“La storia di Laurie”, Attrazione verso persone dello stesso sesso – Storie di membri (2020)
“La storia di Laurie”, Attrazione verso persone dello stesso sesso – Storie di membri
La storia di Laurie
Laurie ha sempre saputo che il Vangelo è vero, ma questo non ha reso le cose facili. Infatti, quello che sa sembra aver reso enormemente più difficili molte delle decisioni che hanno cambiato la sua vita. Tuttavia, dopo essere passata attraverso tutte le prove e le lacrime, ha capito di essere dedita al Salvatore e al Suo vangelo.
La storia personale di Laurie
Mi chiamo Laurie Campbell e ora vivo a Oceanside, in California (USA), con mio marito e mio figlio.
Sono redattrice pubblicitaria; ma devo solo prendere la sedia e sedermi sulla spiaggia con il portatile e ho una fantastica vista sull’oceano. Questo è il mio ufficio. Con grande disappunto della mia famiglia di medici, dopo quattro anni di microbiologia sono passata all’arte, sono andata in California e ho frequentato per altri quattro anni la scuola d’arte.
Onestamente, in un certo senso è stato rassicurante, a dire il vero. Praticamente, la mia salute mentale era compromessa e i progetti sulle piastrelle a cui ho deciso di dedicarmi hanno letteralmente contribuito a salvarmi la vita. Quando ero alle superiori ho sofferto molto di depressione e di ansia, così ho cominciato a fare uso di droga e di alcol. E mi sono presa la mia prima cotta tremenda, ed era per un’allenatrice e, ovviamente, non sono mai stata ricambiata e ho pensato che non ci avrei mai provato perché, dopotutto, sono mormone.
Sapevo che Dio mi avrebbe aiutato, quindi ho pregato che lo facesse, e non ho ottenuto nulla. Pregavo per una cosa e ne succedeva un’altra oppure non riuscivo ad andare avanti un altro giorno e dovevo superare un altro giorno. Quando sono arrivata all’università, ero semplicemente stanca di sentirmi in colpa. Ho iniziato a uscire con donne e, come dire, era una bella sensazione. Mi sono messa con una donna di cui mi ero innamorata, e sentivo di voler trascorrere il resto della mia vita con lei, e sembrava giusto. Ma c’erano comunque volte in cui sentivo che Dio non voleva che quella fosse la mia vita. Sapete, più di una volta mi sono ritrovata con una pistola in bocca a causa del conflitto tra l’essere follemente innamorata e provare sentimenti tanto intensi per una persona e poi il sentire il bisogno di lasciarla, sentire che Dio non vuole che tu… quel tipo di scissione è difficilissimo.
È come le due cose che importano di più nella vita e sembrano essere questa dicotomia che è tanto difficile da affrontare. Era come… non volevo più vivere. Per tornare sobria c’è voluto tanto impegno, ed è stato veramente difficile, e ho fallito innumerevoli volte. Per un po’ ho frequentato gli alcolisti anonimi — l’idea di mettere Dio al primo posto e di affidarmi a Lui perché mi aiutasse, quindi ho deciso che volevo cominciare ad andare di nuovo in chiesa perché questo è ciò in cui credo. Non c’era altro che, letteralmente, questo barlume di luce, come se Cristo stesse reggendo una candela. Come una di quelle candeline, giusto? Era solo questo lieve accenno che diceva: “Puoi farcela. Non sarà piacevole, ma puoi farcela”, e aveva ragione. Non è stato piacevole. Ero ancora completamente innamorata di lei e volevo quella vita, e ho detto due cose in cui credo: “Credo nella nostra relazione e credo che Dio non voglia che io abbia questa relazione”. E ho detto: “Seguirò Dio in questa cosa”. C’è voluta tanta fede da parte mia per cominciare a uscire con gli uomini, e il problema era che uscivo con gli uomini e pensavo: “Accidenti, sono lesbica.
Non ce la faccio…!”. É stata un’esperienza terribile! Aiuto!
Ritengo che l’orientamento sessuale sia un modo di categorizzare le persone, ed è importante per molti, ma per me era un ostacolo. Quindi non volevo quella che mi sembrava un’etichetta. Quello che non mi aiutava, anche allora, erano le persone che dicevano: “Sai? La Chiesa semplicemente cambierà e finirà per accettare le relazioni omosessuali”. E questo mi paralizzava perché, beh, se quella era la verità allora avrei dovuto stare con Tracy. Che forza ho per andare avanti?
