2019
Veri discepoli del Salvatore
Novembre 2019


Veri discepoli del Salvatore

Possiamo provare una gioia duratura quando il nostro Salvatore e il Suo vangelo diventano la struttura portante attorno alla quale costruiamo la nostra vita.

Un po’ nascosta nel libro di Aggeo dell’Antico Testamento si trova la descrizione di un gruppo di persone che avrebbero potuto seguire il consiglio dell’anziano Holland. Sbagliavano perché non mettevano Cristo al centro della loro vita, della loro fede e del loro servizio. Aggeo si serve di immagini metaforiche che inducono alla riflessione per rimproverare queste persone che se ne stavano adagiate nella comodità delle proprie case anziché essere intente a costruire il tempio:

“È egli il tempo per voi stessi d’abitare le vostre case ben rivestite di legno, mentre questa casa giace in rovina?

Or dunque così parla l’Eterno degli eserciti: Ponete ben mente alle vostre vie!

Voi avete seminato molto, e avete raccolto poco; voi mangiate, ma non fino ad esser sazi; bevete, ma non fino a soddisfare la sete; vi vestite, ma non v’è chi si riscaldi; chi guadagna un salario mette il suo salario in una borsa forata.

Così parla l’Eterno degli eserciti: Ponete ben mente alle vostre vie!”1.

Non sono bellissime queste descrizioni di quanto sia futile dare la precedenza a cose di nessun valore eterno piuttosto che alle cose di Dio?

A una riunione sacramentale cui ho partecipato di recente, un missionario ritornato ha citato un padre che aveva riassunto perfettamente questo concetto dicendo ai suoi figli: “Qui ci vuole meno Wi-Fi e più Nefi!”.

Nei miei cinque anni vissuti in Africa Occidentale, ho visto moltissimi esempi di persone che, spontaneamente e senza vergognarsene, mettono il Vangelo al primo posto. Uno di questi esempi è il nome di una ditta ghanese che ripara pneumatici ed effettua la convergenza delle ruote. Il proprietario l’ha chiamata “Allineamento alla Tua volontà”.

Possiamo provare una gioia duratura2 quando il nostro Salvatore e il Suo vangelo diventano la struttura portante attorno alla quale costruiamo la nostra vita. Tuttavia, è facile che a diventare questa struttura portante siano invece le cose del mondo, per il quale il Vangelo è un aspetto facoltativo o si riduce all’andare in chiesa due ore la domenica. Quando ciò accade, è come se mettessimo il nostro salario “in una borsa forata”.

Aggeo ci sta dicendo di impegnarci, di essere, come diciamo in Australia, “fair dinkum” nel vivere il Vangelo. Le persone sono “fair dinkum” quando sono ciò che dicono di essere.

Giocando a rugby ho imparato qualcosa sull’essere “fair dinkum” e sull’essere impegnati fino in fondo. Ho capito che, quando giocavo al massimo delle mie capacità, quando davo tutto me stesso, traevo dalla partita le soddisfazioni maggiori.

L’anziano Vinson con la sua squadra di rugby

Degli anni in cui ho giocato a rugby il mio preferito è stato il primo dopo le scuole superiori. Facevo parte di una squadra di giocatori pieni di talento e dedizione. Quell’anno vincemmo il campionato. Un giorno, però, dovevamo incontrare una formazione di categoria inferiore e, dopo la partita, tutti noi saremmo andati al ballo annuale dell’università con le nostre ragazze. Pensai che, siccome la partita si prospettava facile, dovevo cercare di evitare di farmi male, così poi avrei potuto godermi pienamente la serata. Perciò, durante l’incontro non ci siamo impegnati negli scontri duri come avremmo potuto, e abbiamo perso. A peggiorare le cose, a fine partita avevo un labbro contuso e tumefatto che non mi rendeva certo più attraente in vista del mio importante appuntamento. Forse avevo qualcosa da imparare.

Un’esperienza assai diversa mi è capitata in occasione di una partita successiva, nella quale mi sono impegnato senza riserve. A un certo punto mi sono buttato intenzionalmente in uno scontro e ho avvertito immediatamente un dolore sulla faccia. Siccome mio padre mi aveva insegnato che non si deve mai far sapere all’avversario di esserti fatto male, ho continuato a giocare fino alla fine della partita. Quella sera, tentando di mangiare, ho scoperto di non riuscire ad addentare nulla. Il mattino seguente sono andato all’ospedale, dove una lastra ha confermato che avevo la mandibola rotta. Mi hanno immobilizzato la mandibola fissandola con fili metallici per le successive sei settimane.

Da questa parabola del labbro tumefatto e della mandibola rotta ho imparato qualche lezione. Sebbene ricordi ancora la voglia di cibo solido che non potevo soddisfare durante quelle sei settimane in cui potevo ingerire solo liquidi, non rimpiango di essermi rotto la mandibola, perché è stata una conseguenza dell’aver dato tutto me stesso. Mentre invece mi rammarico di quel labbro tumefatto, perché rappresentava la mia mancanza di impegno.

Dare tutti noi stessi non implica che le cose fileranno sempre lisce o che avremo sempre successo. Significa però che avremo gioia. La gioia non è un piacere passeggero o una felicità transitoria. La gioia è duratura e si prova quando i nostri sforzi vengono accettati dal Signore.3

Troviamo un esempio di questo nella storia di Oliver Granger. Come ha dichiarato il presidente Boyd K. Packer: “Quando […] i santi furono scacciati da Kirtland […] Oliver Granger fu lasciato sul posto a vendere le loro proprietà anche solo per pochi soldi. Non c’erano molte probabilità che potesse riuscirci e, infatti, non ce la fece”4. Granger era stato incaricato dalla Prima Presidenza di un compito difficile, se non impossibile. Eppure il Signore lo elogiò con queste parole per i suoi sforzi apparentemente senza successo:

“Mi ricordo del mio servitore Oliver Granger; ecco, in verità gli dico che il suo nome sarà tenuto in sacro ricordo di generazione in generazione, per sempre e in eterno, dice il Signore.

