Capitolo 15
Jacob 1–4
Introduzione
A causa dell’orgoglio e dell’estrema ricchezza, all’epoca di Giacobbe i Nefiti cedettero a molti peccati, in particolare quello dell’immoralità. Sentendo il peso della sua chiamata profetica, Giacobbe denunciò queste pratiche malvagie e richiamò arditamente il popolo al pentimento. In quale occasione puoi vedere il profeta e i dirigenti della Chiesa parlare chiaramente per portare un messaggio importante? Comprendendo il divino mandato che un dirigente del sacerdozio ha di impartire correzione spirituale, potrai comprendere meglio anche la voce di ammonimento dei profeti moderni in un mondo sempre più malvagio.
Nota che dopo aver istruito i Nefiti sulle conseguenze dei loro peccati, Giacobbe volse la loro attenzione al Salvatore. Egli insegnò che noi abbiamo il potere di superare il peccato e le debolezze tramite la grazia di Cristo. Pertanto egli chiese: “Perché infatti non parlare dell’espiazione di Cristo…?” Così facendo noi otteniamo “conoscenza della risurrezione e del mondo a venire” (Giacobbe 4:12). Poi possiamo sviluppare maggiore apprezzamento per il dono della redenzione dal peccato e dalla morte che offre il Salvatore.
Commentario
Giacobbe 1–8. Lo scopo di Giacobbe nello scrivere
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Nota che Giacobbe aveva lo stesso intento di suo fratello Nefi mentre si preparava a continuare a tenere gli annali sulle piccole tavole. L’anziano Jeffrey R. Holland, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha dato una prospettiva all’intento di Giacobbe:
“Giacobbe sembra essere particolarmente impegnato a presentare la dottrina di Cristo. Dato lo spazio che diede alla sua testimonianza dell’Espiazione del Salvatore, Giacobbe chiaramente considerò la dottrina basilare il più sacro degli insegnamenti e la maggiore delle rivelazioni.
‘Avevamo… molte rivelazioni e molto spirito di profezia’, affermò Giacobbe, ‘sapevamo pertanto di Cristo e del suo regno, che doveva venire.
Pertanto lavorammo diligentemente tra il nostro popolo, per poterlo persuadere a venire a Cristo…
Pertanto voglia Dio concederci… che tutti gli uomini credano in Cristo e guardino alla sua morte, e portino la sua croce e sopportino la vergogna del mondo’ [Giacobbe 1:6–8].
Nessun profeta del Libro di Mormon, per temperamento o testimonianza personale, sembra aver intrapreso una tale opera di persuasione in modo più fedele di Giacobbe. Egli disdegnò le lodi del mondo, insegnando una dottrina franca, sicura e persino possente, e conosceva il Signore personalmente. Egli è un classico esempio nel Libro di Mormon della decisione di un giovane di patire la croce e sopportare la vergogna del mondo in difesa del nome di Cristo. La vita, incluse quelle difficoltà nei suoi primi anni quando vide la malvagità di Laman e Lemuele che portò i loro genitori alla tomba con angoscia, non fu mai facile per questo primogenito nel deserto” (Christ and the New Covenant [1997], 62–63).
Giacobbe 1:9–19. Nefi e il regno dei re nefiti
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Dopo che Nefi si separò dai suoi fratelli, che in seguito divennero noti come Lamaniti (vedere 2 Nefi 5), egli stabilì un regno tra il suo popolo e furono conosciuti come Nefiti. Per quanto riluttante, Nefi divenne il primo re (vedere 2 Nefi 5:18–19). Nefi si riferì al periodo in cui fu re con le parole “il mio regno” (1 Nefi 10:1). Il secondo re e gli altri successori furono tutti chiamati Nefi (vedere Giacobbe 1:11–15). La storia dei re e dell’aspetto secolare fu tenuta principalmente nelle grandi tavole di Nefi (vedere Giarom 1:14; Omni 1:11; Parole di Mormon 1:10).
