Capitolo 2
1 Nefi 1–5
Introduzione
Nel 1995 la Prima Presidenza e il Quorum dei Dodici Apostoli descrissero la famiglia come “il cardine del piano del Creatore per il destino eterno dei Suoi figli”. Essi dichiararono che “la felicità nella vita familiare è meglio conseguibile quando è basata sugli insegnamenti del Signore Gesù Cristo” (“La famiglia: un proclama al mondo”, La Stella, giugno 1996, 10). Nefi scrisse in merito alla famiglia di Lehi e Saria, i suoi genitori. Quei “buoni genitori” (1 Nefi 1:1) cercarono di crescere e guidare i loro figli secondo gli insegnamenti del Signore, anche durante i momenti difficili. Padre Lehi ebbe visioni del cielo come pure attentati alla sua vita. I membri della famiglia trovarono salvezza scappando da Gerusalemme, per esservi poi rimandati col pericoloso e difficile compito di recuperare le tavole di bronzo. I figli fedeli sostennero i genitori e seguirono il Signore mentre gli altri si ribellarono. Mentre leggi i primi capitoli del Libro di Mormon osserva gli sforzi di questa famiglia per seguire il Signore e nota come il suo esempio può indurti a fare lo stesso.
Commentario
Il Primo Libro di Nefi: il suo regno e ministero
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L’introduzione di 1 Nefi è un riassunto del libro e fa parte del testo originale. Tutte le introduzioni nel Libro di Mormon fanno parte degli annali originali dati al profeta Joseph Smith, inclusi gli inserti che precedono alcuni capitoli (ad esempio vedere Mosia 9 e Alma 21). I brevi riassunti all’inizio di ogni capitolo sono aggiunte successive per aiutare il lettore a comprendere meglio il capitolo.
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Quale compilatore del Libro di Mormon, Mormon ebbe difficoltà a stabilire che cosa inserire nel suo riassunto. Almeno due direttive guidarono la sua selezione. Primo, il Signore disse a Mormon di “scriv[ere] le cose che [gli] sono state comandate dal Signore” (3 Nefi 26:12). Secondo, Mormon vide i nostri giorni e le condizioni che sarebbero esistite (vedere Mormon 8:34–35). Da questo comprendiamo che quando Mormon prese delle decisioni editoriali, questi due fattori furono le sue principali preoccupazioni.
Può essere istruttivo confrontare la lunghezza dei libri nel Libro di Mormon e i periodi di tempo che coprono. Fai riferimento allo schema “Pagine del Libro di Mormon e periodi” riportato nell’appendice (pagina 426).
1 Nefi 1:1. Molte afflizioni, seppur grandemente favorito
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Nefi scrisse di “molte afflizioni” eppure riconobbe anche le molte benedizioni da parte del Signore. I suoi annali raccontano numerose prove che lui e altri della sua famiglia dovettero sopportare mentre rimasero fedeli e grati al Signore. Nefi si sentiva estremamente favorito perché era giunto a una grande conoscenza della bontà di Dio (vedere 1 Nefi 2:16) e fare affidamento sulla Sua forza divenne il sostegno di Nefi (vedere 2 Nefi 4:19–26). La comprensione che Nefi aveva del piano di Dio, diede un senso alle sue afflizioni (vedere Boyd K. Packer, “Conversation with Teachers” [an evening with President Boyd K. Packer, 29 febbraio 2008], 7, www.ldsces.org).
In contrapposizione vediamo anche che Laman e Lemuele, come pure molti altri personaggi del Libro di Mormon, avevano bisogno di frequenti afflizioni perché venissero loro ricordate le benedizioni del Signore. Questo principio è tristemente riaffermato dal profeta Mormon: “E così vediamo che, a meno che il Signore non castighi il suo popolo con molte afflizioni, sì, eccetto che lo punisca con la morte, col terrore, con la carestia e con ogni sorta di pestilenze, esso non si ricorderà di lui” (Helaman 12:3).
