Insegnando, predicando, sanando
Pensiamo subito e giustamente a Cristo come insegnante, il più grande mai vissuto e che mai vivrà. Il Nuovo Testamento contiene molti dei Suoi insegnamenti, dei Suoi detti, dei Suoi sermoni, delle Sue parabole. In un modo o nell’altro Egli è un insegnante in ogni pagina di quel libro. Ma anche quando insegnava, Egli faceva consapevolmente anche un’altra cosa, qualcosa che dava una prospettiva all’insegnamento.
Il Salvatore, dopo aver chiamato i primi discepoli (non ancora apostoli), iniziò l’opera. Questo è ciò che dice Matteo: «E Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando l’evangelo del Regno, sanando ogni malattia ed ogni infermità tra il popolo» (Matteo 4:23; corsivo dell’autore).
L’insegnamento e la predicazione li conosciamo e ce li aspettiamo. Ma forse non siamo altrettanto preparati a considerare la guarigione allo stesso modo. Tuttavia proprio dal principio, la guarigione viene citata come se fosse un sinonimo di insegnamento e predicazione. C’è per lo meno un chiaro rapporto tra queste tre azioni. Il passo delle Scritture citato, infatti, prosegue parlando di più delle guarigioni che dell’insegnamento.
Matteo prosegue: «E la sua fama si sparse per tutta la Siria; e gli recarono tutti i malati colpiti da varie infermità e da vari dolori, indemoniati, lunatici, paralitici; ed ei li guarì» (versetto 24).
Poi segue il magistrale Sermone sul Monte, in inglese sono sei pagine e mezzo che penso avrebbero bisogno di sei anni e mezzo per essere insegnate bene. Ma nel momento in cui il sermone terminò, Egli scese dal monte e ricominciò a guarire. In rapida successione Egli sanò un lebbroso, il servitore del centurione, la suocera di Pietro e un gruppo descritto solamente come «molti indemoniati» (Matteo 8:16). In breve, dice che Egli «guarì tutti i malati» (versetto 16).
Indotto dalla gran folla intorno a sé ad attraversare il Mar di Galilea, Egli scacciò degli spiriti da due indemoniati usciti dalle tombe di Gadara, e poi ritornò «nella sua città» (Matteo 9:1) dove guarì un paralitico costretto a letto, una donna malata d’un flusso di sangue da dodici anni (che credo sia uno dei momenti più dolci e importanti di tutto il Nuovo Testamento) e poi risuscitò dalla morte la figlia del capo della sinagoga.
Poi Egli restituì la vista a due ciechi, e subito dopo scacciò un demone che aveva reso un uomo muto. Questo è un breve riassunto dei primi sei capitoli del Nuovo Testamento dedicati al ministero di Cristo. Poi troviamo questo versetto. Pensate se significa qualcosa per voi: «E Gesù andava attorno per tutte le città e per i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando l’evangelo del Regno, e sanando ogni malattia ed ogni infermità» (Matteo 9:35; corsivo dell’autore).
Tranne qualche parola, questo è lo stesso versetto che abbiamo letto cinque capitoli prima. Poi questo:
«E vedendo le turbe, n’ebbe compassione, perch’erano stanche e sfinite, come pecore che non hanno pastore.
Allora egli disse ai suoi discepoli: Ben è la mèsse grande, ma pochi son gli operai.
«Pregate dunque il Signor della mèsse che spinga degli operai nella sua mèsse» (versetti 36–38).
In quel modo Egli chiamò i Dodici e li istruì in questa maniera: «Andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele.
E andando, predicate e dite: Il regno de’ cieli è vicino.
Sanate gl’infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Matteo 10:6–8; corsivo dell’autore).
Sappiamo che il Salvatore è il Grande Maestro. Egli è molto di più. Quando dice che gran parte della mèsse sta dinanzi a noi e che ci sono pochi operai, noi pensiamo subito ai missionari e ad altre persone che devono insegnare. Ma la chiamata è rivolta a un certo tipo di insegnante, l’insegnante che nel processo guarisce.
Ora, lasciatemi chiarire questo concetto. Con la parola «guarire» così come ne ho parlato, non intendo parlare dell’uso formale del sacerdozio, o della benedizione degli infermi o qualsiasi cosa di questo genere. Evidentemente questo non è il ruolo di coloro che sono chiamati come insegnanti nelle organizzazioni della Chiesa.
Io credo, invece, che il nostro insegnamento può portare a una guarigione di tipo spirituale. Non posso credere che Matteo scrisse così tanto sul ministero del Salvatore tra le persone afflitte, turbate e ammalate, senza uno scopo preciso. Come per il Maestro, non sarebbe meraviglioso poter misurare il successo del nostro insegnamento in base alla guarigione che avviene nella vita dei nostri studenti?