Giacobbe 1:15. Che cos’è una concubina?
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Le concubine nell’Antico Testamento “erano considerate essere mogli secondarie, ossia, mogli che non avevano la stessa posizione all’interno della casta di quelle che non erano chiamate concubine” (Bruce R. McConkie, Mormon Doctrine, 2a ed. [1966], 154). Le concubine godevano di piena protezione come mogli e non violavano la legge della castità quando il matrimonio era approvato dal Signore (vedere DeA 132:34–43). Durante il periodo del Libro di Mormon, tuttavia, le concubine non erano approvate dal Signore (vedere Giacobbe 2:27; Mosia 11:2).
Giacobbe 1:18. “Consacrati sacerdoti e insegnanti”
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Il presidente Joseph Fielding Smith (1876–1972) definì il tipo di sacerdoti e insegnanti a cui si fa riferimento in Giacobbe 1:18: “I Nefiti officiarono in virtù del Sacerdozio di Melchisedec dai tempi di Lehi fino all’apparizione di nostro Salvatore tra loro. È vero che Nefi ‘consacrò Giacobbe e Giuseppe’ come sacerdoti e insegnanti nella terra dei Nefiti, ma il fatto che i termini sacerdoti e insegnanti siano utilizzati al plurale indica che non si fa riferimento a un ufficio definito del sacerdozio, ma che era un incarico in generale, destinato ad insegnare, dirigere e ammonire il popolo” (Answers to Gospel Questions, a cura di Joseph Fielding Smith Jr, 5 volumi [1957–1966], 1:124).
Giacobbe 1:19. “Noi facemmo onore al nostro ufficio per il Signore”
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Mentre parlava del dovere dei detentori del sacerdozio a servire il prossimo, il presidente Thomas S. Monson spiegò:
“Che cosa significa magnificare una chiamata? Significa farla crescere in dignità e importanza, renderla onorevole e lodevole agli occhi di tutti gli uomini, estenderla e rafforzarla, lasciare che grazie ad essa la luce del cielo brilli anche per altri uomini.
E in che modo una persona magnifica una chiamata? Semplicemente svolgendo il servizio pertinente ad essa. Un anziano magnifica la chiamata di ordinazione all’ufficio di anziano imparando quali siano i suoi doveri e svolgendoli. Come per un anziano, così è per un diacono, un insegnante, un sacerdote, un vescovo e ogni uomo che detenga un ufficio nel sacerdozio” (Conference Report, aprile 2005, 59; oppure Liahona, maggio 2005, 54).
Giacobbe 1:19; 2:2. “Rispondendo con la nostra propria testa dei peccati del popolo”
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Le persone che hanno la responsabilità di dirigere la Chiesa portano sulle spalle una grande responsabilità. Giacobbe insegnò che quando un dirigente trascura di insegnare la parola di Dio a coloro che è chiamato a guidare, diventa parzialmente responsabile dei loro peccati. Il presidente Hugh B. Brown (1883–1975), della Prima Presidenza, sviluppò il concetto descritto da Giacobbe:
“Una volta il presidente John Taylor disse, parlando ai fratelli del sacerdozio: ‘Se non onoriamo la nostra chiamata, Dio ci riterrà responsabili di quanti avremmo potuto salvare, se avessimo compiuto il nostro dovere’.
Questa dichiarazione è impegnativa. Se io, per via di peccati di commissione o di omissione, perdo ciò che avrei potuto avere nell’aldilà, devo soffrire e, senza dubbio, i miei cari insieme a me. Ma se io fallisco nel mio incarico di vescovo, presidente di palo, presidente di missione, o come Autorità generale della Chiesa – se alcuno di noi manca di insegnare, guidare, dirigere e aiutare a salvare coloro che sono sotto la nostra direzione o giurisdizione, allora il Signore ci riterrà responsabili se saranno persi a causa della nostra mancanza” (Conference Report, ottobre 1962, 84).
