Storia della Chiesa
Capitolo 26: Voglio servire


Capitolo 26

Voglio servire

Il Tabernacle Choir sul palco addobbato di un teatro

Il giorno dopo l’esplosione a Huaraz, i dottori trasferirono Manuel Navarro in una clinica di Lima. Lì fu accolto dal suo presidente di missione, Enrique Ibarra, e ricevette una benedizione dall’anziano Charles A. Didier, membro della presidenza di area. Nella benedizione l’anziano Didier promise che Manuel avrebbe presto lasciato la clinica e sarebbe tornato sul campo di missione.

Dopo aver medicato le altre ferite di Manuel, i dottori si concentrarono sulla ricostruzione del suo volto ferito. Le schegge gli avevano tagliato lo zigomo e danneggiato il nervo ottico dell’occhio destro, richiedendo la rimozione dell’occhio. I suoi genitori, che erano venuti a Lima, gli diedero la notizia. “Figliolo”, disse sua madre, “ti opereranno”.

Manuel era scioccato. Non sentiva alcun dolore all’occhio e, fino a quel momento, non sapeva perché fosse bendato. Sua madre lo confortò. “Siamo qui”, disse. “Siamo con te”.

Con il pieno sostegno economico da parte della Chiesa, Manuel si sottopose a tre operazioni per rimuovere l’occhio e riparare l’orbita danneggiata. Sarebbe stata una lunga convalescenza e i membri della sua famiglia estesa pensavano che, una volta rilasciato dalla clinica, sarebbe dovuto tornare nella sua città natale. Ma Manuel si rifiutò di lasciare il campo di missione. “Il mio contratto con il Signore è di due anni e non è ancora finito”, disse a suo padre.

Mentre era in clinica in fase di guarigione, Manuel ricevette delle visite da Luis Palomino, un amico della sua città natale che frequentava la scuola a Lima. Sebbene le ferite gli rendessero difficile parlare con Luis, Manuel iniziò a condividere le lezioni missionarie. Luis rimase sorpreso e colpito dalla decisione di Manuel di terminare la missione.

“Voglio sapere che cosa ti motiva”, gli disse Luis. “Perché la tua fede è così grande?”.

Sei settimane dopo l’esplosione, Manuel lasciò la clinica e iniziò a servire nell’ufficio della missione a Lima. La minaccia del terrorismo continuava a incombere e aveva paura ogni volta che vedeva un’auto come quella che era esplosa. Di notte faceva fatica a dormire senza medicine.

Ogni giorno uno degli anziani dell’ufficio della missione gli cambiava le bende. Manuel non poteva sopportare di guardarsi allo specchio e di vedere l’occhio mancante. Circa tre settimane dopo aver lasciato la clinica, ricevette una protesi.

Un giorno Luis andò nell’ufficio della missione per far visita a Manuel. “Voglio battezzarmi”, gli disse. “Che cosa devo fare?” L’ufficio della missione non era lontano da dove viveva Luis, quindi nelle settimane successive Manuel e il suo collega insegnarono a Luis il resto delle lezioni in una cappella vicina. Manuel era emozionato di insegnare a un amico e Luis portò a termine con entusiasmo tutti gli obiettivi che aveva fissato con i missionari.

Il 14 ottobre 1990 Manuel celebrò il battesimo di Luis. Era ancora infastidito dal suo infortunio, ma la sua ardua prova gli aveva permesso di battezzare un amico della sua città — qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di fare in missione. Dopo che Luis uscì dall’acqua, si abbracciarono e Manuel sentì fortemente lo Spirito. Sapeva che anche Luis poteva sentirlo.

Per commemorare l’occasione, Manuel diede a Luis una Bibbia. “Quando i giorni si fanno cupi”, scrisse Manuel all’interno della copertina, “ricorda questo giorno, il giorno in cui sei rinato”.


Nel frattempo, nello Utah, Darius Gray ricevette una telefonata dalla sua amica Margery “Marie” Taylor, una specialista di genealogia afroamericana presso la Biblioteca di storia familiare della Chiesa a Salt Lake City. Aveva appena trovato dei rotoli di microfilm contenenti importanti documenti afroamericani e riusciva a malapena a contenere il suo entusiasmo. “Devi venire qui per poterlo apprezzare”, disse.

Incuriosito, Darius accettò di incontrarla. La Biblioteca di storia familiare era il più grande centro genealogico al mondo e centinaia di migliaia di persone vi si recavano ogni anno. Quando era andato in biblioteca la prima volta, Darius aveva scoperto poco dei suoi antenati, oltre a quello che aveva raccolto dalle storie e dalle fotografie di famiglia. Marie era stata l’unica ad aiutarlo a trovare altre risposte. Sebbene lei non fosse di colore, si era dimostrata una guida esperta nel far conoscere a Darius i registri sulla sua famiglia e la storia dei neri negli Stati Uniti.

