2016
Un modello per avere pace
Maggio 2016


Un modello per avere pace

La pace che tutti noi cerchiamo ci richiede di agire: imparando da Gesù Cristo, ascoltando le sue parole e camminando con Lui.

Alcuni anni fa, a nostra figlia e a nostro genero è stato chiesto di insegnare insieme in una classe della Primaria composta da cinque bambini di quattro anni molto vivaci. Nostra figlia era l’insegnante mentre nostro genero era il responsabile del rispetto delle regole e, tra un momento di caos e l’altro, facevano del loro meglio per mantenere una certa tranquillità e insegnare i principi del Vangelo ai bambini.

Durante una lezione particolarmente turbolenta, dopo numerosi avvertimenti, nostro genero ha portato fuori dalla classe un bambino di quattro anni molto vivace. Una volta fuori dalla stanza e in procinto di parlare al bambino del suo comportamento e della necessità di trovare i suoi genitori, il piccolo ha fermato nostro genero prima che potesse dire una parola e, con la mano alzata e con grande emozione, ha sbottato: “È solo che a volte — a volte — per me è difficile pensare a Gesù!”.

Nel nostro viaggio sulla terra, per quanto possa essere gloriosa la nostra destinazione prevista e per quanto possa dimostrarsi esaltante il viaggio, lungo la via saremo tutti soggetti alle prove e al dolore. L’anziano Joseph B. Wirthlin insegnò: “La ruota del dolore prima o poi gira per ciascuno di noi. In un momento o in un altro tutti dobbiamo provare la sofferenza. Nessuno è esente”1. “Il Signore nella Sua saggezza non preserva nessuno dalle afflizioni o dalla tristezza”.2 Tuttavia, la nostra capacità di percorrere questa strada in pace dipende in gran parte da quanto sia difficile o meno anche per noi pensare a Gesù.

La pace di mente, di coscienza e di cuore non sono determinate dalla nostra capacità di evitare le prove, il dolore o la tristezza. Nonostante le nostre suppliche sincere, non tutte le tempeste cambieranno il loro corso, non tutte le infermità saranno guarite e potremmo non capire pienamente ogni dottrina, principio o pratica insegnata dai profeti, veggenti e rivelatori. Ciò nonostante, ci è stata promessa la pace — a una condizione.

Nel vangelo di Giovanni, il Salvatore insegnò che, nonostante le tribolazioni della vita, possiamo essere di buon animo; possiamo essere pieni di speranza e non dobbiamo temere, perché Egli ha dichiarato: “Abbiate pace in me3. La fede in Gesù Cristo e nel Suo sacrificio espiatorio è, e per sempre sarà, il primo principio del Vangelo e il fondamento su cui è basata la nostra speranza di avere “pace in questo mondo e vita eterna nel mondo a venire”4.

Nella nostra ricerca della pace nel mezzo delle prove quotidiane della vita, ci è stato dato un semplice modello per mantenere i nostri pensieri incentrati sul Salvatore, il quale disse: “Impara da me, e ascolta le mie parole; cammina nella mitezza del mio Spirito, e avrai pace in me. Io sono Gesù Cristo”5.

Impara, ascolta e cammina: tre passi con una promessa.

Primo passo: “Impara da me”

In Isaia leggiamo: “Molti popoli v’accorreranno, e diranno: ‘Venite, saliamo al monte dell’Eterno, alla casa dell’Iddio di Giacobbe; egli ci ammaestrerà intorno alle sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri’”6.

Nel numero sempre crescente di templi che costellano la terra possiamo imparare a conoscere Gesù Cristo e il Suo ruolo nel piano del Padre quale Creatore di questo mondo, nostro Salvatore e Redentore, e fonte della nostra pace.

Il presidente Thomas S. Monson ha insegnato: “Il mondo può essere un luogo difficile in cui vivere. […] Andando nelle sante case di Dio, ricordando le alleanze strette al suo interno, saremo meglio in grado di sopportare ogni prova e superare ogni tentazione. In questo sacro santuario troveremo pace”7.

Alcuni anni fa, mentre svolgevo un incarico a una conferenza di palo durante il mio servizio in Sud America, ho incontrato una coppia che piangeva la recente morte del loro figlio neonato.

Ho conosciuto il fratello Tumiri e ho appreso della sua perdita durante un’intervista tenuta in occasione della conferenza. Mentre parlavamo, egli ha detto che non soltanto era profondamente rattristato per la morte di suo figlio, ma era anche devastato al pensiero di non vederlo mai più. Poi ha spiegato che, come membri relativamente recenti della Chiesa, avevano risparmiato abbastanza da potersi recare al tempio una volta, prima della nascita del bambino, e lì erano stati suggellati come coppia e alle loro due figlie. Quindi ha spiegato che avevano messo da parte dei soldi per ritornare al tempio, ma che non erano riusciti ancora a portarci il loro bambino affinché potesse anche lui essere suggellato a loro.