Sarò più preciso. Invece di tenere semplicemente una lezione, cercate maggiormente di aiutare quel campione della pallacanestro spiritualmente cieco a vedere, o la reginetta del raduno degli studenti spiritualmente sorda a sentire, o lo zoppicante presidente del corpo degli studenti a camminare veramente. Cerchiamo con maggiore impegno di fortificare qualcuno in modo tale che quando le tentazioni del diavolo si scaglieranno contro di lui, sarà in grado di resistere e essere liberato dal male in quello stesso istante. Possiamo provare ad insegnare con un tale potere e spiritualità da aiutare veramente quella persona che cammina da sola, che vive da sola e che piange nel buio della notte?
«Quindi?»
Forse un’esperienza fatta nel Quorum dei Dodici mi aiuterà a esprimere meglio ciò che voglio dire e a evitare qualsiasi malinteso da parte vostra.
Il presidente Boyd K. Packer, presidente facente funzione del Quorum dei Dodici Apostoli, e grande insegnante, ha una domanda che pone spesso al termine di ogni presentazione o dopo che tra i Dodici ci siamo scambiati dei consigli. Egli alza il capo come per dire «Hai terminato?», poi dice all’oratore, e in maniera implicita al resto del gruppo, «Quindi?»
«Quindi?» Credo che sia ciò che il Signore rispondeva giorno per giorno come elemento inseparabile del Suo insegnamento e della Sua predicazione. Questi sermoni e queste esortazioni non erano di alcun profitto se la vita dei Suoi discepoli non cambiava.
«Quindi?» Voi ed io sappiamo che ci sono ancora molte persone che non hanno fatto un collegamento tra ciò che dicono di credere e il loro vero modo di vivere.
Pregate affinché il vostro insegnamento produca un cambiamento. Pregate che le vostre lezioni, come le parole di una canzone ormai dimenticata, possano letteralmente portare gli individui a «raddrizzarsi e volare bene» (Nat King Cole, «Straighten Up and Fly Right» [1943]). Noi vogliamo che siano retti e buoni. Vogliamo che siano benedetti, felici in questa vita e salvati nel mondo a venire.
Dio è in controllo
Il libro degli Atti, che introduce la parte del Nuovo Testamento che fa seguito alla resurrezione, viene chiamato tecnicamente «Atti degli Apostoli». Questo concetto è un punto importante del libro, vale a dire che gli apostoli furono ordinati quali rappresentanti del Signore Gesù Cristo e autorizzati a dirigere la Chiesa nel Suo nome.
Ma consideriamo ciò che dovettero affrontare. Prendiamo in considerazione la situazione, il timore, la confusione e la desolazione dei membri della nuova piccola Chiesa cristiana dopo la crocifissione di Cristo. Potevano aver capito qualcosa di ciò che stava accadendo, ma non tutto. Le persone dovevano essere molto impaurite e confuse, e i Fratelli erano molto impegnati nel cercare di dirigere la Chiesa.
Fin dall’inizio, dal primo versetto del libro degli Atti, non ci sorprende la dichiarazione che la Chiesa continuerà ad essere guidata in maniera divina e non in maniera terrena. Per le persone era importante capirlo in quel momento di terribile confusione e paura. In realtà, un titolo ancora più completo per il libro degli Atti potrebbe essere: «Gli atti del Cristo risorto tramite lo Spirito Santo nella vita e nel ministero degli apostoli da Lui ordinati». Ora capite perché qualcuno ha votato per il titolo più corto, ma il titolo da me suggerito è molto più accurato! Ascoltate le prime righe scritte da Luca:
«Nel mio primo libro, o Teofilo, parlai di tutto quel che Gesù prese e a fare e ad insegnare,
Fino al giorno che fu assunto in cielo, dopo aver dato per lo Spirito Santo dei comandamenti agli apostoli che aveva scelto» (Atti 1:1–2; corsivo dell’autore).
La direzione della Chiesa era la stessa. Era stata cambiata la sede del Salvatore, ma la direzione e la guida della Chiesa era esattamente la stessa. Dopo aver stabilito questo, nel corso di tutto il libro vi sono continue manifestazioni del potere del Signore per mezzo dello Spirito Santo. Il primo insegnamento del Cristo risorto ai Dodici contenuto nel libro degli Atti è: «sarete battezzati con lo Spirito Santo tra non molti giorni» (Atti 1:5), e poi: «riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi» (versetto 8).
