Guardatevi dalla critica
«L’obbedienza è indispensabile per ottenere le benedizioni del Signore».
Da giovani missionari, io e il mio collega testimoniavamo che Dio parla mediante i profeti moderni. Un uomo ci chiese: «Allora, che cosa ha detto il vostro profeta questa settimana?» Sforzandomi di ricordare il messaggio del profeta contenuto nel numero più recente del Improvement Era, la rivista della Chiesa di maggiore rilievo all’epoca, arrivai alla comprensione dell’importanza di conoscere e obbedire agli insegnamenti del profeta vivente.
Oggi spero di persuadervi a seguire i profeti viventi e di mettervi in guardia contro l’inganno che l’avversario ha escogitato per impedirvi di seguirli. Le Scritture riferiscono a questo inganno indicandolo con il termine «critica».
Il Salvatore ha usato una parabola per ammonirci dall’incamminarci sulla pericolosa strada della disobbedienza attraverso la «critica».
La parabola narra di un nobile signore che possedeva un bellissimo appezzamento di terreno. Egli disse ai suoi servi di piantare dodici alberi di olivo e di costruire una torre che dominasse dall’alto l’oliveto. Lo scopo della torre era quello di permettere a una sentinella posta sulla sua cima di avvertire dell’arrivo del nemico. In questo modo l’uliveto sarebbe stato protetto.
I servi non costruirono la torre. Il nemico venne e distrusse l’oliveto. La disobbedienza dei servi causò una catastrofe nell’oliveto (vedere DeA 101:43-62).
Perché i servi non costruirono la torre? La catastrofe fu la conseguenza della critica.
Secondo la parabola del Signore, la critica comporta tre fasi che conducono una dopo l’altra verso il sentiero della disobbedienza.
Primo, i servi cominciarono a contestare. Pensarono di giudicare le istruzioni impartite dal signore. «Che bisogno ha il mio signore di questa torre, visto che questo è un tempo di pace?», dissero (DeA 101:48). Prima contestarono nella propria mente e poi influenzarono gli altri portandoli a contestare a loro volta. La contestazione è stato il primo passo.
Secondo, cominciarono a giustificare le proprie azioni e a trovare scuse per non fare quanto erano stati istruiti di fare. Dissero: «Questo denaro non potrebbe essere dato ai cambiavalute? Poiché non c’è bisogno di queste cose» (DeA 101:49). Dunque addussero delle scuse per la propria disobbedienza.
La terza fase ne consegue inevitabilmente: negligenza nel seguire il comandamento del Signore. La parabola dice: « … divennero assai indolenti e non dettero ascolto ai comandamenti del loro signore» (DeA 101:50). Dunque, tutto era pronto per l’attuarsi della catastrofe.
Dio ha benedetto i Suoi figli dando loro profeti che li istruiscano in merito alle Sue vie e li preparino alla vita eterna. Le vie di Dio non sono di facile comprensione per l’uomo. «Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, dice l’Eterno» (Isaia 55:8). L’obbedienza è indispensabile per ottenere le benedizioni del Signore, anche se non si comprende il fine del comandamento.
L’avversario sussurra ingannevoli inviti alla critica per poter così distruggere il potere che deriva dall’obbedienza. Il modello della critica si denota chiaramente nel seguente racconto:
Il Signore promise ai figli d’Israele che avrebbe mandato un angelo per cacciare i Cananei, in modo che Israele potesse ereditare una terra ove scorresse il latte e il miele (vedere Esodo 33:1-3). Quando Israele raggiunse i confini di Canan, Mosè mandò delle spie nel paese; al loro ritorno riferirono che gli eserciti di Canan erano forti ed espressero l’opinione che Canan fosse più forte d’Israele. Cominciarono a fare delle critiche.
Misero in dubbio il comandamento dato tramite Mosè, il loro profeta vivente. La contestazione prese piede anche negli altri. Come poteva Israele sconfiggere i giganti di Canan quando i figli d’Israele si paragonavano a delle locuste? (vedere Numeri 13:31-33).
La contestazione portò alla giustificazione e alle scuse addotte. Pretesero di temere per la loro moglie e i loro figli. «Sarebbe stato meglio per noi rimanere in Egitto!», dichiararono (vedere Numeri 14:2-3).
La contestazione diventò disobbedienza quando Israele cercò di nominare un capo che li riconducesse in Egitto (vedere Numeri 14:4).
Si rifiutavano semplicemente di seguire il profeta vivente. A causa del loro lamentarsi, il Signore ritirò la benedizione promessa ai figli d’Israele, che Egli avrebbe distrutto i Cananei e avrebbe dato loro la terra promessa. Invece Egli mandò i figli d’Israele nel deserto e li fece vagare per quarant’anni.
Il solito modello della critica si ritrova nella famiglia di Lehi.
Quando il profeta Lehi mandò i suoi figli a Gerusalemme per ottenere le tavole di bronzo, incontrarono molta opposizione. Prima, Laman fu cacciato dalla casa di Labano solo per aver chiesto le tavole. Poi, quando i figli di Lehi offrirono oro e argento in cambio delle tavole, Labano cercò di ucciderli e si impadronì dei loro beni. I fratelli si nascosero nella cavità di una roccia in attesa che si calmassero le acque.
