Principi del Libro di Mormon
La sottomissione della nostra volontà a quella del Padre
Senza dubbio, uno dei più grandi sermoni nel Libro di Mormon si trova nelle possenti parole del profeta Abinadi. Con grande chiarezza egli dà vita alla dottrina dell’espiazione di Cristo e ai suoi effetti su tutta l’umanità.
Un aspetto dell’Espiazione reso comprensibile da Abinadi ha a che fare con il potere che riceviamo quando seguiamo l’esempio del Salvatore e sottomettiamo i desideri della carne alla volontà di Dio. Il profeta Abinadi descrive questo potere:
«Vorrei che comprendeste che Iddio stesso scenderà fra i figlioli degli uomini e redimerà il suo popolo.
E poiché dimorerà nella carne, egli sarà chiamato il Figlio di Dio, ed avendo sottomesso la carne alla volontà del Padre, è il Padre e il Figlio…
E così, la carne diventando sottomessa allo Spirito, ossia il Figlio al Padre, che sono un solo Dio, soffre la tentazione, e non cede alla tentazione, ma permette di essere beffato, flagellato, scacciato e ripudiato dal suo popolo…
Sì, proprio così egli sarà condotto, crocifisso e ucciso, e la carne diventa così sottomessa anche alla morte, e la volontà del Figlio viene assorbita dalla volontà del Padre» (Mosia 15:1–2, 5, 7).
La ricerca di un potente mutamento
Quando leggiamo le Scritture tutti i giorni, scrutando le parole ispirate che hanno portato molte persone a conoscere la loro veridicità e a vivere di conseguenza, lo Spirito del Signore Onnipotente può operare un potente cambiamento nel nostro cuore. Alla conclusione del possente sermone di re Beniamino, coloro che avevano ascoltato dichiararono: «Non abbiamo più alcuna disposizione a fare il male, ma a fare continuamente il bene» (Mosia 5:2). Essi ottennero la capacità, certamente non senza uno sforzo persistente, non solo di rinunciare a tutto ciò che è male, ma a incorporare tutto ciò che è buono nelle loro parole, opere e pensieri (vedere 2 Nefi 9:39; Mosia 4:30; Alma 12:14). C’è un qualche desiderio del cuore superiore a questo?
Quando meditiamo sulle parole di Abinadi e cerchiamo di ottenere questo grande desiderio del cuore, il che significa accantonare l’uomo naturale e divenire «santificat[i] tramite l’espiazione di Cristo» (Mosia 3:19), capiamo che il profeta ci sta insegnando uno dei principi che diede a Gesù Cristo il potere d’intercedere per i figlioli degli uomini: la sottomissione della Sua carne e della Sua volontà al volere del Padre (vedere Mosia 15:8). Ci rendiamo conto che nel piano del nostro Padre celeste è stato fornito tutto il necessario per soggiogare l’uomo naturale. Le parole del profeta Mormon esprimono questo principio: «Sì, vediamo che chiunque vuole può tenersi stretto alla parola di Dio, che è rapida e potente, che reciderà tutte le astuzie e le trappole e gli inganni del diavolo, e condurrà l’uomo di Cristo in una via stretta e angusta, attraverso quell’eterno abisso di infelicità che è preparato per inghiottire i malvagi» (Helaman 3:29).
L’emulazione dell’esempio del Salvatore
L’esempio di Gesù Cristo nel sottomettere la carne alla volontà del Padre è particolarmente evidente nel Suo sacrificio espiatorio. La Sua immane sofferenza e la Sua supplica rivolta al Padre nel Getsemani—«Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi» (Matteo 26:39)—rivela la Sua propensione ad aprire la via per noi e il grande amore che sia Lui che Suo Padre hanno per ognuno dei Loro figli.
Quando seguiamo l’esempio d’umiltà del Salvatore nell’affrontare l’opposizione in ogni cosa, sappiamo che Egli ci sosterrà sempre (vedere Alma 36:3). Quante volte abbiamo provato ciò che Nefi espresse nel suo salmo? Egli scrisse:
«Nondimeno, nonostante la grande bontà del Signore nel mostrarmi le sue opere grandi e meravigliose, il mio cuore esclama: O miserabile uomo che sono! Sì, il mio cuore si addolora a causa della mia carne; la mia anima si affligge a causa delle mie iniquità.
Mi sento assediato, a causa delle tentazioni e dei peccati che mi assalgono davvero sì facilmente…
E perché dovrei cedere al peccato a causa della mia carne? Sì, perché dovrei dare spazio alle tentazioni, cosicché il maligno abbia posto nel mio cuore, per distruggere la mia pace e affliggere la mia anima? Perché sono adirato a causa del mio nemico?…
O Signore, in te io ho confidato, e in te confiderò per sempre. Non porrò la mia fiducia nel braccio di carne, poiché so che maledetto è colui che ripone la sua fiducia nel braccio di carne. Sì, maledetto è colui che pone la sua fiducia nell’uomo o che fa della carne il suo braccio» (2 Nefi 4:17–18, 27, 34).
