Guarda in alto
Una sfida che accomuna tutti quanti noi non è quella di capire come gli altri vedono la nostra vita, bensì quella di capire come ci vede il Padre Celeste.
Da giovane fui chiamato a svolgere una missione ad Amburgo, in Germania. Alla Missione di addestramento linguistico, che precedette ciò che oggi si conosce come centro di addestramento missionario, faticavo a imparare la lingua. Dopo la prima e poi la seconda settimana, notai che gli altri missionari del mio distretto stavano facendo molti più progressi di me. Mentre loro procedevano con argomenti più complessi, io ero un disastro con i vari die, der e das.
Iniziai a preoccuparmi e a scoraggiarmi. Come potevo fare una buona missione se non potevo comunicare con le persone cui ero stato chiamato ad insegnare?
Pregai per essere aiutato e chiesi una benedizione del sacerdozio, ricevendo una certa rassicurazione. Tuttavia, continuai a fare molta fatica fino a che un giorno mi sentii più teso e preoccupato che mai. Mentre io e il mio collega camminavamo lungo il corridoio, mi fermai davanti a un piccolo ripostiglio. Chiesi al mio collega di aspettarmi un momento. Entrai in quello stanzino e mi inginocchiai su un mocio, mettendomi a supplicare il Padre Celeste di farmi stare meglio.
Il Signore rispose alla preghiera con questo pensiero che venne nella mia mente: “Non ti ho mai chiamato a padroneggiare la lingua tedesca. Ti ho semplicemente chiamato a servire con tutto il tuo cuore, mente e forza”.
Pensai subito: “Questo lo posso fare. Ce la posso fare a servire con tutto il mio cuore, mente e forza. Se è questo quello che il Signore mi ha chiamato a fare, posso farcela”. Mi alzai, dunque, sentendomi grandemente sollevato.
Da quel momento in poi, il mio metro di misura cambiò. Non valutavo più il mio progresso e il mio successo in base a quello del mio collega o di altri membri del distretto. Al contrario, mi concentrai su quella che era l’opinione del Signore a mio riguardo. Invece di guardare a lato e paragonarmi agli altri, cominciai a guardare in alto, per così dire, per sapere cosa Lui pensava dei miei sforzi.
Non so se imparai la lingua in modo migliore o più veloce da quel momento in avanti, ma non sentivo più le preoccupazioni che avevo in precedenza. Sapevo ciò che il Signore voleva che facessi e io ero in grado di farlo.
Cominciai a consigliarmi con il Padre Celeste alla mattina, dicendoGli che non sapevo cosa avrebbe portato la giornata, ma che avrei fatto del mio meglio. “Qualsiasi cosa possa imparare, aiutami a impararla”, pregavo, “ma indipendentemente da cosa si tratti, Ti darò il mio meglio oggi”.
La sera pregavo di nuovo riferendo ciò che avevo studiato e ciò che avevo fatto. Parlavo al mio Padre Celeste sia delle mie difficoltà che dei miei successi. Avevo iniziato a rivolgermi a Lui, non agli altri né a me stesso, per avere conferma del mio progresso.
La lezione che imparai in un angusto ripostiglio oltre 35 anni fa mi ha accompagnato per tutta la vita in diverse chiamate e incarichi. Ogni volta che mi viene chiesto di fare qualcosa in cui le aspettative sembrano più grandi di ciò che sono in grado di fare, mi ricordo di questa esperienza e mi dico: “Aspetta. Chi ti ha chiamato? Chi stai servendo? Chi cerchi di compiacere?”
Il mondo in cui viviamo oggi ha numerosi metri di misura, quasi tutti esterni a noi. Penso che tali parametri possano essere particolarmente duri per i giovani adulti. Si va a scuola e si riceve un voto, sebbene non vengano tenute necessariamente in conto le altre esperienze che si fanno nelle altre materie oppure la famiglia di appartenenza o la situazione che si sta attraversando. Talvolta veniamo giudicati dal modo in cui appariamo o dalla macchina che guidiamo. A volte possiamo basare il valore che percepiamo di noi stessi sul numero di amici che scrivono sulla nostra bacheca nei siti dei social network. Ci preoccupiamo di quello che gli altri pensano della persona con cui usciamo o di ciò che la gente penserà se ci sposiamo prima di finire l’università. È facile farsi trasportare dal desiderio di piacere agli altri, ma non possiamo affidarci a questi metodi esterni; il mondo può essere troppo frettoloso sia a lodare che a criticare.
Penso che la sfida che accomuna tutti noi, ma forse soprattutto i giovani adulti, sia quella di cercare di non guardare a lato per capire come gli altri vedono la nostra vita, ma di guardare in alto per capire come ci vede il Padre Celeste. Egli non guarda l’aspetto esteriore, bensì il cuore (vedere 1 Samuele 16:7). Sa meglio di chiunque altro ciò di cui ognuno di noi ha bisogno.
