Parole di Gesù: Morte e Risurrezione
«Io son la risurrezione e la vita» (Giovanni 11:25).
Circa 2000 anni fa, in un piccolo villaggio fuori Gerusalemme, due sorelle videro il loro fratello ammalarsi e morire. Maria e Marta volevano molto bene al loro fratello Lazzaro e per questo il loro dolore fu grande. I loro amici e vicini provarono a confortarle ma non ci riuscirono. Il loro dolore era così grande che, quando le vide, Gesù provò grande compassione e pianse (vedere Giovanni 11:30–35). Forse possiamo immaginare ciò che Marta provò quando il Salvatore le disse: «Tuo fratello risusciterà» (Giovanni 11:23). La sua risposta denota un certo grado di conoscenza del piano di salvezza: «Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell’ultimo giorno» (Giovanni 11:24). La risposta che il Signore diede a Marta la rassicurò oltre modo: «Io son la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai» (Giovanni 11:25–26).
Poi Marta portò solenne testimonianza di Lui: «Io credo che tu sei il Cristo, il Figliuol di Dio che dovea venire nel mondo» (Giovanni 11:27).
La fede di Marta fu subito ricompensata quando lei e Maria furono confortate dal potere di Dio reso manifesto nel ritorno del loro fratello tra i vivi.
Dolore e gioia
In varie occasioni nel corso del Suo ministero terreno, il nostro Salvatore colse l’occasione per parlare della morte e della risurrezione, soprattutto della Sua morte e risurrezione. Le Sue parole possono aiutare noi, almeno quanto aiutarono Marta, ad affrontare il dolore che scaturisce dalla morte di una persona cara. Sapere che il Vangelo viene insegnato e messo in pratica tra i nostri estinti, che anche loro godranno della risurrezione e che insieme a loro potremo raggiungere l’esaltazione aumenta la nostra gratitudine per il Salvatore.
La morte di qualcuno che amiamo porta dolore nei nostri cuori. Riusciamo a capire perché Marta e Maria piansero e si addolorarono per la morte di Lazzaro. In un’altra circostanza i discepoli del Salvatore erano similmente turbati e si interrogavano sul significato di ciò che avesse voluto dire con le Sue parole: «Fra poco non mi vedrete più; e fra un altro poco mi vedrete… Perché me ne vo al Padre» (Giovanni 16:17). Il Signore spiegò che sebbene essi avrebbero pianto e fatto cordoglio alla Sua morte, la loro tristezza sarebbe stata «mutata in letizia» (Giovanni 16:20).
Poi il Salvatore gli fece un utile esempio di sentimenti contrastanti di dolore e gioia:
«La donna, quando partorisce, è in dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’angoscia per l’allegrezza che sia nata al mondo una creatura umana» (Giovanni 16:21). I Suoi discepoli, come Maria e Marta, trovarono conforto nelle parole del Salvatore sulla morte e la risurrezione. Anche noi possiamo trovare conforto e forse gioia nella comprensione che la morte è un passo necessario verso la risurrezione e la vita eterna.
Una chiara conoscenza del grande piano di salvezza ci aiuta a mitigare il dolore. La comprensione dei principi dell’immortalità e della vita eterna rafforza la nostra speranza in cose a venire. Marta sapeva che all’ultimo giorno Lazzaro sarebbe risorto. Questa conoscenza le dava speranza.
Ma anche con questa conoscenza continuiamo a sentire la mancanza dei nostri cari. Si affronta meglio il dolore quando si comprende che il nostro Salvatore ha espiato i nostri peccati ed è risorto affinché anche tutti gli uomini potessero risorgere e tutti avessero la possibilità di ottenere la vita eterna.
La morte e la risurrezione del Salvatore
Una volta, un fariseo di nome Nicodemo, venne dal Salvatore sul far della sera. Colpito dai Suoi miracoli, Nicodemo cercava consiglio. Gesù insegnò al fariseo che dobbiamo nascere di nuovo. Quindi il Salvatore profetizzò: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figliuol dell’uomo sia innalzato» (Giovanni 3:14; vedere anche Mosè 7:55).
Nicodemo non fu il solo a sentire quelle parole dal Redentore. Gesù insegnò ai Suoi discepoli: «Il Figliuol dell’uomo sta per esser dato nelle mani degli uomini ed essi l’uccideranno; e tre giorni dopo essere stato ucciso, risusciterà» (Marco 9:31).
Durante l’ultima settimana del Suo ministero, il Signore continuò a parlare di ciò che stava per accaderGli. Quando Andrea e Filippo Gli parlarono di certi greci che desideravano vederLo, Gesù colse l’opportunità per insegnar loro che: «L’ora è venuta, che il Figliuol dell’uomo ha da esser glorificato. In verità, in verità io vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, riman solo: ma se muore, produce molto frutto» (Giovanni 12:23–24).
Abinadi, il profeta del Libro di Mormon, insegnò similmente: «La tomba non ha la vittoria, e il pungiglione della morte è annullato in Cristo. Egli è la luce e la vita del mondo; sì, ed anche una vita che è infinita, cosicché non ci può più essere la morte» (Mosia 16:8–9).