Giacobbe 2:8–10. Ammonire “secondo i precisi ordini di Dio”
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Invece di insegnare “la parola che guarisce l’anima ferita” (Giacobbe 2:8) o parlare della “piacevole parola di Dio” (versetto 9), Giacobbe si sentì spinto dal Signore a trattare un argomento che, purtroppo, avrebbe allargato “le ferite di quanti [erano] già feriti” (versetto 9). Talvolta sono necessarie parole schiette e dure quando un dirigente del sacerdozio chiama al pentimento i membri della Chiesa.
L’anziano Jeffrey R. Holland, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha descritto il difficile equilibrio che c’è tra insegnare la verità in modo sensibile e vigoroso:
“Giacobbe dedica circa dieci versetti per scusarsi, in effetti, dei peccati che deve trattare e del linguaggio che deve usare per parlarne. Egli fa notare che lo fa con ‘sobrietà’, essendo ‘oppresso da un ben maggiore desiderio e ansietà per il bene della vostra anima [dei suoi ascoltatori]’ (Giacobbe 2:2–3). Conoscendolo bene, saremmo sorpresi se avesse detto diversamente.
Ascoltate il tono lamentoso di questi passi – letteralmente l’angoscia che esprimono – mentre egli cerca insistentemente di perseguire ciò a cui si è sempre insistentemente dedicato – una costante lealtà a Dio e ai Suoi comandamenti.
‘Sì, affligge la mia anima e mi fa ritrarre con vergogna alla presenza del mio Creatore, che io debba testimoniarvi riguardo alla malvagità del vostro cuore…
Pertanto opprime la mia anima ch’io sia spinto, a causa del preciso comandamento che ho ricevuto da Dio, ad ammonirvi secondo i vostri crimini, ad allargare le ferite di quanti sono già feriti, invece di consolarli e di guarire le loro ferite; e coloro che non sono stati feriti, invece di nutrirsi con gioia della piacevole parola di Dio, trovano dei pugnali che trafiggono la loro anima e feriscono la loro mente delicata’ (Giacobbe 2:6, 9).
Ancor prima di essere entrati nel vivo del discorso noi percepiamo che, quasi letteralmente, questo tipo di predicazione ardita e inflessibile è quasi difficile per Giacobbe quanto lo è la colpa di coloro che lo ascoltano. Ma forse è come dovrebbe sempre essere, ed è il motivo per cui Cristo, nella Sua predicazione, spesso era ‘uomo di dolore’. I comandamenti vanno osservati, il peccato deve essere rimproverato. Ma anche tale audace posizione deve essere assunta con compassione. Anche il più rigido dei profeti deve predicare dal profondo di un’anima sensibile” (“Jacob the Unshakable”, Heroes from the Book of Mormon [1995], 39–40).
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L’anziano Dallin H. Oaks, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha insegnato che quando i dirigenti del sacerdozio si sentono “costretti” dallo Spirito a impartire degli ammonimenti, i membri della Chiesa hanno la responsabilità di agire in base a tale correzione e alle istruzioni date loro:
“La settimana scorsa parlavo con un membro del Quorum dei Dodici sui commenti ricevuti in merito ai nostri discorsi alla conferenza di aprile. Il mio amico ha raccontato che qualcuno gli ha detto: ‘Mi è piaciuto molto il suo discorso’. Ci siamo trovati d’accordo sul fatto che questo non è il tipo di commento che ci piace ricevere. Il mio amico ha detto: ‘Non ho fatto quel discorso perché piacesse. Cosa pensa, che sono una specie di intrattenitore?’ Un altro membro del nostro quorum si è unito al discorso dicendo: ‘Mi ricorda la storia di un bravo ministro. Quando uno dei suoi parrocchiani gli diceva: “Mi è piaciuto molto il suo sermone di oggi”, il ministro rispondeva: “Allora non l’ha capito”’.