Dopo l’ascensione al cielo proprio davanti ai loro occhi, Pietro rimise insieme i rimanenti membri della Chiesa, tutti e centoventi. (Vedete l’effetto che le difficoltà e l’opposizione avevano avuto su di essi?) Centoventi persone si riunirono e Pietro disse: «Fratelli, bisognava che si adempisse la profezia della Scrittura pronunziata dallo Spirito Santo per bocca di Davide intorno a Giuda» (versetto 16; corsivo dell’autore). Nel riempire la posizione vacante di Giuda all’interno dei Dodici, essi pregarono nello stesso modo in cui il Quorum dei Dodici e la Prima Presidenza pregano oggi: «Tu, Signore , che conosci i cuori di tutti, mostra quale di questi… hai scelto» (versetto 24; corsivo dell’autore). E Mattia fu chiamato.
Ma quel primo capitolo che ci volge tutti verso il cielo, che indica così chiaramente la guida divina che avrebbe continuato a dirigere la Chiesa, è solo la preparazione al secondo capitolo. In questi passi, il termine Pentecoste entra a far parte del vocabolario cristiano quale sinonimo di manifestazioni spirituali uniche e la discesa dello Spirito Santo su tutte le persone. La rivelazione venne dal cielo con un suono «come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa» (Atti 2:2) e riempì tutti i fratelli. «E apparvero loro delle lingue come di fuoco… E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare… secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi» (versetti 3–4).
Pietro, quale capo degli apostoli e presidente della Chiesa, si levò in piedi e confermò quanto accaduto. Egli citò le parole di Dio, come riportate dal profeta Gioele, dicendo: «spanderò del mio Spirito sopra ogni carne; e i vostri figliuoli, e le vostre figliuole profeteranno, e i vostri giovani vedranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.
E anche sui miei servi e sulle mie serventi, in quei giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno» (versetti 17–18; corsivo dell’autore).
Pietro continuò: «Uomini israeliti [sta parlando a una più vasta congregazione]; udite queste parole: Gesù Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi… Questo Gesù, Iddio l’ha risuscitato… esaltato dalla destra di Dio, e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso , ha sparso quello che ora vedete e udite» (versetti 22, 32–33; corsivo dell’autore).
Questo è un passo meraviglioso. Coloro che ancora non erano battezzati, mossi da questo Spirito, chiesero cosa dovevano fare. Pietro disse loro di essere battezzati per la remissione dei peccati «e voi riceverete il dono dello Spirito Santo» (versetto 38), e così fecero in tremila. In seguito, quando lo zoppo fu guarito sui gradini del tempio e la folla pensò che Pietro e Giovanni avessero compiuto un’opera prodigiosa, Pietro li rimproverò severamente, dicendo che non era il potere terreno o una qualche santità dei discepoli che aveva fatto camminare l’uomo, ma il potere di quel Gesù, che «rinnegaste» e «uccideste» (Atti 3:13, 15). Egli testimoniò poi che quello stesso Gesù guidava ancora la Chiesa tramite lo strumento dello Spirito Santo e che avrebbe continuato a farlo fino al Suo ritorno «ai tempi della restaurazione di tutte le cose» (versetto 21).
Questa volta, quando cinquemila persone si unirono alla Chiesa, i Farisei e i Sadducei rimasero sbalorditi. Chiesero di sapere come tutto questo veniva fatto. Pietro diede la classica risposta che voi dovete sempre dare agli altri: « Ripieno dello Spirito Santo » egli dichiarò che tutto ciò veniva fatto «nel nome di Gesù Cristo il Nazareno» (Atti 4:8, 10; corsivo aggiunto). Cristo non solo dirigeva le azioni dei Suoi apostoli tramite lo Spirito Santo, ma parlava anche attraverso di loro mediante lo stesso Spirito. È una grande lezione sul governo della Chiesa di Gesù Cristo, sia quella antica sia quella moderna.
Il Padre e il Figlio dirigono ancora quest’opera, influenzando i dirigenti della Chiesa, gli insegnanti e gli individui per mezzo dello Spirito Santo. E mediante lo stesso strumento noi dobbiamo influenzare i nostri studenti.
Insegnare mediante lo Spirito
Vi prego di insegnare per mezzo dello Spirito Santo. Se non insegnamo in questo modo allora, come dicono le Scritture, stiamo insegnando «in qualche altra maniera» (DeA 50:17). E qualsiasi altra maniera «non è da Dio» (versetto 20). Offrite ai vostri studenti tutte le esperienze spirituali che potete. Questo è ciò che il Nuovo Testamento cerca di fare per voi. Questo è il messaggio dei Vangeli. È il messaggio del libro degli Atti. È il messaggio di tutte le Scritture. Quelle esperienze spirituali dei sacri scritti manterranno gli altri sulla retta via e nella Chiesa ai nostri giorni, proprio come ai tempi di quei fedeli del Nuovo Testamento.