Quello che mi ha aiutato di più è stato un vescovo che era comprensivo e che ha detto: “Non ho mai affrontato una cosa del genere, ma vediamo come possiamo fare”. Per tre anni, per tre anni si è incontrato con me. Gli amici, la Chiesa, sono stati importanti; pregare, leggere le Scritture, e ultimare il manoscritto sulla mia vita, e poi un nostro amico ha ricominciato ad andare in chiesa. Facevamo cose solo per divertimento, non ha provato a metterla sul piano fisico e io non gli ho mai dato alcun incoraggiamento, quindi andava tutto alla perfezione.
A parte il fatto di essere innamorata di Tracy, mi piaceva anche stare sola, quindi supponevo che sarei rimasta nubile. Poi, un giorno, lui ha detto: “Spero che questo possa andare oltre”. E così mi ha preso il panico. Sono andata da lui con il manoscritto di centocinquanta pagine sulla mia vita, e ho detto: “Sai una cosa? Penso che tu debba conoscermi un po’ meglio. Perché non lo prendi e lo leggi?”. I miei amici mi hanno presa in giro per tutto il fine settimana, perché dicevano: “Bene, gli hai dato il libro così scappa, eh?”. E io ho risposto: “Non ne sono sicura”. Così gli ho mollato quelle centocinquanta pagine sulle gambe e ho detto: “Se vuoi ancora una relazione dopo che avrai letto questo, vieni a cena domenica sera e vediamoci qui alle sei. Se non verrai, avrai tutta la mia comprensione”. Ho detto: “Non devi neanche telefonare, se non vuoi. Va bene così”.
Si è presentato alle sei con le lacrime agli occhi. Tra le lacrime, ha detto: “Mi dispiace molto che tu abbia dovuto affrontare tutto questo”. Poi ha aggiunto: “È orribile”. E infine: “Avrei voluto esserci per te quando eri giovane. Vorrei che tu avessi avuto qualcuno con cui parlare”. E io mi sono sciolta. Mi ha solo stretta a sé, mi ha semplicemente cinta con le braccia e piangeva, e io ho cominciato a piangere ed è stato come se, di tutte le reazioni che avrebbe potuto avere rispetto a quello che c’era scritto in quel libro, cioè l’alcol e le droghe, e le relazioni con le donne, sapete, di tutte le reazioni che avrebbe potuto avere… Ci tenevamo stretti l’uno all’altra ed era quel senso di unità che non avevo mai sentito con nessun altra persona, donna o uomo che fosse. Era qualcosa di diverso da quanto avessi mai provato prima, e lui ha detto: “Se tu prendessi ancora in considerazione una relazione con me, lo considererei un onore”. È stato davvero un miracolo.
Pensare che “Oh, il matrimonio e la famiglia, tutti i miei problemi sono finiti…”. Mi sento ancora così stupida ad aver pensato che l’ansia o la depressione sarebbero state in agguato ogni volta che qualcosa fosse andato storto con i figli, che ciò sarebbe stato dovuto al fatto di essere sposati e di avere figli. Alcuni mi dicono: “Beh, in realtà, tu sei lesbica e sei sposata con un uomo, e non stai vivendo fedele a te stessa”, e io capisco da dove vengono queste idee perché tempo fa mi sentivo così. Ma ora, quella che pensavo fosse la verità che avevo di fronte non lo era completamente. Devo accettare il fatto che sarà faticoso a prescindere e limitarmi a confidare nella direzione in cui il Signore ci guiderà.
La storia di Laurie (segue)
Mi sono resa conto di essere attratta da una mia allenatrice al liceo a metà degli anni Settanta, quando gay e lesbiche venivano chiamati con appellativi offensivi e degradanti. Erano poche le persone che si dichiaravano apertamente perché faceva troppo male. Fare sport al liceo mi ha aiutata perché avevo diverse amiche lesbiche. Non ero attratta da nessuna di loro, ma mi sentivo molto più a mio agio a uscire con loro che con chiunque altro.
In chiesa mi sentivo in colpa perché, quando avevo dieci anni, sono stata molestata sessualmente da un cugino più grande di me e sono anche stata violentata da un uomo che era un “amico di famiglia”. Poi è arrivata la carica delle lezioni della Chiesa sulla legge della castità, come fucilate in rapida successione di un plotone di esecuzione che mi aveva giudicata colpevole. “Una volta persa la verginità, non potrai mai riaverla”. “Che cosa vorreste avere, un’auto usata o un’auto nuova?”.
Il nostro “amico di famiglia” pedofilo mi ha convinta che lo stupro fosse colpa mia. Insisteva sul fatto che, se lo avessi detto a qualcuno, sarei stata nei guai. Così non l’ho detto a nessuno. E mi sentivo in colpa, orrendamente in colpa, perché supponevo di aver commesso “il peccato peggiore dopo l’omicidio”.