Ricorderete che alla conferenza di aprile ho parlato della pornografia. Nessuno mi ha detto che gli è piaciuto quel discorso: neanche uno! Infatti non c’era niente di piacevole in esso, nemmeno per me.
Parlo di queste conversazioni per insegnare il principio che un messaggio dato da un’Autorità generale a una conferenza generale è un messaggio preparato dietro l’influenza dello Spirito per mandare avanti l’opera del Signore, non è fatto perché piaccia. È tenuto per ispirare, edificare, sfidare o correggere. È dato per essere ascoltato sotto l’influenza dello Spirito del Signore, con l’obiettivo che l’ascoltatore impari dal discorso e dallo Spirito ciò che dovrebbe fare al riguardo” (“The Dedication of a Lifetime” [Riunione al caminetto del CES per i giovani adulti, 1 maggio 2005], 1, www.ldsces.org).
Giacobbe 2:12–19. “Prima di cercare le ricchezze”
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Giacobbe insegnò che Dio non condanna le persone facoltose per la loro ricchezza. Piuttosto, la condanna ricade sull’orgoglio per queste cose o il cattivo utilizzo di tale abbondanza (vedere Giacobbe 2:13–14). Alcune persone del popolo di Nefi scelsero di mettere al centro della propria vita la ricchezza al posto di Dio. La loro ricerca di opulenza li indusse a perseguitare i loro fratelli invece che assisterli (vedere versetti 18–19).
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Il presidente David O. McKay (1873–1970) ci consigliò di essere cauti rispetto a ciò che ricerchiamo. Sebbene possiamo ottenere quasi ogni cosa per cui ci impegnamo, questa può giungerci a caro prezzo: “Che cosa cercate prima? Qual è il pensiero più caro e predominante che avete nella mente? La vostra risposta determinerà grandemente il vostro destino… In questo mondo potete ottenere quasi ogni cosa per cui vi impegnate a fondo. Se lavorate per diventare ricchi, potete ottenerlo, ma prima di farne il vostro fine, date un’occhiata a quegli uomini che hanno sacrificato ogni cosa per conseguire questo obiettivo, a coloro che hanno desiderato la ricchezza per amore della ricchezza stessa. L’oro non corrompe l’uomo, ma è il motivo per cui lo si acquisisce che fa avvenire la corruzione” (Treasures of Life [1962], 174–175).
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Il presidente Boyd K. Packer, presidente del Quorum dei Dodici Apostoli, fornì ulteriori istruzioni riguardo a ciò che si ricerca nella vita:
“Vogliamo che i nostri figli e i loro figli sappiano che la scelta della vita non è tra la fama o l’oscurità, né tra la ricchezza o la povertà, ma tra il bene e il male, e che si tratta di una scelta molto diversa.
Quando finalmente impariamo questa lezione, la nostra futura felicità non sarà determinata dalle cose materiali. Potremo essere felici senza di esse o aver successo a dispetto di esse.
La ricchezza e la fama non sempre sono frutto del nostro operato. Il nostro valore non si misura sul metro della fama o del possesso delle cose…
La nostra vita è costituita da migliaia di scelte quotidiane. Lungo il corso degli anni queste scelte si uniscono per mostrare chiaramente a che cosa attribuiamo ogni valore.
La prova cruciale della vita, lo ripeto, non s’incentra sulla scelta tra la fama o l’oscurità né tra la ricchezza o la povertà; la più grande scelta della vita è quella tra il bene e il male” (Conference Report, ottobre 1980, 28–29; oppure La Stella, aprile 1981, 40).
Giacobbe 2:17. “Liberali con le vostre sostanze”
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Nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni le offerte di digiuno danno assistenza ai poveri e i bisognosi. I dirigenti della Chiesa incoraggiano i fedeli ad essere generosi nelle loro offerte. L’anziano Joseph B. Wirthlin (1917–2008), del Quorum dei Dodici Apostoli, ha dato dei consigli riguardo a quanto offrire:
“Quanto dovremmo pagare in offerte di digiuno? Miei fratelli e sorelle, la misura delle nostre offerte per benedire i poveri è la misura della nostra gratitudine verso il nostro Padre celeste. Noi che siamo stati benedetti abbondantemente, gireremo le nostre spalle a coloro che hanno bisogno del nostro aiuto? Pagare un’offerta di digiuno generosa è una misura della nostra volontà di consacrare noi stessi per alleviare le sofferenze degli altri.
