Capitolo 28
Il sentiero del Signore
“Ci ha lasciati”.
Il presidente Gordon B. Hinckley si sentì stordito mentre pronunciava le parole al telefono. Dall’altra parte della linea c’era sua moglie Marjorie. Poteva sentirla piangere. Avevano pregato perché questo giorno non arrivasse mai.
Era il 3 marzo 1995. Quella mattina il presidente Hinckley aveva saputo che il presidente Howard W. Hunter era morto in casa. Il presidente Hunter era in cura per il cancro e la sua salute era peggiorata rapidamente. Il presidente Hinckley rimase comunque scioccato dalla notizia. Lui e il presidente Thomas S. Monson si erano recati immediatamente nell’appartamento del profeta e avevano offerto conforto e consolazione alla sorella Inis Hunter. Poi erano entrati in un’altra stanza e avevano iniziato a fare le telefonate necessarie.
Al termine della sua telefonata con Marjorie, il presidente Hinckley provò una profonda tristezza. Aveva servito il Signore al fianco del presidente Hunter per più di trent’anni e ora aveva perso un amico buono, gentile e saggio. La morte del profeta lo rese anche l’apostolo più anziano, il che significava che la dirigenza della Chiesa era sulle sue spalle. Si sentiva inaspettatamente solo.
“Posso solo pregare e chiedere aiuto”, pensò.
Cinque giorni dopo, il presidente Hinckley presiedette al funerale del presidente Hunter nel Tabernacolo di Salt Lake. “La vita terrena per il presidente Hunter è stata più una missione che una carriera”, disse ai partecipanti al funerale. “La sua è stata una voce prominente e possente nel proclamare gli insegnamenti del vangelo di Gesù Cristo e nel far avanzare l’opera della Chiesa”.
Sebbene la presidenza del presidente Hunter fosse durata solo nove mesi — la più breve di qualsiasi presidente della Chiesa — egli aveva fatto molto mentre era in carica. La Prima Presidenza aveva inviato aiuti umanitari alle vittime della carenza di cibo nel Laos, nell’Asia sud-orientale, alle vittime della guerra civile in Ruanda nell’Africa orientale e delle alluvioni e degli incendi nel sud degli Stati Uniti. Sebbene la sua salute cagionevole limitasse la sua capacità di viaggiare, aveva dedicato i templi di due città degli Stati Uniti: Orlando, in Florida, e Bountiful, nello Utah. L’11 dicembre 1994 si era recato a Città del Messico per organizzare il duemillesimo palo della Chiesa.
Uno dei suoi più grandi retaggi come apostolo, tuttavia, fu il suo amore per tutte le persone, a prescindere dalla religione. Aveva avuto un profondo legame spirituale con la Terra Santa. Poco prima di morire, aveva programmato di tornare a Gerusalemme con l’anziano Jeffrey R. Holland, che ora era membro del Quorum dei Dodici Apostoli, per un’ultima visita. Si rattristò quando la sua salute cagionevole gli impedì di andare.
Il 9 marzo, il giorno dopo il funerale del presidente Hunter, il presidente Hinckley si svegliò presto e non riuscì a riaddormentarsi. Il peso delle sue nuove responsabilità — e le decisioni che doveva prendere — gravavano su di lui.
Decise di digiunare e di trascorrere del tempo da solo nel Tempio di Salt Lake. Si procurò una chiave per la stanza al quarto piano, dove la Prima Presidenza e il Quorum dei Dodici Apostoli si riunivano ogni settimana. Una volta lì si tolse le scarpe, indossò le pianelle bianche del tempio e lesse le Scritture.
Alla fine, i suoi occhi si spostarono verso tre immagini del Salvatore appese alla parete. Una di loro ritraeva la Crocifissione e il presidente Hinckley pensò profondamente al prezzo che il Salvatore aveva pagato per redimerlo. Pensò di nuovo alle sue enormi responsabilità di profeta del Signore e pianse quando i sentimenti di inadeguatezza lo avvilupparono.