1 Nefi 1:2. “Il linguaggio degli Egiziani”
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Il versetto 2 di 1 Nefi 1 indica che Lehi e Nefi usarono il “linguaggio degli Egiziani” per incidere la loro storia sulle tavole d’oro. Quattrocentosettant’anni dopo, re Beniamino insegnò ai suoi figli “la lingua degli Egiziani” che non era solamente il linguaggio delle tavole d’oro, ma anche delle tavole di bronzo (Mosia 1:1–4). Il termine “egiziano riformato” appare nel Libro di Mormon solo in Mormon 9:32. Egiziano riformato sembra essere un termine che riflette una variante al linguaggio usato da Lehi e Nefi. In Mormon 9:32–33 Moroni indica che ai suoi tempi, approssimativamente mille anni dall’epoca di Lehi e Nefi, sia l’egiziano che l’ebraico erano stati alterati rispetto al linguaggio utilizzato da Lehi e Nefi.
1 Nefi 1:4. I profeti ammoniscono il popolo
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La dominazione del mondo babilonese assunse il controllo del regno di Giuda intorno al 605 a.C. quando Joiakim era re di Giuda. Joiakim cercò di rivoltarsi contro Babilonia. Le forze babilonesi assediarono Gerusalemme. Joiakim fu ucciso o catturato. Sedechia, zio di Joiakim, fu messo al trono dai babilonesi. Fu un periodo di grande malvagità tra il popolo di Giuda nel quale dilagavano immoralità e corruzione. Questa era l’epoca in cui visse Lehi. Poco dopo la partenza di Lehi da quella zona, Sedechia intraprese un’altra rivolta contro Babilonia, che risultò in una vasta distruzione di Gerusalemme intorno al 587 a.C. Molti furono uccisi, e gran parte dei giudei restanti furono fatti prigionieri a Babilonia per i successivi 70 anni. Ciò adempì la profezia che Lehi fece al popolo di Giuda, che se non si fosse pentito sarebbe stato distrutto.
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Nefi disse che “molti profeti” andarono tra il popolo. Sappiamo che Geremia, Abdia, Nahum, Habacuc e Sofonia furono tutti profeti contemporanei che resero testimonianza nel regno di Giuda. Geremia 35:15 include un commento simile sui numerosi profeti che furono mandati dal Signore ad avvertire il popolo (vedere anche 2 Cronache 36:15–16).
1 Nefi 1:16–17. Due serie di annali
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Nefi scrisse la sua storia circa trent’anni dopo che la famiglia di Lehi lasciò Gerusalemme per andare nella terra promessa (vedere 1 Nefi 19:1–5; 2 Nefi 5:28–31). Il documento inizia con un riassunto della storia di suo padre, che comprende 1 Nefi 1–8. Il riassunto di Mormon del racconto di Lehi si trovava nelle 116 pagine manoscritte perdute, che erano una traduzione della parte delle tavole chiamata “Libro di Lehi” (vedere DeA 10, introduzione alla sezione; 10:42, nota a; commentario di 1 Nefi 19:1–6 a pagina 42).
1 Nefi 1:20. “La tenera misericordia del Signore”
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L’anziano David A. Bednar del Quorum dei Dodici Apostoli descrisse la “tenera misericordia del Signore”.
“Vi porto testimonianza che la tenera misericordia del Signore è reale e non è frutto del caso o delle coincidenze. Spesso, l’occorrenza stessa della tenera misericordia del Signore ci aiuta a notarla e a riconoscerla…
La tenera misericordia del Signore è una benedizione, forza, protezione, rassicurazione, guida, affettuosa benevolenza, consolazione, sostegno e dono spirituale assai personale e individuale che riceviamo dal Signore Gesù Cristo. Invero, il Signore adatta ‘i suoi atti di misericordia alla situazione dei figlioli degli uomini’ (DeA 46:15)…
Uno dei modi in cui il Signore torna da ognuno di noi è tramite la sua grande e tenera misericordia. Ad esempio, quando affrontiamo delle difficoltà e delle prove, il dono della fede e un adeguato senso di fiducia in sé che giunge oltre le nostre capacità sono due esempi della tenera misericordia del Signore. Il pentimento, il perdono dei peccati e la pace di coscienza sono esempi della tenera misericordia del Signore. La perseveranza e la forza d’animo, che ci consentono di spingerci innanzi con gioia malgrado limiti fisici e difficoltà spirituali, sono esempi della tenera misericordia del Signore” (Conference Report, aprile 2005, 105; oppure Liahona, maggio 2005, 99–100).