Quando Darius arrivò alla Biblioteca di storia familiare, Marie gli mostrò i documenti che aveva trovato. La Freedman’s Savings and Trust Company era stata istituita dal Congresso degli Stati Uniti nel 1865 per contribuire a fornire sicurezza economica agli afroamericani nati liberi e a quelli precedentemente schiavi. Più di centomila persone avevano aperto un conto presso la banca, ma questa fallì dopo nove anni, portandosi con sé i risparmi che i suoi clienti avevano guadagnato con tanti sacrifici.

Nonostante il fallimento della banca, i suoi registri erano immensamente preziosi per i genealogisti. I discendenti di persone che erano state schiave spesso faticavano a trovare dettagli sui loro antenati. I documenti che le persone di solito usavano per identificare i nomi e le date di famiglia — come gli elenchi dei cimiteri, i registri elettorali e i certificati di nascita e di morte — non esistevano per gli schiavi o non erano facilmente disponibili. I registri della Freedman’s Bank, tuttavia, comprendevano una grande quantità di informazioni personali sugli intestatari del conto, compresi i nomi dei familiari e dove erano stati resi schiavi. Alcuni documenti contenevano persino descrizioni fisiche dei clienti.

Darius capì immediatamente l’importanza di queste informazioni per gli afroamericani. Ma i documenti stessi rappresentavano un grande problema per i ricercatori. Gli impiegati che avevano compilato i libri avevano registrato i nomi e i dettagli degli intestatari del conto nell’ordine in cui si erano presentati per aprire un conto, e non in ordine alfabetico. Ciò significava che i ricercatori dovevano esaminare i libri dei documenti riga per riga fino a quando non trovavano le informazioni che stavano cercando. Per essere utili, i documenti dovevano essere organizzati meglio.

Marie chiese a Darius se i membri del Gruppo Genesis potevano aiutare a trascrivere e a indicizzare i registri, ma non c’erano abbastanza persone che avessero il tempo — o un computer — per svolgere il lavoro. Darius scrisse a uno degli apostoli per chiedere se la Chiesa potesse dare una mano. Sebbene l’apostolo espresse il suo sostegno, disse che la Chiesa non poteva farsi carico del progetto. A quel tempo la sede centrale della Chiesa di solito non sponsorizzava i progetti che riguardavano l’estrazione dei nomi dai documenti. Erano i pali e i rioni a occuparsi di quel lavoro.

Avendo finito le opzioni, Marie ebbe un’altra idea. Negli ultimi venticinque anni la Chiesa aveva creato più di 1200 centri di storia familiare in quarantacinque paesi. Questi centri erano luoghi in cui le persone, sia dentro che fuori dalla Chiesa, potevano saperne di più sui loro antenati. Di solito i centri erano collegati ai pali, ma Marie sapeva che un centro di storia familiare aveva da poco aperto nella prigione di stato dello Utah. I detenuti potevano usare il centro un’ora alla settimana. E se lei e Darius li avessero reclutati per contribuire al progetto della Freedman’s Bank?

Marie parlò con il direttore di storia familiare della prigione e, poco tempo dopo, quattro detenuti volontari iniziarono a lavorare tenacemente sui documenti.


Nel settembre del 1990 Alice Johnson stava frequentando i corsi del Holy Child Teacher Training College a Takoradi, in Ghana. Era passato più di un anno da quando il governo aveva sospeso le operazioni della Chiesa nel paese, ponendo bruscamente fine alla sua missione. All’inizio non era sicura di cosa fare dopo. Ma su consiglio di sua sorella, aveva deciso di diventare insegnante e fu ammessa all’università per l’anno accademico successivo.

Mentre il blocco persisteva, mese dopo mese, Alice e altri membri della Chiesa si adattarono al culto reso in famiglia. Emmanuel Kissi, presidente del Distretto di Accra, in Ghana, diventò il presidente di missione facente funzione e l’autorità presiedente della Chiesa nel paese. Viaggiò molto per il Ghana, per fare visita ai santi e rafforzarli. Il governo permise ai “servizi essenziali” della Chiesa di rimanere temporaneamente aperti, e lasciò che alcuni dipendenti della Chiesa continuassero a lavorare nel programma di benessere, nell’istruzione e nella distribuzione. I santi non potevano pagare la decima né dare offerte, ma alcuni mettevano da parte i loro guadagni, aspettando pazientemente il momento in cui avrebbero potuto fare di nuovo le donazioni.

