«Se l’uomo muore, può egli ritornare in vita?»
La fede nella risurrezione e nelle verità ad essa attinenti incoraggiano l’individuo a obbedire ai comandamenti, a pentirsi dei peccati, a servire il prossimo e a fare le altre cose che portano gioia e felicità.
Alcuni anni fa ho fatto visita a una casa di riposo per anziani. La maggior parte dei ricoverati erano persone inferme, curve sotto il peso degli anni e desiderose di trovare un’altra sistemazione. Passando davanti a una stanza udii un debole grido di aiuto. La porta era socchiusa, pertanto entrai con la speranza di poter dare soccorso a una persona bisognosa di aiuto. Quando entrai i miei occhi incontrarono quelli di un’anziana signora su una sedia a rotelle. Ella mi fissò per qualche secondo poi chiese: «Posso morire? Posso morire?».
Il suo sguardo tenero, la sua voce dolce e il suo aspetto delicato mi commossero profondamente. Quella donna ovviamente soffriva molto e voleva essere liberata da un corpo che ormai era diventato soltanto un peso. Ella desiderava la compagnia dei suoi cari che l’avevano preceduta nella morte.
Non ricordo cosa dissi esattamente in quella occasione; ma so che cercai di rassicurarla che ella poteva morire, e sarebbe in effetti morta, al tempo stabilito dal Signore.
La vera domanda
La vera domanda che ognuno di noi deve porsi non è: Posso morire? La morte fisica è una delle certezze della vita. Avviene senza fallo; ne sono una prova i vari necrologi e le sedie vuote al nostro tavolo. Infatti, proprio come il sole tramonta alla fine di ogni giorno secondo il ritmo eterno della vita, così noi subiremo una temporanea separazione del corpo dallo spirito. Come conseguenza di questa separazione i nostri tabernacoli di carne saranno messi «a giacere nella fredda e silenziosa tomba» (2 Nefi 1:14) e i nostri spiriti saranno «condotti presso Iddio che diede loro la vita» (Alma 40:11).
Piuttosto la vera domanda da porsi è: «Se l’uomo muore, può egli tornare in vita?» (Giobbe 14:14). La tomba suggellerà per sempre il nostro fato? Oppure una risurrezione e un altro tipo di esistenza sono in attesa di accogliere la nostra anima?
Coloro che credono che la tomba sia il destino finale dell’uomo vivono senza la speranza di un mondo migliore e sono inclini ad abbracciare l’atteggiamento fatalistico del «mangiate, bevete e datevi alla gioia, poiché domani morremo» (2 Nefi 28:7; vedi anche 1 Corinzi 15:32). Questo atteggiamento spesso porta ad azioni avventate, a una condotta immorale e a ogni altro genere di comportamento che ci porta all’infelicità e al rimorso di coscienza (vedi Alma 29:5).
Al contrario, coloro che credono nella vita dopo la morte sono molto più inclini a condurre una vita piena e fruttuosa. La fede nella risurrezione e nelle verità ad essa attinenti incoraggiano l’individuo a obbedire ai comandamenti, a pentirsi dei peccati, a servire il prossimo e a fare le altre cose che portano gioia e felicità sia quaggiù che nell’aldilà.
È pertanto molto opportuno che trattiamo la vera questione, Vivrò di nuovo? la vigilia di Pasqua – giorno in cui i cristiani di tutto il mondo commemorano la risurrezione del Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Due categorie di prove
Un noto scrittore ha definito la risurrezione di Cristo «il più grande miracolo e il fatto più glorioso della storia» (James E. Talmage, Gesù il Cristo, pag. 518; corsivo dell’autore).
I miracoli sono «manifestazioni di poteri divini o spirituali» (Bible Dictionary, pag. 732). Non sono semplicemente giochi di prestigio o atti compiuti da uomini abili. Sono atti compiuti da individui mediante poteri superiori a quelli degli esseri mortali. Cosa potrebbe mai esservi di più grande dell’atto di deporre il proprio corpo nella morte e di riprenderlo in uno stato risorto, come fece Gesù? Soltanto mediante l’uso di poteri divini e soltanto mediante la grazia di Dio potrebbe avvenire un fatto tanto meraviglioso.
