Capitolo 13
Una consapevolezza imperitura
All’inizio di maggio del 1971, Darius Gray entrò nella Marriott Library della University of Utah. Il suo amico Eugene Orr, che lavorava nella copisteria della biblioteca, aveva dato appuntamento in quell’edificio a lui e a Ruffin Bridgeforth. Da qualche tempo volevano discutere delle difficoltà dei santi degli ultimi giorni di colore. Ognuno di loro aveva digiunato e pregato per sapere che cosa fare.
Quando si incontrarono, Darius e i suoi amici trovarono una stanza di studio vuota e cominciarono a parlare. Molte delle loro preoccupazioni erano legate alle restrizioni della Chiesa riguardanti il sacerdozio e il tempio. Perché alcuni uomini neri avevano detenuto il sacerdozio agli albori della Chiesa? E quand’è che gli uomini di colore avrebbero potuto ancora una volta detenere il sacerdozio?
Nel discutere tali questioni, sorsero altre domande. I nuovi santi di colore facevano fatica a comprendere le restrizioni e a rimanere attivi nella Chiesa. Che cosa si poteva fare per aiutarli a partecipare più spesso alle riunioni di loro competenza? La Chiesa poteva istituire un ramo solo per i membri neri?
E cosa sarebbe successo alle generazioni emergenti di santi di colore? Come padri, sia Ruffin che Eugene desideravano sapere come rispondere alle domande dei loro figli sulle restrizioni.
Dopo aver messo per iscritto le loro domande, i tre amici si inginocchiarono e Ruffin offrì una preghiera, chiedendo la guida del Signore. Quando terminarono di pregare, si sentirono fortemente ispirati a portare di persona queste domande al presidente Joseph Fielding Smith e agli altri dirigenti generali della Chiesa. Ma come potevano organizzare un simile incontro?
Sapendo che Eugene era persuasivo e pieno di energie, Darius e Ruffin gli dissero: “Perché non li contatti tu?”. Se qualcuno poteva parlare a nome del gruppo, questi era Eugene.
Alcuni giorni dopo, Eugene si incontrò con Arthur Haycock, il segretario personale del presidente Smith, nell’edificio amministrativo della Chiesa. “Quali che siano le tue preoccupazioni”, disse Arthur a Eugene, “io posso risolverle”.
“Ok”, disse Eugene. “La mia preoccupazione principale al momento è che vorrei vedere il profeta”. Mostrò ad Arthur le domande che aveva scritto con Darius e Ruffin. “Le persone di colore vogliono stare a testa alta ed essere importanti e attivi nella Chiesa”, disse. “Non vogliono limitarsi a sedersi in ultima fila”.
Arthur lesse la lista di domande e convenne che erano valide. “Le porterò ai fratelli e vedrò cosa decideranno di fare”, disse.
Non avendo ricevuto notizie dalla sede centrale della Chiesa, Eugene tornò tre settimane dopo nell’edificio amministrativo della Chiesa. Questa volta Arthur gli disse che il presidente Smith aveva incaricato gli apostoli Gordon B. Hinckley, Thomas S. Monson e Boyd K. Packer di parlare con loro. Fu fissata una riunione per il 9 giugno.
Quel giorno Darius, Eugene e Ruffin si riunirono con i tre apostoli nell’ufficio dell’anziano Hinckley. I dirigenti della Chiesa conoscevano già Ruffin da alcuni anni, e conoscevano Darius per il suo lavoro presso la KSL. Nessuno degli apostoli aveva conosciuto Eugene di persona.
“Siamo seriamente preoccupati per il problema in cui noi, le nostre famiglie e la nostra gente ci troviamo”, dissero Darius e i suoi amici agli apostoli. Ruffin raccontò che i suoi figli avevano perso interesse nella Chiesa dopo che, essendo cresciuti, non potevano detenere il Sacerdozio di Aaronne. Il fatto che non venissero più in Chiesa lo addolorava.