A differenza di William Acquah e dei santi che erano stati imprigionati per breve tempo a Cape Coast, Alice non subì maltrattamenti durante il blocco. Lei e alcuni amici si riunivano la domenica in una casa privata per prendere il sacramento, pregare e tenere discorsi. I suoi genitori, che continuavano a svolgere la missione senza indossare la targhetta o l’abbigliamento missionario, le facevano visita ogni volta che si trovavano in zona. Eppure Alice sentiva di non fare progressi nell’attesa che riprendessero le regolari riunioni della Chiesa.

Alla fine, nel novembre del 1990, Alice apprese che il governo aveva revocato il divieto alla Chiesa. Sin dall’inizio del blocco, il presidente Kissi e altri santi avevano fatto pressioni sui funzionari del governo perché ponessero fine alle restrizioni. In risposta a informazioni sbagliate sugli insegnamenti della Chiesa, scrissero lunghe lettere spiegando la dottrina e la storia della Chiesa e supplicarono di persona i capi di governo. Quando i funzionari sollevavano dei dubbi riguardo alle precedenti restrizioni sul sacerdozio della Chiesa, i santi spiegavano che i membri neri godevano di tutti i diritti di qualsiasi altra persona nella Chiesa. Anche altre chiese che erano state ostili ai Santi degli Ultimi Giorni difesero il diritto di culto dei santi quando si accorsero che il blocco metteva a rischio anche la loro libertà religiosa.

Una persona che ebbe un ruolo fondamentale nella revoca del divieto fu Isaac Addy, direttore regionale della Chiesa per gli affari temporali in Ghana. Era il fratellastro maggiore del presidente del Ghana, Jerry Rawlings. I fratelli si erano allontanati e Isaac non aveva voluto parlare con Jerry del blocco. Un giorno, tuttavia, Georges Bonnet, direttore degli affari temporali per l’Africa, lo convinse a pregare finché il suo cuore non si fosse intenerito nei confronti del fratello. Isaac lo fece e lo Spirito toccò il suo cuore. Acconsentì a incontrarsi con Jerry. Quella sera parlarono e, alla fine della discussione, avevano risolto le loro divergenze. Il giorno dopo il governo decise di mettere fine al blocco.

Alice si commosse quando partecipò alle riunioni pubbliche della Chiesa per la prima volta dopo diciotto mesi. Quel giorno circa cento santi frequentarono il Ramo di Takoradi e la riunione durò più di due ore perché tantissime persone salirono al pulpito per portare la loro testimonianza.

Alice provava sia entusiasmo che preoccupazione mentre pensava ai convertiti della sua missione a Koforidua. Si chiedeva se fossero rimasti fedeli al Vangelo nell’ultimo anno e mezzo. Sapeva che alcuni membri della Chiesa si erano scoraggiati e avevano abbandonato la fede.

Poco dopo la fine del blocco furono organizzati i primi due pali del Ghana. A Cape Coast, il padre di Alice, Billy Johnson, fu chiamato a servire come patriarca di palo. Nel frattempo, il governo permise ai santi di riprendere l’opera missionaria nel paese. Grant Gunnell, da poco chiamato come presidente della Missione di Accra, in Ghana, chiamò Alice per un’intervista. Aveva trovato sessanta missionari che stavano servendo prima del blocco e voleva sapere se fossero disposti a tornare sul campo di missione.

“Vorresti tornare e svolgere una missione dopo la scuola?”, chiese.

“No”, disse senza esitazione. “Voglio servire adesso”.

“Cosa?”, chiese il presidente, sorpreso dalla sua risposta rapida.

“Voglio farlo adesso”, ripeté. La sua priorità era sempre stata quella di servire Dio ed era disposta a mettere in pausa i suoi studi per Lui.

Presto Alice fece ritorno sul campo di missione. Quando lo disse a suo padre, un uomo che aveva dedicato tanto della sua vita alla predicazione del vangelo restaurato, non fu sorpreso.

“Sei proprio mia figlia”, disse.


Quando Manuel Navarro completò la sua missione nel marzo del 1991, i suoi genitori andarono a prenderlo a Lima. Poiché non viveva in un palo, il presidente di missione locale lo rilasciò dal servizio. Eppure Manuel non era ancora pronto a tornare a Nazca, la sua città natale nel Perù meridionale. Aveva promesso a un amico della sua ultima zona che sarebbe andato al suo battesimo, così lui e i suoi genitori rimasero in città per un’altra settimana.

Una mattina Manuel e suo padre andarono a comprare il pane per colazione. Suo padre si rese conto di aver dimenticato di prendere i soldi, così si girò e tornò in casa. “Aspettami qui”, disse.

Manuel rimase pietrificato. Dopo aver avuto un collega di missione per così tanto tempo, gli sembrava strano stare da solo per strada. Dopo un attimo, decise di rimanere lì dov’era. “Non sono più un missionario”, pensò.