Cosa possiamo dire dell’asserzione che la Risurrezione fu «il fatto più glorioso della storia»? I fatti che riguardano la Risurrezione possono essere suddivisi in due gruppi o categorie. Uno è la massa di testimoni che videro il Cristo risorto; l’altro è l’esercito dei fedeli, sia del passato che del presente, che per la forza della loro testimonianza personale dichiarano con convinzione che «la tomba non ha la vittoria ed il pungiglione della morte è inghiottito in Cristo» (Mosia 16:8). Entrambe le categorie di prove sono importanti e meritano il nostro esame.
La massa dei testimoni
Negli Atti degli Apostoli troviamo scritto: «Ai quali anche, dopo ch’ebbe sofferto, si presentò vivente con molte infallibili prove, facendosi veder da loro per quaranta giorni, e ragionando delle cose relative al regno di Dio» (Atti 1:3, Traduzione di Joseph Smith; corsivo dell’autore).
Inclusi nella massa di testimoni o tra le «infallibili prove» c’erano centinaia di seguaci che videro il Signore risorto in molte occasioni.
•«Gesù … apparve prima a Maria Maddalena» (Marco 16:9). Ella Lo vide e udì la Sua voce.
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Apparve a Giovanna, a Maria (madre di Giacomo) e alle «altre donne che eran con loro» (Luca 24:10). Esse «gli strinsero i piedi e l’adorarono» (Matteo 28:9).
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Apparve a Pietro – lo stesso che Lo aveva rinnegato per tre volte (vedi Luca 24:34).
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Apparve ai due discepoli che stavano andando a Emmaus (vedi Luca 24:13-32).
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Apparve ai Suoi amati apostoli almeno quattro volte.
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Fu veduto dopo la crocifissione, secondo quanto riferisce Paolo, da «oltre cinquecento fratelli in una volta» (1 Corinzi 15:6).
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Inoltre «le tombe s’aprirono e molti corpi de’ santi che dormivano risuscitarono; ed usciti dai sepolcri dopo la risurrezione di lui, entrarono nella santa città, ed apparvero a molti» (Matteo 27:52-53).
Ma nonostante tutte queste testimonianze oculari, vi furono degli scettici. Alcuni giudicarono le parole delle donne «un vaneggiare» (Luca 24:11). Gesù riprese i due discepoli dicendo: «O insensati e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette!» (Luca 24:25). Ed Egli rimproverò altri «perché non avean creduto a quelli che l’avean veduto [in precedenza] risuscitato» (Marco 16:14).
Ci chiediamo come qualcuno possa dubitare della realtà della Risurrezione dopo aver letto i numerosi resoconti della Sua apparizione alle donne, ai discepoli e agli apostoli. Quali prove potremmo chiedere, maggiori della documentazione dei fatti fornitaci dai Sacri Scritti?
Ma c’è dell’altro. Giovanni scrive: «La testimonianza di due uomini è verace» (Giovanni 8:17). Se questa affermazione è valida, allora sicuramente la testimonianza della risurrezione di Cristo dalla tomba fornita da un altro popolo non deve essere trascurata. Mi riferisco naturalmente al resoconto del Libro di Mormon delle apparizioni di Cristo nell’Emisfero Occidentale dopo la Sua morte.
Nelle vicinanze di un tempio nel paese chiamato Abbondanza circa duemilacinquecento persone udirono una voce sommessa e penetrante che proclamava: «Ecco il mio beneamato Figliuolo, in cui ho preso diletto, e nel quale ho glorificato il mio nome: ascoltatelo» (3 Nefi 11:7). Esse rimasero stupite e subirono un cambiamento di cuore, ascoltando Dio Padre Eterno che presentava il Suo Unigenito Figliuolo – il mezzo da Lui usato per fare a tutti i Suoi figli i doni dell’immortalità e della vita eterna (vedi Giovanni 3:16).
La moltitudine vide un uomo che scendeva dal cielo. Lo udirono annunciare: «Ecco, Io sono Gesù Cristo, di cui i profeti attestarono la venuta nel mondo» (3 Nefi 11:10). Poi egli invitò le persone a venire avanti ad una ad una per vedere con i loro occhi e sentire con le loro mani le impronte dei chiodi nelle Sue mani e nei Suoi piedi (vedi 3 Nefi 11:14-17).
