2003
Guardare al di là del segno
Marzo 2003


Guardare al di là del segno

Concentrarsi sulle filosofie umane, ricercare le dottrine non essenziali con eccessivo zelo ed elevare le regole al di sopra delle dottrine sono modi in cui possiamo guardare al di dà del segno.

Viviamo in un mondo dove l’ultima storia, il pettegolezzo e la novità sono ricercati appassionatamente e poi pubblicizzati ovunque. I cinema, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione spesso celebrano i gesti eroici, le persone che vivono al di fuori dei canoni della società, i conflitti e la sessualità invece del celato atto di sacrificio di tutti i giorni e dell’amore, che fanno parte del messaggio e dell’esempio del Salvatore. La corsa selvaggia verso ciò che è nuovo spesso calpesta ciò che è vero.

Il capitolo 17 di Atti dà un resoconto della visita dell’apostolo Paolo ad Atene. La città era da tempo in declino ma era ancora profondamente orgogliosa delle sue tradizioni filosofiche.Il resoconto menziona gli Stoici e gli Epicurei, le cui filosofie erano tra le dominanti del tempo. Gli Stoici credevano che il bene maggiore fosse la virtù, gli Epicurei il piacere. Molti Stoici erano divenuti orgogliosi e usavano la filosofia quale «mantello per nascondere le loro ambizioni e iniquità». Molti Epicurei erano divenuti edonisti e avevano preso quale motto: «Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo».1

Paolo fu invitato sulla collina di Marte a parlare a questo difficile miscuglio di persone. In Atti 17:21 leggiamo: «Or tutti gli Ateniesi e i forestieri che dimoravan quivi, non passavano il tempo in altro modo, che a dire o ad ascoltare quel che c’era di più nuovo » (corsivo dell’autore).

Paolo cercò di ottenere la loro attenzione riferendosi a un altare che conteneva l’iscrizione «Al Dio sconosciuto». Il suo vero messaggio, però, era la resurrezione di Gesù Cristo. Quando la folla si rese conto della natura religiosa di questo messaggio, alcune persone iniziarono a farsi beffe di lui, altre, forse più gentili, dissero: «Su questo noi ti sentiremo un’altra volta» (Atti 17:32).

La risposta degli ateniesi a Paolo non fu diversa da quella data dal popolo descritto dal profeta Giacobbe durante un periodo precedente: «Ma ecco, i Giudei erano un popolo dal collo rigido; ed essi disprezzavano le parole di semplicità, e uccidevano i profeti, e cercavano cose che non potevano comprendere. Pertanto, a causa della loro cecità, cecità che veniva loro dal guardare al di là del segno , essi devono necessariamente cadere; poiché Dio ha tolto loro la sua semplicità, e ha dato loro, perché lo desideravano, molte cose che essi non possono comprendere. E poiché lo desideravano, Dio l’ha fatto, affinché potessero inciampare» (Giacobbe 4:14; corsivo dell’autore).

Oggi tra alcuni di noi c’è la tendenza a «guardare al di là del segno» piuttosto che sostenere una testimonianza dei principi base del Vangelo. Facciamo questo quando sostituiamo le filosofie degli uomini ai principi del Vangelo, andiamo agli estremi, cerchiamo gesta eroiche invece della consacrazione quotidiana, o eleviamo le regole al di sopra della dottrina. L’astenerci da questi comportamenti ci aiuterà a evitare la cecità e la caduta che Giacobbe descrive.

Sostituire le filosofie umane ai principi del Vangelo

Alcune persone sembrano essere imbarazzate dalla semplicità del messaggio del Salvatore. Vogliono aggiungere complessità e anche oscurità alla verità per renderla intellettualmente più interessante e più compatibile con le correnti accademiche del momento. L’apostasia si verificò in parte per questo problema. I primi Cristiani adottarono le tradizioni filosofiche greche, cercando di conciliare le loro credenze con la cultura esistente. Lo storico Will Durant scrisse: «La Cristianità non distrusse il paganesimo: lo adottò. Il pensiero greco morente trasmigrò in una nuova vita».2

Alcune persone nella loro immaturità spirituale cercano di apparire sofisticate e intellettuali. Invece di accettare la rivelazione, vogliono analizzarla e aggiungere dimensioni e variazioni di significato che distorcono i suoi bei principi. Come ha detto l’anziano Neal A. Maxwell del Quorum dei Dodici Apostoli: «Il popolo ebraico… rigettò il Vangelo, in parte perché mancava di un adeguato materiale su cui ricamare».3Guardiamo al di là del segno quando ci rifiutiamo di accettare i semplici principi evangelici per ciò che sono.