Volse la sua attenzione su un dipinto di Joseph Smith sulla parete nord. Alla sua destra, lungo la parete est, c’erano i ritratti di ogni presidente della Chiesa, da Brigham Young a Howard W. Hunter. Il presidente Hinckley guardò ogni ritratto uno dopo l’altro. Aveva conosciuto personalmente ogni presidente della Chiesa sin da Heber J. Grant. Avevano riposto in lui un’immensa fiducia ed egli li amava. Ora, mentre guardava i ritratti, sembrarono quasi prendere vita. Sentì il loro sguardo puntato su di lui, che lo incoraggiavano in silenzio e gli promettevano il loro sostegno. Non aveva motivo di temere.
In ginocchio, il presidente Hinckley rivolse delle domande al Signore e, mediante il potere dello Spirito, ricevette la Sua parola al riguardo. Il cuore e la mente del presidente Hinckley si riempirono di pace e rassicurazione, e seppe di avere la volontà di andare avanti con l’opera.
Aveva già deciso di chiamare Thomas S. Monson come suo primo consigliere. In quel momento si sentì spinto a chiamare l’anziano James E. Faust come suo secondo consigliere. Mentre era ancora in ginocchio, pregò per ricevere conferma di questa scelta e un calore inondò il suo cuore.
In seguito, riflettendo sulla sua giornata, il presidente Hinckley si sentì meglio riguardo alla sua nuova chiamata. “Spero che il Signore mi abbia addestrato a fare ciò che si aspetta da me”, scrisse nel suo diario. “Gli darò la mia totale lealtà, e sicuramente cercherò la Sua guida”.
Circa in quello stesso periodo, Darius Gray e Marie Taylor visitavano regolarmente la prigione di stato dello Utah per incontrare le centinaia di detenuti che estraevano informazioni genealogiche dai registri della Freedman’s Bank.
I volontari lavoravano in un centro di storia familiare adiacente alla cappella della prigione. Per arrivarci, Darius e Marie dovevano attraversare una rete di pesanti cancelli di metallo, porte chiuse a chiave e corridoi sorvegliati. Darius era stato un po’ nervoso la prima volta che Marie lo aveva portato lì, specialmente nelle zone in cui erano circondati da prigionieri. Ora, però, si recava in prigione ogni 2–3 settimane e si era abituato.
Quando iniziò il progetto di estrazione, la ricerca genealogica stava subendo grandi cambiamenti. I computer stavano rapidamente sostituendo gli schedari e gli indici stampati, rendendo più efficiente il lavoro di raccolta e accesso ai dati. Durante gli anni ’70 e ’80 la Chiesa aveva iniziato ad adattare la nuova tecnologia al lavoro di tempio e di storia familiare. E agli inizi degli anni ’90 la Chiesa aveva sviluppato TempleReady, un programma informatico che permetteva agli utenti dei centri locali di storia familiare, compreso quello della prigione, di presentare più facilmente i nomi per le ordinanze del tempio.
Il centro di storia familiare in cui lavoravano i detenuti aveva diversi lettori di microfilm lungo le pareti. Marie aveva lavorato con la Biblioteca di storia familiare per ottenere una copia dei microfilm della Freedman’s Bank da tenere nella prigione. Dopo che i volontari estraevano le informazioni e le scrivevano in un modulo preparato specificamente per il progetto, lo portavano in una stanza adiacente e inserivano le informazioni in una banca dati al computer. Sotto la direzione di Marie i volontari controllavano ogni documento più volte. Due volontari estraevano le stesse informazioni in modo indipendente e poi un terzo volontario confrontava i risultati dell’estrazione con il documento originale, assicurandosi che le informazioni fossero state trascritte correttamente.
