2009
Questa è la nostra religione, salvare anime
Settembre 2009


Messaggi da Dottrina e Alleanze:

Questa è la nostra religione, salvare anime

Elder Erich W. Kopischke

Uno degli inni preferiti che cantiamo spesso alla riunione del sacerdozio è «Anziani d’Israele», le cui parole sono di Cyrus H. Wheelock. La terza strofa dice:

Andremo dai poveri e come Gesù

noi soccorreremo chi soffre di più;

col dolce messaggio del santo vangel

a tutti apriremo le porte del ciel.1

Il sabato prima della conferenza generale nell’ottobre 1856, l’anziano Franklin D. Richards e un manipolo di missionari ritornati arrivarono nella Valle del Lago Salato. Riferirono al presidente Brigham Young che centinaia di pionieri, uomini, donne e bambini, erano sparpagliati lungo la pista che conduceva alla valle esposti all’inizio precoce dell’inverno. La gente era affamata e molti carretti a mano e carri si stavano rompendo. Le persone e gli animali stavano morendo. Sarebbero periti tutti a meno che non venissero tratti in salvo.

La domenica mattina il presidente Young incaricò tutti coloro che dovevano fare un discorso quel giorno, e nel corso della conferenza che avrebbe fatto seguito, di parlare della condizione dei pionieri. Nel suo discorso egli disse:

«Questa è la mia religione; questo è l’ordine dello Spirito Santo che possiedo: salvare il nostro popolo… 

Vi dirò che tutta la vostra fede, religione e professione di religione non salverà mai una sola anima tra voi nel regno celeste del nostro Dio, a meno che non obbediate ai principi che vi ho esposti. Andate a prendere quella gente che si trova nelle praterie e portatela qui».2

Cyrus H. Wheelock era presente a quelle riunioni. Faceva parte della prima squadra di soccorso che il 7 ottobre partì da Salt Lake City per cercare i Santi dispersi nelle praterie.

In seguito, George D. Grant, che era a capo della squadra di soccorso, riferì al presidente Young: «Non serve che cerchi di dare una descrizione della situazione di questa gente, perché la apprenderà dagli altri… ma cerchi di immaginare cinque o seicento fra uomini, donne e bambini, indeboliti dal tirare i carretti a mano attraverso la neve e il fango; che si sentono male a causa del freddo; bambini che piangono, gli arti intorpiditi dal gelo, i piedi che sanguinano e alcuni a diretto contatto con la neve e il gelo. La vista è troppo anche per i più forti di noi; ma andiamo avanti facendo tutto quello che possiamo, senza dubitare né disperare».3

Il testo di «Anziani d’Israele» fu forse pensato da fratello Wheelock durante quei difficili giorni del 1856. I soccorritori tesero letteralmente una mano ai deboli, agli affamati e a chi aveva freddo. Li incitarono e mostrarono loro la strada per Sion, nella Valle del Lago Salato.

Salvare le persone

Nella nostra epoca di aerei, in cui ci vuole meno di un giorno per viaggiare dall’Europa alla Valle del Lago Salato, lo scenario e le condizioni sono cambiate drasticamente. Ma la dichiarazione del presidente Young non è cambiata: la nostra è ancora la religione che salva le persone. Quali appartenenti alla chiesa del Signore, avremo sempre l’obbligo di soccorrere chi ha necessità spirituali e fisiche. Come dichiarò il Signore agli anziani della Chiesa appena restaurata: «E ricordate in ogni cosa i poveri e i bisognosi, gli ammalati e gli afflitti, poiché colui che non fa queste cose non è mio discepolo» (DeA 52:40).

Vogliamo essere veri discepoli del nostro Signore Gesù Cristo. Dichiariamo di amare Dio e di voler seguire i Suoi comandamenti. Ogni domenica rinnoviamo le nostre alleanze battesimali, adoriamo Dio nelle nostre riunioni e Lo ringraziamo per le tante benedizioni che ci accorda. Il promemoria di Re Beniamino è ancora valido: «Quando siete al servizio dei vostri simili, voi non siete che al servizio del vostro Dio» (Mosia 2:17).

Quando il Signore vuole benedire la vita di qualcuno o aiutare chi ha bisogno, spesso manda un vicino, un amico o un membro della famiglia. Questo è un modo in cui porta sostegno e salvezza agli altri. Così facendo, ci aiuta a comprendere il grande comandamento: «Ama il tuo prossimo come te stesso» (Matteo 22:39).

Non meraviglia che spesso noi siamo i maggiori beneficiari dell’aiuto che abbiamo dato ad altre persone? Il Signore ha promesso: «Colui che affonda la falce con forza accumula una riserva per non perire, ma porta la salvezza alla sua anima» (DeA 4:4). Portando la salvezza agli altri, portiamo la salvezza alla nostra anima.

Tenere gli occhi aperti

Sono molti i modi in cui possiamo tendere una mano agli altri e aiutare chi ha bisogni fisici e spirituali. Se nel cammino della vita teniamo gli occhi aperti, il Signore ci mostrerà occasioni per benedire gli altri e noi stessi.