Durante la riunione, Eugene pose la maggior parte delle domande:
“Cosa diciamo ai nostri figli quando ci chiedono di battezzarli, mentre gli altri bambini della Primaria dicono che saranno battezzati dai loro padri?”.
“Possiamo partecipare alle riunioni del sacerdozio?”.
“Si può svolgere l’opera missionaria tra la nostra gente?”.
L’anziano Hinckley, l’anziano Monson e l’anziano Packer ascoltarono compassionevolmente, e accettarono di incontrarsi nuovamente con Ruffin, Darius e Eugene per parlare di queste e altre domande. Al termine della riunione, riconobbero che la Chiesa doveva fare di più per i suoi membri di colore.
“Abbiamo fede. Abbiamo una testimonianza”, dissero i tre amici agli apostoli. “Desideriamo che le benedizioni del Vangelo vengano offerte in maniera più attiva alla nostra gente, a prescindere dal sacerdozio”.
Intanto a Tokyo, in Giappone, Kazuhiko Yamashita giocava a pallacanestro tutti i fine settimana e il suo tempo per studiare con i missionari santi degli ultimi giorni era molto limitato. Gli anziani avevano cominciato a fargli visita poco dopo la fiera mondiale, e lui era felice di incontrarli. Erano americani, e a lui piaceva parlare con gli stranieri. Spesso però prendeva appuntamento con loro per poi cancellarlo in seguito.
La religione, semplicemente, non era mai stata una priorità nella sua vita. Sua madre, che era buddista, venerava i propri antenati visitando le loro tombe, ma la famiglia non pregava, non meditava, né studiava gli insegnamenti della loro religione. Il buddismo era una tradizione che Kazuhiko aveva ereditato, ma non aveva una grande influenza sul suo modo di vivere.
I missionari, invece, rappresentavano una chiesa che si riuniva varie volte a settimana e incoraggiava i suoi membri a studiare le Scritture e a obbedire ai comandamenti. Diventare un santo degli ultimi giorni non rappresentava solo un notevole impegno di tempo. Era un grande cambiamento di vita.
Tuttavia, Kazuhiko era colpito dai messaggi dei missionari. Quando venne a sapere della Prima Visione di Joseph Smith, rimase meravigliato. Non ebbe alcun dubbio al riguardo. Ci credette immediatamente. Se solo avesse avuto più tempo da dedicare alla Chiesa, forse avrebbe potuto prendere più sul serio il suo messaggio.
Un giorno, Kazuhiko fece visita all’appartamento dei missionari e si scusò di non aver dato importanza ai loro appuntamenti. “Fratello Yamashita, mi dispiace”, disse uno di loro. “Sto per tornare a casa”. La sua missione stava per finire.
Questa notizia colse di sorpresa Kazuhiko e lo rattristò. Decise che non avrebbe più sprecato il tempo degli anziani. “Studierò di più”, pensò tra sé e sé. “Leggerò il Libro di Mormon”.
Cominciò a incontrarsi regolarmente con i missionari, ad andare in chiesa e ad approfondire la sua conoscenza del vangelo restaurato. Gli piaceva partecipare alle attività dell’AMM del giovedì sera e fare amicizia con i santi locali.
Era un periodo emozionante per la Chiesa in Giappone. Nei venticinque anni trascorsi dalla fine della Seconda guerra mondiale, il numero di membri in Giappone era cresciuto da alcune centinaia a più di dodicimila. Come per il Brasile e gli altri paesi dove la Chiesa stava crescendo rapidamente, il Giappone aveva il suo ufficio di traduzione e distribuzione. Le autorità generali visitavano il paese regolarmente, mentre il ministero quotidiano della Chiesa era supervisionato dai dirigenti locali. Ora in Giappone c’erano quattro missioni e un palo a Tokyo. Presto la Chiesa avrebbe aperto un Istituto di religione per studenti universitari e avrebbe iscritto i santi più giovani al programma di studio a domicilio del Seminario.