Anche dopo essere tornato a Nazca, Manuel faticava ad adattarsi alla vita dopo la missione, soprattutto a causa del suo infortunio. Stringere la mano era più difficile con un occhio solo. Continuava a mettere la mano nel posto sbagliato. Poi un fratello del suo ramo iniziò a giocare a ping-pong con lui e seguire la pallina bianca con un occhio lo aiutò a sviluppare una migliore percezione della profondità.

Ad aprile Manuel si trasferì a Ica, una città più grande, per iniziare gli studi universitari di meccanica automobilistica. Era a meno di centosessanta chilometri da Nazca e lì vivevano amici e parenti. Viveva a casa di sua zia in una stanza tutta per lui. Sua madre si preoccupava per lui e lo chiamava quasi ogni sera al telefono. “Figliolo”, gli diceva spesso, “ricorda sempre la preghiera”. Ogni volta che si sentiva angosciato, pregava per ricevere forza e trovava rifugio nel Signore.

Per incoraggiare i santi giovani e non sposati a incontrarsi e a socializzare, il palo di Ica offriva corsi di Istituto e aveva un gruppo di adulti non sposati che teneva attività e riunioni. Manuel si sentiva a casa a queste attività e nel suo nuovo rione a Ica. Mentre i bambini in chiesa spesso fissavano la sua protesi oculare, gli adulti lo trattavano come qualsiasi altro membro della Chiesa.

Un giorno Manuel fu invitato a incontrare Alexander Nunez, il presidente di palo di Ica. Manuel conosceva il presidente Nunez da quando era adolescente a Nazca e il presidente Nunez aveva fatto visita alla sua classe di Seminario in veste di coordinatore del Sistema Educativo della Chiesa. Manuel lo ammirava molto.

Durante l’intervista il presidente Nunez chiamò Manuel a servire nel sommo consiglio del palo.

“Wow!”, disse Manuel tra sé e sé. Di solito i santi che servivano nelle chiamate di palo erano più anziani e più esperti di lui. Eppure il presidente Nunez espresse fiducia in lui.

Nelle settimane che seguirono Manuel visitò i rioni a lui assegnati. All’inizio, mentre lavorava con i dirigenti del rione, si sentiva a disagio; ma imparò a concentrarsi sulla chiamata, non su se stesso. Studiando i manuali della Chiesa e facendo rapporto al palo, non temeva più di essere troppo giovane per la sua posizione. Scoprì che gli piaceva condividere la sua testimonianza con i santi del palo, partecipare alle riunioni e incoraggiare i giovani a svolgere una missione.

I problemi causati dalle sue ferite non andarono via. A volte, quando era solo, si sentiva triste e scosso quando pensava all’atto violento che aveva subito. Le Scritture erano piene di storie miracolose di persone fedeli che venivano guarite dalle infermità o preservate dal pericolo. Tuttavia, raccontavano anche le storie di persone come Giobbe e Joseph Smith, che soffrirono dolore e ingiustizia senza una liberazione immediata. A volte, quando pensava alle ferite riportate, Manuel si chiedeva: “Perché è successo proprio a me?”.

Eppure sapeva di essere stato fortunato a essere sopravvissuto all’attentato. Nei mesi successivi al suo infortunio, i terroristi avevano preso di mira e ucciso membri della Chiesa e missionari, diffondendo dolore e paura tra i santi del Perù. Eppure le cose stavano cambiando. Il governo peruviano aveva iniziato a reprimere il terrorismo, facendo diminuire il numero di attentati. E nella Chiesa, i santi locali avevano accettato di prendere un impegno chiamato “Confidare nel Signore”, che li invitava a digiunare, pregare ed esercitare la fede nel fatto che sarebbero stati liberati dalle violenze nel loro paese.

Manuel scoprì che i suoi compiti di scuola e il suo servizio nella Chiesa lo aiutavano ad affrontare le sue difficoltà. Confidava nel Signore e pensava spesso a Lui.


All’incirca nel periodo in cui Manuel tornò dalla missione, Gordon B. Hinckley, primo consigliere della Prima Presidenza, si recò a Hong Kong per cercare potenziali siti per una casa del Signore. Quando era un giovane apostolo, aveva supervisionato lo sviluppo della Chiesa in Asia ed era felicissimo del suo progresso. La regione ora aveva duecentomila santi e quattro templi situati in Giappone, Taiwan, Corea del Sud e Filippine. Sebbene paesi come Myanmar, Laos, Mongolia e Nepal non avessero ancora la presenza della Chiesa, nuovi rami si stavano formando a Singapore, in Indonesia, in Malesia e in India.