La nostra risurrezione e l’esaltazione
Grazie al Salvatore possiamo guardare con speranza al giorno in cui ci riuniremo con coloro che sono già morti. Siamo benedetti con la certezza che li vedremo di nuovo, li abbracceremo e potremo donar loro ancora il nostro amore.
Il profeta Joseph Smith spiegò: «Lo considerereste strano se vi parlassi di ciò che ho visto in visione riguardo a questo argomento interessante?… Quella visione era così chiara che ho realmente visto degli uomini, prima di aver lasciato la loro sepoltura, alzarsi lentamente. Essi si son presi per mano e si son detti l’un l’altro: ‹Padre mio, figlio mio, madre mia, figlia mia, fratello mio, sorella mia›. E quando la voce inviterà i morti ad alzarsi, se io giacerò accanto a mio padre, quale sarà la prima gioia del mio cuore? Incontrare mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella che mi saranno al fianco, e tutti ci abbracceremo».1
La realtà di una risurrezione universale insieme alla possibilità dell’esaltazione attraverso il supremo sacrificio del nostro Redentore sono un motivo abbastanza buono da suscitare eterna gratitudine. Egli èla Risurrezione e la Vita e questa è la nostra testimonianza al mondo.
I morti e i vivi hanno l’opportunità di sentire la Sua voce e vivere. Tutti, da ambo le parti del velo, devono tuttavia sottostare a certe condizioni per ricevere tutte le benedizioni del Vangelo. Il Salvatore spiegò a Marta una di queste condizioni: «Chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai» (Giovanni 11:25—26). Avere fede in Lui è il primo principio del Vangelo. Questa fede ci spinge a pentirci e a contrarre e osservare le alleanze con Dio così che possiamo poi ricevere la vita eterna.
Se obbediamo ai Suoi comandamenti e siamo fedeli alle nostre alleanze, possiamo nutrire la speranza di essere benedetti con una famiglia unita e premiata con la vita eterna. Come disse Gesù Cristo: «[I morti] ne verranno fuori;… quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; e quelli che hanno operato male, in risurrezion di giudicio» (Giovanni 5:29). A proposito di questo versetto il profeta Joseph Smith disse: «Alcuni si leveranno nelle fiamme eterne di Dio… ed alcuni si leveranno nella dannazione della loro stessa indecenza, che è un tormento tanto intenso quanto lo stagno di fuoco e zolfo».2
Il pentimento è la chiave per evitare di levarci nella dannazione . Il pentimento sincero mette in moto il grande piano di salvezza per il nostro bene. «Il Signore vostro Redentore soffrì la morte nella carne; pertanto egli soffrì i dolori di tutti gli uomini, affinché tutti possano pentirsi e venire a lui. Ed è risorto dai morti per poter portare tutti a Sé, a condizione del pentimento» (DeA 18:11—12).
Samuele, il profeta lamanita, comprendeva appieno la relazione tra il pentimento e una gioiosa risurrezione. Mentre con coraggio stava in piedi sulle mura, insegnò:
«La risurrezione di Cristo redime l’umanità, sì, proprio tutta l’umanità, e la riporta alla presenza del Signore.
Sì, e realizza le condizioni del pentimento, cosicché chiunque si pente non è falciato e gettato nel fuoco; ma chiunque non si pente è falciato e gettato nel fuoco» (Helaman 14:17—18).
La conoscenza delle promesse della risurrezione e dell’esaltazione accresce e fortifica la nostra fede nel Salvatore e il nostro desiderio di pentirci per tornare a Lui.
Scolpito nei nostri cuori
Dopo aver detto a Marta che Egli era la Risurrezione e la Vita, il Salvatore le chiese: «Credi tu questo?» La risposta di Marta mostra la sua grande fede. «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figliuol di Dio che dovea venire nel mondo» (Giovanni 11:26–27).
Anche noi possiamo porci questa domanda: Credo alle parole del Salvatore riguardo all’immortalità e alla vita eterna? Credo in un felice ricongiungimento con i miei cari che sono morti? Quanto più permetteremo a queste verità di permeare la nostra vita, tanto più grande sarà la nostra fede e tanto più forte la nostra testimonianza che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio.
I Suoi insegnamenti riguardo alla Sua stessa morte e risurrezione dovrebbero essere scolpiti nei nostri cuori. Una volta, quando i Suoi discepoli si meravigliavano davanti al grande potere di Dio che c’era in Lui, il Salvatore disse: «Voi, tenete bene a mente queste parole: Il Figliuol dell’uomo sta per esser dato nelle mani degli uomini» (Luca 9:44; vedere anche la Traduzione di Joseph Smith di Luca 9:44).
Il profeta Joseph Smith insegnò: «Dai cieli Dio ha rivelato il Figlio Suo e anche la dottrina della risurrezione; e noi sappiamo che coloro che seppelliamo qui Dio farà risorgere, sopravvestiti e vivificati dal Suo Spirito… Che queste verità penetrino nel nostro cuore affinché già fin da ora possiamo cominciare a godere quello che nell’aldilà avremo al completo».3
Lo studio degli insegnamenti del Salvatore riguardo alla morte e alla risurrezione rafforza la nostra speranza nell’immortalità e nella vita eterna. Questa speranza può davvero colmare i nostri cuori della stessa gioia provata da Marta e Maria. La promessa del Salvatore è che i nostri cari risusciteranno (vedere Giovanni 11:23).