Ho praticato sport anche all’università e trascorrevo molto del mio tempo con amiche lesbiche. A motivo della mia testimonianza del Vangelo, ho evitato gli appuntamenti durante il mio primo anno di studi. Comunque, già al secondo anno ho completamente smesso di andare in chiesa e facevo uso di alcol e di droga. Mi ero stancata di sentirmi in colpa. E dato che non andavo in chiesa né rispettavo la Parola di Saggezza, ho pensato che tanto valeva anche uscire con le donne.
Mi sono avvicinata a quel mondo immaginando che probabilmente era solo una fase. Pensavo che a un certo punto avrei smesso di uscire con le donne e avrei cominciato ad andare di nuovo in chiesa. Poi è successa una cosa inaspettata: mi sono innamorata di una donna con la quale uscivo. La cosa mi ha sorpresa perché non pensavo veramente che mi sarei innamorata (anche se non sono certa di ciò che pensavo sarebbe successo, dato che frequentavo le donne). Ma, nonostante il fatto che i sentimenti che provavo per lei fossero veramente forti, anche la mia testimonianza aveva il suo peso — sia nel senso di una profonda convinzione del Vangelo che del peso del conflitto.
Dopo essere state insieme per quasi un anno e mezzo, ci siamo lasciate. Sono uscita con altre donne nel tentativo di dimenticarla, ma non ha funzionato tanto. Quando mi sono trasferita in un altro stato, avevo la sensazione — l’impressione — di dover scoprire in quale rione vivevo e di andare a parlare con il vescovo. Non avevo assolutamente idea di cosa dire. Sentivo solo che era importante.
Col senno di poi, capisco il perché. Per grazia di Dio, quel vescovo era davvero cristiano. Ha usato il potere del sacerdozio a mio favore, proprio come prevede il piano divino. Metteva in pratica il versetto che dice: “Nessun potere o influenza possono o dovrebbero essere mantenuti in virtù del sacerdozio, se non per persuasione, per longanimità, per gentilezza e mitezza, e con amore non finto” (Dottrina e Alleanze 121:41).
Quel vescovo si è incontrato con me per quasi tre anni, anche quando sono tornata per un po’ insieme alla mia ragazza.
Quando combinavo dei guai, lui diventava più paziente e tollerante e dimostrava un maggior amore sincero.
L’essere innamorata di una donna mi faceva pensare fortemente: “È una cosa giusta”, e c’era molto di buono in quella relazione. Quindi, era difficile credere all’impressione: “Non è una cosa giusta”, tanto più lo era agire di conseguenza. Davvero, quello che sembrava giusto era sbagliato, e quello che sembrava sbagliato era giusto. A volte il conflitto infuriava, e io pensavo di farla finita. Mi sento benedetta a essere ancora viva.
Grazie all’aiuto del vescovo, ho iniziato a leggere le Scritture ogni giorno e ad andare in chiesa più spesso, anche se era difficile mantenere la fede. Molte volte non riuscivo a sentire la presenza di Dio. Le mie preghiere assomigliavano più a monologhi che a dialoghi.
Ero sempre stata certa che ci fosse una quantità limitata di dolore che ognuno di noi avrebbe dovuto sopportare in questa vita. Ci viene detto che non ci sarà dato più di quanto possiamo sopportare. Tuttavia, quando ho raggiunto il punto in cui ero convinta che non avrei potuto sopportare oltre, quello è stato il momento in cui il dolore più profondo — una sorta di dolore decisivo, raffinatore — ha operato in me come nient’altro. Ho iniziato a ottenere la forza necessaria per esercitare il mio arbitrio e scegliere il piano del Vangelo.
Ciononostante, è stata una scelta difficile.
Le prospettive non apparivano rosee. Non avevo il benché minimo desiderio di trascorrere la mia vita con un uomo — figuriamoci l’eternità.
Così non mi rimaneva che un’opzione: rimanere nubile per il resto della mia vita. Mi aiutava il fatto che mi è sempre piaciuto trascorrere del tempo da sola, soprattutto dedicarmi alla scrittura o alla fotografia.
Sapevo che il Libro di Mormon era vero. Sapevo che il vangelo di Gesù Cristo era vero. Sapevo che avevamo un profeta vivente sulla terra. Così ho continuato ad andare avanti in quella direzione.
Tuttavia, in chiesa mi sentivo spesso a disagio. Non conoscevo nessuno. Non avevo smesso di fumare, di bere e di usare droghe, e continuavo a tenere nascosta la mia attrazione sessuale. Sapevo che non stavo conducendo la “vita retta” che supponevo tutti gli altri in chiesa stessero vivendo. Mi sentivo alienata, come se stessi visitando una terra straniera.