L’uomo responsabile del centro di storia familiare della prigione stava scontando una condanna a vita. Egli faceva andare avanti il lavoro e lo manteneva ben organizzato. Darius rimase colpito dall’entusiasmo dei volontari e dalla loro attenzione ai dettagli. Gli agenti carcerari erano felici di riferire che i detenuti che lavoravano sui registri della banca di solito non causavano problemi tra gli altri prigionieri.
Il progetto era aperto a tutti i detenuti idonei, a prescindere dalle loro credenze religiose. Durante il servizio con i volontari, Darius e Marie sottolineavano la natura spirituale del progetto. I prigionieri che erano cresciuti nella Chiesa comprendevano il ruolo della genealogia nell’unire le famiglie per l’eternità. Alcuni di questi uomini non avevano alcuna possibilità di uscire di prigione, ma trovarono gioia nel cercare di liberare altri dalla prigione degli spiriti. Darius e Marie iniziavano sempre le riunioni in prigione con una preghiera e incoraggiarono i volontari a pregare a modo loro mentre lavoravano al progetto.
A volte un detenuto si avvicinava a Darius e chiedeva una benedizione del sacerdozio. Lui diceva sempre di sì. Mentre ministrava a quegli uomini, che avevano commesso ogni sorta di crimini e offese, fu colpito dalla sicura conoscenza che erano figli di Dio.
A quel tempo la Chiesa incoraggiava i suoi membri a presentare nomi di famiglia al tempio; tuttavia, i membri potevano anche presentare i nomi di persone con cui non erano imparentati. I detenuti usavano regolarmente TempleReady per preparare dei nomi del progetto Freedman’s Bank per i quali far celebrare le ordinanze del tempio. Per contribuire a quest’opera, Marie creò un “file di famiglia” del tempio a cui diede il nome di Elijah Able, uno dei primi santi degli ultimi giorni neri. Il file fu reso disponibile agli utenti del tempio negli Stati Uniti e in Sudafrica. Se gli utenti volevano celebrare le ordinanze per qualcuno il cui nome si trovava nei registri della Freedman’s Bank, potevano semplicemente andare al tempio e richiedere un nome dal file di famiglia.
Una sera, Darius e Marie andarono al Tempio di Jordan River, a South Jordan nello Utah, con molti amici per celebrare i suggellamenti per le famiglie trovate nei registri della Freedman’s Bank. Sebbene il gruppo contasse circa venti persone, ebbero ugualmente bisogno dell’aiuto di altre persone nel tempio. Per tutta la sera suggellarono le famiglie che erano state crudelmente separate in vita a causa della schiavitù.
Prima di andare al tempio, Darius e Marie avevano parlato del viaggio ai detenuti. Darius aveva scelto il Tempio di Jordan River perché era quello più vicino a casa sua, ma era anche il più vicino alla prigione.
Quella sera, diversi detenuti che lavoravano al progetto si riunirono vicino a una finestra in un angolo della prigione. La finestra era stretta, ma offriva una vista sulla Valle del Lago Salato, compreso il Tempio di Jordan River.
Sebbene i volontari non potessero essere presenti di persona, sostennero in silenzio Darius e Marie in quel sacro lavoro.
Durante il suo primo anno come presidente della Chiesa, Gordon B. Hinckley seguì la Chiesa in Asia da lontano. La costruzione del Tempio di Hong Kong era iniziata nel gennaio del 1994 e il presidente Hinckley riceveva regolari aggiornamenti sul suo progresso. Si era anche consigliato con i dirigenti dell’Area Asia perché contribuissero a programmare gli eventi relativi alla dedicazione del tempio.
Era estremamente felice del progresso della Chiesa nella regione. A partire dal 1955 la Chiesa in Asia era cresciuta passando da mille membri a quasi seicentomila. Il Giappone, la Corea del Sud, Taiwan e le Filippine erano ora centri di forza con templi propri. La Chiesa stava iniziando a crescere in luoghi come la Thailandia, la Mongolia, la Cambogia, l’India e, ancora una volta, il Vietnam. In tutta l’Asia una nuova generazione di santi degli ultimi giorni giovani e fedeli stava facendo la differenza.