Perciò, che lotti intensamente per il riscatto della Prima Presidenza della mia Chiesa, […]; e quando cadrà si rialzi; poiché il suo sacrificio mi sarà più sacro del suo guadagno, dice il Signore”5.

Questo si applica anche a tutti noi: non sono i nostri successi che interessano al Signore, bensì il nostro sacrificio e il nostro impegno.

Un altro esempio di vero discepolo di Gesù Cristo è una nostra cara amica della Costa d’Avorio, nell’Africa Occidentale. Per un lungo periodo di tempo questa meravigliosa e devota sorella ha subito terribili abusi emotivi, e persino fisici, da parte del marito, dal quale alla fine ha divorziato. La sua fede e la sua bontà non hanno mai vacillato, ma per la crudeltà a cui era stata sottoposta si è sentita a lungo profondamente ferita. Ecco come lei stessa descrive ciò che è accaduto:

“Sebbene dicessi di averlo perdonato, avevo come una profonda ferita che mi accompagnava notte e giorno e bruciava dentro di me. Ho pregato molte volte il Signore affinché me ne liberasse, ma il dolore era così grande che ero fortemente convinta che non mi avrebbe più lasciato per il resto della vita. Faceva male più di quando da giovane avevo perso mia madre; più di quando avevo perso mio padre e persino mio figlio. Era come se riempisse e opprimesse il mio cuore fin quasi a farlo scoppiare, dandomi addirittura l’impressione che una volta o l’altra ne sarei morta.

Altre volte mi chiedevo cosa avrebbe fatto il Salvatore nella mia situazione, e in realtà dicevo: ‘Signore, questo è troppo’.

Poi una mattina ho cercato tutto questo dolore nel mio cuore e ancora più a fondo, nella mia anima. Non c’era più. Con la mente ho passato velocemente in rassegna tutte le ragioni che [avevo] per sentirmi ferita, ma non ho provato alcun dolore. Ho aspettato tutto il giorno per vedere se quella sofferenza sarebbe tornata nel mio cuore, ma non è tornata. Allora, mi sono inginocchiata e ho ringraziato Dio di aver fatto sì che il sacrificio espiatorio del Signore avesse avuto effetto su di me”6.

Ora questa sorella è felicemente suggellata a un uomo meraviglioso e fedele, che la ama profondamente.

Quale dovrebbe essere, dunque, il nostro atteggiamento di veri discepoli di Cristo? E quale valore diamo al Vangelo quando poniamo “ben mente alle [nostre] vie”, come ci suggerisce Aggeo?

Mi piace molto l’esempio dato dal padre del re Lamoni che ci mostra il giusto atteggiamento. Ricorderete la sua rabbia iniziale quando incontrò suo figlio in compagnia di Ammon, un Nefita — e i Lamaniti odiavano i Nefiti. Sguainò la spada per battersi con Ammon, ma ben presto si trovò con la spada di Ammon puntata alla gola. “Ora il re, temendo di perdere la vita, disse: Se mi risparmierai ti accorderò qualsiasi cosa chiederai, finanche la metà del regno”.7

Notate la sua offerta: la metà del suo regno in cambio della vita.

In seguito, però, dopo aver compreso il Vangelo, fece un’altra offerta. “Il re disse: Che dovrò fare per poter avere questa vita eterna di cui hai parlato? Sì, che dovrò fare per poter nascere da Dio, dopo aver sradicato questo spirito malvagio dal mio petto, e ricevere il suo Spirito, affinché io possa essere riempito di gioia, affinché io possa non essere rigettato all’ultimo giorno? Ecco, disse, io rinuncerò a tutto ciò che possiedo, sì, abbandonerò il mio regno, per poter ricevere questa grande gioia”.8

Questa volta era pronto a rinunciare a tutto il suo regno, perché il Vangelo valeva più di tutto ciò che possedeva! Fu “fair dinkum” verso il Vangelo, ossia onesto e coerente fino in fondo.

Allora la domanda per ciascuno di noi è: siamo anche noi “fair dinkum” nei confronti del Vangelo? Perché riservargli solo un impegno parziale non è essere “fair dinkum”! E Dio non è noto per tessere le lodi di chi è “tiepido”.9

Non c’è tesoro, passatempo, status, social media, videogioco, sport, amicizia con persone famose o alcun’altra cosa sulla terra che sia più preziosa della vita eterna. Ecco perché la raccomandazione che il Signore rivolge a tutti è: “Ponete ben mente alle vostre vie”.

Le parole di Nefi esprimono nel modo migliore i miei sentimenti: “Io esulto nella semplicità; esulto nella verità; esulto nel mio Gesù, poiché egli ha redento la mia anima dall’inferno”10.

Siamo veri seguaci di Colui che diede tutto se stesso per noi? Colui che è il nostro Redentore e il nostro Avvocato presso il Padre? Colui che ha dimostrato dedizione assoluta nel compiere il Suo sacrificio espiatorio e che dimostra la stessa dedizione ora nell’amarci, nell’offrirci misericordia e nel desiderare che otteniamo la gioia eterna? Imploro tutti coloro che ascoltano o che leggeranno queste parole: non rimandate di essere totalmente devoti al Vangelo a un non meglio precisato futuro che forse non arriverà mai. Diventate adesso “fair dinkum” e abbiate gioia! Nel nome di Gesù Cristo. Amen.