Come sapevi di dover venire?
Sherrie H. Gillett, Utah, USA
Quando avevo 33 anni, mio marito morì per un tumore al cervello. Mi trovai improvvisamente a essere un genitore solo a crescere tre figli per conto mio. Fu un periodo difficile della mia vita, ma il consiglio del Signore che “tutte queste cose ti daranno esperienza, e saranno per il tuo bene” (DeA 122:7) mi diede il coraggio per andare avanti.
In seguito mi risposai e traslocai in un nuovo rione, dove fui chiamata come presidentessa della Società di Soccorso. Un giorno, mentre pulivo la casa, ebbi la chiara impressione di dover far visita a una sorella meno attiva che aveva perso suo marito di recente. Ignorai quel pensiero, credendo di aver bisogno di fare altre cose quel giorno. Mi vergogno a dire che ricevetti la stessa impressione ancora due volte prima di decidermi finalmente ad agire.
Quando, quella sera, arrivai a casa della sorella, era buio. Suonai il campanello e aspettai. Bussai rumorosamente e aspettai ancora un po’.
Mentre stavo per andarmene, la luce della veranda si accese e la porta si aprì lentamente. Con esitazione la sorella fece capolino dalla porta. Non dimenticherò ciò che mi chiese: “Come sapevi di dover venire?” Mi disse che aveva trascorso l’intera giornata a piangere e sentiva che non poteva andare avanti senza suo marito.
Quella sera parlammo per un paio di ore. Non ricordo molto di quel che ci raccontammo, ma ricordo di averle detto: “So davvero quello che stai passando”. Le assicurai che il tempo sarebbe stato suo amico e che il Signore avrebbe vegliato su di lei. Mentre parlavamo, notai che l’espressione affranta dal dolore sul suo volto aveva lasciato il posto a un’espressione di pace.
Al termine della nostra conversazione, la abbracciai affettuosamente. Ero così grata di essere stata spinta a farle visita. Sapevo che il nostro affettuoso Padre Celeste mi aveva permesso di assisterLo nell’aiutare questa dolce sorella in un momento di bisogno.