Una moltitudine di persone in due continenti sono testimoni oculari del Cristo risorto. Pertanto possiamo dire di questo glorioso avvenimento della storia che «la risurrezione … è dimostrata da prove più sicure di quelle su cui poggia la nostra accettazione degli eventi storici in generale» (James E. Talmage, Gesù il Cristo, pag. 518).
Le testimonianze personali
Le «prove infallibili» delle cose spirituali, come ad esempio la risurrezione di Cristo, non sono quelle che si toccano con mano, ma quelle che si sentono con il cuore. Non si vedono a occhio nudo; si vedono attraverso «l’occhio della fede» (Ether 12:19). E non si attestano toccandole con il dito. La realtà delle cose spirituali è confermata dai sentimenti destati dalle parole di Dio, udite o lette che siano (vedi 1 Nefi 17:45). Dico questo «poiché lo Spirito dice la verità e non mente. Per questo parla delle cose come sono realmente, e di come saranno realmente» (Giacobbe 4:13). Il Santo Spirito tratta con i fatti, non con gli avvenimenti immaginari.
Ricorderete che i due discepoli che camminarono e parlarono con Cristo sulla via di Emmaus da principio non Lo riconobbero. In seguito tuttavia «gli occhi loro furono aperti, e lo riconobbero», quando rifletterono: «Non ardeva il cuor nostro in noi mentr’egli ci parlava per la via, mentre ci spiegava le Scritture?» (Luca 24:31-32).
Ricorderete anche che Gesù disse a Toma: «Non essere incredulo, ma credente … Perché m’hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non han veduto, e hanno creduto!» (Giovanni 20:27-29).
Se crediamo e accettiamo l’invito divino: «Cammina dunque con me» (Mosè 6:34), anche i nostri «occhi della fede» saranno aperti e noi sapremo con sicurezza che Egli vive e che noi vivremo di nuovo.
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Sì, camminiamo con Lui nel deserto e sentiamo la Sua presenza quando digiuniamo, preghiamo e resistiamo alla tentazione.
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Camminiamo con Lui alla fonte di Giacobbe, e il nostro cuore arde in noi quando studiamo le Scritture e beviamo dell’acqua viva.
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Camminiamo con Lui nel Getsemani quando prendiamo su di noi i fardelli degli altri.
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Camminiamo con Lui al Calvario quando prendiamo la nostra croce e rinneghiamo ogni empietà e ogni lussuria del mondo (vedi Matteo 16:26, Traduzione di Joseph Smith).
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Soffriamo con Lui sul Golgota quando sacrifichiamo il nostro tempo, talenti e sostanze per l’edificazione del regno di Dio.
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Ci leviamo con Lui a novità di vita quando cerchiamo una rinascita spirituale e ci sforziamo di diventare suoi figli e figlie.
E nel processo che ci porta a seguire le Sue orme (vedi 1 Pietro 2:21) acquisiamo la convinzione personale e la prova infallibile che Egli vive, che Egli è il figlio del Dio vivente e che Egli è il nostro Redentore.
Conclusione
Non posso fare a meno di tornare a quella dolce vecchia signora che dalla sedia a rotelle implorava: «Posso morire?» Ella ha ormai passato il ponte che porta dalla terra al cielo – il ponte che chiamiamo morte. Ella ora sa meglio di me che morire e vivere sono fatti stabiliti. Ella sa con certezza che «la morte non è un punto fermo, ma una virgola nella storia della vita» (Amos John Traver), poiché ella è tornata a casa ed è cullata nelle braccia dell’amore di Dio (vedi 2 Nefi 1:15).
Sia che siamo giovani o vecchi, non dobbiamo considerare la morte col minimo terrore, per via della nostra speranza e delle nostre vedute di Cristo e della risurrezione; per cui la morte è per noi annullata dalla vittoria di Cristo su di essa (vedi Alma 27:28). Egli è il nostro Redentore; Egli è «la risurrezione e la vita» (Giovanni 11:25).
Porto solenne testimonianza che noi vivremo di nuovo! Questa testimonianza è basata sulle parole di testimoni oculari, inclusi i profeti moderni che hanno veduto e udito il Dio vivente e il Cristo vivente (vedi DeA 76:22-24; Joseph Smith 2:17), e su esperienze personali e sacre dello Spirito acquisite nel cercare di camminare con Dio. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.