Figlie del Padre celeste
Il Padre celeste vi conosce e vi ama. Voi siete le Sue figlie speciali. Egli ha un piano per voi.
Nostro genero disse a sua figlia Eliza, di tre anni, che per la serata familiare avrebbero tenuto una lezione su un argomento speciale. Lei fece un gran sorriso e cercò di indovinare quale fosse la sorpresa. «Deve essere su di me», disse, «perché io sono molto speciale!» Eliza ricorda e sa chi è: una figlia molto speciale di Dio. Lo ha imparato da sua madre, che fin dalla prima infanzia le ha cantato come ninnananna il nostro inno di apertura: «Sono un figlio di Dio» (Inni, numero 190).
In tutto il mondo, e in quasi ogni lingua, le Giovani Donne dai dodici ai diciotto anni dichiarano la stessa cosa: «Siamo figlie di un Padre celeste che ci ama e che noi amiamo» («Tema delle Giovani Donne», Progresso personale delle Giovani Donne [libretto, 2002], 5). Eppure, quando crescono, spesso perdono la fiduciosa conoscenza di una bimba di tre anni, ossia che sono molto speciali. Spesso i giovani provano una «crisi d’identità», domandandosi chi sono veramente. Gli anni dell’adolescenza sono anche il momento che io descrivo come «furto d’identità», intendendo con questo che le idee, le filosofie e gli inganni del mondo ci confondono, affliggono e cercano di derubarci della consapevolezza della nostra vera identità.
Una giovane molto brava mi ha detto: «A volte non sono certa di chi sono. Non sento l’amore del Padre celeste. La vita sembra difficile. Le cose non vanno nel verso che volevo, speravo e sognavo». Ciò che ho detto a lei, ora lo dico alle giovani ovunque si trovino: so senza dubbi che siete figlie di Dio. Egli vi conosce, vi ama e ha un piano per voi. So che questo è il messaggio che il Padre celeste vuole che vi porti.
I profeti e gli apostoli degli ultimi giorni attestano la nostra natura divina. Il proclama al mondo sulla famiglia afferma: «Ognuno di [noi] è un beneamato figlio o figlia di spirito di genitori celesti e, come tale, ognuno di [noi] possiede una natura e un destino divini» (Liahona, ottobre 2004, 49). Inoltre il presidente Gordon B. Hinckley ha detto:
«Non siete seconde a nessuno: siete figlie di Dio.
Come diritto di nascita è giunto a voi qualcosa di bellissimo, sacro e divino. Non dimenticatelo mai. Il vostro Padre Eterno è il grande Maestro dell’universo. Egli è Signore su tutto, nondimeno, in quanto siete Sue figlie, ascolta anche le vostre preghiere; vi ode, se voi Gli parlate. Egli risponderà alle vostre preghiere, non vi lascerà sole» («Rimanete sulla strada maestra», Liahona, maggio 2004, 112).
Man mano che lascerete che la consapevolezza di essere figlie di Dio si radichi profondamente nella vostra anima, essa vi conforterà, rafforzerà la vostra fede e influenzerà la vostra condotta. Se lasciate che questo virtuoso principio adorni i vostri pensieri senza posa, voi avrete fiducia nella presenza di Dio, come promette il nostro tema della AMM (vedere DeA 121:45).
In che modo ognuna di noi può sapere e sentire che siamo figlie del Padre celeste? C’è un velo tra il cielo e la terra, un «sonno e un oblio» (William Wordsworth, «Ode: Intimations of Immortality from Recollections of Early Childhood», strofa 5, linea 58) dal momento della nascita. Questo è necessario affinché possiamo «fare un’esperienza terrena per progredire verso la perfezione, e infine realizzare il [nostro] destino divino come eredi della vita eterna» (Liahona, ottobre 2004, 49). Il Padre celeste ci ama e vuole aiutarci a ricordarci di Lui, quindi ci offre scorci di eternità. L’apostolo Paolo insegnò: «Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio» (Romani 8:16). Lo Spirito ci offre delle intuizioni su chi siamo. Spesso lo Spirito ci parla quando preghiamo, leggiamo le Scritture, meditiamo sugli atti di misericordia del Signore nei nostri confronti, riceviamo le benedizioni del sacerdozio, serviamo gli altri o ci sentiamo amate e accettate.