Le Scritture affermano: «E lo Spirito vi sarà dato mediante la preghiera della fede; e se non ricevete lo Spirito, non insegnerete» (DeA 42:14). Non dice semplicemente che non vi capiterà di insegnare, che non potrete insegnare o che sarebbe un insegnamento scadente. No, è qualcosa di più. È la forma imperativa del verbo. «Non insegnerete». Se utilizzate la seconda persona singolare ottenete la forma linguistica usata sul Monte Sinai. Questo è un comandamento. Questi sono gli studenti di Dio, non i vostri, proprio come è la chiesa di Dio e non di Pietro o di Paolo, o di Joseph, o di Brigham.
Fatevi animo. Lasciate che lo Spirito agisca in voi in diversi modi che non avrete il privilegio di vedere o persino di riconoscere. Accadrà più di quanto pensate, se siete onesti nel vostro cuore e se vi sforzate di vivere nel modo più puro possibile. Quando arriverete al momento supremo e quasi impossibile da insegnare del Getsemani, del calvario e dell’ascensione, vi chiedo di ricordare tra le tante cose, due tra gli aspetti più importanti.
Cristo rimase fedele
Primo, nel Suo indescrivibile e violento dolore, Cristo rimase fedele .
Matteo dice che Egli era «contristato ed angosciato… oppresso da tristezza mortale» (vedere Matteo 26:37–38). Egli andò da solo nel giardino, lasciando intenzionalmente i Fratelli fuori ad aspettare. Doveva compiere tutto ciò da solo. Si inginocchiò e, come dice l’apostolo, «si gettò con la faccia a terra» (versetto 39). Luca dice che era «in agonia» e pregò così intensamente che il Suo sudore divenne come «grosse gocce di sangue che cadeano in terra» (Luca 22:44). Marco dice che Egli si gettò a terra e disse: «Abba, Padre!» Questa non è teologia astratta. È un Figlio che supplica Suo Padre: «ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice!» (Marco 14:36).
Chi avrebbe potuto respingere una tale richiesta, soprattutto dal Figlio perfetto? «Ogni cosa ti è possibile. So che puoi fare ogni cosa. Allontana da me questo calice».
La preghiera, secondo Marco, era che se fosse stato possibile, questo momento fosse tolto dal piano. Il Signore disse, in effetti: «Se c’è un’altra via, preferirei percorrerla. Se c’è un’altra via, qualsiasi altra via, la seguirò volentieri», «Passi oltre da me questo calice», riporta Matteo (Matteo 26:39). «Allontana da me questo calice» troviamo in Luca (Luca 22:42). Ma alla fine il calice non fu allontanato.
Alla fine sottomise la Sua volontà a quella di Suo Padre e disse: «Non la mia volontà, ma la tua sia fatta» (Luca 22:42). Questa è l’ultima conversazione tra il Padre e il Figlio nel ministero terreno di Gesù. Da qui in avanti il dado era stato tratto. Avrebbe percorso questa strada a qualsiasi costo.
E da quest’ultima dichiarazione nel Vecchio Mondo, passiamo alla prima dichiarazione in quello Nuovo. Ai Nefiti riuniti al tempio, Egli disse: «Ecco, io sono Gesù Cristo… la luce e la vita del mondo: ed ho bevuto da quella coppa amara che il Padre mi ha dato e… ho accettato la volontà del Padre in tutte le cose, fin dal principio» (3 Nefi 11:10–11). Questa è la presentazione di Se stesso, la dichiarazione che Egli ritiene descriva meglio a queste persone chi Egli è.
Se potete lasciate ai vostri studenti un motivo per impegnarsi in risposta all’incomparabile sacrificio del Salvatore per loro, al Suo pagamento del prezzo per le loro trasgressioni, al Suo dolore per i loro peccati, aiutateli a capire la necessità di obbedire, nei loro momenti difficili e nelle loro decisioni, di sottomettersi alla «volontà del Padre» (versetto 11), ad ogni costo. Non lo faranno sempre, proprio come voi ed io, ma questa dovrebbe essere la loro meta; dovrebbe essere il loro proposito. La cosa che Cristo sembra più ansioso di sottolineare della Sua missione, al di là delle virtù personali e degli splendidi sermoni e delle guarigioni, è il fatto che Egli ha sottomesso la Sua volontà a quella del Padre.