Riconoscendo un possibile equivoco, ho spiegato che, se fosse rimasto fedele, avrebbe certamente rivisto suo figlio perché l’ordinanza di suggellamento che lo aveva legato a sua moglie e alle sue figlie era sufficiente anche per legarlo a suo figlio, il quale era nato nell’alleanza.

Sbalordito, mi ha chiesto se fosse proprio vero, e quando ho confermato che lo era, egli mi ha chiesto se fossi disposto a parlare con sua moglie, che nelle due settimane successive alla morte del figlio era stata inconsolabile.

La domenica pomeriggio, dopo la conferenza, ho incontrato la sorella Tumiri e ho spiegato anche a lei questa gloriosa dottrina. Con il dolore della sua perdita ancora fresco, ma con un barlume di speranza e le lacrime agli occhi, ella ha chiesto tra le lacrime: “Potrò veramente tenere di nuovo tra le braccia il mio bambino? È veramente mio per sempre?”. La rassicurai che, se avesse rispettato le sue alleanze, il potere di suggellamento esercitato nel tempio, operativo grazie all’autorità di Gesù Cristo, le avrebbe davvero permesso di essere di nuovo con suo figlio e di tenerlo tra le braccia.

La sorella Tumiri, anche se col cuore spezzato per la morte del figlio, ha lasciato il nostro incontro con lacrime di gratitudine e piena di pace grazie alle sacre alleanze del tempio, rese possibili dal nostro Salvatore e Redentore.

Ogni volta che andiamo al tempio — in tutto ciò che ascoltiamo, facciamo e diciamo; in ogni ordinanza a cui partecipiamo e in ogni alleanza che stipuliamo — veniamo guidati a Gesù Cristo. Proviamo pace nell’ascoltare le Sue parole e nell’imparare dal Suo esempio. Il presidente Gordon B. Hinckley insegnò: “Recatevi alla casa del Signore e lì sentirete il Suo Spirito, comunicherete con Lui e proverete una pace che non troverete da nessun’altra parte”8.

Secondo passo: “Ascolta le mie parole”

In Dottrina e Alleanze leggiamo: “Che sia dalla mia propria voce o dalla voce dei miei servitori, è lo stesso”9. Dai tempi di Adamo e attraverso le ere fino ad arrivare al nostro attuale profeta, Thomas Spencer Monson, il Signore ha parlato attraverso i Suoi rappresentanti autorizzati. Coloro che scelgono di ascoltare e di prestare attenzione alle parole del Signore pronunciate tramite i Suoi profeti troveranno sicurezza e pace.

Nel Libro di Mormon troviamo molti esempi dell’importanza di seguire il consiglio profetico e di stare dalla parte del profeta; tra questi vi è una lezione che apprendiamo dal sogno di Lehi dell’albero della vita che si trova in 1 Nefi capitolo 8. L’edificio grande e spazioso non è mai stato tanto popolato o i rumori provenienti dalle sue finestre aperte non sono mai stati tanto fuorvianti, beffardi e sconcertanti quanto lo sono ai nostri giorni. In questo passo scritturale leggiamo di due gruppi di persone e delle loro reazioni alle grida provenienti dall’edificio.

Il sogno di Lehi

A cominciare dal versetto 26, leggiamo:

“E io pure volsi lo sguardo attorno, e vidi, dall’altra parte del fiume d’acqua, un edificio grande e spazioso […].

Ed era pieno di gente […]; ed erano nell’atteggiamento di chi beffeggia e puntavano il dito verso coloro che erano arrivati e avevano mangiato del frutto.

E dopo che questi ebbero mangiato del frutto, si vergognarono a causa di quelli che si burlavano di loro; e si sviarono su cammini proibiti e si perdettero”10.

Nel versetto 33 leggiamo di altre persone che reagirono diversamente allo scherno e alla derisione provenienti dall’edificio. Il profeta Lehi spiega che coloro che erano nell’edificio “puntavano il dito a scherno verso di [lui] e anche verso coloro che stavano mangiando del frutto; ma [essi] non [prestarono] loro attenzione”11.

Una differenza chiave tra coloro che si vergognarono, si allontanarono e si smarrirono e coloro che non prestarono attenzione alla derisione proveniente dall’edificio e che rimasero dalla parte del profeta si trova in due frasi. La prima è: “Dopo che questi ebbero mangiato”; e la seconda è: “Coloro che stavano mangiando”.