Oltre al vescovo, ho finalmente trovato un’amica in chiesa. Mi era stata assegnata come insegnante visitatrice. Il suo amore, la sua accettazione e il suo sostegno mi hanno aiutata a sentirmi più sicura. Finalmente in chiesa avevo un’amica che sapeva chi fossi, comprese tutte le cose sbagliate che avevo fatto, e non pensava che io fossi cattiva, malvagia o perversa.
Mi ci sono voluti molti più anni per raggiungere la sobrietà riguardo alla droga, all’alcol e al tabacco e per trovare un conforto sincero senza un’altra donna nella mia vita. Raggiunti i trent’anni, ero pronta per andare al tempio. Pensavo che stavo per assumermi l’impegno di essere casta per il resto della mia vita, e avevo fede nel fatto che ci sarei riuscita.
Tuttavia, ho sentito che avrei dovuto impegnarmi a frequentare degli uomini, il che spesso mi spingeva nella direzione opposta, facendomi pensare che ero lesbica al di là di ogni dubbio e che non avrei mai potuto stare con un uomo. Poco tempo dopo, ho conosciuto un uomo di cui apprezzavo la compagnia. Era davvero brillante ed era interessante parlare con lui. Siamo rimasti amici fino a quando ha detto che voleva una relazione. Dato che all’epoca stavo scrivendo un libro sulla mia vita, gli ho consegnato il manoscritto che parlava di tutti i peccati peggiori che avevo commesso.
Ho pensato che forse non lo avrei più rivisto. E invece si è presentato per cena quella domenica sera.
Il mio passato non gli andava solo bene, ne era profondamente commosso.
Tra le lacrime, mi ha chiesto scusa per non esserci stato quando ero giovane e per non avermi potuto aiutare.
Ero veramente colpita e profondamente commossa. I miei sentimenti per lui sono cambiati in quell’istante. Da quel momento in poi, ho saputo che è la persona giusta per me. Ed è un uomo, il che è stata la parte più sorprendente.
Ancora oggi, lascio che le persone in determinate situazioni conoscano il mio passato quando sento la necessità di istruire e informare, di aiutare ad accrescere la comprensione riguardo all’attrazione verso le persone dello stesso sesso e i santi degli ultimi giorni LGBT che stanno cercando di trovare un senso di appartenenza alla comunità di Santi. A volte vengo trattata diversamente, persino evitata o scansata da alcuni. Più spesso, ho stretto amicizie più profonde e ho scoperto di avere più cose in comune con gli altri di quanto pensassi.
Ammetto di avere qualche difficoltà quando qualcuno dice: “Certo, puoi vivere rettamente perché ti sei sposata. Per te è più facile”. La cosa mi infastidisce perché ho affrontato prove più recenti a causa del disturbo da stress post-traumatico e perché sto crescendo i nostri tre figli, ciascuno afflitto da determinate difficoltà. E questo si è dimostrato ancora più difficile per me. È stato peggio sopportare il dolore dei miei figli che il mio. “Ti prego, se devi, ferisci me, ma non i miei figli!”.
Ho rafforzato la mia fede in così tanti modi. Almeno ora ho una conoscenza migliore del presumere di aver necessariamente visto i miei momenti di maggiore difficoltà. Sono grata di avere un marito che mi ama e mi sostiene e lo ha fatto passandone davvero tante. So che ha reso più facile la mia vita mentre crescevamo insieme i nostri figli, tra le difficoltà e tutto il resto.
La mia fede è più temprata adesso. Dipendo dal Signore in tutte le cose e ho imparato a confidare nel fatto che, in qualche modo, chissà come, tutto questo ci sta dando davvero esperienza. Anche se le fauci stesse dell’inferno sembrano aver spalancato la bocca contro di me in diversi momenti durante la mia vita, so perfettamente che è per il mio bene (vedere Dottrina e Alleanze 122:7).
Il mio amore per il Salvatore e la mia dedizione a Lui e al Suo Vangelo non potranno più essere spezzati e non lo saranno mai più.
La storia di Dallas, il marito di Laurie
Dallas ha sempre desiderato lo stesso tipo di matrimonio che ha visto nei suoi genitori. Non pensava fosse possibile — fino a quando non ha incontrato Laurie. Il suo passato lo ha certamente scioccato, ma Dallas si è subito reso conto che se Laurie era capace di accettarlo nonostante le sue imperfezioni, lui poteva fare lo stesso.