A Taiwan, Kuan-ling “Anne” Liu aveva da poco terminato il suo ultimo anno alla Scuola Superiore femminile di Taipei, dove era l’unica santa degli ultimi giorni in un corpo studentesco di oltre quattromila studenti. Come molti studenti di Taiwan, Anne aveva un programma molto impegnativo. Si svegliava poco prima delle 6:00, saliva su un autobus alle 6:30 e trascorreva le nove ore successive a scuola. Dopo cena, studiava per qualche ora in classe prima di prendere l’autobus per tornare a casa alle 20:00.
Eppure, ogni sera prima di andare a dormire, Anne dedicava del tempo alla lettura delle Scritture. Sempre più dirigenti della Chiesa sottolineavano l’importanza dello studio quotidiano delle Scritture come componente essenziale del culto dei Santi degli Ultimi Giorni. Anne sentiva che la preghiera e lo studio delle Scritture la aiutavano a evitare lo scoraggiamento e a imparare meglio a scuola. La domenica, quando molti dei suoi compagni di classe studiavano per la scuola, lei frequentava una classe di Seminario prima delle regolari riunioni della Chiesa a Taipei. Serviva anche come pianista di rione.
Espresse questa sua comprensione: “Se vado alla riunione sacramentale e ascolto i discorsi, la mia vita è sempre più positiva e felice”.
Nel frattempo, in Mongolia, la ventunenne Soyolmaa Urtnasan insegnava alle giovani donne del suo ramo, nella capitale Ulan Bator. Tra le diverse centinaia di membri del ramo, la maggior parte era costituita da adolescenti o ventenni che si erano uniti alla Chiesa da meno di un anno. Soyolmaa stessa si era battezzata solo pochi mesi prima ed era piena di entusiasmo. Quando era adolescente, i suoi genitori morirono a un anno di distanza l’uno dall’altra, lasciando Soyolmaa arrabbiata con Dio.
“Ero una persona con ‘due facce’”, raccontò, “felice ed estroversa all’esterno, infelice e timida dentro”. Per attenuare il suo dolore andava alle feste e aveva iniziato a bere.
Le cose iniziarono a cambiare quando una persona amica che si stava interessando alla Chiesa la invitò a una riunione sacramentale. Quella prima domenica Soyolmaa provò pace e un senso di appartenenza che non aveva mai provato prima. Presto apprese che poteva diventare una persona nuova tramite Gesù Cristo. Quando sentì parlare del piano di salvezza, si sciolse in lacrime.
“Sapevo di essere nel posto giusto”, raccontò. Poco dopo divenne una delle prime missionarie della Mongolia.
Nel frattempo, in Thailandia, i santi comprendevano l’importanza dei templi e facevano dei sacrifici per andarci. Nel 1990 circa duecento santi thailandesi andarono in aereo nelle Filippine per recarsi nella casa del Signore a Manila. Il viaggio era costoso, quindi tanti santi risparmiarono per più di un anno per avere abbastanza soldi per il biglietto aereo.
Come presidente del distretto di Khon Kaen, nella Thailandia centrale, Kriangkrai Phithakphong aveva assistito a questi sacrifici quotidiani in prima persona. Molti membri del distretto erano poveri. Alcuni senza un lavoro stabile o un reddito regolare avevano appena soldi sufficienti per sopravvivere. Tuttavia, servivano attivamente nella Chiesa e partecipavano alle loro riunioni anche quando dovevano percorrere lunghe distanze a piedi, in bicicletta o in autobus.
“Quando siamo andati a Manila è stata una pietra miliare nella storia della Chiesa in Thailandia”, ricordò Kriangkrai. “Tutti avevano lavorato sodo per raccogliere i soldi per andare”. Persino sua figlia di dieci anni aveva venduto carbone per cucinare per aiutare la famiglia a pagare il viaggio. Alla fine, Kriangkrai, sua moglie Mukdahan, e i loro figli riuscirono ad andare al tempio — e la loro esperienza lì valse tutta la fatica e i sacrifici.