Hong Kong, sede dell’ufficio dell’Area Asia della Chiesa, era un territorio britannico. Nel giro di sei anni, tuttavia, l’autorità sulla regione sarebbe passata dal Regno Unito alla Repubblica Popolare Cinese.

Come parte del passaggio, la Cina aveva promesso di rispettare i sistemi economici e politici di Hong Kong e anche le pratiche religiose dei suoi cittadini. Ciononostante, con diciottomila santi che vivevano nel territorio, i dirigenti della Chiesa si sentirono spinti a costruirvi una casa del Signore prima che avvenisse il passaggio di autorità.

Il presidente Hinckley trascorse una giornata a cercare vari terreni, ma non trovò alcuna opzione economicamente accessibile. In altre aree del mondo la Chiesa poteva evitare di acquistare costosi lotti cittadini costruendo i templi nelle periferie. Hong Kong, però, era una regione densamente popolata di oltre cinque milioni di persone, e questo rendeva quasi impossibile l’acquisto di un terreno adatto.

Il presidente Hinckley si chiedeva se la Chiesa dovesse semplicemente costruire un tempio su uno dei piccoli lotti che già possedeva in città. Immaginava un edificio multiuso a più piani, con i piani inferiori che servivano come cappella e ufficio della missione.

“I tre piani superiori potrebbero diventare un tempio”, pensò. “Si potrebbe fare senza problemi”.

Era una possibilità interessante. La Chiesa però non aveva mai costruito un edificio del genere e lui non era sicuro che quella fosse l’opzione migliore per i santi di Hong Kong.


Il 15 giugno 1991, nello storico Teatro dell’Opera ungherese di Budapest risuonò uno scroscio di applausi mentre il Coro del Tabernacolo eseguiva il bis finale per un pubblico di 1400 persone. Tra gli spettatori c’erano l’anziano Russell M. Nelson e sua moglie, Dantzel. Stavano viaggiando con il coro per una tournée di tre settimane in vari paesi europei.

L’anziano Nelson aveva trascorso cinque anni a dirigere gli sforzi della Chiesa volti a migliorare i rapporti con i governi dell’Europa centrale e orientale. Molti paesi, compresa l’Ungheria, stavano abbandonando la dirigenza comunista. Ora la Cecoslovacchia godeva di completa libertà religiosa e il governo riconobbe ufficialmente la Chiesa. La Germania dell’Est e la Germania dell’Ovest erano diventate un solo paese, ponendo fine alle vecchie restrizioni che vigevano nella Repubblica Democratica Tedesca. I missionari adesso erano autorizzati anche in Polonia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Slovenia e Croazia.

La tournée del coro era un’opportunità per costruire ponti. E dal suono degli applausi, il concerto aveva fatto proprio questo.

“Voglio che lei sappia”, disse un uomo ungherese a un membro del coro dopo l’esibizione, “che anche io e mia moglie crediamo in Dio. Comprendiamo ciò che la vostra musica ci dice”.

Il giorno dopo, l’anziano Nelson parlò a una riunione sacramentale in una sala da ballo dell’hotel che sovrastava la collina dove quattro anni prima aveva dedicato l’Ungheria alla predicazione del Vangelo. Allora era stato lì con una manciata di persone, compreso l’unico membro della Chiesa di Budapest. Ora il paese ospitava quattrocento santi.

Dopo l’Ungheria il coro si recò in Austria, Cecoslovacchia, Germania, Polonia e Unione Sovietica. L’anziano Nelson si incontrò con l’anziano Dallin H. Oaks nella Repubblica socialista sovietica armena, dove la Chiesa aveva fornito aiuti umanitari dopo un devastante terremoto. Dopo la visita dell’anziano Nelson nell’Unione Sovietica nel 1987, nel paese erano avvenuti importanti cambiamenti politici e sociali. Era diventata più aperta agli stranieri e i popoli di numerose repubbliche sovietiche stavano cercando di avere un maggiore controllo sui loro affari locali. C’era anche una maggiore libertà religiosa nella regione e l’interesse per la religione stava crescendo.

Sebbene la Chiesa non avesse una presenza ufficiale nell’Unione Sovietica, nulla impediva ai cittadini sovietici di viaggiare all’estero, di trovare il vangelo restaurato e di riportarlo con sé quando tornavano a casa. Nel 1990 c’erano abbastanza santi a Leningrado, in Russia, e a Tallin, in Estonia, per registrare la Chiesa in quelle città. Nel frattempo, i missionari e i santi in Finlandia furono incaricati di sostenere i nuovi convertiti.

A Mosca l’anziano Nelson rimase stupito da quanto il governo russo fosse diventato tollerante nei confronti della Chiesa. Negli ultimi anni aveva attraversato l’Atlantico diverse volte per incontrare i funzionari di governo dell’Europa dell’Est. All’inizio, raramente sembravano felici di vederlo, ed egli aveva spesso sentito che i suoi sforzi erano inutili. Poi il Signore fornì una via d’uscita.