Portare il Vangelo agli estremi

Un altro segno di immaturità spirituale e qualche volta apostasia è quando ci concentriamo su certi principi del Vangelo o ricerchiamo con eccessivo zelo le dottrine non essenziali. Quasi ogni virtù portata agli eccessi può diventare un vizio.

Alcuni fedeli hanno voluto fare delle aggiunte sostanziose a varie dottrine. Un esempio potrebbe essere quando una persona sostiene aggiunte alla Parola di Saggezza che non sono autorizzate dai Fratelli e predica agli altri di adottare queste interpretazioni. Se noi facciamo della legge di salute o di un qualsiasi altro principio una forma di fanatismo religioso, stiamo guardando al di là del segno.

Alcune persone che non sono autorizzate vogliono parlare a nome dei Fratelli e insinuano che il loro messaggio contiene la «carne» che i Fratelli insegnerebbero se non fossero costretti a insegnare solo il «latte». Altri uomini vogliono dare consigli ai Fratelli e criticano tutti gli insegnamenti che non aderiscono alla loro versione di ciò che deve essere insegnato.

Il Signore disse riguardo ad una dottrina importante: «Chiunque dichiara di più o di meno di questo non è da me» (DeA 10:68) e «Perché ciò che è di più o di meno di questo viene dal maligno» (DeA 124:120). Guardiamo al di là del segno quando eleviamo un qualsiasi principio, a prescindere da quanto degno d’attenzione sia, a un’importanza che sminuisce il nostro impegno verso altri principi ugualmente importanti o quando prendiamo una posizione contraria agli insegnamenti dei Fratelli.

Gesti eroici quali sostituti della consacrazione quotidiana

In una lezione alla Brigham Young University, James S. Jardine, ex presidente del consiglio di amministrazione della University of Utah, rivelò che quando era uno studente, egli pensava «di consacrare la vita in un grandioso gesto eroico» ma poi si rese conto che «la consacrazione non è un singolo evento nella vita, ma una devozione quotidiana».4

Quando ero giovane, anche io volevo mettermi alla prova mediante un qualche gesto eroico. Il mio bisnonno David Patten Kimball fu uno dei giovani che aiutò a portare i membri della compagnia dei carretti a mano di Martin attraverso il fiume Sweetwater. Quella sembrava il tipo di consacrazione che stavo cercando. In seguito parlai con mio nonno, Crozier Kimball, che mi spiegò che quando il presidente Brigham Young mandò gli uomini in missione di salvataggio, li istruì di fare tutto il possibile per salvare la compagnia dei carretti a mano. La consacrazione loro richiesta fu in modo specifico quella di «seguire il profeta». Mio nonno mi disse che la dedizione costante e fedele ai propri doveri o a un principio è molto da ammirare. Per quanto eroico sia stato per David Patten Kimball aiutare a salvare i pionieri, potrebbe essere altrettanto eroico seguire il profeta non guardando film immorali o astenendosi dall’usare un linguaggio volgare.

Il mio presidente di missione mi ha dato una nuova visione e mi ha insegnato che, in alcuni casi, cercare di fare uno sforzo eroico può essere un modo per guardare al di là del segno. Egli condivise con me una meravigliosa poesia, di cui una parte dice:

Oh, uno può raggiungere altezze eroiche

con una possente esplosione della polvere.

Egli può sopportare le luci più brillanti del cielo per un’ora;

ma cosa più dura è il peso quotidiano,

sorridere alle prove che affliggono e affaticano,

e non mormorare, né attardarsi.

La prova della grandezza è il modo

in cui l’uomo va incontro all’eternità tutti i giorni.5

Alcuni santi professano che si impegnerebbero con entusiasmo se ricevessero una grande chiamata, ma non trovano l’insegnamento familiare o l’insegnamento in visita sufficientemente eroici o degni del loro sforzo sostenuto.

Dio ci usa «non secondo le nostre opere, ma secondo il proprio proponimento» (2 Timoteo 1:9). Noi stiamo guardando al di là del segno se la nostra consacrazione è condizionale o non comprende la devozione quotidiana.

Elevare le regole al di sopra della dottrina

Il Salvatore era preoccupato quando le altre persone elevavano le regole al di sopra della dottrina. In Matteo 23:23 leggiamo: «Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino, e trascurate le cose più gravi della legge: il giudicio, e la misericordia, e la fede. Queste son le cose che bisognava fare, senza tralasciar le altre».

