Giovani Adulti – Settimanale
L’appartenenza alla Chiesa vista attraverso le lenti dell’infertilità
Marzo 2024


Giovani Adulti

L’appartenenza alla Chiesa vista attraverso le lenti dell’infertilità

Avendo problemi di fertilità, mi sono sentita come se non ci fosse un posto per me nella Chiesa.

church bench

Illustrazioni di J. Beth Jepson

Mi sono sempre sentita parte integrante della Chiesa fino a che io e mio marito Cameron non abbiamo avuto problemi di fertilità. I bambini e le famiglie che di solito mi dava gioia vedere in chiesa ora mi causavano dolore e sofferenza.

Mi sentivo vuota senza un bambino tra le braccia o una borsa per i pannolini a portata di mano. Alla Società di Soccorso venivano annunciati gli incontri di gioco per i bambini, le mamme chiacchieravano e sembrava che ogni lezione si ricollegasse alla maternità.

Mi sentivo persa.

Non avevo un bambino da portare agli incontri di gioco. Non avevo storie personali da raccontare riguardo al crescere mio figlio nel Vangelo.

Volevo disperatamente far parte delle conversazioni sulla maternità e fare amicizia con le sorelle nel mio rione, ma sembrava che non ci fosse nessun punto in comune perché non ero una madre.

La domenica in cui siamo andati per la prima volta in un rione nuovo è stata la più difficile. Visto che non avevamo bambini, ci hanno chiesto se eravamo sposati da poco e quando avevamo intenzione di cominciare una famiglia. Ero diventata abbastanza brava a rispondere a queste domande senza lasciare che mi turbassero — sapevo che non erano poste allo scopo di farmi del male.

Tuttavia, quella particolare domenica rispondere a quelle domande è stato particolarmente difficile. Avevamo appena scoperto, dopo averci posto speranza, che ancora una volta non ero rimasta incinta.

Sono andata alla riunione sacramentale col morale a terra, e rispondere a queste tipiche domande fatte per conoscersi è stato difficile per me. Durante il sacramento ho guardato la congregazione in cerca di altre coppie senza bambini con le quali io e mio marito potessimo creare un rapporto. Non ne abbiamo vista neanche una.

Ma è stato durante la Scuola Domenicale che il mio cuore si è davvero spezzato. La lezione, che doveva essere sul ruolo divino delle madri, in breve tempo ha preso un’altra piega ed è diventata una sessione di lamentele sull’essere madri. Il mio cuore è sprofondato e le lacrime mi rigavano silenziosamente le guance mentre sentivo delle donne lamentarsi riguardo a una benedizione per cui io avrei dato qualunque cosa.

Sono uscita di corsa dalla chiesa. All’inizio non volevo tornare. Non volevo provare ancora una volta quella sensazione di isolamento. Ma quella sera, dopo aver parlato con mio marito, sapevamo che avremmo continuato a frequentare la Chiesa non solo perché ce l’ha richiesto il Signore, ma anche perché entrambi sapevamo che la gioia che deriva dal rinnovare le nostre alleanze e dal sentire lo Spirito in chiesa sovrasta la tristezza che ho provato quel giorno.

couple sitting at church

Tutti noi a volte ci sentiamo fuori posto

Quell’esperienza risale a quattro anni fa. È passato del tempo e ancora non ho un bambino tra le braccia o una borsa di pannolini a portata di mano, ma so come mai prima d’ora che c’è un posto per me in Chiesa.

Nell’elaborare il mio dolore, ho cominciato a prestare più attenzione alle persone attorno a me. Mi capita ancora di guardare la congregazione, ma ora cerco di notare le persone che potrebbero essere venute in chiesa sentendosi fuori posto. Ho scoperto che tutti noi a volte ci sentiamo fuori posto.

Nella Chiesa ci sono persone vedove, divorziate o non sposate; persone con familiari che si sono allontanati dal Vangelo; persone con malattie croniche o difficoltà economiche; membri che sono attratti da persone dello stesso sesso; membri che lavorano per superare dipendenze o dubbi; nuovi convertiti; persone trasferite in città da poco; genitori che non hanno più i figli a casa; e la lista potrebbe continuare all’infinito.

Potremmo pensare che le nostre difficoltà o circostanze ci impediscano di sentirci parte della Chiesa, ma la verità è che la nostra vita unica e le nostre avversità individuali sono effettivamente le cose che ci rendono maggiormente parte della Chiesa di Cristo.

Noi abbiamo un posto nel cuore del Salvatore

Lo scopo dell’essere membri della Chiesa è quello di seguire il Salvatore. C’è un posto per noi nel cuore del Salvatore, e quindi c’è un posto per noi nella Sua Chiesa. Egli ci ha detto: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo” (Matteo 11:28).

Il Signore ci invita a venire a Lui a prescindere dalle nostre circostanze. Andiamo in Chiesa per rinnovare le nostre alleanze, per accrescere la nostra fede, per trovare pace e per fare ciò che Egli fece perfettamente nella Sua vita: ministrare alle persone che si sentono fuori posto.

Potrebbero esserci dei momenti in cui sarò l’unica persona nella Società di Soccorso a non avere figli e momenti in cui le persone continueranno a chiedermi perché non abbiamo figli. Quei momenti possono essere difficili, ma a prescindere da quante siano le esperienze difficili, quelle gioiose sono persino di più.

Sentire lo Spirito in Chiesa e dimostrare il mio amore per il mio Salvatore supererà sempre qualunque sentimento di solitudine. So che c’è pace in Cristo. So che andando in chiesa si può trovare guarigione. So che quando perduriamo siamo benedetti. Le nostre difficoltà possono essere diverse da quelle delle altre persone nella Chiesa, ma le nostre esperienze personali possono aiutarci a sviluppare maggiore empatia per coloro che potrebbero sentirsi fuori posto. E, di conseguenza, queste esperienze possono unirci.

So che condividendo la mia testimonianza e aprendo il mio cuore posso aiutare gli altri a comprendere che loro — come ogni singola persona — hanno un posto nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.