Siamo troppo spesso persone caparbie. Il messaggio, dunque, che il Salvatore lascia a tutti noi è che la nostra offerta, a similitudine della Sua, sia un cuore spezzato e uno spirito contrito (vedere 3 Nefi 9:20; DeA 59:8). Dobbiamo fuggire dal nostro egoismo e piangere per i nostri peccati e per i peccati del mondo. Dobbiamo supplicare gli altri a sottomettersi al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Non c’è altra via. Senza paragonarci troppo a Lui, in quanto sarebbe sacrilego da parte nostra, il calice che non può essere allontanato è un calice che giunge nella nostra vita così come nella Sua. Si presenta in maniera molto più leggera ma abbastanza spesso da insegnarci che dobbiamo obbedire comunque.
Cristo conosce la via
La seconda lezione sull’Espiazione che vorrei chiedervi di ricordare è collegata alla prima. Se coloro cui insegnate sentono di aver in qualche modo commesso già troppi errori, se ritengono di lavorare, vivere e operare a un livello inferiore a quello in cui la luce di Cristo può brillare, insegnate loro che Dio ha «una disposizione a perdonare», che Cristo è «misericordioso e pieno di grazia, lento all’ira, longanime e pieno di bontà» ( Lectures on Faith [1985], 42). La misericordia, che va di pari passo con le virtù del pentimento e del perdono, è il fulcro dell’espiazione di Gesù Cristo. Tutto nell’ambito del Vangelo ci insegna che possiamo cambiare, se veramente lo vogliamo, che possiamo essere aiutati, se lo chiediamo sinceramente, e che possiamo essere resi puri malgrado i problemi del passato.
Nonostante le tribolazioni della vita, durante questo viaggio c’è un aiuto per tutti noi. Quando Cristo ci chiede di sottometterci e di obbedire al Padre, Egli sa come aiutarci a farlo. Egli ha seguito quel cammino e ci chiede di fare ciò che Egli ha fatto, solamente che lo ha reso molto più facile per noi. Egli sa dove sono le selci taglienti e le pietre d’inciampo, dove si trovano le spine e i cardi più pericolosi. Conosce dove il sentiero è più difficile e sa da che parte andare quando si giunge a un bivio e quando cala la notte. Egli sa tutte queste cose perché ha sofferto «pene e afflizioni e tentazioni di ogni specie… affinché egli possa conoscere… come soccorrere il suo popolo nelle loro infermità» (Alma 7:11–12). Soccorrere significa «accorrere in aiuto». Porto testimonianza che Cristo accorrerà in nostro aiuto, anche ora, se accetteremo il braccio teso della Sua misericordia.
Quando barcolliamo e inciampiamo, Egli è là pronto a rafforzarci. Alla fine Egli è lì per salvarci, e per tutto ciò Egli ha dato la Sua vita. Per quanto bui possano sembrare i nostri giorni, per il Salvatore del mondo è stato molto peggio. In ricordo di quei giorni, Gesù ha scelto, pur essendo in un corpo risorto e reso perfetto, di tenere per il bene dei Suoi discepoli le ferite nelle Sue mani, nei Suoi piedi e nel Suo costato, cioè i segni, se volete, che le cose dolorose accadono anche a coloro che sono puri e perfetti; segni, se volete, che la sofferenza in questo mondo non è una prova che Dio non ci ama; segni, se volete, che i problemi passano e la felicità può essere nostra. Ricordate agli altri che il Cristo ferito è il Capitano delle nostre anime, Colui che porta le cicatrici del nostro perdono, le lesioni del Suo amore e umiltà, la carne lacerata dell’obbedienza e del sacrificio.
Queste ferite sono il mezzo principale a nostra disposizione per riconoscerLo alla Sua venuta. Egli potrà invitarci a farci avanti, così come ha fatto con altri, per vedere e toccare quei segni. Se non prima, sicuramente in quel momento ricorderemo insieme a Isaia che fu per noi che Dio fu «disprezzato e abbandonato… uomo di dolore, familiare con il patire», che «egli è stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiam pace, è stato su lui, e per le sue lividure noi abbiamo avuto guarigione» (Isaia 53:3, 5).
Amo quest’opera. Tenetevi cara l’opportunità che avete quest’anno di immergervi nel maestoso Nuovo Testamento e nella vita di Colui di cui porta testimonianza. Questa è la Sua chiesa e noi siamo impegnati in un grande lavoro con il magnifico privilegio di amare le Scritture, di imparare da esse e di portaci reciproca testimonianza che sono vere.
Tratto da un discorso tenuto agli insegnanti del Sistema Educativo della Chiesa presso l’Università Brigham Young l’8 agosto 2000.