Ricordo il brusio successivo alle parole di mio fratello maggiore che, in un discorso alla riunione sacramentale, ha detto che non aveva mai sentito i nostri genitori litigare. Qualcuno pensava che stesse esagerando. Qualcun altro pensava che non fosse possibile. Eppure non capivamo quale fosse questo gran problema. Non erano tutti i genitori come i nostri? Ero abituato a un ambiente in cui sapevo che la mamma e il papà si amavano e si rispettavano a vicenda, e sapevamo che ci amavano. Non sono sicuro di come facessero, ma era un mondo meraviglioso in cui crescere. Con un buon inizio come quello, si potrebbe pensare che la mia vita sarebbe stata eccezionale. Non è stato così.
Ero tornato a casa dalla missione da solo sedici anni quando ho incontrato Laurie. Un amico comune ci ha presentati, dopo aver trascorso diversi mesi a incoraggiarmi a tornare all’ovile. Ho pensato che Laurie fosse veramente attraente e piuttosto testarda. Non si lasciava convincere facilmente. Giunta a quel punto della sua vita, aveva sgobbato a lungo e duramente per reclamare la sua fede e andare al tempio. Aveva imparato per esperienza che cosa era importante. Io non c’ero ancora arrivato.
Per un po’ abbiamo seguito un programma di “un appuntamento al mese”. La sua personalità mi piaceva immensamente. Era diversa, il tipo di persona che non avevo mai conosciuto. Trascorsi alcuni mesi, continuavo ad aspettare con ansia il tempo che avrei trascorso con lei. Credo che allo stesso tempo lei stesse imparando a conoscermi, e il quadro non era tutto positivo. Una sera mi ha fatto sapere che si aspettava di più, dicendomi quanto il Vangelo fosse importante per lei e quanto fosse preoccupata del fatto che non avevamo la stessa visione delle cose. È stato allora che ho avuto una consapevolezza sconvolgente. Mentre parlavamo, ho capito all’improvviso che avrei potuto avere con lei lo stesso tipo di rapporto che avevano tra di loro i miei genitori. Non ci avevo mai pensato prima. Non sapevo fosse possibile.
Le ho detto di essere interessato a qualcosa di più del rapporto che avevamo in quel momento. Ha risposto dandomi qualcosa da leggere: la storia della sua vita. Ho promesso che l’avrei letto mentre era fuori per il fine settimana. Tuttavia, ho portato il manoscritto a casa e non volevo toccarlo. È rimasto lì per ventiquattro ore a rendermi perplesso. Alla fine, motivato dai sentimenti che le avevo confessato, l’ho aperto e ho iniziato a leggere (solo allora ho scoperto che era anche una bravissima scrittrice). Ciò che ho letto quella sera è stata la cosa più difficile che abbia mai letto. Come aveva potuto qualcuno a cui tenevo tanto profondamente vivere una tale tragedia senza che io ne sapessi niente?
Il libro parlava anche dei sentimenti di attrazione verso le persone dello stesso sesso e delle sue difficoltà con la Parola di Saggezza. Mentre leggevo, mi sono imbattuto in una frase che non mi aspettavo: “Non importa quanto sia confortevole, quanto sia comodo o quanto sia appagato il tuo stile di vita; se non ti porta più vicino al Salvatore, non importa dove ti sta portando”.
Se il mio affetto per lei era il cuneo, allora questo era il martello. Il colpo ha squarciato la corazza che avevo intorno al cuore e mi ha esposto alla vita, al mondo e al dolore. Ho visto in modo chiaro che dovevo prendere una decisione: potevo continuare nella direzione che stavo seguendo e morire, o potevo scegliere la vita. Ho guardato oltre il precipizio e, con tutto il cuore, ho scelto di vivere.
Sapevo che al momento non ero degno né idoneo per una vita con Laurie, ma sapevo di amarla. Ho provato a cambiare il più velocemente possibile. Il cambiamento è una caratteristica del grande piano di felicità. Sono davvero grato della benedizione del cambiamento.
Prima che ci sposassimo, ci sono stati momenti di preoccupazione. Ora che conoscevo il suo passato, sarei riuscito a far funzionare le cose?
Ho vissuto un attimo di trepidazione. Sono un uomo, dopotutto, e lei non era tanto interessata agli uomini.
Ogni volta che iniziavo a preoccuparmi, però, mi veniva subito ricordato che non ero perfetto e che ero grato del fatto che Laurie mi avesse accettato per quello che ero. Se lei era disposta a fare questo per me, non potevo io fare altrettanto?
In tutta coscienza, ho deciso che avrei evitato di preoccuparmi del suo passato e ho continuato su quella linea.
Dopo vent’anni insieme, lo sviluppo sorprendente è stato l’aver trascorso molto più tempo a chiedermi perché non dovevo preoccuparmi del tempo passato effettivamente a preoccuparmi. Non c’è bisogno di dire che non c’è stato motivo di preoccuparmi — almeno riguardo al suo passato.