Una delle molte qualità che ognuno di noi deve inglobare nella propria vita di santo degli ultimi giorni, e che il profeta Abinadi ha ribadito, è la propensione a sottomettere la propria carne alla volontà del Padre, divenendo discepolo di Cristo.
La sottomissione attraverso il servizio
I Santi degli Ultimi Giorni hanno la possibilità di servirsi a vicenda grazie alle chiamate della Chiesa. Poiché non abbiamo un clero di professione, siamo tutti chiamati a servire, amministrare e soccorrerci l’un l’altro. Ciò richiede tempo, fatica, un cuore disposto e sottomissione alla volontà di Dio, che ci è comunicata attraverso l’ispirazione e i Suoi servitori autorizzati.
Quelli che seguono sono solo esempi di come possiamo sottomettere la carne alla volontà del Padre quando serviamo con tutto il nostro «cuore, facoltà, mente e forza» (DeA 4:2). Possiamo mettere da parte le cose materiali della nostra quotidianità e recarci alla casa del Signore a svolgere le ordinanze di salvezza per altre persone. Possiamo partecipare alla riunione sacramentale con regolarità e devozione per prendere il sacramento, affinché possiamo avere sempre con noi il Suo Spirito (vedere DeA 20:77, 79). Mantenendoci puri sotto ogni aspetto siamo in grado di servire quale parte della più grande generazione di missionari, che insegna mediante lo Spirito. Possiamo digiunare con regolarità, avvicinandoci al nostro Padre celeste, condividendo il pane con gli affamati, rivestendo gl’ignudi e cercando i bisognosi. Il digiuno contribuisce a spezzare le catene della malvagità, sollevare pesanti fardelli e liberare gli oppressi, infrangendo ogni sorta di giogo (vedere Isaia 58:6–7).
Possiamo sottomettere la carne alla volontà del Padre quando ci dimentichiamo dei nostri bisogni e rinunciamo alla nostra agiatezza; quando troviamo il tempo per andare a trovare altre persone, tra cui dei nuovi convertiti che hanno necessità di essere «nutriti mediante la buona parola di Dio» (Moroni 6:4); quando «soccorri[amo] i deboli, alz[iamo] le mani cadenti e rafforz[iamo] le ginocchia fiacche» (DeA 81:5).
Possiamo sottomettere la carne e la volontà a Dio quando siamo «ansiosamente impegnati in una buona causa, e compi[amo] molte cose di [nostra] spontanea volontà, e port[iamo] a termine molte cose giuste» (DeA 58:27). Di fatto dobbiamo essere «dispost[i] a sottometter[ci] a tutte le cose che il Signore ritiene conveniente infligger[ci]» (Mosia 3:19). Forse più che mai possiamo essere in armonia con la volontà del Padre quando edifichiamo la famiglia sul fondamento del vangelo di Cristo.
La comprensione della natura della felicità
Diventa facile sottometterci alla volontà di Dio quando attribuiamo il giusto valore alle cose che ci circondano, giacché comprendiamo la natura eterna della nostra esistenza. Si dice che una volta il filosofo greco Socrate si fermò in un mercato ad ammirare della magnifica mercanzia. Affermò: «Di quante cose posso fare a meno!»
Nella nostra foga di trovare la felicità spesso finiamo per bramare cose totalmente inutili o persino nocive. Nel nostro desiderio di autocontrollo, invece, dobbiamo dedicare il nostro tempo a quelle cose indispensabili al conseguimento del nostro obiettivo.
La felicità giunge a coloro che seguono il consiglio del Padre. Il re Beniamino predicò: «Desidererei che consideraste lo stato beato e felice di coloro che obbediscono ai comandamenti di Dio. Poiché ecco, essi sono benedetti in tutte le cose, sia temporali che spirituali; e se si mantengono fedeli fino alla fine sono accolti in cielo, affinché possano in tal modo dimorare con Dio in uno stato di felicità senza fine» (Mosia 2:41).
Nel regno di Dio, o nella Sua chiesa, tutto è strutturato in modo che il più debole dei santi possa seguire Gesù Cristo. Possiamo, infatti, sottomettere la carne e la volontà al volere di Dio e ottenere il potere di divenire figli e figlie di Cristo (vedere Mosia 5:7).
Per diventare veri discepoli di Cristo dobbiamo ricordare il messaggio ispirato dell’anziano Neal A. Maxwell, membro del Quorum dei Dodici Apostoli, che la sola cosa personale che possiamo offrire al Padre è la nostra volontà.1 L’espiazione e la redenzione del nostro Salvatore ci rendono possibile, malgrado la nostra debolezza, vincere l’opposizione della carne un poco alla volta e linea su linea, sino a quando diventeremo come Lui stesso è.