“Essere suggellati nel tempio ha portato uno spirito speciale nella nostra famiglia”, testimoniò Kriangkrai. “Ora, non solo nostro figlio di sedici anni vuole andare in missione, ma ci vogliono andare anche le sue due sorelle più giovani”.
La sera del 9 agosto 1995 Celia Ayala de Cruz, di cinquantanove anni, decise di andare a piedi all’attività della Società di Soccorso. Le piaceva essere puntuale per le riunioni e la persona che aveva promesso di darle un passaggio per andare in chiesa non si era vista. Fortunatamente, la casa di riunione era a soli otto minuti a piedi da casa sua. Se si fosse incamminata subito, avrebbe potuto arrivare in chiesa con qualche minuto di anticipo. L’attività consisteva in una lezione per fare trapunte e l’avrebbe tenuta lei.
Celia viveva a Ponce, una città sulla costa meridionale di Puerto Rico, nel Mar dei Caraibi. I missionari servivano nei Caraibi sin dagli anni ’60, specialmente a Portorico e in seguito nella Repubblica Dominicana; entrambi i luoghi ora contavano decine di migliaia di santi. Il vangelo restaurato aveva messo radici anche in altre nazioni e territori insulari, raggiungendo persone di culture, religioni, lingue ed etnie diverse. I santi ora si potevano trovare nelle città, nei paesi e nei villaggi di tutti i Caraibi.
Uscendo per andare alla riunione, Celia portò con sé una borsa contenente una banconota da cinque dollari e una copia del Libro di Mormon impacchettata. Da quando il presidente Ezra Taft Benson aveva sfidato i Santi a concentrarsi nuovamente sul Libro di Mormon, lei e altri membri della Chiesa avevano cercato delle opportunità per condividerlo con gli altri. Il programma della Chiesa sul Libro di Mormon – Da famiglia a famiglia – aveva incoraggiato i Santi a scrivere la propria testimonianza all’interno del libro prima di donarlo. All’inizio, i Santi degli Ultimi Giorni dovevano acquistare la propria copia del Libro di Mormon, ma nel 1990 la Chiesa istituì un fondo di donazione per fornire il libro gratuitamente a chiunque nel mondo.
Da quando si era unita alla Chiesa sedici anni prima, Celia stessa aveva letto il Libro di Mormon diverse volte. In quel periodo una collega stava attraversando un momento difficile nel suo matrimonio e Celia credeva che il libro potesse aiutarla. Aveva messo una copia in una scatola regalo, l’aveva avvolta in una bella carta regalo e ci aveva messo anche un fiocco. Nella scatola aveva anche incluso una cartolina con il suo indirizzo e la sua testimonianza scritta del Libro di Mormon. Quella sera stava portando il libro in chiesa per mostrare alle sorelle della Società di Soccorso come potevano condividere il Libro di Mormon con gli altri.
Quando fu vicina alla casa di riunione, Celia decise di prendere una scorciatoia dietro un parco. Mentre attraversava un cancello, un giovane uomo alto e con un coltello saltò fuori verso di lei. La spinse e lei cadde all’indietro su delle erbacce umide.
“Stai assalendo una servitrice del Signore”, gli disse Celia.
Il giovane non disse nulla. All’inizio Celia pensò che l’avrebbe uccisa. Poi, però, le strappò la borsa e rovistò fino a quando non trovò la banconota da cinque dollari e il Libro di Mormon incartato. Una sensazione di calma la pervase. Sapeva che il giovane non le avrebbe fatto del male.
“Signore”, pregò in silenzio, “se questo è il modo che hai scelto per far sì che quel ragazzo si converta al Vangelo, non mi ucciderà”.
Tenendo stretto il coltello, il giovane prese il denaro e il Libro di Mormon e corse via nella notte.