Molte persone in Giappone non conoscevano ancora i Santi degli Ultimi Giorni, ma il padiglione della Chiesa all’Expo ’70 aveva aumentato la sua visibilità nel paese. L’esposizione aveva attirato decine di migliaia di visitatori ogni giorno, superando di gran lunga l’afflusso di persone generato dal padiglione della Chiesa alla Fiera Mondiale di New York di cinque anni prima. Alla fine dell’Expo, più di 650.000 persone avevano compilato dei cartoncini lasciando i propri commenti, e molte di loro avevano richiesto la visita dei missionari. Inoltre, furono vendute circa 50.000 copie del Libro di Mormon.
Studiando con i missionari, Kazuhiko non capiva molto di quello che insegnavano. Tuttavia, la loro vita e il loro buon esempio erano come un messaggio di Dio, e lui voleva essere più simile a loro. Quando offrì la sua prima preghiera personale, seguendo le istruzioni dategli dai missionari, si sentì circondato dalla presenza del Signore. Quando i missionari lo invitarono a battezzarsi, lui accettò.
La data fissata per il suo battesimo era il 17 luglio 1971. Il ramo non aveva un fonte battesimale, così i missionari ne avevano fabbricato uno nella cucina della casa di riunione con degli scarti di legno e un grosso telo di vinile. Il fonte non era molto profondo, ma l’acqua era appena sufficiente per immergerlo.
Dopodiché, mentre confermava una donna che era stata battezzata il giorno prima, uno degli anziani si fermò improvvisamente con la voce rotta dall’emozione. Kazuhiko aprì gli occhi per vedere cosa stesse accadendo, e vide il viso del missionario pieno di lacrime.
In quel momento, poté sentire l’amore che il missionario e Dio avevano per ogni persona in quella stanza.
Dopo essere diventato presidente facente funzione del Quorum dei Dodici Apostoli, Spencer W. Kimball era più impegnato che mai. Spesso lavorava dalla mattina presto fino alle 22:30 o le 23:00. E a volte si svegliava in piena notte per lavorare. Cercò di cambiare un po’ le sue abitudini per rendere le sue giornate meno frenetiche, ma faceva fatica a capire quali impegni poteva ridurre.
Non molto tempo dopo, cominciò a sentire un dolore acuto sul lato sinistro della gola. All’inizio il dolore andava e veniva, ma poi il collo e la gola gli fecero male costantemente. Spesso aveva dolori al petto e anche gli sforzi fisici più leggeri lo affaticavano. Fare esercizio non migliorava la sua condizione. Ben presto sua moglie Camilla notò che la sua respirazione si era fatta più affannosa.
Nel settembre del 1971 parlò privatamente dei suoi sintomi con il dottor Russell M. Nelson, il nuovo sovrintendente generale della Scuola Domenicale, che era un famoso cardiochirurgo. Il dottor Nelson ascoltò con attenzione e suggerì che l’anziano Kimball si facesse visitare immediatamente da un esperto.
Poco dopo, l’anziano Kimball consultò il dottor Ernest Wilkinson, che era un cardiologo e figlio dell’ex presidente della Brigham Young University. Il dottor Wilkinson analizzò i referti degli esami medici precedenti dell’anziano Kimball ed effettuò altri esami. Mentre studiava i risultati, l’apostolo si rese conto che il dottore era preoccupato. “Parli schiettamente”, disse.
“Stenosi aortica”, replicò il dottor Wilkinson. Spiegò che la valvola aortica dell’anziano Kimball, che permetteva al sangue di defluire dal cuore, si era indurita e ristretta. Il suo cuore si stava indebolendo per la fatica di pompare il sangue attraverso la valvola difettosa.