Di recente ho partecipato a una conferenza dei missionari dei servizi umanitari della Chiesa in Giordania. Mentre facevo la loro conoscenza, ho notato due sorelle che lavoravano a maglia. Mi dissero che preparavano cuffiette a maglia per i neonati. Nella zona settentrionale di Amman, la capitale, c’è un ospedale in cui nascono cinquanta bambini al giorno. Le persone là sono molto povere. Dopo il parto, mamme e bambini vengono rimandati a casa, dove non esiste il riscaldamento. Molti di questi bambini soffrono di malattie e muoiono a causa della diminuzione della temperatura corporea. Chiesi due campioni del loro lavoro.

Quando feci ritorno a casa, mia moglie portò quei due campioni alla Società di Soccorso. Il risultato fu l’inizio di un miracolo, proprio come spesso accade in molte riunioni della Società di Soccorso in tutto il mondo. Nel periodo natalizio, molte sorelle dei rioni vicini cominciarono a lavorare a maglia e a cucire cuffiette per bambini. Lavoravano da sole, con le amiche, a casa o alle attività della Chiesa.

Un giorno chiesi a un amico come stava. Con uno sguardo divertito negli occhi rispose: «Sono una “vittima” delle cuffiette per neonati. Parliamo di cuffiette notte e giorno. Siamo circondati da cuffiette». Una sorella mi chiamò per chiedermi: «Ma non fa caldo in Medio Oriente?» Quando la rassicurai che le cuffiette erano necessarie, proseguì il lavoro.

Quando ritornai in Giordania, avevo nelle mie valigie più di 800 cuffiette per neonati. Nel consegnarle al consulente del reparto neonati dell’ospedale, questi pensò che fossero un dono del cielo. La Giordania ha appena passato l’inverno più freddo da sedici anni a questa parte, con temperature al di sotto dello zero.

Aiutare il prossimo

Avvicinarsi e aiutare non sono limitati da età, salute, tempo, capacità o possibilità economiche. Chiunque ne abbia il desiderio, può aiutare chi è nel bisogno. Possiamo partecipare a progetti organizzati di benessere. Possiamo dare una generosa offerta di digiuno. Possiamo fare visita e dare conforto a un amico che è ammalato. Possiamo invitare a casa nostra qualcuno che sta affrontando dei problemi. Possiamo visitare regolarmente le famiglie a cui facciamo insegnamento familiare e le sorelle che ci sono state date per l’insegnamento in visita. Possiamo invitare alle nostre riunioni domenicali un amico che lotta contro le avversità. Possiamo accompagnare i missionari a tempo pieno. Possiamo fare il lavoro genealogico e servire spesso nel tempio. Possiamo ascoltare i nostri figli e nipoti, insegnare loro e incoraggiarli a camminare nella luce.

Talvolta aiutare qualcuno è facile quanto offrire una preghiera sincera, fare una telefonata o scrivere un biglietto. Se siamo troppo occupati per aiutare un bisognoso, allora siamo troppo occupati. Quando facciamo del bene, ci comportiamo secondo l’invito del Salvatore:

«Io vi pongo ad essere la luce di questo popolo. Una città posta sopra un monte non può essere nascosta.

Ecco, gli uomini accendono una lampada per metterla sotto un moggio? No, ma su un candeliere, e dà luce a tutti quelli che sono nella casa.

Così risplenda dunque la vostra luce davanti a questo popolo, affinché possa vedere le vostre buone opere e glorifichi il Padre vostro che è nei cieli» (3 Nefi 12:14–16).

Aprire le porte del cielo

Aiutare gli altri è semplicemente prendersi cura delle persone. Noi non ci preoccupiamo dei numeri o delle statistiche, ma del benessere delle persone che ci circondano. Quando facciamo del bene, tendiamo una mano e forniamo aiuto spirituale e fisico a seconda delle nostra forza e capacità, automaticamente apriamo loro le porte del cielo. Queste persone saranno attratte da ciò che siamo e che rappresentiamo. Saranno benedette da ciò che vedono e sentono. Le loro testimonianze saranno confermate o rafforzate. Allora l’assicurazione del Signore risuonerà nella nostra anima:

«Pertanto, sii fedele; stai nell’ufficio che ti ho assegnato; soccorri i deboli, alza le mani cadenti e rafforza le ginocchia fiacche.

E se sarai fedele fino alla fine avrai una corona di immortalità, e di vita eterna nelle dimore che ho preparato nella casa di mio Padre» (DeA 81:5–6).

La nostra religione è soccorrere e salvare le anime.

Note

  1. «Anziani d’Israele», Inni, 201.

  2. Brigham Young, «Remarks», Deseret News, 15 ottobre 1856; vedere anche LeRoy R. Hafen e Ann W. Hafen, Handcarts to Zion (1960), 120–21; LaRene Porter Gaunt e Linda Dekker, «Go and Bring Them In», Ensign, dicembre 2006, 43.

  3. Handcarts to Zion, 228.

Sacrifice---George Padely, di Julie Rogers

Illustrazioni di Julie Rogers