Da 1 Nefi 1:20 apprendiamo che per tutto il resto dei suoi scritti l’intento di Nefi è di mostrarci in che modo il Signore libererà coloro che sono retti. Osserva questo tema ricorrente in tutto 1 Nefi.
1 Nefi 2:5–10. Lehi viaggiò da Gerusalemme alle rive del Mar Rosso
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La distanza tra Gerusalemme e il Mar Rosso è di circa 290 chilometri e attraversa un paese caldo e arido, anticamente infestato da predoni. Lehi e la sua famiglia viaggiarono “per tre giorni” oltre questo punto (vedere 1 Nefi 2:5–6). Ciò significava un viaggio di sola andata di 12-14 giorni da Gerusalemme alla loro dimora temporanea nella valle di Lemuele. (Fai riferimento alla cartina “Possibile itinerario seguito dalla famiglia di Lehi” nell’appendice, pagina 425).
1 Nefi 2:6–10. Mostrare gratitudine al Signore
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La gratitudine che Lehi ebbe nei confronti del Signore per la Sua guida e protezione è dimostrata dalla prima azione che compì dopo aver piantato la tenda: “Costruì un altare di pietre, fece un’offerta al Signore e rese grazie al Signore nostro Dio” (1 Nefi 2:7). Questa è la prima di tante volte in cui i fedeli seguaci di Cristo nel Libro di Mormon offrirono sacrifici e olocausti per esprimere gratitudine a Dio (vedere 1 Nefi 7:22; Mosia 2:3–4).
Dopo l’offerta, Lehi insegnò ai suoi figli l’importanza di essere fermi nell’obbedire ai comandamenti del Signore. Per tutti i figli del Padre Celeste sono necessarie delle sincere espressioni di gratitudine e obbedienza se intendono compiacerLo. Il Signore ha insegnato: “E in nulla l’uomo offende Dio, ovvero contro nessuno s’infiamma la sua ira, se non contro coloro che non riconoscono la sua mano in ogni cosa e non obbediscono ai suoi comandamenti” (DeA 59:21).
L’anziano M. Russell Ballard, del Quorum dei Dodici Apostoli, ci ha consigliato di assicurarci che le nostre preghiere abbondino di umiltà e gratitudine: “Spesso sento affermare ‘ho detto al Signore’ questo oppure ‘ho detto al Signore’ quello. State attenti a non ‘dire’ a Lui, ma piuttosto a cercare e chiedere umilmente guida e direzione al Padre Celeste. La preghiera dovrebbe essere piena di desiderio e gratitudine” (“Be Strong in the Lord, and in the Power of His Might” [Riunione al caminetto del CES per i giovani adulti, 3 marzo 2002], 3, www.ldsces.org).
1 Nefi 2:11–15. Le critiche
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Un motivo per cui Satana incoraggia le critiche è per impedirci di seguire i profeti viventi, i dirigenti ispirati e i genitori. L’anziano H. Ross Workman, dei Settanta, ha spiegato che “la critica comporta tre fasi che conducono una dopo l’altra verso il sentiero della disobbedienza”. Primo, quando la gente mormora comincia a contestare. Contestano “nella propria mente e poi influenza[no] gli altri portandoli a contestare a loro volta”. Secondo, coloro che criticano iniziano a “giustificare le proprie azioni e a trovare scuse per non fare quanto erano stati istruiti di fare… Dunque addu[cono] delle scuse per la propria disobbedienza”. Le loro scuse portano alla terza fase: “negligenza nel seguire il comandamento”.