L’anziano Kimball chiese quanto gli rimanesse da vivere. Il dottore disse che forse aveva ancora uno o due anni, ma era possibile che morisse senza preavviso in qualunque momento. Un’operazione chirurgica poteva prolungargli la vita ma, alla sua età, l’anziano Kimball aveva solo il 50 percento di possibilità di sopravvivere.
Fu una notizia devastante. L’anziano Kimball aveva sempre pensato alla morte come a qualcosa di vago e lontano. Ora sembrava come se fosse arrivata la fine del mondo, o l’inizio della fine.
Il giorno dopo, l’anziano Kimball andò a piedi al Tempio di Salt Lake per riunirsi con la Prima Presidenza e gli altri apostoli. Durante la riunione, pregò di avere la forza di servire bene nonostante l’incombente eventualità della morte.
Ben presto la riunione giunse al termine e gli uomini lasciarono il tempio. L’anziano Kimball notò che gli altri camminavano in gruppi di due o tre, e un pensiero cupo balenò nella sua mente: forse quegli stessi uomini presto avrebbero camminato in gruppi di due o tre per portare il suo feretro.
L’anziano Kimball sapeva che il Signore poteva guarirlo. Ma perché lo avrebbe fatto, si chiedeva l’apostolo, quando poteva chiamare altri uomini più qualificati di lui a servire nel Quorum dei Dodici?
“La mia dipartita non creerebbe più turbamento”, pensò, “di una candela tra tante che si spegne”.
Un giorno, più o meno in quel periodo, Ruffin Bridgeforth, Darius Gray e Eugene Orr furono invitati a presentarsi nell’ufficio di Gordon B. Hinckley.
Da giugno, questi tre uomini si erano riuniti varie volte a distanza di alcune settimane con l’anziano Hinckley, l’anziano Monson e l’anziano Packer. Di solito le discussioni erano dominate da domande difficili sulle restrizioni riguardanti il sacerdozio e il tempio, tuttavia Ruffin portava sempre uno spirito rasserenante nella stanza.
Infatti, più gli uomini si consultavano, più crescevano l’amore e il rispetto reciproco. Darius rimase colpito dal fatto che il presidente Smith avesse ritenuto le loro preoccupazioni così importanti da coinvolgere tre apostoli. Durante le loro riunioni il Signore era con loro, e spesso si ritrovavano a piangere gli uni sulle spalle degli altri.
Quel giorno, l’anziano Hinckley aprì la riunione con delle buone notizie. “Dopo tante preghiere e molta riflessione”, disse, “il presidente Smith e i fratelli del Quorum dei Dodici sono stati guidati a istituire un gruppo di sostegno per i membri neri della Chiesa”.
I dirigenti della Chiesa avevano discusso la possibilità di organizzare un gruppo simile sin da quando Darius, Eugene e Ruffin avevano proposto di organizzare un ramo per i santi di colore nella loro lista di domande da sottoporre al profeta. L’anziano Hinckley spiegò che il gruppo avrebbe operato come parte del Palo di Liberty a Salt Lake City. I membri del gruppo avrebbero continuato a partecipare alla riunione sacramentale e alla Scuola Domenicale nei loro rioni. Tuttavia, il gruppo avrebbe avuto la sua Società di Soccorso, la sua AMM e la sua Primaria. Il suo scopo era quello di creare una comunità e di tendere una mano ai santi di colore, specialmente ai giovani che avevano difficoltà a integrarsi nella Chiesa.
Gli apostoli avevano già chiamato Ruffin a servire come presidente del gruppo, e Ruffin aveva raccomandato Darius come suo primo consigliere ed Eugene come secondo consigliere. L’anziano Hinckley estese quindi loro queste chiamate, ed essi accettarono.
Qualche tempo dopo, il 19 ottobre 1971, Darius si sedette sul podio in una casa di riunione a Salt Lake City. Era un giovedì sera, ma la cappella era piena di persone vestite come per le riunioni domenicali. Darius vedeva alcuni visi di colore, ma la maggior parte erano bianchi.