Mosè imparò chi era grazie a una possente esperienza spirituale. Egli parlò con Dio a faccia a faccia e apprese di essere figlio di Dio, con una missione speciale da compiere. Dopo questa esperienza, Mosè fu poi tormentato da Satana. Ma poiché Mosè aveva provato la gloria di Dio, riconobbe che Satana non aveva alcuna gloria. Dal momento che Mosè sapeva di essere figlio di Dio e che Dio aveva una missione per lui, ebbe il potere e la capacità di resistere a Satana, di giudicare rettamente, di invocare Dio per avere forza e di continuare ad avere con sé il Suo Spirito (vedere Mosè 1).
Questo schema si applica anche a noi. Man mano che comprendiamo e sentiamo chi siamo veramente, abbiamo maggiore capacità di riconoscere la differenza tra il bene e il male e abbiamo maggior potere di resistere alla tentazione. Un modo in cui possiamo comprendere la missione divina che il Signore ha per noi è tramite la nostra benedizione patriarcale. Si tratta di un messaggio molto specifico e individuale che possiamo ricevere tramite il potere del sacerdozio.
Un altro modo per ricevere una prospettiva spirituale sulla nostra natura eterna arriva da un genitore o un dirigente che può rassicurarci, grazie a intuizioni ispirate, su chi siamo veramente. Occasionalmente lo Spirito mi ha sussurrato in modo specifico la vera identità dei miei figli. Ricordo che, la sera prima della nascita di uno dei nostri figli, ebbi la chiara impressione che questo bimbo sarebbe stato un grande amico e aiutante per ciascuno dei suoi fratelli. Questo si è dimostrato essere vero. Un’altra volta, quando uno dei nostri adolescenti era addolorato per essere stato coinvolto in un incidente automobilistico, udii distintamente queste parole nella mente: «Amo questo figlio e guiderò la sua vita». E Lo ha fatto. Ho avuto ripetutamente tali sprazzi di comprensione. Quando i miei figli hanno avuto bisogno di incoraggiamento, sono stata benedetta con la comprensione dei loro spiriti nobili ed eterni.
Vostra madre o vostro padre vi ha mai esortato, mentre uscivate di casa, dicendo: «Ricordati chi sei»? Che cosa intendono dire? «Ricorda che fai parte di questa famiglia che ha una reputazione da mantenere». E anche, ancora più importante: «Ricorda che sei una figlia di Dio e che devi agire di conseguenza». I missionari indossano una targhetta per ricordare costantemente che sono rappresentanti della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Questo rammenta ai missionari di vestire modestamente e decorosamente, di trattare gli altri con cortesia e di sforzarsi di avere l’immagine di Cristo sul loro volto. Devono fare queste cose perché indossano quella targhetta, che mostra esteriormente la loro identità. Tramite alleanza, anche noi abbiamo assunto il nome di Cristo. Il Suo nome dovrebbe essere scolpito intimamente sul nostro cuore. Ci si aspetta anche che agiamo come figli meritevoli del Padre celeste che, almeno figurativamente, ci ha mandato sulla terra con l’ammonizione: «Ricordatevi chi siete!»
Quando fui chiamata a servire voi, le Giovani Donne di questa chiesa, sapevo che avrei dovuto comportarmi di conseguenza. Un giorno una delle mie figlie prese la multa per aver parcheggiato l’automobile sulla strada con il bollo scaduto. Mi occupai della faccenda e andai al palazzo del governo per spiegare che il documento stava arrivando per posta. Entrai risolutamente dalla porta quando qualcuno mi disse: «Io so chi è lei». Questo mi fermò e mi rammentò che anch’io dovevo ricordare chi sono: non solo la presidentessa generale delle Giovani Donne, ma soprattutto una figlia di Dio.
Nei rapporti con gli altri dobbiamo ricordare che anche loro sono figli del nostro Padre celeste. All’inizio del matrimonio, mio marito diceva abbastanza spesso: «Non ti ho sposata per il tuo aspetto». Alla fine lo presi un po’ in giro dicendogli che non sembrava troppo lusinghiero. Allora mi spiegò ciò che già sapevo: che intendeva essere il miglior complimento che potesse farmi. Disse: «Ti amo per chi sei internamente ed eternamente». Il Signore disse: «Non badare al suo aspetto né all’altezza della sua statura… giacché l’Eterno non guarda a quello a cui guarda l’uomo: l’uomo riguarda all’apparenza, ma l’Eterno riguarda al cuore» (1 Samuele 16:7). In famiglia, nell’amicizia, nel fidanzamento e nel matrimonio non dovremmo considerare solo la bellezza e il curriculum, ma anche il carattere, i buoni valori e la natura ereditata divinamente.