“Il Signore ha così parlato contro questo atteggiamento ai nostri giorni: ‘Ma colui che non fa nulla finché non gli sia comandato, e accetta un comandamento con cuore dubbioso e lo rispetta con indolenza, è dannato’ (DeA 58:29) …
Vi invito a concentrarvi sul comandamento ricevuto dai profeti viventi che vi è più difficile osservare. Contestate il fatto che il comandamento si applichi o meno a voi? Adducete delle scuse convenienti a giustificazione del fatto che non siete in grado attualmente di osservare il comandamento? Vi sentite frustrati o irritati nei confronti di coloro che vi ricordano il comandamento? Siete indolenti nella sua osservanza? Guardatevi dagli inganni dell’avversario. Guardatevi dalla critica” (Conference Report, ottobre 2001, 104–6; oppure Liahona, gennaio 2002, 98–100).
1 Nefi 2:20. Obbedite ai comandamenti e prospererete
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L’anziano Russell M. Nelson, del Quorum dei Dodici Apostoli, osservò che le Scritture promettono “34 volte che il popolo prospe[rerà] nel suo paese soltanto se obbedisce ai comandamenti di Dio” (Conference Report, aprile 1985, 15; oppure La Stella, luglio 1985, 13). Nelle Scritture il significato della parola prosperità può avere anche altri significati non limitati a benefici finanziari. Inoltre, prosperare non significa che la vita sarà senza prove. Lehi e i membri fedeli della sua famiglia osservarono i comandamenti, tuttavia patirono diverse afflizioni (vedere 1 Nefi 15:5; 18:15–17; 2 Nefi 2:1–2).
Il presidente Joseph F. Smith (1838–1918) insegnò che una persona che osserva i comandamenti sarà sostenuta dal Signore e prospererà: “L’uomo che rimane nel regno di Dio, l’uomo che è fedele a questo popolo, l’uomo che si conserva puro e immacolato dalle turpitudini del mondo è l’uomo che Dio accetterà, che Dio sosterrà e che prospererà sulla terra; sia che goda della sua libertà, sia che languisca in prigione, in qualunque luogo egli si trovi, ne uscirà bene” (Gospel Doctrine, 5a ed. [1939], 257).
1 Nefi 3:7. “Andrò e farò”
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Commentando 1 Nefi 3:7, l’anziano Russell M. Nelson insegnò: “Ho imparato a non mettere punti interrogativi ma esclamativi, quando vengono emanate chiamate per mezzo dei canali ispirati del governo del sacerdozio” (Conference Report, aprile 1984, 76–77; oppure La Stella, ottobre 1984, 112).
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L’anziano Donald L. Staheli, dei Settanta, citò il presidente Ezra Taft Benson (1899–1994) per insegnare il potere che deriva dall’obbedienza: “A prescindere dalla nostra età e dallo stadio della nostra vita, l’obbedienza quotidiana ai principi del Vangelo è l’unica vera via che porta all’eterna felicità. Il presidente Ezra Taft Benson espresse questo concetto in modo commovente quando disse: ‘Quando l’obbedienza cessa di essere causa di irritazione e diventa l’obiettivo dei nostri sforzi, in quello stesso momento Dio ci investe del Suo potere’” (Conference Report, aprile 1998, 108; oppure La Stella, luglio 1998, 86).
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Il presidente Henry B. Eyring, della Prima Presidenza, ha riconosciuto la necessità della preghiera e della fede per obbedire ai comandamenti del Signore:
“Chiunque siamo, per quanto difficile sia la nostra condizione, possiamo sapere che ciò che il nostro Padre ci chiede di fare, se vogliamo qualificarci al godimento delle benedizioni della vita eterna, non si trova fuori della nostra portata …
Dobbiamo pregare con fede per sapere che cosa dobbiamo fare e dobbiamo pregare essendo decisi a obbedire. Ma possiamo sapere che cosa dobbiamo fare ed essere sicuri che la via ci è stata preparata dal Signore” (“La Famiglia”, La Stella, ottobre 1998, 14).
1 Nefi 3:15. “Come il Signore vive”
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L’anziano Bruce R. McConkie (1915 1985), membro del Quorum dei Dodici Apostoli, fornì questa spiegazione: “Nefi fece Dio suo socio. Se avesse mancato di ottenere le tavole ciò avrebbe significato che Dio aveva fallito. E poiché Dio non fallisce, su Nefi ricadeva il compito di ottenere le tavole, o di perdere la vita in questo tentativo” (Conference Report, aprile 1982, 49–50; oppure La Stella, ottobre 1982, 65).