Il fratello Marion G. Romney, che fu il vescovo del mio rione quando fui chiamato in missione e che successivamente divenne un membro della Prima Presidenza della Chiesa, ci ammonì:
‘Siate generosi nel vostro donare affinché voi stessi possiate progredire. Non date semplicemente per aiutare i poveri, ma date per favorire il vostro stesso benessere. Date abbastanza da poter giungere nel regno di Dio mediante la consacrazione dei vostri mezzi e del vostro tempo (La Stella, dicembre 1982, 4)” (Conference Report, aprile 2001, 97; oppure Liahona, luglio 2001, 91).
Giacobbe 2:20–22. “Orgogliosi nel cuore”
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Talvolta l’orgoglio è definito il grande peccato dello spirito; fu il peccato di Satana nel regno pre-terreno (Isaia 14:12–14; Mosè 4:1–2). Inoltre l’orgoglio conduce al fallimento e alla distruzione, come il Signore ha ripetutamente avvertito:
“Bada all’orgoglio, per tema di entrare in tentazione” (DeA 23:1).
“Poiché l’ora è prossima e il giorno è presto alla porta, in cui la terra sarà matura; e tutti gli orgogliosi e coloro che agiscono malvagiamente saranno come stoppia; e io li brucerò, dice il Signore degli Eserciti, affinché sulla terra non vi sia malvagità” (DeA 29:9).
“Non vergognatevi, né siate confusi; ma siate ammoniti in ogni vostra alterigia e superbia, poiché essa tende una trappola alla vostra anima” (DeA 90:17).
“Colui che si esalta sarà abbassato, e colui che si abbassa sarà esaltato” (DeA 101:42).
Giacobbe 2:23–30. Il matrimonio plurimo
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Giacobbe insegnò chiaramente che il Signore non voleva che i Nefiti praticassero alcuna forma di matrimonio plurimo. Egli dichiarò che gli uomini dovevano avere una sola moglie a meno che il Signore non avesse comandato diversamente (vedere Giacobbe 2:27–30). Ai nostri giorni il presidente Gordon B. Hinckley (1910–2008) ha dichiarato la posizione della Chiesa riguardo al matrimonio plurimo:
“Desidero dichiarare categoricamente che questa chiesa non ha assolutamente nulla a che fare con chi pratica la poligamia. Quelle persone non appartengono alla Chiesa. La maggior parte di loro non è mai appartenuta alla Chiesa. Essi si comportano in una maniera che viola le leggi civili, e sanno di violare le leggi. Sono soggetti ai loro castighi. La Chiesa naturalmente non ha nessuna giurisdizione in tale questione.
Se si scopre che dei nostri fedeli praticano il matrimonio plurimo, essi sono scomunicati e ricevono il più grave castigo che la Chiesa può imporre. Le persone coinvolte violano non soltanto le leggi civili, ma anche le leggi di questa chiesa. Noi siamo impegnati da un Articolo della nostra fede. Questo articolo dichiara: ‘Noi crediamo di dover essere soggetti ai re, ai presidenti, ai governanti ed ai magistrati, di dover obbedire, onorare e sostenere le leggi’ (Articoli di Fede 1:12). Non si può obbedire e disobbedire alle leggi nello stesso tempo…
Inoltre più di un secolo fa Dio rivelò chiaramente al Suo profeta [Wilford Woodruff] che la pratica del matrimonio plurimo doveva cessare, il che significa che ora essa è contraria alle leggi di Dio. Anche nei paesi in cui le leggi civili o religiose consentono la poligamia, la Chiesa insegna che il matrimonio deve essere monogamo, e non accetta tra i suoi membri coloro che praticano il matrimonio plurimo” (Conference Report, ottobre 1998, 92; oppure vedere La Stella, gennaio 1999, 84).