Ora i santi avevano un ramo a Leningrado. Anche i membri della Chiesa delle città di Vyborg e Mosca avevano ottenuto l’approvazione del governo per le loro piccole congregazioni. Il progresso era stato notevole e l’anziano Nelson sperò che presto la Chiesa potesse essere riconosciuta pubblicamente in tutta la Russia, che era di gran lunga la più grande repubblica dell’Unione Sovietica.

Dopo un concerto tenuto dal Coro del Tabernacolo al Teatro Bolshoi di Mosca, i Nelson e l’anziano Oaks attraversarono la strada fino al Metropol Hotel, dove la Chiesa ospitava una cena post concerto. L’anziano Nelson aveva partecipato a molte di queste cene e ricevimenti durante questa tournée grazie a Beverly Campbell, direttore dell’Ufficio degli affari internazionali della Chiesa a Washington, DC. In questo ruolo, Beverly aveva organizzato riunioni e stabilito dei rapporti tra i rappresentanti della Chiesa e i funzionari governativi di tutto il mondo.

A cena, l’anziano Nelson si alzò per andare al microfono e ringraziare i numerosi dignitari per essere venuti. Poi invitò Alexander Rutskoi, il vicepresidente della Russia, a unirsi a lui davanti alla folla. “Saremo grati”, disse l’anziano Nelson, “di sentire qualsiasi commento voglia fare”.

“Miei cari ospiti”, disse il vicepresidente Rutskoi, “questa sera siamo lieti di avere l’opportunità di dare il benvenuto a questi ospiti qui con noi stasera. Vorrei leggervi questo modulo di registrazione, datato 28 maggio 1991, che registra La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni nella Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa”.

Mentre il vicepresidente Rutskoi leggeva il documento, l’anziano Nelson era sopraffatto. Aveva sperato che l’annuncio pubblico arrivasse presto, ma non se lo aspettava quella sera. Ricevere un riconoscimento formale significava che la Chiesa avrebbe potuto mandare più missionari in Russia, oltre a stampare e distribuire il materiale della Chiesa e a stabilire altre congregazioni.

Il giorno dopo, tra le visite fatte ai funzionari governativi con l’anziano Oaks e alcuni altri, l’anziano Nelson si recò in un piccolo parco vicino al Cremlino e offrì una preghiera di ringraziamento al Signore.

Una settimana dopo, i due apostoli fecero visita al presidente Benson nel suo appartamento a Salt Lake City. Gli mostrarono una copia del documento che registrava la Chiesa in Russia e gli dissero che la Chiesa era ora stabilita nell’Europa dell’Est.

Quando sentì la notizia, il volto del presidente Benson si illuminò di gioia.

  1. Navarro, Oral History Interview [May 10, 2022], 2, 6–7, 9, 12; Navarro, Oral History Interview [Aug. 2022], 1–4; Chuquimango, Oral History Interview, 7.

  2. Navarro, Email Interview; Navarro, Oral History Interview [May 10, 2022], 9–10; Navarro, Oral History Interview [Aug. 2022], 5–6.

  3. Palomino, Oral History Interview, 1–2, 4; Navarro, Oral History Interview [May 10, 2022], 11. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  4. Navarro, Oral History Interview [May 10, 2022], 7, 10–11; Navarro, Oral History Interview [Aug. 2022], 6–8; Navarro, Email Interview; Navarro, Oral History Interview [May 20, 2022], 1–3; Palomino, Oral History Interview, 4, 6.

  5. Gray, Oral History Interview, 225–226, 228, 287, 292; Allen, Embry, and Mehr, Hearts Turned to the Fathers, 295, 297–298; Taylor, Oral History Interview, [16], [21], [35]; R. Scott Lloyd, “Golden Anniversary of Microfilming”, Church News, Dec. 3, 1988, 8; “‘Remarkable Growth’ in Church Will Increase Interest, Tourism in Utah”, Church News, Feb. 4, 1989, 10. Argomento: Storia familiare e genealogia

  6. Gray, Oral History Interview, 226, 287; Josiah, “Providing for the Future”, 2, 5, 7–9; Osthaus, Freedmen, Philanthropy, and Fraud, 1–3, 8–9, 95–96, 201–208; Fleming, Freedmen’s Savings Bank, 129–130. Argomento: Schiavitù e abolizione

  7. Bob Mims, “Ex-slave Files a Prize for History Buffs”, Salt Lake Tribune, Feb. 21, 2001, A1, A8; Bob Mims, “Rich Lode of Black History Opens”, Salt Lake Tribune, Feb. 27, 2001, B1; Rose and Eichholz, Black Genesis, 22–23, 39, 49; Blockson, Black Genealogy, 2–5, 40–41, 44–45; Gray, “Tracing Ancestors”; Gray, Oral History Interview, 227.