Nel frattempo, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, Willy Binene viveva ancora con la sua famiglia a Luputa, nello Zaire. Non era la vita che aveva immaginato come studente di ingegneria elettrica a Lubumbashi. Luputa era una comunità agricola e, finché i conflitti etnici restavano vicino alla loro casa a Kolwezi, lui e la sua famiglia sarebbero rimasti a Luputa e avrebbero lavorato la terra.
Fortunatamente, il padre di Willy gli aveva insegnato a coltivare la fattoria da ragazzo, quindi conosceva già le basi per coltivare fagioli, mais, manioca e arachidi. Tuttavia, finché non giunse il primo raccolto di fagioli, la famiglia ebbe pochissimo cibo da mangiare. Coltivavano per il loro sostentamento e quel poco che potevano risparmiare dal raccolto lo vendevano per acquistare sale, olio, sapone e un po’ di carne.
Dei santi fuggiti da Kolwezi per la propria sicurezza, circa cinquanta di loro si stabilirono a Luputa. Non c’era un ramo nel villaggio, ma si riunivano ogni settimana in una grande casa per rendere il culto. Sebbene diversi uomini del gruppo detenessero il sacerdozio, compreso l’ex presidente del Distretto di Kolwezi, non si sentivano autorizzati a tenere la riunione sacramentale. Tuttavia, tennero una classe della Scuola Domenicale, con gli anziani che a turno dirigevano la riunione.
Durante questo periodo, Willy e gli altri santi fecero diversi sforzi per contattare la sede centrale della missione a Kinshasa, ma senza successo. Eppure, ogni volta che i santi guadagnavano del denaro, mettevano da parte la decima, in attesa del momento in cui avrebbero potuto consegnarla a un dirigente della Chiesa autorizzato.
Un giorno, nel 1995, la famiglia di Willy decise di rimandarlo a Kolwezi per cercare di vendere la loro vecchia casa. Sapendo che lì avrebbe visto il presidente di distretto, i santi di Luputa ritennero che questa fosse la loro migliore opportunità di pagare la decima. Misero il loro denaro in alcune buste, le diedero a Willy e a un altro membro della Chiesa che viaggiava con lui e li mandarono in viaggio.
Durante i quattro giorni di viaggio in treno per Kolwezi, Willy nascose il sacchetto con le buste della decima sotto i vestiti. Lui e il suo compagno di viaggio erano nervosi e spaventati durante il viaggio. Dormirono sul treno e scesero alle stazioni solo per comprare del fufu e altro cibo. Erano anche preoccupati per il viaggio verso Kolwezi, che era ancora ostile verso gli abitanti del Kasai. Tuttavia, trovarono conforto nella storia di Nefi che recuperava le tavole di bronzo. Confidavano nel fatto che il Signore avrebbe protetto loro e la loro decima.
Quando finalmente arrivarono a Kolwezi trovarono la casa del presidente di distretto e lui li invitò a stare con lui. Diversi giorni dopo, i nuovi dirigenti della Missione di Kinshasa, nello Zaire, Roberto e Jeanine Tavella, arrivarono in città e il presidente di distretto li presentò a Willy e al suo compagno di viaggio.
“Erano membri del ramo di Kolwezi”, spiegò il presidente d distretto. “A causa degli eventi, si sono trasferiti a Luputa. E ora sono venuti. Volevano conoscervi”.
“Ditemi di più”, disse il presidente Tavella. “Siete di Luputa?”.
Willy parlò al presidente del loro viaggio e della distanza che avevano percorso. Poi tirò fuori le buste della decima. “Questa è la decima dei membri di Luputa”, disse. “Hanno messo da parte la decima perché non sapevano dove portarla”.
Senza dire una parola, il presidente e la sorella Tavella iniziarono a piangere. “Che grande fede avete”, disse alla fine il presidente di missione, con voce tremante.