Tutti si erano riuniti per testimoniare l’inizio di ciò che Darius, Ruffin e Eugene avevano deciso di chiamare il Gruppo genesi, la prima organizzazione ufficiale della Chiesa per i santi degli ultimi giorni di colore. L’anziano Hinckley, che dirigeva la riunione, presentò il gruppo e il suo scopo. Poi, Ruffin Bridgeforth, come presidente del gruppo, chiese un voto di sostegno per i suoi dirigenti, includendo Lucile Bankhead come presidentessa della Società di Soccorso. Quando ebbe terminato, rese la sua testimonianza.
“Come sapete, Genesi significa inizio”, disse. “Questo è l’inizio”. Parlò del suo amore per il vangelo restaurato e della sua gratitudine per i dirigenti della Chiesa e per le persone nella congregazione. “Il Signore è al nostro fianco. Avremo successo”, testimoniò. “Mi impegnerò come mai prima d’ora per far sì che questa iniziativa abbia successo”.
Quando il presidente Bridgeforth si sedette, l’anziano Hinckley invitò Darius a rendere la sua testimonianza, cogliendolo di sorpresa. Darius si avvicinò al pulpito e disse: “Non pensavo che avrei detto nulla questa sera. Mi sembra una presunzione”.
Guardando la congregazione, vide i membri della famiglia Felix che gli avevano fatto conoscere il Vangelo sette anni prima. “Potevano facilmente non prestarmi attenzione, ma lo hanno fatto”, disse alla congregazione. “È stato importante per me avere l’opportunità di sentir parlare del Vangelo. Mi hanno offerto questa opportunità in maniera persistente”.
Fece una lunga pausa e poi disse: “Spesso ho sentito alcuni uomini alla riunione sacramentale, o alla riunione di digiuno e testimonianza, uomini che detengono il sacerdozio, dire: ‘Io credo che il Vangelo è vero’”.
Ora anche lui voleva rendere la sua testimonianza. “Io so che il Vangelo è vero”, dichiarò. “E questa è una consapevolezza imperitura”.
Dopo essersi diplomata tra i primi della sua classe alla scuola secondaria della Benemérito, Isabel Santana fece ritorno alla sua città natale, Ciudad Obregón, nel Messico settentrionale. Non era sicura di cosa volesse fare dopo. Poteva tornare alla Benemérito e iscriversi alla scuola preparatoria triennale, progettata per preparare gli studenti all’università. Tuttavia, stava considerando seriamente la possibilità di rimanere a casa e frequentare invece la scuola preparatoria pubblica.
Il padre di Isabel era contento di lasciare che lei prendesse le sue decisioni sulla scuola. Sua madre, invece, non era contenta che andasse a scuola a Obregón, perché era preoccupata che rimanesse invischiata in qualche movimento studentesco radicale della zona.
“Se rimane qui”, pensava sua madre, “diventerà una rivoluzionaria come tutti gli altri”.
Ancora incerta, Isabel chiese consiglio a Agrícol Lozano, il suo insegnante di educazione civica e direttore della scuola preparatoria alla Benemérito. Lui la incoraggiò a tornare lì e a fare l’esame d’ingresso.
“Vieni subito”, le disse Agrícol. “Qui c’è un posto per te”.
Isabel tornò a Città del Messico, superò l’esame e venne accettata. Non era certa, però, di aver fatto la scelta giusta, specialmente dopo che un test attitudinale le aveva rivelato di essere adatta al lavoro in campo sociale — una carriera che lei non aveva interesse a perseguire.
“Me ne vado”, annunciò un giorno a Efraín Villalobos, il suo fidato mentore. “Non voglio frequentare la scuola preparatoria”.
“No, no, no”, disse Efraín. “Il tuo posto è qui”. La incoraggiò a provare la scuola di addestramento degli insegnanti della Benemérito. Piuttosto che preparare gli studenti solo all’università, questa scuola triennale era progettata anche per prepararli a lavorare nelle scuole gestite dalla Chiesa in Messico. Voleva dire che Isabel avrebbe avuto subito un lavoro, non appena terminato il suo corso di studio.