L’anziano Bruce R. McConkie (1915–1985) del Quorum dei Dodici Apostoli fece notare che gli insegnamenti di Giacobbe sul fatto di guardare al di là del segno si applicavano agli Ebrei del tempo di Gesù:

«Presero le cose chiare e semplici della religione pura e vi aggiunsero un gran numero di interpretazioni personali, le abbellirono con riti e gesti aggiunti; essi presero un modo gioioso di adorazione e lo mutarono in un sistema restrittivo, riduttivo, deprimente di rituali e gesti. Lo spirito vivente della legge del Signore divenne nelle loro mani la lettera morta del ritualismo ebraico».6

La dottrina di solito risponde alla domanda «perché?» I principi di solito rispondono alla domanda «che cosa?» Quando noi poniamo l’accento su come fare qualcosa senza accennare al perché lo facciamo o a cosa facciamo, rischiamo di guardare al di là del segno. Cadiamo, quanto meno, nella trappola descritta da Paolo ai Corinzi: «perché la lettera uccide, ma lo spirito vivifica» (2 Corinzi 3:6).

L’anziano Dallin H. Oaks, membro del Quorum dei Dodici Apostoli, ha fatto l’esempio dell’insegnare ai nostri diaconi del Sacerdozio di Aaronne le dottrine e i principi della riunione sacramentale in modo che capiscano che le regole che seguono (come avere la camicia bianca e la cravatta quando possibile e distribuire il sacramento in una maniera che non distragga) sostengono quello che il Signore vorrebbe che adempissimo nella riunione (rinnovare le nostre alleanze e ricordare l’Espiazione con riverenza).7In molte aree siamo guidati solo da dottrine e principi piuttosto che da regole. Il profeta Joseph Smith insegnò: «Insegno loro i principi giusti, ed essi si governano da soli».8Noi siamo responsabili dinanzi al Signore di come rispondiamo in tali circostanze.

Coloro che si impegnano a seguire le regole senza fare riferimento alle dottrine e ai principi sono in particolar modo predisposti a guardare al di là del segno. Sono ugualmente in pericolo coloro che rimangono impantanati nelle regole e pertanto sono meno pronti ad accettare i cambiamenti che risultano dalla rivelazione continua.

Cristo è il «segno»

Quando guardiamo al di là del segno, guardiamo al di là di Cristo, il solo nome sotto il cielo tramite il quale possiamo essere salvati. L’anziano Jeffrey R. Holland, membro del Quorum dei Dodici Apostoli, ha affermato: «Giacobbe vide che gli Ebrei avrebbero guardato ‹al di là del segno› e sarebbero caduti nel cercare il Santo d’Israele, il letterale Figlio di Dio che sarebbe stato conosciuto quale Gesù Cristo: ‹con la caduta degli Ebrei rigetteranno la roccia sulla quale potrebbero edificare e porre fondamenta sicure› ».9

Una delle grandi tragedie dei nostri giorni è che molti cosiddetti studiosi cristiani si rifiutano di accettare la divinità di Gesù Cristo. Per alcuni Egli è solamente un grande insegnante. Questo è l’esempio ultimo di come guardare al di là del segno. Accadde ai giorni di Giacobbe, accadde nel meridiano dei tempi mentre il Salvatore era sulla terra, sta accadendo oggi quando il Vangelo è stato restaurato sulla terra.

Una delle grandi difficoltà di questa vita è di accettare Cristo per chi Egli è: il Salvatore risorto del mondo, il nostro Redentore, il nostro Signore e Maestro, il nostro Avvocato presso il Padre. Quando Egli è il fondamento di tutto quello che facciamo e che siamo, evitiamo la cecità teologica che risulta dal guardare al di là del segno e raccogliamo le gloriose benedizioni che ci ha promesso. «Vieni a me, tu, benedetto», Egli dice a coloro che Lo seguono; «vi è un posto preparato per te nelle dimore di mio Padre» (Enos 1:27).

Note

  1. Frederic W. Farrar, The Life and Work of St. Paul (1898), 386–387.

  2. Caesar and Christ (1944), 595; citato in Neal A. Maxwell, Lord, Increase Our Faith (1994), 23.

  3. Lord, Increase Our Faith, 47.

  4. On Becoming a Disciple Scholar: Lectures Presented at the Brigham Young University Honors Program Discipline and Discipleship Lecture Series, ed. Henry B. Eyring (1995), 78.

  5. Edmund Vance Cooke, «The Eternal Everyday», Impertinent Poems (1907), 21.

  6. The Mortal Messiah, 4 voll. (1979–1981), 1:238.

  7. Vedere «Il Sacerdozio di Aaronne e il sacramento», La Stella, gennaio 1999, 43–46.

  8. Citato da John Taylor, Millennial Star, 15 novembre 1851, 339.

  9. Christ and the New Covenant: The Messianic Message of the Book of Mormon (1997), 72.