Dunque, come facciamo a “guardare in alto”? Ecco alcuni principi che possono essere di aiuto.
Attingere dal potere spirituale
Possiamo attingere il potere spirituale di cui abbiamo bisogno per prendere decisioni cominciando ogni giorno con la preghiera personale e lo studio delle Scritture. La preghiera può comprendere la richiesta di essere aperti al piano che Dio ha per noi. Benché possiamo non intravvedere tutto il piano, possiamo chiedere di essere ricettivi a quella parte del piano che si realizzerà durante la giornata. Se saremo ricettivi, vedremo i frutti delle scelte che abbiamo fatto per seguirLo. Saremo in grado di agire in base alle impressioni che riceviamo. Saremo in grado di fare cose difficili e di portare a termine, per le giuste ragioni, tutto ciò che ci viene chiesto.
Attenersi alla guida ricevuta
Possiamo “guardare in alto” attenendoci alla guida che abbiamo ricevuto da un amorevole Padre in cielo mediante la rivelazione personale. A volte gli altri vorrebbero dissuaderci dal fare quello che ci è stato rivelato, e anche se hanno buone intenzioni, dobbiamo seguire ciò che abbiamo sentito.
Io e mia moglie abbiamo una figlia che sta svolgendo una missione a tempo pieno in Spagna. Questa figlia frequentò la scuola superiore in Nuova Zelanda, mentre servivo come presidente di missione. Quando compì 21 anni, disse: “Papà, mamma, penso di dover servire una missione”. Naturalmente eravamo contenti di questa buona decisione, ma sapendo che era stato un sacrificio per lei allontanarsi dai suoi amici e familiari durante la sua adolescenza, le dissi: “Hai già servito una missione”.
Lei sorrise e disse: “No, papà, tu l’hai fatto. Adesso voglio andare a servire il Signore io”.
“OK”, sorrisi. “Fai dunque questa missione. Segui il suggerimento di servire”.
Oggi sono estremamente contento non solo che stia servendo il Suo Padre Celeste e i Suoi figli in Spagna, ma anche che stia seguendo l’impressione che aveva sentito. Non permise nemmeno a me, un genitore dalle buone intenzioni, di convincerla a fare qualcosa di diverso da quello che sentiva essere giusto per la sua vita e il piano che il Padre Celeste aveva per lei.
Non avere paura di agire
Per quanto importante sia imparare il piano che il Padre Celeste ha per la nostra vita, talvolta ci fermiamo così tanto ad andare in cerca dei minimi dettagli, dal primo all’ultimo, che ci viene paura di agire. Non cadete in questa trappola. Fate buone scelte usando il vostro miglior giudizio e andate avanti con la vostra vita. Veniamo benedetti quando facciamo delle scelte. Non abbiate paura di fare scelte perché temete di commettere degli errori. Non abbiate paura di provare nuove cose. Così facendo, troverete gioia nel vostro cammino.
Rimanere nella propria postazione
Quando la nostra famiglia viveva in Nuova Zelanda, a volte ci sentivamo sopraffatti dalla quantità di difficoltà che affrontavano i simpatizzanti, i recenti convertiti, i missionari e altre persone. Spesso ci ritrovavamo a pregare per avere delle risposte, aspettandoci di riceverle velocemente!
Tutti noi abbiamo bisogno di aiuto e talvolta le soluzioni che cerchiamo arrivano velocemente; tuttavia, altre volte giungono in maniere diverse da quelle sperate o più tardi di quanto ci aspettavamo. In alcune occasioni sembra che non arrivino affatto.
In questi casi, adottate l’atteggiamento di “rimanere nella vostra postazione” fino a che il Signore non manda un aiuto, indipendentemente da quanto ci possa volere. Tuttavia, rimanere nella propria postazione non significa rimanere fermi. Come ho detto, non abbiate paura di agire. Continuate a fare cose buone. Continuate a rispettare i comandamenti. Continuate a pregare, a studiare e a fare del vostro meglio finché non ricevete ulteriore guida. Non abbandonate la vostra postazione. Secondo i Suoi tempi, il Signore farà in modo che ogni cosa cooperi per il vostro bene.
“Guardare in alto” ha portato continue benedizioni nella mia vita da quell’esperienza nella Missione di addestramento linguistico. In Helaman 3:27, infatti, Mormon spiega: “Il Signore è misericordioso verso tutti coloro che, nella sincerità del loro cuore, invocano il suo santo nome”. Ho provato e sperimentato la Sua misericordia e il Suo amore. So che la Sua misericordia è estesa a tutti noi se crediamo e invochiamo il Suo nome.