Le parole di Efraín la convinsero e lei cambiò corso di studio.
Ben presto scoprì che le piacevano i corsi e gli insegnanti. Durante i primi anni, frequentò i corsi di educazione generale e quelli di tecniche di insegnamento, psicologia educativa e storia dell’educazione. Il suo addestramento consisteva nell’educazione dei bambini, e durante il suo ultimo anno scolastico trascorse una settimana a insegnare in una scuola gestita dalla Chiesa a Monterrey, una città nel nord est del Messico. Isabel non aveva mai sentito una forte predilezione per l’educazione, e temeva di non avere la pazienza per lavorare con i bambini, ma la settimana andò bene.
Alla scuola di addestramento degli insegnanti, Isabel strinse una forte amicizia con Juan Machuca, un giovane che veniva dalla costa occidentale del Messico che aveva da poco prestato servizio nella Missione del Messico Settentrionale. Alcuni dei loro compagni li prendevano in giro, dicendo che erano una coppia. Isabel rideva e diceva che Juan era l’ultimo uomo sulla terra che avrebbe sposato. “È mio amico”, insisteva. “Non mi sposerò con il mio amico”.
Dopo il diploma, però, furono entrambi assunti a insegnare Seminario e Istituto alla Benemérito. Condividevano un’aula, e ben presto cominciarono ad andare al cinema e a trascorrere del tempo insieme. Agli inizi del 1972, mentre i due chiacchieravano nel salotto di Isabel, Juan chiese improvvisamente: “Vuoi sposarmi?”.
“Sì”, rispose lei senza alcuna esitazione.
Si sposarono civilmente a maggio, durante le vacanze estive. Alcune settimane dopo, percorsero più di duemiladuecento chilometri con altri membri della Chiesa fino a raggiungere il Tempio di Mesa, in Arizona, per ricevere le loro benedizioni del tempio. Il viaggio di tre giorni in autobus fu angosciante: i sedili erano di plastica e non c’era aria condizionata.
Il disagio, però, fu ripagato. Quello di Mesa era il primo tempio a offrire le ordinanze in spagnolo, e a quel tempo era il tempio più vicino per i membri del Messico e dell’America Centrale. Per questi santi il viaggio era lungo e richiedeva loro molti sacrifici. Spesso compivano il viaggio per partecipare alla conferenza annuale dei membri della Chiesa dell’America Latina ospitata dai pali di Mesa. Queste conferenze duravano vari giorni ed erano una benedizione per i partecipanti, che provavano un senso di appartenenza e di comunità spirituale.
Quando arrivarono al tempio, Isabel e Juan ricevettero la loro investitura e furono suggellati per il tempo e per l’eternità. Rendendo il culto nel tempio, sentirono che esso ampliava la loro prospettiva sulla vita e rendeva più profondo il loro impegno nei confronti del vangelo di Gesù Cristo.
Agli inizi del 1972, le congregazioni di Billy Johnson a Cape Coast, in Ghana, e nelle province vicine, erano cresciute fino ad accogliere centinaia di membri fedeli. Tra i membri più devoti c’era Matilda, la madre di Billy. Anche Jacob e Lily Andoh-Kesson e i loro figli, che si erano uniti al gruppo poco dopo l’arrivo di Billy a Cape Coast, erano membri e amici devoti.
Con il crescere della sua congregazione, Billy aveva trovato un vecchio edificio che un tempo veniva usato per l’immagazzinamento dei semi di cacao. Ora l’edificio era fornito di panche, alcune piccole sedie, dei tavoli, un pulpito e un lungo scanno attaccato al muro. Alcune persone nei dintorni di Cape Coast prendevano in giro Billy e i suoi seguaci perché si riunivano in quell’edificio fatiscente, chiamandoli “la chiesa della baracca di cacao”. I credenti però, il cui numero era in continua crescita, non avevano problemi a riunirsi lì, anche quando la pioggia passava attraverso i buchi nel tetto e tutti dovevano mettersi vicini da una parte o usare gli ombrelli per rimanere asciutti.