Tuttavia, all’inizio della nostra vita da sposati, abbiamo scoperto talmente tante altre cose di cui preoccuparci: i figli, le finanze, i figli, la salute, i figli. Le cose che ritenevamo fonte di maggiore preoccupazione sono finite in fondo alla lista con il sopraggiungere delle necessità familiari. La sua esperienza nello stabilirsi sul sentiero del Vangelo ha reso la sua fede forte e molto pratica. Ho trovato rassicurante la sua forza spirituale. È stato devastante per entrambi quando, in preda alla depressione (o a qualunque altra delle varie diagnosi), ha perso la sensazione di sentire lo Spirito. Ma è rimasta fedele, contro ogni previsione.
Stare con Laurie è una benedizione per me. La nostra vita insieme è stata difficile ma bella. Non ho ancora raggiunto lo standard stabilito dai miei genitori, ma ci ho provato. A modo nostro, abbiamo trovato il nostro mondo insieme. Sono sempre segretamente elettrizzato quando la sento dire: “Il Vangelo non mi ha reso attratta dagli uomini, ma mi ha aiutato a essere attratta da un solo uomo”. Quello sono io. È più di quanto avrei mai potuto sperare.
La storia dell’amica di Laurie
Il pentimento può essere una strada difficile da percorrere, anche se necessaria. Laurie aveva solo bisogno di incoraggiamento — un incoraggiamento che solo un amico, qualcuno che le sarebbe rimasto accanto indipendentemente dal suo comportamento del momento o dalle decisioni che ne sarebbero seguite, poteva darle.
Ho incontrato per la prima volta Rip — il nomignolo con cui chiamo Laurie — quando ha iniziato a frequentare di tanto in tanto il nostro rione di giovani non sposati. Ha cominciato a starmi simpatica dopo una testimonianza estremamente divertente che ha reso su una sua insegnante visitatrice dei tempi dell’università. È stata di gran lunga la storia più divertente e più toccante che abbia mai sentito sull’insegnamento in visita.
Quando si dice il destino: non c’è voluto molto prima che mi venisse chiesto di essere la sua insegnante in visita.
Ho potuto conoscerla rapidamente grazie al suo senso dell’umorismo. Siamo diventate amiche, e lei mi confidava abitualmente le sue difficoltà e le sue frustrazioni. Io ascoltavo provando compassione ed empatia per i suoi vari problemi.
Desiderava fortemente interrompere determinati comportamenti su molteplici fronti, compresi i problemi con la Parola di Saggezza oltre alla relazione che aveva con una donna. Eppure si accorgeva di non riuscire a farlo, cosa di cui si è lamentata molte volte.
Io desideravo esserle amica, indipendentemente dal suo comportamento del momento o dalle decisioni che ne sarebbero seguite.
Dopo circa un anno di amicizia, l’ho invitata a venire a pranzo con me. Non avevo in mente un particolare programma, mi sembrava solo un modo divertente di svolgere l’insegnamento in visita. Ridiamo ancora oggi ripensando a quel giorno. Mentre aspettavamo di essere servite, lei si lamentava dei numerosi ostacoli che sembravano impedirle di intraprendere il suo percorso di pentimento. A un certo punto ha detto, tra il serio e il faceto: “Beh, non ho motivo di pentirmi adesso, giusto? Ci vorranno anni prima che io debba pagarne le conseguenze”.
A quel punto, mi sono fatta incredibilmente silenziosa e, prima che me ne rendessi conto, le ho detto che era giunto il momento di smetterla di scherzare con il Signore e di procrastinare il giorno del suo pentimento. Le ho detto che il Signore si aspettava — poiché era brillante e aveva una profonda comprensione dei suoi impegni — che smettesse di fare le cose che la stavano lacerando.
Sono stata dura — più dura di quanto non sarei mai stata se non fosse stato per l’impressione che lei avesse bisogno di sentire quello che io avevo bisogno di dire. Non ha toccato cibo per tutto il tempo in cui siamo state al ristorante. Non ero mai stata tanto critica o tanto incredibilmente seria con Laurie su niente.
In quel momento non mi rendevo conto di come sarebbe andata a finire. Comunque, sapevo di averla toccata nel profondo. Non si aspettava che sarei stata così brutalmente onesta con lei e che l’avrei rimproverata per il suo atteggiamento del tipo: “Posso smetterla e pentirmi in seguito”.
