lei era una discendente di alcuni pionieri neri santi degli ultimi giorni ed era cresciuta nella Chiesa. Incontrò anche Eugene Orr, che si era unito alla Chiesa nel 1968 e aveva sposato Leitha Derricott, una donna che aveva conosciuto nello Utah. Ora, Eugene e Leitha organizzavano picnic estivi per poter coltivare l’amicizia con i loro amici neri che abitavano in quella zona.
Darius rimase particolarmente colpito da Ruffin Bridgeforth, un uomo nero che si era trasferito nello Utah nel 1944 come impiegato per l’esercito degli Stati Uniti. Lui e la moglie Helena si erano uniti alla Chiesa nel 1953 e avevano cresciuto tre figli nel Vangelo. Darius ammirava la determinazione, la quieta saggezza e le maniere gentili di Ruffin. Nel corso degli anni, Ruffin aveva sviluppato una profonda amicizia con l’anziano Thomas S. Monson e altri dirigenti della Chiesa. Spesso parlava ai rioni, ai pali e alle missioni riguardo ai membri neri nella Chiesa.
Un giorno, Darius ricevette una telefonata da Heber Wolsey, il direttore delle relazioni pubbliche della BYU. Conosceva il lavoro di Darius presso la KSL e a volte cercava il suo aiuto quando la BYU si trovava a dover affrontare una controversia legata alla razza.
Recentemente, l’università era stata oggetto di un attento esame da parte del pubblico per via delle restrizioni della Chiesa riguardanti il sacerdozio, e alcuni attivisti politici a volte organizzavano delle manifestazioni e boicottavano gli eventi sportivi della BYU. Le controversie raggiunsero l’apice nell’ottobre del 1969, quando quattordici giocatori di football neri della University of Wyoming chiesero di indossare delle fasce nere durante l’imminente partita contro la BYU. Il loro allenatore li buttò fuori dalla squadra, attirando l’attenzione dei media e innescando delle proteste.
Ora gli attivisti in Wyoming stavano esigendo di portare avanti un’altra protesta, questa volta durante una partita di pallacanestro contro la BYU. Quando il presidente della BYU Ernest L. Wilkinson venne a sapere del piano, emise un comunicato scritto in difesa dell’università e mandò Heber a parlare con gli organizzatori. Tuttavia, gli attivisti volevano parlare con un membro della Chiesa nero, così Heber aveva chiamato per chiedere se Darius potesse prendere un aereo per il Wyoming.
“Quando?”, chiese Darius.
“Oh”, disse Heber, “nei prossimi trenta minuti”.
Darius si precipitò all’aeroporto e prese il volo. Quando arrivò all’università, Heber lo portò di corsa in un auditorium pieno di persone. I due presero posto di fronte ai capi degli attivisti. Darius mantenne un sorriso amichevole, ma mentre rispondeva alle loro domande, poteva vedere che alcuni di loro erano scontenti del fatto che stesse difendendo la Chiesa. Ciononostante, decise di rimanere fedele a se stesso e a ciò in cui credeva.
Quel fine settimana, durante una riunione, qualcuno accusò Darius di disonorare la sua razza unendosi alla Chiesa. Darius rispose: “Sono nato nero. Ora sono nero. Morirò nero. Sono orgoglioso del mio retaggio nero. E lotterò per le giuste cause dei neri con tutta la mia forza”.
Poi fece una pausa. “Sono anche un mormone”, aggiunse fieramente. “La chiesa mormone mi dà delle risposte che non ho trovato da nessun’altra parte. Non c’è alcun conflitto tra il colore della mia pelle e la mia religione”.
Nonostante gli sforzi di Darius e di Heber, gli studenti del Wyoming misero in atto una manifestazione prima e durante la partita. Mentre li osservava, Darius comprendeva bene il loro desiderio di raggiungere l’uguaglianza razziale, tuttavia non pensava che quelle persone comprendessero appieno la Chiesa o i suoi insegnamenti.