1 Nefi 4:6. “Guidato dallo Spirito”
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Talvolta ci vuole coraggio per farsi guidare dallo Spirito. Ci saranno volte in cui la logica e il ragionamento del mondo suggeriranno un corso d’azione che è contrario agli insegnamenti del Signore. L’anziano John H. Groberg, dei Settanta, ci ha rivolto il seguente invito:
“Siate disposti ad assumervi dei rischi ragionevoli. Viviamo nell’era della ragione, della logica, dei fatti e delle cifre. Queste cose possono essere utili se sottomesse alla fede nel Signore Gesù Cristo. Ma se dovessero mai avere la precedenza sulla fede in Lui, allora non sono tanto utili e possono risultare molto pericolose. Mi sono reso conto che nella mia vita le buone decisioni che ho preso non sarebbero state tali se fossero state basate unicamente sulla logica o la ragione …
Nefi era determinato a fare ciò che Dio voleva che lui facesse, anche quando la logica era contraria. In 1 Nefi 4:6 le Scritture ci insegnano che egli procedette senza sapere in anticipo ciò che avrebbe dovuto fare, ma con la consapevolezza che doveva obbedire a Dio e ottenere le tavole…
Suppongo che se avesse prestato ascolto soltanto alla ragione, Nefi e i suoi fratelli starebbero ancora aspettando fuori delle mura di Gerusalemme. A volte mi domando se prestando troppo ascolto alla ragione e alla logica, e non confidando abbastanza nel Signore, possiamo ritrovarci ad aspettare fuori delle mura della Sua santa città” (“Trust in the Lord” [Riunione al caminetto del CES per i giovani adulti, 1 maggio, 1994], 3, www.ldsces.org).
1 Nefi 4:10. A Nefi fu comandato di uccidere Labano
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Che giustificazione c’è per un uomo retto come Nefi di togliere la vita a un’altra persona? Il profeta Joseph Smith (1805–1844) insegnò che è il Signore a stabilire il criterio di cosa è giusto e sbagliato: “Dio ha detto: ‘Non uccidere’; in un altra circostanza ha detto: ‘Voterai a completo sterminio’. Questo è il principio su cui si basa il governo del cielo, ossia la rivelazione adattata alle circostanze in cui sono posti i figli del Regno. Qualunque cosa Dio richieda è giusta, qualunque essa sia, benché possiamo non capirne la ragione se non molto tempo dopo, quando cominciano a trapelare gli avvenimenti. Se cerchiamo prima il regno di Dio, tutte le cose buone saranno sopraggiunte. Fu così per Salomone: prima chiese saggezza, e Dio gliela diede, e con essa ogni desiderio del suo cuore, anche le cose che sarebbero state considerate abominevoli da tutti coloro che comprendono solo in parte l’ordine del cielo, ma che in realtà erano giuste perché Dio le concesse e le decretò tramite rivelazione speciale” (History of the Church, 5:135).
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Alcuni hanno erroneamente sentito che lo Spirito Santo li ha spinti a fare una cosa contraria a ciò che il Signore ha già comandato, come nel caso di Nefi. Oggi non dobbiamo temere che il Signore ci spinga a fare qualcosa di contrario ai comandamenti attuali. Il presidente Harold B. Lee (1899–1973) ci ha insegnato a chi il Signore rivolgerà tali suggerimenti: “Se mai dovrà esserci qualcosa di diverso da ciò che il Signore ci ha già detto, Egli lo rivelerà al Suo profeta e a nessun altro” (Stand Ye in Holy Places [1974], 159).