Billy fece del suo meglio per rendere l’umile edificio accogliente e confortevole. Appese un cartello tra le due entrate, composte da due porte doppie, che diceva: “La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (i mormoni)”. Una parete era abbellita da un murale raffigurante Cristo sulla croce, mentre su un’altra parete era dipinto il Salvatore con le braccia alzate e le parole “Venite a me”, scritte sopra il Suo capo. Le pareti di colore azzurro erano tappezzate da immagini di Joseph Smith, del Coro del Tabernacolo e di altri episodi della storia della Chiesa.
Lily Andoh-Kesson teneva pulito l’edificio. Arrivava al mattino presto per prepararlo per le riunioni. Lì vedeva gli angeli, diceva a sua figlia Charlotte, e voleva che gli angeli avessero un posto pulito in cui stare.
La congregazione di Billy si riuniva al mattino e alla sera tre volte a settimana per le funzioni religiose, che erano caratterizzate da inni, danze, battiti di mani, preghiere, grida di lode e sermoni. A volte Billy predicava con il figlio Brigham seduto sulle sue spalle.
Quando predicava, Billy insegnava i principi che aveva imparato leggendo il materiale della Chiesa, come i tredici Articoli di Fede, e raccontava le storie dei pionieri santi degli ultimi giorni. Soprattutto, però, amava insegnare usando il Libro di Mormon.
Billy credeva che un giorno la sede centrale della Chiesa avrebbe mandato dei missionari, tuttavia temeva che nell’attesa i suoi seguaci si sarebbero scoraggiati. Alcune persone avevano persino lasciato il gruppo dopo che alcuni critici della Chiesa avevano detto loro che ai santi degli ultimi giorni non piacevano le persone di colore, e che non avrebbero mai mandato dei missionari.
A volte, le predicazioni instancabili di Billy lo misero nei guai con le autorità locali. Venne accusato di diffondere falsità perché testimoniava che La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni era l’unica vera chiesa sulla terra.
Una volta la polizia lo arrestò, ma prima che potessero portarlo in centrale lui si guardò attorno sperando di vedere un viso familiare — qualcuno che potesse accompagnarlo alla polizia. All’inizio non vide nessuno. Poi però notò un giovane passante di nome James Ewudzie, un amico di famiglia.
Quando si avvicinò a Billy, James era in lacrime. Non era un membro della congregazione di Billy, ma gli tese la mano e lo chiamò “Sofo”, che in fanti significa “sacerdote”. “Non ti preoccupare”, disse a Billy. “Vengo con te”.
Dopo essere stato portato in centrale, Billy cominciò ben presto a parlare di religione con James e la polizia. Quattro agenti di polizia furono toccati dal suo messaggio e credettero alle sue parole. Anche il capo della polizia strinse amicizia con Billy, e ben presto gli agenti liberarono sia lui che James. In seguito, il capo della polizia invitò Billy a insegnare le lezioni del Vangelo alla polizia di Cape Coast ogni venerdì mattina.
Nel frattempo, James sognò di incontrarsi con Billy nella casa di riunione. Billy gli chiese di inginocchiarsi, e dopo averlo fatto la luce filtrò attraverso il tetto. James chiuse gli occhi, ma la luce continuava a illuminarlo. Poi, udì una voce che lo chiamava lentamente per nome.
“Voglio portare la mia Chiesa in Ghana”, disse il Signore. Esortò James a unirsi a Billy. “Se lo aiuterai, benedirò te e benedirò il Ghana”.
James sapeva che quello che il Signore gli aveva detto nel sogno era vero, e obbedì al Suo comando.