Il Salvatore il Grande Maestro
Dobbiamo nutrirci abbondantemente delle parole di Cristo, ossia le Scritture, come fece Lui, e usarle per insegnare e rafforzare il prossimo.
Sotto la direzione di Suo Padre, Gesù Cristo creò mondi senza fine. Era il grande Geova, il Dio dell’Antico Testamento. Nacque da una madre terrena, Maria, e da Dio, il Padre Eterno. Fu il più grande essere a vivere sulla terra. Dichiarò di essere venuto per “far la volontà di Colui che [lo aveva] mandato, e [per] compiere l’opera sua” (Giovanni 4:34).
Il Suo messaggio e ministero sono dichiarazioni inequivocabili che Egli è Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il Messia promesso.
Quando insegnava citava spesso l’Antico Testamento. Usò le Scritture per prepararsi per il Suo ministero, per resistere al male e alle tentazioni, per onorare e affermare la validità dei profeti del passato, per rafforzare il prossimo. Dal Suo esempio possiamo imparare a usare le Scritture con più efficacia nelle nostre responsabilità come genitori, dirigenti e insegnanti, avendo Egli stabilito un esempio perfetto in tutte le cose, compreso nell’essere il Grande Maestro.
La preparazione per il Suo ministero
Quando il Signore venne sulla terra, aveva come noi sulla mente un velo di dimenticanza e, come noi, progredì di grazia in grazia (vedere DeA 93:11–17). Fu istruito dal Padre Celeste (vedere Giovanni 8:28; 12:49) e da insegnanti mortali. L’anziano James E. Talmage (1862–1933), membro del Quorum dei Dodici Apostoli, spiegò: “La nostra conoscenza della vita dei Giudei di quel periodo giustifica la nostra opinione sul fatto che il Fanciullo fosse bene addestrato nelle leggi e nelle Scritture, perché questa era la regola. Egli accumulò la conoscenza con lo studio e acquistò la saggezza con la preghiera, con la riflessione e con lo sforzo”.1
Dall’infanzia sino a quando iniziò il Suo ministero pubblico, l’unica storia che abbiamo di Lui è nel ruolo d’insegnante quando aveva dodici anni e si trovava nel tempio. Questa storia dimostra una capacità inusuale di impiegare la saggezza e la conoscenza: “Ed avvenne che tre giorni dopo [Giuseppe e Maria] lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo a’ dottori, che li ascoltava e faceva loro delle domande” (Luca 2:46). La traduzione di Joseph Smith chiarisce questo versetto e indica che i dottori ascoltavano Gesù e che Gli ponevano delle domande.
La crescita della Sua conoscenza prima dell’inizio del ministero esemplifica il consiglio che nel 1829 impartì ad Hyrum Smith: “Non cercare di proclamare la mia parola, ma cerca prima di ottenerla, ed allora la tua lingua verrà sciolta; allora, se lo desideri, avrai il mio Spirito e la mia parola, sì, il potere di Dio per convincere gli uomini” (DeA 11:21).
Anche noi possiamo scrutare le Scritture per trovare istruzioni e ispirazione quando iniziamo il nostro ministero, che si tratti di un nuovo incarico, una nuova responsabilità (come l’essere genitori), o semplicemente una lezione della serata familiare.
La resistenza al male e alle tentazioni
All’inizio del ministero, Gesù fu tentato dal diavolo. Due delle tre tentazioni iniziarono insinuando un dubbio pungente: “Se tu sei Figliuol di Dio” (Matteo 4:3, 6). Per resistere a Satana, il Salvatore citò tre passi scritturali dell’Antico Testamento, dicendo: “Sta scritto… È altresì scritto” (versetti 4, 7, 10).
Il Salvatore inoltre insegnò ai discepoli attraverso gli esempi scritturali come vincere il male. Quando insegnò alle persone a resistere al male o altrimenti avrebbero dovuto affrontare conseguenze molto dure, il Grande Maestro citò un racconto dell’Antico Testamento: “Il paese di Sodoma e di Gomorra, nel giorno del giudizio, sarà trattato con meno rigore di quella città [di quelli che hanno rigettato il Suo vangelo]” (Matteo 10:15).
Se la mettiamo in pratica, la parola di Dio ha un potere protettivo intrinseco: “Chiunque avesse dato ascolto alla parola di Dio e vi si fosse attenuto saldamente, non sarebbe mai perito; né le tentazioni, né i dardi feroci dell’avversario avrebbero potuto sopraffarli” (1 Nefi 15:24).
Uno dei miei versetti preferiti su come resistere oggi a Satana è questo: “I miei occhi sono su di voi. Io sono in mezzo a voi” (DeA 38:7). Dissipa per sempre la bugia che “nessuno lo saprà”.
Onorare i profeti del passato
Il Salvatore riconosceva i profeti antichi e citava ciò che avevano dichiarato. In questa dispensazione, comandò a Sidney Rigdon di “far[e] appello ai santi profeti per confermare le… parole [di Joseph Smith]” (DeA 35:23).