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Si dovrebbe rammentare che il Signore diede a Labano almeno due possibilità di rinunciare alle tavole di bronzo senza dover richiedere in cambio la sua vita. Labano era un bugiardo, un ladro e aveva cercato di uccidere almeno in due occasioni. Il furto e il tentativo di omicidio potevano entrambi essere puniti con la morte (vedere Esodo 21:14; 22:2; Deuteronomio 24:7). Il Signore voleva che Lehi e i suoi discendenti avessero il testo scritturale anche se un uomo fosse dovuto perire (vedere 1 Nefi 4:13) perché ciò avvenisse. Le tavole di bronzo furono non solo una benedizione per la nazione nefita e mulechita, ma portarono ad alcune porzioni scritte delle tavole d’oro (come le citazioni di Isaia e l’allegoria di Zenos). Il Libro di Mormon è stato e sarà una benedizione nella vita di milioni di persone e di nazioni. Fondamentalmente tutto questo era in gioco quando Nefi si trovò davanti Labano e seguì la voce dello Spirito.
1 Nefi 4:30–37. L’integrità della parola data
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Quando Zoram si rese conto di essere con Nefi e non con Labano, il suo padrone, “cominciò a tremare, ed era sul punto di fuggire” (1 Nefi 4:30). Eppure la sua paura cessò quando Nefi promise al servo che non gli sarebbe stato fatto alcun male e che poteva essere un uomo libero se fosse andato nel deserto con i figli di Lehi. Quando Zoram fece giuramento di restare con Nefi e i suoi fratelli, i loro “timori a suo riguardo cessarono” (versetto 37). Sia Zoram che Nefi dimostrano il potenziale potere dell’integrità di una persona.
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L’anziano Richard G. Scott, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha constatato che la necessità di essere integri è il fondamento della forza spirituale: “La base del carattere è l’integrità. Un carattere onorevole rafforzerà la vostra capacità di seguire con obbedienza la guida dello Spirito. Un carattere retto è la manifestazione di ciò che state diventando; è più importante di ciò che possedete, di ciò che avete imparato o degli obiettivi che avete conseguito. Vi permette di essere ritenuti degni di fiducia. Un carattere retto costituisce il fondamento della forza spirituale. Nei momenti di prova e difficoltà vi consente di prendere in modo corretto delle decisioni difficili ed estremamente importanti, anche quando tali decisioni sembrano impossibili” (Conference Report, aprile 2003, 80; oppure Liahona, maggio 2003, 77).
1 Nefi 4:33. Fare giuramento
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Il Libro di Mormon contiene alcuni avvenimenti durante i quali furono fatti dei giuramenti. Prestare giuramento era preso molto sul serio ai tempi dei Nefiti e nella loro cultura. “Il principio secondo cui un giuramento è ritenuto vincolante è fra l’altro stabilito in [Ebrei 6:16] come appello supremo all’autorità divina affinché ratifichi un’asserzione. In tal modo l’Onnipotente è rappresentato come Colui che promette o denuncia con un giuramento cioè facendolo nel modo più esplicito e solenne. In base allo stesso principio, quel giuramento è sempre stato ritenuto vincolante facendo appello all’autorità suprema, per quanto attiene agli individui e alle comunità. In conseguenza a questo principio, gli appelli al nome di Dio da una parte e a dei pagani dall’altra, sono trattati nelle Scritture come prove di fedeltà” (William Smith, ed., A Dictionary of the Bible [n.d.], “Oath”, 467; vedere anche il commentario di 1 Nefi 4:30–37 a pagina 15).
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Uno studioso ha spiegato il potere dei giuramenti nei tempi antichi:
“Ciò che sorprende il lettore occidentale è l’effetto miracoloso del giuramento di Nefi su Zoram, che dopo aver ascoltato alcune parole convenzionali diventa improvvisamente trattabile, mentre per i fratelli, non appena Zoram “fece… un giuramento che da quel momento in poi sarebbe rimasto con [loro]… i [loro] timori a suo riguardo cessarono’ (1 Nefi 4:35, 37).