  8. Gray, Oral History Interview, 226–227, 287; Jason Swensen, “Freedman’s Bank”, Church News, Mar. 3, 2001, 3.

  9. Gray, Oral History Interview, 226–227, 287–288; Allen, Embry, and Mehr, Hearts Turned to the Fathers, 272–273, 280–282, 312–317; Gray, Interview [Oct. 2022], [13]; Nelson, Elijah Abel Freedman’s Bank Project, [4]–[5]; “Operating Statistics: Family History Department”, Dec. 14, 1990, 19–20b, Family and Church History Department, Annual Reports, CHL; Jason Swensen, “Freedman’s Bank”, Church News, Mar. 3, 2001, 3.

  10. Haney, Oral History Interview, [9]–[10], [12]–[13]; Alice Johnson Haney, “Mission Interrupted by the ‘Freeze’”, Liahona, Dec. 2015, Africa West Area local pages, A4–A5.

  11. Kissi, Walking in the Sand, 200–203, 207. Argomento: Ghana

  12. Haney, Oral History Interview, [8], [11]–[14]; Alice Haney to Brenda Homer, Email, Feb. 22, 2024, Alice Haney, Oral History Interview, CHL; Alice Johnson Haney, “Mission Interrupted by the ‘Freeze’”, Liahona, Dec. 2015, Africa West Area local pages, A4.

  13. Kissi, Walking in the Sand, 204–232, 239; Bruce Olsen to Eric Otoo, June 23, 1989, First Presidency, Mission Correspondence, 1964–2010, CHL; Stokes, Oral History Interview, 16–21; Haws, “The Freeze and the Thaw”, 35–37. Argomento: Restrizioni riguardanti il sacerdozio e il tempio

  14. Kissi, Walking in the Sand, 200, 205; Bonnet, Oral History Interview [2017], 2, 4–7; Robert Sackley, “Historical Report”, 1–2, in Africa Area, Annual Historical Reports, 1990; Bonnet, Journal, Dec. 10, 1990; vedere anche Georges Bonnet to Richard Lindsay, Memorandum, Nov. 24, 1990, Georges Bonnet, Oral History Interview [2023], CHL.

  15. Haney, Oral History Interview, [14]–[16]; Directory of General Authorities and Officers, 1991, 44; James E. Faust to First Presidency and Council of the Twelve, Memorandum, Dec. 19, 1990, Gordon B. Hinckley, Area Files, CHL; Kissi, Walking in the Sand, 238–239.

  16. Africa Area, Annual Historical Reports, 1991, [4]; Faust, Journal, Apr. 20, 1991; Gunnell and Gunnell, Oral History Interview, 6, 14–15.

  17. Haney, Oral History Interview, [17]–[18]; Alice Johnson Haney, “Mission Interrupted by the ‘Freeze’”, Liahona, Dec. 2015, Africa West Area local pages, A5.

  18. Kissi, Oral History Interview, 34–35; Haws, “The Freeze and the Thaw”, 39; Gunnell and Gunnell, Oral History Interview, 15; Haney, Oral History Interview, [17]–[18].

  19. Navarro, Oral History Interview [Aug. 2022], 8–10, 12; Navarro, Oral History Interview [May 10, 2022], 15; Navarro, Oral History Interview [May 20, 2022], 8; Navarro, Email Interview. Citazione inglese modificata per facilitarne la lettura.

  20. Navarro, Oral History Interview [Jan. 2023], 2; Navarro, Oral History Interview [Aug. 2022], 10–12; Navarro, Oral History Interview [May 20, 2022], 7; Nunez, Oral History Interview, [00:01:54]–[00:04:03], [00:04:29]–[00:04:42], [00:16:20]–[00:16:54], [00:29:45]–[00:29:57]. Articolo: Sommo consiglio

  21. Navarro, Oral History Interview [Aug. 2022], 10, 12; Navarro, Oral History Interview [May 10, 2022], 14; Navarro, Oral History Interview [May 20, 2022], 8; Cook, Oral History Interview, 5–17, 27–35. Argomento: Perù

  22. Hinckley, Journal, Apr. 22, 1991; Gordon B. Hinckley, “Struggle for Peace”, Jan. 27, 1991, Gordon B. Hinckley Addresses, CHL; Deseret News 1991–1992 Church Almanac, 84; Missionary Department, Annual Reports, 1991, 7–8; vedere anche Chou and Chou, Voice of the Saints in Mongolia, 1–27. Argomenti: Gordon B. Hinckley; India; Malesia; Singapore