Giacobbe 2:28. La castità
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L’anziano Richard G. Scott, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha definito chiaramente la legge della castità quando ha insegnato: “Qualsiasi intimità sessuale fuori dei vincoli del matrimonio – intendo ogni contatto intenzionale con le parti sacre e intime di un’altra persona, con o senza indumenti – è un peccato ed è proibito da Dio. È trasgressione anche stimolare intenzionalmente queste emozioni nel proprio corpo” (Conference Report, ottobre 1994, 51; oppure La Stella, gennaio 1995, 43).
L’anziano Scott ha anche affermato l’autorizzazione divina all’intimità nel matrimonio, come pure la condanna divina all’immoralità sessuale. Egli ha ammonito in questo modo:
“Questi atti di intimità sono proibiti dal Signore fuori del duraturo impegno del matrimonio, poiché minano i Suoi propositi. Nell’ambito della sacra alleanza del matrimonio questi rapporti hanno luogo secondo il Suo piano. Quando vengono stretti in qualsiasi altra maniera, ciò è contrario alla Sua volontà. Essi causano gravi danni emotivi e spirituali. Anche se coloro che li commettono non si rendono conto di ciò che sta accadendo, se ne accorgeranno in seguito.
L’immoralità sessuale crea una barriera all’influenza dello Spirito Santo, con tutte le sue capacità di edificare, illuminare e rafforzare. Causa un possente stimolo fisico ed emotivo. Col tempo crea un appetito insaziabile che spinge il trasgressore a peccati sempre più gravi. Favorisce l’egoismo e può portare ad atti aggressivi come brutalità, aborto, violenza carnale e crimine. Questi stimoli possono condurre ad atti di omosessualità e sono malvagi e assolutamente sbagliati” (Conference Report, ottobre 1994, 50–51; oppure La Stella, gennaio 1995, 43).
Giacobbe 2:31–35. “Molti cuori morirono, trafitti con profonde ferite”
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Molti mariti nefiti avevano distrutto il cuore delle mogli e perso la fiducia dei loro figli. Le famiglie possono essere distrutte quando viene violata la legge della castità. L’anziano Neal A. Maxwell (1926–2004), del Quorum dei Dodici Apostoli, spiegò che non solo coloro che peccano sono affetti dalle conseguenze:
“L’impudicizia e l’infedeltà portano a gravi conseguenze, come il diffuso e crescente effetto dei figli illegittimi e senza un padre, oltre che alle malattie e alla frantumazione delle famiglie. Molti matrimoni ‘sono appesi a un filo’ o sono già giunti al fallimento…
L’osservanza del settimo comandamento è uno scudo così importante! (vedere Esodo 20:14). Se abbassiamo o lasciamo questo scudo, perderemo le tanto necessarie benedizioni del cielo. Nessuna persona o nazione può prosperare a lungo senza tali benedizioni” (Conference Report, ottobre 2001, 96; oppure Liahona, gennaio 2002, 90).
Giacobbe 3:10. I danni causati dai cattivi esempi
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I bambini apprendono costantemente dall’esempio di coloro che li circondano. Purtroppo un cattivo esempio può avere un’influenza distruttiva sui giovani. L’anziano Vaughn J. Featherstone, dei Settanta, ha ammonito: “Qualche parola agli adulti e ai genitori. Il padre dell’anziano Bruce R. McConkie [Oscar Walter McConkie] diceva che quando violiamo un comandamento, per quanto piccolo esso sia, i nostri giovani possono decidere di violare in seguito un comandamento, forse in modo dieci o cento volte peggiore, e giustificarsi sulla base di quel piccolo comandamento che noi abbiamo violato” (Conference Report, ottobre 1999, 15; oppure Liahona, gennaio 2000, 16).