“Se fossero stati disposti a manifestare universalmente contro il pregiudizio e l’ineguaglianza in ogni contesto, ma non contro i principi della dottrina mormone”, pensò in seguito, “sarei stato felice di unirmi a loro”.
Il 19 gennaio 1971 Anthony Obinna, un professore nigeriano di quarantadue anni, prese una penna e un foglio di carta azzurro e scrisse una lettera al presidente de La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. “Ho letto vari libri in cerca della salvezza”, scrisse, “e finalmente ho trovato la risposta”.
Negli ultimi anni Anthony, sua moglie Fidelia e i loro figli erano rimasti per lo più confinati in casa mentre la guerra civile nigeriana infuriava attorno a loro. Un giorno, mentre faceva passare quelle lunghe ore piene di incertezza, Anthony sfogliò una vecchia rivista e vide qualcosa di inaspettato: una fotografia di un edificio alto e imponente con diverse grosse guglie.
Aveva già visto quell’edificio: gli era apparso in sogno prima che scoppiasse la guerra civile. Nel sogno, il Salvatore lo aveva guidato fino a quel magnifico edificio. Era pieno di persone, tutte vestite di bianco.
“Che cos’è?”, aveva chiesto Anthony.
“Queste sono le persone che si recano al tempio”, aveva risposto il Salvatore.
“Cosa stanno facendo?”.
“Stanno pregando. Pregano sempre in questo luogo”.
Dopo il suo risveglio, Anthony desiderò saperne di più su ciò che aveva visto. Aveva raccontato il sogno a Fidelia e ai suoi amici, chiedendo loro cosa pensavano che potesse significare. Nessuno riuscì ad aiutarlo. Alla fine aveva chiesto aiuto a un reverendo. Nemmeno il reverendo riuscì a interpretare il sogno, ma disse ad Anthony che se il sogno veniva da Dio, allora un giorno le sue domande avrebbero trovato risposta.
Non appena vide l’immagine nella rivista, seppe di aver trovato la sua risposta. In cima all’immagine c’era una didascalia che spiegava che si trattava del tempio a Salt Lake City.
“I mormoni, ufficialmente chiamati membri de La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, sono diversi”, esordiva l’articolo. Raccontava la storia della Chiesa e spiegava alcune delle sue dottrine fondamentali. “È uno stile di vita completo”, diceva l’articolo. “La scintilla religiosa che anima una comunità di persone che si impegnano tanto duramente è la credenza secondo cui ognuno su questa terra è un figlio o una figlia spirituale di Dio”.
L’articolo provocò un turbinio di pensieri nella mente di Anthony. Viveva vicino ai suoi fratelli, perciò li riunì immediatamente e parlò loro dell’immagine e del suo sogno.
“Sei sicuro di aver visto quell’edificio?”, chiese suo fratello Francis.
Purtroppo, non aveva potuto scrivere alla sede centrale della Chiesa in quel momento a causa dei blocchi dovuti alla guerra. E non era nemmeno a conoscenza di alcuna congregazione non ufficiale di Santi degli Ultimi Giorni in Nigeria. Molte si erano disgregate durante la guerra, e i membri avevano perso i contatti gli uni con gli altri e con la Chiesa. Di alcuni credenti, come Honesty John Ekong, si erano perse completamente le tracce. Ora che la guerra era finita, però, nulla impediva a Anthony di contattare la Chiesa.
Continuando a scrivere la sua lettera rivolta al presidente della Chiesa, Anthony espresse il suo desiderio di avere un ramo della Chiesa nella sua città. “Il mormonismo è davvero una religione unica”, aveva scritto.
Alcune settimane dopo, ricevette una lettera. “Al momento non abbiamo alcun rappresentante ufficiale di Salt Lake City nel suo paese”, diceva. “Se lo desidera, sarò felice di corrispondere con lei in merito agli insegnamenti religiosi di Gesù Cristo”.
La lettera era firmata: LaMar Williams, Dipartimento missionario.