In un palo del Cile le Giovani Donne hanno fatto questo al campeggio, scrivendo un libro sulle altrui virtuose qualità. Ogni giorno si conoscevano meglio e scrivevano il bene intrinseco che scoprivano in ogni persona presente. Alla fine del campeggio hanno espresso i loro sentimenti, aiutando ogni ragazza a vedere maggiormente la divinità che ha in sé. La loro dirigente ha detto: «Eravamo letteralmente circondate da questo magnifico spirito di gentilezza e buona volontà. Posso dire onestamente che non ho mai sentito una lamentela da parte delle ragazze! Esse hanno goduto di un dolce spirito di reciproca accettazione che non è spesso presente tra le adolescenti. Non ci sono state competizioni né contese. Il nostro campeggio è diventato un piccolo angolo di cielo» (corrispondenza personale). Le ragazze hanno riconosciuto e riaffermato la natura divina di ciascuna di loro e lo Spirito ha riempito il campo man mano che esprimevano questi pensieri virtuosi.
C. S. Lewis disse saggiamente: «È una cosa seria vivere in una società di possibili dei, e ricordare che la persona più noiosa e meno interessante con cui può capitarvi di parlare, un giorno potrebbe essere una creatura che, se vista adesso, sareste tentati di adorare… Non ci sono persone ordinarie… Il vostro prossimo è quanto di più sacro sia presentato ai vostri sensi» («The Weight of Glory», Screwtape Proposes a Toast and Other Pieces, [1974], 109–110).
Le Giovani Donne di ogni dove che sanno che esse e gli altri sono figli di un amorevole Padre celeste dimostrano il loro amore per Lui vivendo in modo virtuoso, pronto al servizio ed esemplare. Mi hanno colpito delle Giovani Donne vestite modestamente in una zona molto calda e umida del Brasile. Esse hanno affermato: «La modestia non riguarda il clima. Riguarda il cuore». Queste giovani sapevano di essere figlie di Dio.
Mi ha commosso venire a sapere della bontà di cinque giovani studenti della Chiesa in Idaho che sono affogati in seguito a un terribile incidente. Erano conosciuti dai coetanei e nella comunità perché osservavano le norme di rettitudine e perché erano esempi genuini di virtù e integrità. Questi giovani sapevano di essere figli e figlie di Dio.
Mi ha influenzato positivamente anche l’esempio di un’altra giovane i cui genitori hanno divorziato. Lei non voleva che i suoi fratelli e sorelle più giovani non si sentissero amati, così ogni sera prega con loro e dice a tutti quanto li ama. Questa giovane sa di essere figlia di un Padre celeste che la ama, e lei Lo ama volendo bene ai suoi fratelli.
Mi hanno commosso le azioni di certe giovani donne che vivono in un’area del mondo colpita da povertà e oppressione politica. Malgrado le difficoltà, queste giovani si sono incontrate al campeggio e hanno pensato a dei modi per sollevare gli altri. Hanno preparato dei kit per l’igiene per le donne in difficoltà. Hanno prestato ulteriore servizio alla comunità, negli ospedali e nelle case. Grazie alle loro azioni sappiamo che queste giovani comprendono la loro identità di figlie di Dio. Il mio cuore è gonfio d’amore per queste giovani e per le giovani donne di ogni luogo. So che siete figlie di un Dio che vi ama.
Per finire, vi racconterò un’esperienza per me dolce e sacra. Quando fui chiamata a servire come presidentessa generale delle Giovani Donne mi sentii spaventata e inadeguata. Rimasi sveglia molte notti a preoccuparmi, pentirmi e piangere. Dopo diverse notti trascorse così, ebbi un’esperienza molto toccante. Iniziai a pensare alle mie nipoti giovani donne, poi alle giovani donne del mio quartiere e rione, poi alle giovani che vedevo regolarmente alla scuola superiore, e poi vidi le giovani donne della Chiesa di tutto il mondo, più di mezzo milione. Quel meraviglioso sentimento cominciò a circondarmi e inondarmi. Provai grande amore per le giovani Sante degli Ultimi Giorni, per ciascuna di voi, e seppi che ciò che stavo provando era l’amore del nostro Padre celeste per voi. È stato possente e coinvolgente. Per la prima volta provai pace, perché seppi ciò che il Padre celeste voleva da me. Egli voleva che vi testimoniassi del Suo grande amore per voi. E quindi vi attesto nuovamente che so senza ombra di dubbio che il Padre celeste vi conosce e vi ama. Voi siete le Sue figlie speciali. Egli ha un piano per voi, e sarà sempre presente per guidarvi e camminare al vostro fianco (vedere «Sono un figlio di Dio»). Prego ardentemente che possiate saperlo e sentirlo. Nel nome di Gesù Cristo. Amen.