«Il grande e il primo comandamento»
«Dato lo scopo della nostra esistenza, se non amiamo Dio e il prossimo, qualsiasi altra cosa faremo avrà poca importanza nell’eternità»
Nelle scorse quattro settimane l’attenzione delle persone di tutto il mondo si è focalizzata sugli atti intenzionali e distruttivi di terrorismo e di odio.
L’odio è l’antitesi dell’amore. Lucifero ne è il maggiore difensore e perpetratore, lo è stato sin da quando la sua proposta sul piano di salvezza fu rigettata dal Padre. Fu lui che influenzò Giuda per fargli consegnare Gesù nelle mani dei capi sacerdoti per trenta sicli d’argento. È lui, il nemico di ogni giustizia e il padre della contesa che «va attorno a guisa di leon ruggente cercando chi possa divorare» (1 Pietro 5:8).
D’altra parte, fu lo stesso Gesù, che Giuda consegnò nelle mani dei capi sacerdoti, che disse: «amate i vostri nemici … e pregate per coloro che si approfittano di voi e vi perseguitano … » (3 Nefi 12:44; vedere Matteo 5:44). Lui stesso pregò per i soldati che Lo stavano crocifiggendo, dicendo: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Luca 23:34).
Per molti anni ho pensato che l’amore fosse un attributo, ma è qualcosa di più. È un comandamento. Nel suo dialogo con un dottore della legge, un fariseo, Gesù disse:
«Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua. Questo è il grande e il primo comandamento.
Il secondo, simile ad esso, è: Ama il tuo prossimo come te stesso.
Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge ed i profeti» (Matteo 22:37-40; vedere Galati 5:14). Il presidente Hinckley ha detto che «l’amore è come la Stella Polare: in un mondo che cambia, è una costante; è l’essenza stessa del Vangelo … Senza amore … c’è ben poco che possa raccomandarci il Vangelo come sistema di vita» (Teachings of Gordon B. Hinckley, 319, 317). L’apostolo Giovanni ha detto che «Dio è amore» (1 Giovanni 4:8). Quindi attorno a Lui, quale perfetto esempio d’amore, gravitano tutta la legge ed i profeti.
L’apostolo Paolo insegnò che la fede, il primo principio del Vangelo, opera per mezzo dell’amore (vedere Galati 5:6). Quale preziosa dottrina da comprendere è questa! L’amore è la forza motrice della fede. Proprio come il camino in una fredda sera d’inverno porta calore nella casa, così l’amore verso Dio e verso il prossimo ci porta la fede con cui ogni cosa è possibile.
La maggior parte di noi professa di amare Dio. Ho notato che il problema è amare il prossimo. Il termine prossimo include la famiglia, i colleghi di lavoro, le persone che incontriamo in chiesa e persino i nemici, anche se non approviamo ciò che fanno. Se non amiamo tutti questi nostri fratelli e sorelle, possiamo dire veramente di amare Dio? L’apostolo Giovanni dichiarò: « … chi ama Dio ami anche il suo fratello» e ha detto anche «Se uno dice: Io amo Dio e odia il suo fratello, è bugiardo … » (1 Giovanni 4:21, 20). Perciò l’amore per Dio e per il prossimo è inseparabilmente collegato.
Il nostro progresso eterno dipende in gran parte dal livello della nostra capacità di amare. Il dizionario Webster della lingua inglese definisce l’amore come: « … altruista, leale e sincera preoccupazione per il bene di un altro, un’affezione basata su ammirazione, benevolenza o interessi comuni … » (Longman Webster English College Dictionary, overseas edition). E Moroni utilizza come sinonimi i termini «puro amore di Cristo» e «carità» (vedere Moroni 7:47). Possiamo meglio dimostrare il nostro amore per Dio osservando i Suoi comandamenti; possiamo dimostrare il nostro amore per Dio e il nostro prossimo attraverso atti caritatevoli di servizio.
