Lezioni tratte dal Libro di Mormon
Scegliamo la libertà e la vita eterna
Iniziai gli studi presso un’università che distava circa centosessanta chilometri da casa. Era un periodo emozionante per tutte le matricole. Molti per la prima volta vivevano fuori casa ed erano ansiosi di godere della nuova libertà acquisita lontano dagli sguardi dei genitori.
Io facevo parte della squadra di pallacanestro universitaria e subito si venne a sapere che ero un membro della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Durante le prime settimane del semestre, uno dei miei compagni di squadra m’invitò a una festa di sabato sera dedicata ai nuovi studenti, che si sarebbe tenuta fuori città. Chiesi se alla festa sarebbero state servite bevande alcoliche e mi rassicurarono di no. La risposta mi lasciò con un senso di disagio, tuttavia decisi di partecipare. Mi organizzarono un appuntamento alla cieca assicurandomi che la ragazza osservava le mie stesse norme. Il mio compagno mi spiegò che saremmo andati alla festa con la sua automobile.
Quel sabato sera percorremmo un po’ di strada addentrandoci nel deserto e trovammo il luogo del ritrovo. Con mia grande delusione, bere alcolici era l’attività principale della festa, benché in quello Stato l’età minima per assumere alcolici fosse tre anni superiore a quella della maggior parte delle matricole. La «mia» ragazza iniziò subito a bere, come pure il mio compagno di squadra e la sua ragazza. Quando espressi la mia delusione, mi dissero che dovevo «crescere e vivere», che mi avrebbero aiutato. Risposi loro che non avevo mai bevuto alcolici e che non avrei iniziato a farlo. Subito si allontanarono da me per unirsi agli altri.
Mi sedetti da solo, in disparte rispetto a coloro che bevevano e ridevano in maniera chiassosa, senza avere un mezzo di trasporto per andarmene via, chiedendomi perché mi fossi cacciato in quella situazione. Più tardi vidi una fila di fari abbaglianti che dal deserto si avvicinavano al luogo della festa. Le automobili circondarono il gruppo, poi, come se si fossero dati un segnale, le luci iniziarono a lampeggiare sul tetto di quelle che così compresi essere pattuglie di polizia. Molti studenti cercarono di scappare nel deserto, ma furono subito presi. Io rimasi dov’ero, perplesso per gli sviluppi della situazione.
La polizia iniziò a chiedere i documenti per controllare l’età degli studenti, facendo fare il test per determinare il tasso alcolico a coloro che non avevano l’età per bere. Quando arrivarono a me, dissi a un agente che nella vita non avevo mai bevuto sostanze alcoliche, neppure quella sera. Mi rise in faccia, ma quando dichiarai fermamente che poteva credermi, il suo atteggiamento cambiò. Mi disse che non avevo bisogno di sottopormi alla prova alcolometrica e mi chiese di guidare la macchina del mio compagno per fare ritorno al college. Coloro che, nonostante non avessero l’età, avevano bevuto furono citati e fu loro richiesto di pagare una multa. Alcuni furono portati in prigione.
Un messaggio personale
Io, invece, rimasi incensurato e arrivai a casa circa alle 3 di notte. Nel mio rione la riunione del sacerdozio iniziava alle 7 del mattino. La sveglia suonò alle 6:45. La spensi e mi girai, pensando per alcuni momenti a tutti i motivi per non andare in chiesa quella domenica. Il mio spirito, però, non poteva riposare. Mi alzai, mi vestii con l’abito della domenica e andai a piedi in chiesa, dove arrivai dopo che la riunione era già cominciata da 10 minuti.
Entrando in cappella il cuore mi batté forte quando riconobbi il retro della testa di mio padre. Era venuto a trovarmi, senza dirmelo. Mi sedetti accanto a lui nella panca. Mi guardò e sorrise. Poi, appoggiando con decisione una mano su un mio ginocchio, si avvicinò a me e mi sussurrò un messaggio che va al di là delle parole: «Figlio mio, sapevo che ti avrei trovato qui». Simultaneamente, il Padre celeste sussurrò lo stesso messaggio alla mia anima. Non riesco a descrivere adeguatamente l’amore e la gioia che provai in quel momento.
Qualche mese dopo ero in missione. Pochi mesi dopo venni a sapere che mio padre era morto inaspettatamente. Il messaggio che ricevetti quella domenica da lui e tramite lui, tuttavia, non mi ha mai lasciato.
Liberi di scegliere la libertà o la schiavitù
Questa esperienza offre un esempio del principio eterno che Lehi insegnò ai figli tanto tempo fa: «E poiché sono stati redenti dalla caduta, essi sono diventati per sempre liberi, distinguendo il bene dal male; per agire da sé e non per subire… E sono liberi di scegliere la libertà e la vita eterna, tramite il grande Mediatore di tutti gli uomini, o di scegliere la schiavitù e la morte, secondo la schiavitù e il potere del diavolo» (2 Nefi 2:26–27).
Il piano di felicità del nostro Padre comprende l’esercizio del libero arbitrio, tuttavia, comprende necessariamente il principio della responsabilità e del giudizio. Alla festa il mio compagno e le altre persone erano liberi di scegliere come comportarsi, ma non furono liberi di scegliere le conseguenze del loro comportamento: alcuni trascorsero la notte in galera; altri diedero inizio a una vita di appetiti sfrenati che tuttora continua a schiavizzarli.
Cercando la libertà attraverso scelte erronee attiriamo ironicamente su noi stessi la prigionia. Caino pensava di essere libero dopo aver ucciso suo fratello, ma si ritrovò maledetto e tormentato per ciò che aveva compiuto (vedere Mosè 5:32–39). Pietro parlò delle influenze maligne come di «fonti senz’acqua», che promettono libertà mentre esse stesse sono schiave della corruzione, «giacché uno diventa schiavo di ciò che l’ha vinto» (2 Pietro 2:17, 19). Tuttavia, Pietro indicò anche il vero sentiero che porta alla libertà: «Il Signore sa trarre i pii dalla tentazione», perché noi fuggiamo «dalle contaminazioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo» (2 Pietro 2:9, 20).
Samuele il Lamanita ci invitò a ricordare che ci «è permesso d’agire da [noi]; poiché ecco, Dio [ci] ha dato la conoscenza e [ci] ha resi liberi… E [ci] ha concesso di poter scegliere la vita o la morte» (Helaman 14:30–31).
Quando il mio compagno di squadra travisò le attività della festa, io sentii una certa inquietudine spirituale cui non prestai attenzione. Quando mi trovai di fronte alla realtà, ero più deluso di me stesso che del mio compagno. Allontanarmi dalla massa, tuttavia, mi portò un certo conforto spirituale e un successivo beneficio materiale quando la polizia mi consentì di ritornare a casa.
Tuttavia, la più grande benedizione che scaturì dalla libertà giunse quando la domenica mattina di buon’ora, nell’intimità della mia stanzetta del dormitorio, scelsi di andare dove avrei dovuto trovarmi, non conoscendo in anticipo il tesoro che mi attendeva lì. Queste esperienze, accompagnate dalle cure dello Spirito, prefigurano la libertà collegata alle benedizioni della vita eterna.
Attesto che scegliere la libertà e la vita eterna porta la più grande felicità che possiamo conoscere.