  23. Howard W. Hunter to Merlin Lybbert, Nov. 7, 1990, Quorum of the Twelve Apostles, Circular Letters, CHL; Woodger, “Hong Kong Temple”, 57–58; Hook, “From Repossession to Retrocession”, 1–29; Hinckley, Journal, Oct. 22, 1986; Feb. 11, 1992; May 6, 1992; July 26, 1992. Argomento: Hong Kong

  24. Hinckley, Journal, Apr. 22, 1991, and Dec. 6, 1994; Gordon B. Hinckley, in Hong Kong Temple, Dedication Services, 8, 67; Nicholas D. Kristof, “Hong Kong Symbol Looks Away”, New York Times, Jan. 7, 1991, D1; Britsch, From the East, 295.

  25. Condie, Russell M. Nelson, 285–286; Gerry Avant, “Choir Leaves Trail of Joyful Tears”, Church News, July 6, 1991, 3, 8–9; Jay M. Todd, “An Encore of the Spirit”, Ensign, Oct. 1991, 32–35, 44. Argomenti: Russell M. Nelson; Coro del Tabernacolo; Ungheria

  26. Dew, Insights from a Prophet’s Life, 174; Hans B. Ringger, Spencer J. Condie, and Albert Choules Jr. to Russell M. Nelson, Oct. 31, 1989; L. Tom Perry to Priesthood Executive Council, Oct. 1, 1991, Missionary Executive Council, Meeting Materials, CHL; Gaddis, Cold War, 237–257; Kuehne, Mormons as Citizens of a Communist State, 346–354; Nelson, Oral History Interview, 1; Jay M. Todd, “An Encore of the Spirit”, Ensign, Oct. 1991, 33. Argomenti: Bulgaria; Croazia; Polonia; Romania; Slovenia

  27. Gerry Avant, “Singers Are Celebrities in Hungary’s Capital City”, Church News, June 22, 1991, 4; Dell Van Orden, “Church Granted Legal Recognition in Hungary”, Church News, July 2, 1988, 13; Russell M. Nelson, Hans B. Ringger, and Spencer J. Condie, “Report Trip to Hungary”, Apr. 19–22, 1987, Russell M. Nelson, Area Files, CHL; Jay M. Todd, “Church Growth in Tour Areas”, Ensign, Oct. 1991, 37.

  28. Condie, Russell M. Nelson, 286–287; Jay M. Todd, “Tour Milestones”, Ensign, Oct. 1991, 44–46, 48; Browning, Russia and the Restored Gospel, 20–48; Gaddis, Cold War, 237–257. Argomenti: Estonia; Russia

  29. Jepson, Journal, June 23–24 e 29, 1991; Condie, Russell M. Nelson 287; Nelson, “Lord Uses the Unlikely”; Dew, Insights from a Prophet’s Life, 191, 194–196, 204.

  30. Browning, Russia and the Restored Gospel, 38–39, 44, 87, 137–138; “Registration of Leningrad Branch Approved”, Church News, Sept. 29, 1990, 3; Russell M. Nelson to First Presidency and Quorum of the Twelve, Memorandum, Nov. 2, 1990, Russell M. Nelson, Area Files, CHL; Dew, Insights from a Prophet’s Life, 181, 194–195.

  31. Joan Browning to Family, June 30, 1991, Gary L. Browning Papers, CHL; Jerold D. Ottley, Oral History, 1991, 19–20, Jerold D. Ottley, Mormon Tabernacle Choir History, CHL; Bardsley, Journal, June 24, 1991; Russell M. Nelson to Pierce Campbell and Beverly Campbell, July 9, 1991, Beverly B. Campbell Papers, CHL.

  32. “Announcement of Official Recognition of The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints in the Russian Soviet Socialist Republic”, June 24, 1991, Mormon Tabernacle Choir, Chronological Files, CHL; Dew, Insights from a Prophet’s Life, 180–181; “Certificate of Registration of the Charter of a Religious Association for The Church of Jesus Christ of Latter-day Saints”, May 28, 1991, in Liudmila S. Terebenina, “History of the Church in the USSR and in Russia”, 38. Citazione inglese modificata per facilitare la lettura.

  33. Dew, Insights from a Prophet’s Life, 181; Gerry Avant and Matthew Brown, “Church Is Recognized by Russian Republic”, Church News, June 29, 1991, 3; Browning, Oral History Interview, 1–2; Browning, Russia and the Restored Gospel, 151.

  34. Joan Browning to Family, June 30, 1991, Gary L. Browning Papers, CHL; Dew, Insights from a Prophet’s Life, 197–198; Nelson and Oaks, Oral History Interview, 8; Nelson, “Lord Uses the Unlikely”; Hinckley, Journal, May 30, 1991.