Il primo gruppo arrivò all’albero, stette per un po’ dalla parte del profeta ma assaggiò soltanto il frutto. Non continuando a mangiare, queste persone si fecero influenzare dai messaggi di scherno provenienti dall’edificio, che li allontanarono dal profeta portandoli in sentieri proibiti, dove poi si smarrirono.

In contrapposizione con quelli che assaggiarono il frutto e che poi si allontanarono vi sono coloro che continuarono a mangiare il frutto. Queste persone ignorarono il trambusto proveniente dall’edificio, restarono dalla parte del profeta e godettero della sicurezza e della pace che ne conseguono. Il nostro impegno verso il Signore e verso i Suoi servitori non può essere parziale. Se così è, ci rendiamo vulnerabili a coloro che cercano di distruggere la nostra pace. Se ascolteremo il Signore per mezzo dei Suoi servitori autorizzati, staremo in luoghi santi e non potremo essere rimossi.

L’avversario offre delle soluzioni contraffatte che possono sembrare delle risposte, ma ci allontanano ancora di più dalla pace che cerchiamo. Egli offre un miraggio che ha l’aspetto di ciò che è legittimo e sicuro ma che alla fine, come l’edificio grande e spazioso, crollerà distruggendo tutti quelli che cercano la pace entro le sue mura.

La verità si trova nella semplicità di un inno della Primaria: “Dice il profeta: […] vivi il Vangelo tutta la vita, e pace avrai nel tuo cuor”12.

Terzo passo: “Cammina nella mitezza del mio Spirito”

Per quanto lontano possiamo andare lontano dal sentiero, il Salvatore ci invita a ritornare e a camminare con Lui. Questo invito a camminare con Gesù Cristo è un invito ad accompagnarlo al Getsemani e da lì al Calvario e poi alla Tomba nel giardino. È un invito a osservare e a mettere in pratica il Suo grande sacrificio espiatorio, la cui portata è tanto individuale quanto infinita. È un invito a pentirsi, ad attingere al Suo potere purificatore e ad afferrare le Sue amorevoli braccia distese. È un invito a essere in pace.

Siamo invitati a camminare con Lui.

Tutti noi abbiamo sentito, a un certo punto della nostra vita, il dolore e il dispiacere che accompagnano il peccato e la trasgressione, perché “se diciamo d’esser senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi”13. Tuttavia, “quand’anche i [nostri] peccati fossero come lo scarlatto”, se metteremo in pratica l’Espiazione di Gesù Cristo e cammineremo con Lui mediante il pentimento sincero, “diventeranno bianchi come la neve”14. Anche se saremo aggravati dal senso di colpa, otterremo la pace.

Siamo invitati a pentirci.

Quando gli fece visita un angelo del Signore, Alma il Giovane fu costretto ad affrontare i propri peccati. Egli descrisse la sua esperienza in questo modo:

“La mia anima era straziata al massimo grado e angosciata da tutti i miei peccati.

“[…] Sì, vedevo che mi ero ribellato contro il mio Dio, e che non avevo obbedito ai suoi santi comandamenti”15.

Nonostante i suoi peccati fossero gravi, nel mezzo del suo calvario Alma prosegue dicendo:

“Mi ricordai pure di aver udito mio padre profetizzare al popolo riguardo alla venuta di un certo Gesù Cristo, un Figlio di Dio, per espiare i peccati del mondo.

“[…] Gridai nel mio cuore: O Gesù, tu, Figlio di Dio, abbi misericordia di me”16.

“E mai, sino a quando non implorai la misericordia del Signore Gesù Cristo, ricevetti la remissione dei miei peccati. Ma ecco, lo invocai, e trovai la pace per la mia anima17.

Come Alma, anche noi troveremo pace per la nostra anima se cammineremo con Gesù Cristo, ci pentiremo dei nostri peccati e metteremo in pratica il Suo potere guaritore nella nostra vita.

La pace che tutti noi cerchiamo richiede più di un semplice desiderio; ci richiede di agire: imparando da Gesù Cristo, ascoltando le Sue parole e camminando con Lui. Potremmo non avere la capacità di controllare tutto quello che accade intorno a noi, ma possiamo controllare in che modo mettiamo in pratica il modello fornitoci dal Signore per avere pace, un modello che rende semplice pensare spesso a Gesù.

Possiamo seguire il modello del Salvatore.

Rendo testimonianza che Gesù Cristo è “la via, la verità e la vita”18 e che soltanto attraverso di lui possiamo ottenere la vera pace in questa vita e la vita eterna nel mondo a venire. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.