Il Nuovo Testamento nel contesto
Il Consiglio di Gerusalemme
Scopri quali insegnamenti ha per noi oggi il consiglio descritto in Atti 15.
Atti 15 racconta uno dei primi consigli cristiani, il Consiglio di Gerusalemme, e insegna principi che ancora oggi si applicano alla Chiesa.
Questo consiglio fu indetto per discutere la questione di ciò che i Gentili (non Giudei) dovevano fare quando si convertivano al cristianesimo. Mentre i primi credenti che accettarono Gesù come Messia erano Giudei, i Gentili provenivano da un diverso contesto religioso ed etnico, quindi la loro integrazione nella Chiesa cristiana emergente divenne un problema.
Di norma, i Giudei e i Gentili non interagivano strettamente a causa delle differenze di religione, cultura e lingua, come pure delle leggi alimentari (kosher) seguite dai Giudei. I primi cristiani si chiedevano se le usanze e le tradizioni giudaiche dovessero proseguire, dal momento che Gesù e tutti i primi apostoli erano cresciuti facendo queste cose.
Punti di vista diversi tra i primi membri della Chiesa
I primi membri della Chiesa avevano opinioni diverse su questo argomento. Alcuni sostenevano che i maschi che volevano essere salvati e accettare Gesù dovevano essere circoncisi, come era consuetudine sotto la legge di Mosè (vedere Atti 15:1).1
Paolo e Barnaba avevano un’opinione diversa. Avevano insegnato ai Gentili e avevano sentito lo Spirito Santo contribuire a queste conversioni. Paolo e Barnaba vedevano questo fatto come una testimonianza che l’opera che stavano svolgendo era vera (vedere Atti 15:2–4). Non ponevano la circoncisione o l’osservanza delle leggi alimentari giudaiche come requisito per il battesimo.
Queste opinioni contrapposte richiedevano un consiglio tra i dirigenti della Chiesa a Gerusalemme per risolvere la questione.
La dichiarazione di Pietro
Pietro, il capo degli Apostoli, prese la parola al consiglio. Ricordò ai partecipanti le sue esperienze in cui aveva appreso che i Gentili dovevano venire a conoscenza del Vangelo e che lo Spirito Santo aveva testimoniato loro la verità proprio come ai Giudei che avevano accettato Gesù come Messia (vedere Atti 15:7–8; vedere anche Atti 10).
Egli dichiarò: “[Dio] non fece alcuna differenza tra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede” (Atti 15:9). Le esperienze avute dai Gentili con lo Spirito Santo erano una prova che la loro conversione a Cristo era accettata da Dio e questo senza che essi avessero vissuto osservando i requisiti della legge di Mosè.
Pietro concluse affermando la sua speranza “d’esser salvati per la grazia del Signor Gesù, nello stesso modo che loro” (Atti 15:11).
Il compromesso di Giacomo
Anche Giacomo, il fratello di Gesù e una figura importante tra i primi dirigenti della Chiesa a Gerusalemme, prese la parola al consiglio. Riconobbe le esperienze di Pietro che lo avevano portato a sapere che Dio avrebbe reso i Gentili un popolo dell’alleanza (vedere Atti 15:13–17; vedere anche Amos 9:11).
Poi, propose un compromesso. Suggerì che i Gentili si astenessero da almeno quattro cose, osservando in questo la legge di Mosè (vedere Atti 15:20, 29):
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Sacrifici agli idoli
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Fornicazione (immoralità sessuale)
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“Cose soffocate” (ossia animali uccisi senza farne defluire il sangue)
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Sangue (legato al principio di evitare cibo derivante da animali macellati impropriamente)
Queste proibizioni avrebbero contraddistinto i Gentili convertiti dagli altri Gentili, dal momento che queste azioni a volte facevano parte del culto dei Gentili verso altre divinità.
Un messaggio per i santi
Tutti i partecipanti al consiglio accettarono la proposta di Giacomo, così inviarono lettere e rappresentanti ad Antiochia e ad altre congregazioni cristiane per informarli di questa direttiva (vedere Atti 15:23–29). Nella lettera riconobbero inoltre il ruolo dello Spirito Santo nel testimoniare che questa direttiva era buona.
Ora tutti i cristiani, sia di origine giudea che gentile, potevano mangiare insieme. La direttiva sottolineava anche indirettamente che il sentiero che conduce alla salvezza erano la fede in Gesù Cristo e le alleanze stipulate con Lui, non la legge di Mosè.2
Lezioni del Consiglio di Gerusalemme
Dal Consiglio di Gerusalemme emergono almeno cinque principi che si applicano alla Chiesa oggi:
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Esprimere idee diverse all’interno di un consiglio può aiutare i membri nella loro ricerca di fare la volontà del Signore e può portare a un accordo a cui tutti possono attenersi.
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L’accordo o la decisione finale viene presa in virtù dell’autorità dei suoi dirigenti; i membri del consiglio e gli altri membri della Chiesa possono sostenere queste decisioni autorevoli e confidare in esse.
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La Chiesa può incorporare diverse culture e i membri possono imparare quali pratiche culturali sono contrarie alla cultura del Vangelo e devono essere abbandonate.
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Lo Spirito Santo darà una forte testimonianza della volontà di Dio e del fatto che la stiamo seguendo.
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Accettare Gesù Cristo tramite il battesimo e le altre alleanze è la chiave per la conversione e per unirsi alla Chiesa.
Seguire questi principi nei consigli della Chiesa oggi porterà a rispettare i punti di vista degli altri. Possiamo anche dimostrare umiltà accettando e sostenendo le decisioni prese in consiglio.