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L’anziano Jeffrey R. Holland, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha ammonito i genitori della Chiesa di dimostrare ai figli fede e rettitudine personale:
“Credo che alcuni genitori non riescano a capire che, anche quando si sentono certi in cuor loro per quanto attiene alla testimonianza personale, possono nondimeno rendere difficile ai figli percepire tale certezza. Possiamo essere ragionevolmente attivi e frequentare le riunioni della Chiesa, ma se non viviamo il Vangelo in modo integro e non trasmettiamo ai nostri figli le potenti convinzioni che albergano nel nostro cuore in merito alla veridicità della Restaurazione e alla guida divina della Chiesa dai tempi della Prima Visione fino a questo preciso momento, allora quei figli potranno, con sommo rincrescimento, ma nessuna sorpresa da parte nostra, finire per non essere Santi degli Ultimi Giorni visibilmente attivi, che frequentano le riunioni, o nulla che si avvicini a questo.
Non molto tempo fa, io e mia moglie abbiamo conosciuto un bravo giovane che era entrato in contatto con noi dopo aver vagato a lungo nel campo dell’occulto e studiato svariate religioni orientali, tutto nel tentativo di trovare la fede religiosa. Suo padre, ammise, non credeva assolutamente in niente. Ma suo nonno, egli disse, era effettivamente membro della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. ‘Ma senza molto impegno’, disse il giovane. ‘Era sempre molto cinico nei confronti della Chiesa’. Da un nonno cinico, a un figlio agnostico, a un nipote che ora sta cercando disperatamente di ritrovare quello che Dio, una volta, aveva concesso alla sua famiglia!…
Condurre un figlio (o chiunque altro), anche inavvertitamente, lontano dalla fedeltà, dalla lealtà e da un solido credo soltanto perché vogliamo sentirci intelligenti o indipendenti è una licenza che non è stata mai concessa ad alcun genitore o qualsiasi altra persona…
Vivete il Vangelo nel modo più evidente possibile. Osservate le alleanze che i vostri figli sanno che avete stipulato. Impartite le benedizioni del sacerdozio. E rendete la vostra testimonianza! Non presumete semplicemente che i vostri figli aderiranno al vostro credo da soli” (Conference Report, aprile 2003, 91–92; oppure Liahona, maggio 2003, 86).
Giacobbe 3:11. “La seconda morte”
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La seconda morte è anche definita morte spirituale. La Guida alle Scritture spiega che la morte spirituale è la “separazione da Dio e dalla Sua influenza”. La morte spirituale, o seconda morte, a cui si riferì Giacobbe “avviene anche dopo la morte del corpo fisico. Sia gli esseri risorti che il diavolo e i suoi angeli saranno giudicati. Coloro che si sono ribellati con premeditazione contro la luce e la verità del Vangelo subiranno la morte spirituale… (Alma 12:16; Helaman 14:16–19; DeA 76:36–38)” (Guida alle Scritture, “Morte spirituale”).
Giacobbe 4:5. Adorare il Padre nel nome di Gesù Cristo
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Gli scritti di Giacobbe ci offrono spunti importanti sulla legge di Mosè e l’Antico Testamento. In Giacobbe 4:5 apprendiamo che i profeti dell’Antico Testamento precedenti all’epoca di Giacobbe sapevano che Cristo e il Padre erano individui distinti e adoravano correttamente il Padre nel nome di Cristo. Le parole di Giacobbe indicano che la legge di Mosè era molto di più di una legge di rigidi comandamenti e codici legali, come asseriscono alcuni studiosi moderni. La legge di Mosè testimoniava di Gesù Cristo e guidava i giusti alla santificazione tramite l’Espiazione di Gesù Cristo.