Per rendere testimonianza dei profeti dell’Antico Testamento e onorarli, il Salvatore parlò di Noè (vedere Matteo 24:37–38); Abrahamo (vedere Luca 16:22–31; Giovanni 8:56–58); Abrahamo, Isacco e Giacobbe (vedere Matteo 8:11); Mosè (vedere Giovanni 5:46); Davide (vedere Luca 6:3); Elia (vedere Luca 4:25–26); Isaia (vedere Luca 4:16–21; Giovanni 1:23). Egli onorò e sostenne anche Giovanni Battista, che gli era contemporaneo (vedere Matteo 11:7–11).
Nel Sermone del Monte, il Salvatore fece dei collegamenti importanti ai profeti dell’Antico Testamento e ai loro insegnamenti su di Lui. Ciò è illustrato dalle correlazioni strette tra le frasi nelle beatitudini (vedere Matteo 5:3–11) e quelle in Isaia 61:1–3.2
Anche noi possiamo onorare i profeti passati e presenti prendendo i loro insegnamenti per quello che sono: la parola e la volontà del Signore (vedere DeA 68:4). Quando ci prepariamo a insegnare dalle Scritture, dobbiamo pregare e cercare i principi che possiamo applicare a coloro cui insegniamo.
L’edificazione del prossimo
Un messaggio particolarmente importante nella vita del Maestro è il sermone del “pane della vita” (vedere Giovanni 6), che illustra la padronanza e l’uso che faceva delle Scritture, come pure la loro importanza per noi.
Il giorno prima di enunciare questo messaggio, il Signore aveva operato il miracolo grazie al quale aveva sfamato cinquemila persone, guadagnando altri seguaci (vedere Giovanni 6:5–14). Se quello ed altri miracoli non fossero stati abbastanza per aiutare le persone a credere in Lui, nel sermone del pane della vita dichiarò apertamente chi era. Quel sermone servì a istruire i Suoi apostoli, soprattutto Pietro, la cui testimonianza fu rafforzata (vedere versetti 63–71).
Il Grande Maestro fece riferimento a un evento dell’Antico Testamento per introdurre il sermone del pane della vita:
“Mosè vi ha dato il pane che vien dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo.
Poiché il pan di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo” (Giovanni 6:32–33; vedere anche Esodo 16).
Al che risposero: “Signore, dacci sempre di codesto pane” (Giovanni 6:34).
A chi era pronto spiritualmente, la Sua risposta rivelò la Sua identità divina come Figlio di Dio, il Messia e Salvatore promesso: “Io sono il pan della vita; chi viene a me non avrà fame, e chi crede in me non avrà mai sete” (Giovanni 6:35).
Il Salvatore dichiarò poi la dottrina divina che unisce l’Espiazione e gli emblemi del pane e dell’acqua sacramentali: “Se non mangiate la carne del Figliuol dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi” (Giovanni 6:53).
Sappiamo che questo sermone rafforzò Pietro, poiché questi attestò: “Noi abbiam creduto ed abbiam conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Giovanni 6:69). Il sermone sul pane della vita è importante per noi, poiché anche noi crederemo e saremo certi che Gesù è il Cristo quando leggeremo, studieremo e citeremo—non parafraseremo—gli scritti sacri per edificare noi stessi e il prossimo.
L’adempimento delle Scritture: l’ingresso trionfale
L’ingresso trionfale a Gerusalemme fu una tacita affermazione della Sua conoscenza e uso delle Scritture: “Benedetto colui che viene nel nome dell’Eterno!” (Salmo 118:26; vedere anche Marco 11:9–10). Entrò a Gerusalemme su un asino, adempiendo la profezia: “Esulta grandemente, o figliuola di Sion… il tuo re viene a te… montato sopra un asino” (Zaccaria 9:9; vedere anche Matteo 21:4–5).
Dall’inizio del Suo ministero terreno sino al Giardino di Getsemani, alla croce, alla tomba vuota, Gesù Cristo ha provato di essere il Messia promesso, attraverso le Scritture antiche e il ministero, i miracoli che compì e i messaggi che insegnò.
Nel Giardino di Getsemani Gesù pregò: “Padre, se tu vuoi, allontana da me questo calice! Però, non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Luca 22:42). Questa dichiarazione della Sua umiltà e l’adempimento del sacrificio espiatorio infinito attestano che Egli è il Figlio di Dio, il più grande insegnante che sia mai vissuto o che mai vivrà.
Le Scritture testimoniano e parlano di Gesù Cristo. Quando ci immergiamo in esse giungiamo a conoscere Lui e la Sua voce: “Queste parole non vengono da uomini né da un uomo, ma da me; pertanto voi attesterete che vengono da me e non da un uomo” (DeA 18:34). Quando per prima cosa m’immergo nelle Scritture a casa con mia moglie e con la mia famiglia, sono più efficace nel servizio ecclesiastico che rendo.
Amo le Scritture. Rendo testimonianza che sono la parola di Dio. Possiamo come il Salvatore insegnare in famiglia e nel nostro incarico usandole, affinché “la virtù della parola di Dio” possa avere un “effetto… potente” su coloro cui insegniamo (Alma 31:5).