Non c’è stata una trasformazione immediata, anche se aveva preso le mie parole molto sul serio. Non aveva davanti a sé un percorso facile. Non ha ancora davanti a sé un percorso facile, ora per ragioni completamente diverse. Tuttavia, voleva cambiare e si era finalmente resa conto che non poteva continuare a parlare senza agire.
Ci sono voluti anni, ma penso che in quel momento si sia presa l’impegno di smettere di giocare con le parole e di iniziare a costruire nuovi percorsi con azioni importanti e durature che le avrebbero cambiato la vita.
Che fosse cambiata o no, saremmo rimaste amiche, e lei lo sapeva. Siamo il genere di amiche che può riprendere esattamente da dove ha lasciato.
Ci siamo entrambe trasferite in un’altra zona e abbiamo scoperto che non avevamo modo di metterci in contatto perché entrambe avevamo numeri telefonici nuovi e non in elenco (è successo prima dell’era dei social media). Abbiamo entrambe provato a rintracciare l’altra, ma eravamo l’una dall’altra parte del paese rispetto all’altra e non era facile. Alla fine Rip mi ha trovata (e me lo rinfaccia ancora oggi). Dubito che ci ricapiterà di perderci di vista un’altra volta. Rivederla dopo otto anni è stato come se il tempo non fosse affatto trascorso. Ho una testimonianza più profonda del vangelo di Gesù Cristo grazie a lei. La considero un’eroina e una persona che stimo e ammiro.
Tra noi ci sono ammirazione e affetto, ma sarebbe difficile soffermarci su questo aspetto della nostra amicizia, dal momento che siamo abilissime nell’umorismo e a scherzare l’una con l’altra. Noi ridiamo, ci prendiamo in giro e ci aiutiamo a vicenda. Ascoltiamo i pensieri l’una dell’altra e rispettiamo i diversi punti di vista l’una dell’altra, il tutto mentre impariamo l’una dall’altra.
Ho anche apprezzato il fatto che non ci siamo mai giudicate a vicenda, mai. È una vera amica. Ho imparato tantissime cose da lei e, come ho detto, sarebbe rimasta una vera amica anche se non fosse cambiata di una virgola tanti anni fa. Siamo cresciute entrambe e stiamo ancora cercando di fare la cosa giusta nel crescere le rispettive famiglie! È stata la risposta alle mie preghiere più di una volta senza neanche saperlo. È fantastica.
Il desiderio di Rip di fare ciò che riteneva giusto superava il suo desiderio di fare le cose che sapeva di dover abbandonare. Se non avesse desiderato cambiare, non avremmo mai avuto quella conversazione a pranzo. Non mi sarei nemmeno sognata di dire a lei o a chiunque altro di fare qualcosa o di pentirsi di qualcosa di cui non voleva pentirsi. In realtà, sono rimasta scioccata da quello che le ho detto quel giorno.
Come sappiamo tutti, giudicare o condannare un’altra persona non spetta a noi. Naturalmente, abbiamo la capacità di distinguere il bene dal male per poter fare le nostre scelte, ma non abbiamo il diritto di imporre agli altri le nostre convinzioni.
Quando ero molto piccola, i miei genitori mi hanno insegnato a non giudicare la persona che mi siede accanto in chiesa e che potrebbe puzzare di sigarette, perché non sono affari nostri. E di sicuro noi non abbiamo la capacità di giudicare la persona che siede dall’altra parte e che potrebbe raccontare bugie. In altre parole, mi hanno insegnato a non giudicare nessuno, perché non abbiamo i mezzi per determinare tali cose con intelligenza ed equità. Non solo non dobbiamo giudicare; non dobbiamo neanche avere l’atteggiamento di chi esprime giudizi. Piuttosto, il nostro compito è essere coraggiosi nell’amore che proviamo per il prossimo.
Ringrazio Rip e tutti quelli con cui sono venuta in contatto che hanno esperienze diverse dalla mia per avermi permesso di entrare a far parte della loro vita e di condividere la mia con loro e di beneficiare del nostro legame.
La storia del vescovo di Laurie
I dirigenti della Chiesa rivestono un ruolo importante nell’aiutare le persone con cui interagiscono a sentire l’amore del loro Salvatore. La comprensione e la pazienza sono fondamentali, ma ciò che conta di più è l’amore, a prescindere da ciò che è successo.
Oltre alla mia storia personale, mi è stato chiesto di inviare alcuni pensieri scritti dai familiari, dagli amici e dai dirigenti della Chiesa che mi hanno sostenuta durante il mio percorso di allontanamento dalle relazioni omosessuali e di riavvicinamento alla piena attività nella Chiesa. Oltre al Salvatore e ai miei genitori celesti, la persona che ha avuto l’influenza maggiore durante tale percorso è stato il mio vescovo. Dato che adesso non c’è più, mi sembrava importante scrivere alcune delle cose che ha fatto per sostenermi e riportarmi con gentilezza all’ovile. Spero che questo possa aiutare altri dirigenti della Chiesa che desiderano fare lo stesso con coloro nei confronti dei quali hanno una responsabilità importante e sacra.