Laman e Lemuele mormorarono. Cominciarono, come sempre, a contestare: «Come è possibile che il Signore metta Labano nelle nostre mani?», dissero (1 Nefi 3:31).
Poi, le scuse addotte: «Ecco, egli è un uomo potente, e può comandare a cinquanta, sì, e può anche ucciderne cinquanta; allora perché non noi?» (1 Nefi 3:31).
Infine, erano indolenti. In preda alla rabbia, al rancore e pieni di scuse addotte, Laman e Lemuele aspettarono sotto le mura di Gerusalemme mentre il fedele Nefi portava a compimento il lavoro del Signore (vedere 1 Nefi 4:3-5).
Il Signore ha così parlato contro questo atteggiamento ai nostri giorni:
«Ma colui che non fa nulla finché non gli sia comandato, e accetta un comandamento con cuore dubbioso e lo rispetta con indolenza, è dannato» (DeA 58:29).
Abbiamo sostenuto con l’alzata della mano i nostri profeti viventi. Gioiamo del privilegio di ascoltare la parola di Dio rivelata ai nostri giorni dalla voce dei nostri profeti viventi. Che cosa facciamo quando li ascoltiamo? Seguiamo le istruzioni dei nostri profeti viventi con esattezza, oppure borbottiamo?
È più facile alla nostra epoca seguire un profeta vivente di quanto lo fosse ai giorni di Mosè o Nefi? Coloro che mormoravano contro Mosè e Nefi non mormorano anche oggi? La stessa domanda può essere posta inversamente. Coloro che mormorano oggi avrebbero mormorato anche allora, come fecero Laman e Lemuele o i figliuoli d’Israele contro il profeta della loro epoca, con le stesse disastrose conseguenze?
Anche la più semplice direttiva può rivelare la tendenza alla critica. Una volta mi trovavo in una riunione quando l’autorità presiedente invitò i membri della congregazione a spostarsi in avanti nella sala che occupavamo. Alcuni si accomodarono più avanti. La maggior parte non si mosse. Perché no?
Sono certo che c’erano coloro che contestavano il motivo del dover lasciare la loro posizione comoda. «Perché dovrei?» Indubbiamente, questa domanda fu prontamente seguita da una scusa addotta o dalla razionalizzazione per sottolineare che non importava il fatto che si cambiasse sedia o no. Penso che venne a crearsi una certa irritazione per il fatto che l’autorità presiedente avesse fatto una tale richiesta. L’ultimo passo, ovvio per tutti gli osservatori, fu la risposta indolente dei presenti. Pochi si spostarono. Era una cosa da poco? Certo. Però rifletteva una profonda mancanza di volontà di obbedire. Rifletteva uno spirito di disobbedienza. Questo non è una cosa da poco.
Mi trovavo recentemente a una riunione della Chiesa nell’Africa occidentale, quando un dirigente del sacerdozio invitò i fratelli a spostarsi in avanti e occupare le prime tre file di sedie della cappella. Immediatamente ogni uomo si alzò e andò ad occupare i posti delle prime file, secondo l’invito ricevuto. Una cosa da poco? Sì. Ma rifletteva la volontà di obbedire. Questo non è una cosa da poco.
Vi invito a concentrarvi sul comandamento ricevuto dai profeti viventi che vi è più difficile osservare. Contestate il fatto che il comandamento si applichi o meno a voi? Adducete delle scuse convenienti a giustificazione del fatto che non siete in grado attualmente di osservare il comandamento? Vi sentite frustrati o irritati nei confronti di coloro che vi ricordano il comandamento? Siete indolenti nella sua osservanza? Guardatevi dagli inganni dell’avversario. Guardatevi dalla critica.
Un genitore fortunato sperimenta la grandissima gioia che rappresenta la volontaria obbedienza del figlio. Non è forse lo stesso con Dio?
Posso capire in piccola parte quanto debba essere felice il Signore quando i Suoi servitori obbediscono senza mormorare. Recentemente, io e mia moglie abbiamo partecipato a una riunione nel corso della quale dovevano esserci spiegate le nostre responsabilità. Non avevamo idea, in quel momento, di quale sarebbe stato il nostro incarico o dove avremmo svolto la nostra opera. Fui confidenzialmente informato che saremmo stati chiamati a lavorare nell’Africa occidentale. Fui sorpreso e felicissimo dell’incarico, ma si affollarono nella mia mente tutti i pensieri che sarebbero inevitabilmente sorti nella mente della mia compagna da quasi 39 anni. Come avrebbe reagito alla chiamata a tale incarico? Sapevo che avrebbe accettato di partire. In tutti gli anni che abbiamo trascorso insieme non ha mai rifiutato alcuna chiamata del Signore. Ma quali sentimenti avrebbero albergato nel suo cuore?
Quando le sedetti accanto, intuì dal mio sguardo che conoscevo la destinazione del nostro incarico. Chiese: «Allora, dove andiamo?» Risposi semplicemente: «In Africa». Le si illuminò lo sguardo e disse con la gioia nel cuore: «Che cosa stupenda!» La mia felicità era completa.
Così anche il nostro Padre celeste deve provare gioia quando seguiamo i profeti viventi con il desiderio in cuore di obbedire. Io rendo testimonianza che Gesù il Cristo vive. Egli parla ai profeti dei nostri giorni. Prego affinché noi possiamo seguire i nostri profeti senza mormorare; nel nome di Gesù Cristo. Amen.