Permettetemi di fare due esempi. Sulle Alpi Transilvaniche della Romania un uomo, con la moglie e due figli, fu battezzato nella Chiesa. In seguito divenne il presidente del suo ramo, ma a causa di problemi economici e familiari, per un certo periodo rimase inattivo. Al suo ritorno in Chiesa egli disse che al tempo del suo battesimo, quando uscì fuori dall’acqua, qualcuno gli aveva sussurrato all’orecchio «ti voglio bene». Nessuno gliel’aveva mai detto prima. Il suo ricordo di quell’espressione d’amore e gli affettuosi atti di carità dei membri del ramo lo riportarono all’attività.
Molti anni fa, un giovane si lasciò trascinare nelle vie del mondo e per un po’ i suoi genitori non ebbero alcuna influenza su di lui. Due sommi sacerdoti, che erano suoi vicini e membri del suo rione, ma che non avevano l’incarico specifico di occuparsi di lui, insieme a uno zio e ad altre persone gli tesero la mano e lo aiutarono. Un po’ alla volta lo riportarono con amicizia all’attività e lo incoraggiarono a prepararsi per svolgere una missione. Gli dissero quanto gli volevano bene e dimostrarono quell’affetto con il loro comportamento. Questo cambiò la vita di quel giovane. Crescere un figlio richiede un’infinità di amore e talvolta la collaborazione di altre persone.
«E nessuno può contribuire a quest’opera, salvo che sia umile e pieno d’amore … » (DeA 12:8). «[P]er mezzo dell’amore servite gli uni agli altri» (Galati 5:13). Proprio come il servizio è conseguenza naturale dell’amore, così l’amore è una conseguenza naturale del servizio. Mariti, servite le vostre mogli. Mogli, servite i vostri mariti. Mariti e mogli, servite i vostri figli. E a tutti diciamo di servire Dio e il prossimo. Se lo faremo arriveremo ad amare l’oggetto della nostra devozione e ad essere, quindi, obbedienti al primo e grande comandamento di amare.
Dopo la Sua risurrezione a Gerusalemme, Gesù apparve ai Nefiti nelle Americhe. Dopo aver parlato del battesimo, Egli li avvertì sulle conseguenze dell’ira e della contesa dicendo: «[E] non vi saranno dispute fra voi… . Perché in verità, in verità io vi dico che colui che ha lo spirito di contesa non è mio, ma è del diavolo, che è il padre delle contese, e incita i cuori degli uomini a contendere con ira l’uno con l’altro» (3 Nefi 11:22, 29).
Fratelli e sorelle, se saremo obbedienti al comandamento di amare, non vi saranno dispute, contese o inimicizia tra noi. Non parleremo male l’uno dell’altro, ma ci tratteremo con gentilezza e rispetto e ci renderemo conto che ognuno di noi è un figlio di Dio. Non ci saranno Nefiti, Lamaniti né alcuna sorta di «-iti» tra di noi; ogni uomo, donna e bambino si comporterà con giustizia.
Una mattina, a Bucarest, mentre correvo nel Parco Cismigiu, osservai un vecchio albero che stava lottando per metter fuori nuovi rami, per dare nuova vita. Dare è il simbolo dell’amore. Noi diamo tanto ai familiari e agli amici, alla comunità e alla Chiesa, che a volte, come quel vecchio albero, possiamo pensare che la vita sia troppo difficile, che dare in continuazione sia un fardello troppo pesante da portare. Possiamo pensare che sia più facile lasciar perdere e agire secondo l’uomo naturale. Ma non dobbiamo e non vogliamo arrenderci. Perché? Perché dobbiamo continuare a dare proprio come Cristo e quel vecchio albero. Quando diamo anche solo un poco, pensiamo a Colui che diede la Sua vita perché noi potessimo vivere.
Verso la fine della Sua vita terrena, Gesù insegnò di nuovo la dottrina dell’amore mentre parlava ai Suoi seguaci dicendo che, come Lui li aveva amati, anche loro dovevano amarsi gli uni gli altri. «Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Giovanni 13:35).
Concludo dicendo che dato lo scopo della nostra esistenza, se non amiamo Dio e il prossimo, qualsiasi altra cosa faremo avrà poca importanza nell’eternità.
Porto testimonianza della divinità di Cristo e della realtà della Sua missione di far avverare l’immortalità e la vita eterna dell’uomo. Prego che possiamo amare come Lui ci ha amati e continua ad amarci, nel nome di Gesù Cristo. Amen.