La prima volta che ho incontrato il mio vescovo, gli ho detto tutto sulle mie relazioni con le donne, che in quel periodo stavo frequentando una donna e che abusavo di droga e alcol. Non avevamo tanto tempo per il nostro primo incontro, così abbiamo fissato un appuntamento per una visita più lunga la settimana successiva. Penso che, durante quel periodo, abbia parlato con il presidente del palo per avere una guida, perché al nostro secondo incontro mi ha fatto varie domande per stabilire la portata del mio coinvolgimento. Questo è successo agli inizi degli anni Ottanta, quindi i dirigenti della Chiesa avevano pochissime informazioni riguardo a chi provava attrazione verso le persone dello stesso sesso. Le domande mi facevano sentire a disagio. Fortunatamente, il vescovo deve averlo capito, perché si è fermato, ha fatto un respiro e poi ha lasciato che la guida dello Spirito Santo scendesse su di lui. Non ricordo neanche tanto di quello che ha detto dopo. Mi ricordo soprattutto di aver sentito lo Spirito che emanava da lui, insieme a una forte sensazione di essere amata dai miei genitori celesti e dal mio vescovo.
Ha detto: “Non so molto su quello che stai affrontando. Forse puoi aiutarmi a capire. Io so che il Signore ti ama e che è grato del tuo desiderio di pentirti e di cambiare vita. Sono disposto a fare tutto quello che serve per aiutarti a tornare”.
Nessuno di noi avrebbe immaginato che avremmo continuato a tenere gli incontri quasi ogni settimana per circa tre anni. Non sono sicura del fatto che saremmo stati tanto desiderosi di andare avanti se avessimo saputo che il percorso sarebbe stato tanto lungo e difficile. Eppure, non si è mai arreso — anche se io lo facevo. Mi incoraggiava e mi persuadeva, dandomi speranza quando non riuscivo ad averne da sola. Molto tempo dopo, il vescovo mi ha detto che nessuno gli aveva insegnato la pazienza come avevo fatto io. Anche io ho imparato molto sulla pazienza.
Oltre a essere un incredibile cristiano che si è dedicato alla mia causa — alla causa del Signore, a dire il vero — il mio vescovo ha fatto tantissime cose che mi hanno immensamente aiutata:
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Pregavamo sempre a ogni incontro, a volte sia prima che dopo.
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Anche se nessuno di noi sapeva molto su come sarebbe avanzato il mio percorso, lui è andato avanti con fiducia nel fatto che il Signore sapeva cosa fare.
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Non si è affrettato a giudicarmi; al contrario, mi persuadeva con dolcezza.
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Ha continuato ad avere pazienza, anche quando sono tornata con la donna di cui ero innamorata.
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Si è concentrato sulle azioni rette che potevo compiere — come lo studio quotidiano delle Scritture o l’andare in chiesa ogni settimana — invece di concentrarsi sulle azioni sbagliate che non ero ancora in grado di controllare.
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Mi ha aiutato a rafforzare la mia fiducia elogiandomi per le cose che riuscivo a fare.
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Lo Spirito prendeva sempre il comando: il vescovo cominciava a reagire “secondo natura” e poi si fermava per consentire allo Spirito di subentrare.
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Leggeva sempre almeno un versetto che riteneva sarebbe stato utile, a volte più di uno mentre parlavamo e si sentiva ispirato a condividere.
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Mi impartiva benedizioni quando lo Spirito gli suggeriva di farlo.
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Ha contribuito con l’aiuto della preghiera ad assegnarmi un’insegnante visitatrice, che è diventata altrettanto dedita alla mia causa.
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Se non andavo in chiesa, il vescovo mi telefonava e me ne chiedeva il motivo, incoraggiandomi ad andarci la settimana successiva.
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Cosa più importante, mi voleva bene — indipendentemente da quanto avessi o non avessi fatto.
Nel corso degli anni successivi alla sua morte, ho avuto la forte sensazione che fosse presente in diverse occasioni. Non ho idea di come le cose funzionino dall’altra parte. So che i legami che abbiamo con i nostri cari non si spezzano con la morte. So che riceviamo aiuto da entrambi i lati del velo. Personalmente, sono grata del fatto che il vescovo continui a benedire la mia vita in modi invisibili. I misteri di Dio sono meravigliosi, anche se rimangono per lo più misteriosi.