Giacobbe 4:10. “Non cercate di dar consigli al Signore”
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Il presidente Marion G. Romney (1897–1988), della Prima Presidenza, spiegò che cosa significa “dar consigli al Signore”: “Non penso che molti membri della Chiesa seguano consapevolmente le persuasioni degli uomini o il loro stesso consiglio invece di prestare ascolto al Signore. Tuttavia, quando non ci atteniamo alle raccomandazioni del Signore, siamo inclini a sostituire il nostro consiglio con il Suo. Di fatto, non c’è nient’altro che possiamo fare se non seguire il nostro stesso consiglio quando non conosciamo le istruzioni del Signore” (“Seek Not to Counsel the Lord”, Ensign, agosto 1985, 5).
Giacobbe 4:14–18. “Guardare al di là del segno”
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Mentre serviva nei Settanta, l’anziano Dean L. Larsen spiegò che gli Israeliti dei tempi antichi “si cacciavano in gravi difficoltà” poiché “si mettevano in grave rischio nella vita spirituale perché non erano dispost[i] ad accettare i semplici fondamentali principi della verità. Essi prediligevano e si interessavano di ‘cose che non potevano comprendere’ (Giacobbe 4:14). Apparivano afflitti da una pseudo raffinatezza e da uno snobismo che dava loro un falso senso di superiorità rispetto a quelli che si presentavano loro con le chiare e semplici parole del Signore. Essi oltrepassavano il segno della saggezza e della prudenza e ovviamente mancavano di rimanere entro il cerchio delle verità fondamentali del Vangelo che creano la base della fede. Essi dovevano a tutti i costi immergersi in congetture e in astruse teorie che oscuravano per loro le verità spirituali fondamentali. E più rimanevano infatuati da queste ‘cose che non potevano comprendere’ e più perdevano di vista il ruolo redentore di un vero Messia e si trovavano confusi per quanto atteneva allo scopo della vita. Uno studio della storia di Israele confermerà le accuse di Giacobbe” (Conference Report, ottobre 1987, 11–12; oppure La Stella, gennaio 1988, 8).
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L’anziano Neal A. Maxwell spiegò in che modo oggi possiamo evitare di “guardare al di là del segno”: “Quest’incredibile cecità che portò a rigettare quei principi di cui parlavano i profeti e che impediva di riconoscere Gesù per chi era, secondo Giacobbe, derivò dal ‘guardare al di là del segno’. Coloro che guardano al di là dell’evidenza, al di là dei profeti, al di là di Cristo e al di là dei Suoi semplici insegnamenti aspettarono in vano allora e aspetteranno in vano ora. Poiché solo il vangelo di Gesù Cristo ci insegna le cose come sono realmente e come saranno realmente” (“On Being a Light” [discorso tenuto all’Istituto di Religione di Salt Lake, 2 gennaio 1974], 1).
Punti su cui riflettere
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Giacobbe menzionò di aver ricevuto il suo “incarico dal Signore” (Giacobbe 1:17). Che cosa deve fare una persona per ricevere un incarico dal Signore?
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Giacobbe insegnò che dovremmo trattare tutti come preziosi figli di Dio (vedere Giacobbe 2:21). Come puoi farlo meglio?
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Quali sono le conseguenze, immediate e lontane, che derivano dalla violazione della legge di castità? Che cosa hai scelto di fare per non infrangere questo sacro comandamento di Dio?
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Che cosa significa “dar consigli al Signore” piuttosto che “prendere consiglio dalla sua mano”? (Giacobbe 4:10).
Compiti suggeriti
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Prendendo spunto dai seguenti passi scritturali prepara un elenco dei consigli del Signore riguardo alle questioni economiche: Giacobbe 2:12–19; Mosia 4:16–26). Utilizza l’elenco che hai preparato per sviluppare delle linee guida finanziarie personali da seguire nel corso della tua vita.
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Dopo aver letto il consiglio di Nefi a Giacobbe riguardo a che cosa scrivere sulle piccole tavole contenuto in Giacobbe 1:1–4, fai un programma per migliorare l’efficacia della tua storia personale.