La gioia e la pace inondarono Willy. Credeva che Dio avrebbe benedetto i santi di Luputa per aver pagato la decima. Il presidente Tavella consigliò loro di essere pazienti. “Quando ritornate, dite a tutti a Luputa che voglio loro bene”, disse. “Sono benedetti dal Padre Eterno perché non ho mai visto una tale fede”.
Promise di mandare uno dei suoi consiglieri a Luputa il prima possibile. “Non so quanto tempo ci vorrà”, disse, “ma il consigliere verrà”.
Non molto tempo dopo essere stata derubata, Celia Ayala de Cruz controllò la sua cassetta delle lettere. All’interno trovò una lettera anonima di una pagina. “Perdonami, perdonami”, c’era scritto. “Non puoi sapere quanto mi dispiace per averti aggredita”.
Celia continuò a leggere. Il giovane descrisse in che modo il Libro di Mormon che aveva rubato aveva cambiato la sua vita. Quando vide per la prima volta il libro incartato, pensò che si trattasse di qualcosa che poteva vendere. Poi, però, lo aveva aperto e aveva letto la testimonianza che Celia aveva scritto per la sua collega. “Il messaggio che hai scritto in quel libro mi ha fatto venire le lacrime agli occhi”, disse a Celia. “Da quel mercoledì sera non sono riuscito a smettere di leggerlo”.
Il giovane era stato particolarmente commosso dalla storia di Lehi. “Il sogno di quell’uomo di Dio mi ha scosso”, scrisse, “e ringrazio Dio per averti trovato”. Non sapeva se Dio lo avrebbe perdonato per averlo rubato, ma sperava che Celia l’avrebbe fatto. “Ti restituisco i tuoi cinque dollari”, aggiunse, “perché non posso spenderli”. Il denaro era insieme alla lettera.
Scrisse anche del suo desiderio di saperne di più sulla Chiesa. “Voglio che tu sappia che mi rivedrai, ma quando lo farai, non mi riconoscerai, poiché sarò tuo fratello”, scrisse. “Non vengo dalla tua città, ma qui dove vivo devo trovare il Signore e andare nella chiesa a cui tu appartieni”.
Celia si sedette. Sin dal giorno dell’aggressione aveva pregato per il giovane. “Se Dio è favorevole”, disse, “possa quel ragazzo convertirsi”.
Alcuni mesi dopo iniziò il nuovo anno. Le Scuole Domenicali in tutta la Chiesa iniziarono uno studio annuale del Libro di Mormon. Per aiutare i Santi nei loro studi, il giornale Church News dedicò il suo primo numero dell’anno al libro. Il numero comprendeva un quadro generale degli insegnamenti del Libro di Mormon su Gesù Cristo, varie tabelle e articoli per aiutare i lettori a comprendere meglio i popoli e gli eventi, e informazioni su una nuova videocassetta contenente nove brevi film del Libro di Mormon che servivano a integrare le lezioni della Scuola Domenicale. Con il permesso di Celia, l’ultima pagina del giornale riportava un breve racconto della sua esperienza con il giovane, incluso il testo completo della sua lettera.
Nel febbraio del 1996 Celia ricevette un’altra lettera dal giovane. Era ancora troppo imbarazzato per la rapina per svelare a Celia il suo nome, ma aveva visto la storia su Church News e voleva che lei sapesse che stava bene e stava cercando di cambiare la sua vita. Pensava spesso a lei e al Libro di Mormon. “So che è vero”, scrisse. Infatti, si era da poco unito alla Chiesa e aveva ricevuto il sacerdozio. “Sto lavorando per il Signore”, le disse.
Le fece sapere che ora viveva vicino a un tempio e che lo aveva visitato di recente. Anche se non era entrato nell’edificio, aveva sentito lo Spirito in modo possente e sapeva che era la casa del Signore.
Il giovane firmò la lettera come “fratello di fede” di Celia. Espresse il suo affetto per lei e per la sua famiglia. Sapeva che il Signore aveva uno scopo per lui.
“Non voglio lasciare il sentiero del Signore”, le disse. “Mi sento molto felice”.