La reazione di ambo le parti ha senso se ci rendiamo conto che un giuramento è una cosa assolutamente sacra e inviolabile tra i popoli del deserto e i loro discendenti: ‘Difficilmente un arabo infrangerà un giuramento, anche a rischio della vita’, poiché ‘non vi è nulla di più forte e sacro di un giuramento tra i nomadi’, e anche tra gli arabi di città, se il giuramento è sotto condizioni speciali. ‘Pronunciare un giuramento è una cosa sacra tra i beduini’, spiega un’autorità in materia. ‘Guai a chi giura il falso; la sua posizione sociale sarà danneggiata e la sua reputazione rovinata. Nessuno accetterà la sua testimonianza, e dovrà pagare un’ammenda’.
Ma non funziona così per ogni giuramento. Per essere più vincolante e solenne, deve essere sulla vita di qualcosa, anche solo un filo d’erba. L’unico giuramento più solenne del pronunciare ‘sulla mia vita’ o (meno comunemente) ‘sulla mia testa’ è wa hayat Allah ‘sulla vita di Dio’ o ‘come Dio vive’, l’esatto equivalente arabo dell’antico hai Elohim ebraico. Oggi viene facilmente usato dai cittadini di cattiva fama, ma anticamente era una cosa solenne, come avviene tuttora tra i popoli del deserto. ‘Ho confermato la mia risposta in stile beduino’, dice [Charles M.] Doughty. ‘Sulla sua vita… disse… “Ebbene, giura sulla vita di Allah (Dio)!”… Io risposi, anche secondo l’usanza nomade, per le occasioni più importanti, ma dicono sulla tua vita per questioni minori’. Tra gli arabi e i giudei, dice [Samuel] Rosenblatt, ‘un giuramento senza il nome di Dio non è un giuramento’, mentre ‘sono frequenti in entrambe le società i giuramenti “sulla vita di Dio”’.
E così vediamo che l’unico modo in cui Nefi poteva tranquillizzare all’istante il preoccupato Zoram era di pronunciare un giuramento che nessun uomo si sarebbe mai sognato di infrangere, il più solenne di tutti i giuramenti tra i semiti: ‘Come il Signore vive e come io vivo’. (1 Nefi 4:32.)” (Hugh Nibley, An Approach to the Book of Mormon, 2a ed. [1964], 104–105).
1 Nefi 5:10–22. Le tavole di bronzo
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Le tavole di bronzo erano un volume di antiche Scritture. Erano di gran valore per la famiglia di Lehi e per i futuri abitanti delle Americhe proprio come la Bibbia e le Scritture moderne lo sono per noi. L’anziano Bruce R. McConkie usò dei versetti del Libro di Mormon per descrivere le tavole di bronzo e la loro importanza. Egli spiegò che le tavole di bronzo “erano ‘la storia dei Giudei’ (1 Nefi 3:3), una raccolta di molte delle profezie dal principio fino alle parole di Geremia. Su di esse vi era la legge di Mosè, i cinque libri di Mosè e la genealogia dei Nefiti. (1 Nefi 3:3, 20; 4:15–16; 5:11–14).
Contenevano più di quanto disponiamo noi oggi nell’Antico Testamento. (1 Nefi 13:23). Contenevano le profezie di Zenoc, Neum, Zenos, Giuseppe figlio di Giacobbe e probabilmente di molti altri profeti, e molti di quegli scritti predicevano questioni che riguardavano i Nefiti. (1 Nefi 19:10, 21; 2 Nefi 4:2, 15; 3 Nefi 10:17).
Il valore delle tavole di bronzo per i Nefiti non può essere sopravvalutato. Per loro tramite essi furono in grado di preservare il linguaggio (1 Nefi 3:19), gran parte della civiltà e la conoscenza religiosa del popolo da cui provenivano (1 Nefi 22:30). In contrapposizione i Mulechiti, che furono condotti fuori da Gerusalemme circa undici anni dopo la partenza di Lehi, e che non disponevano di un testo equivalente alle tavole di bronzo, presto si trovarono nell’apostasia e nell’incredulità, persero il loro linguaggio, la civiltà e la religione (Omni 14–18).
I Nefiti preservarono le tavole di bronzo tramandandole di profeta in profeta e di generazione in generazione. (Mosia 1:16; 28:20; 3 Nefi 1:2). Il Signore ha promesso di riportarle alla luce in un tempo futuro, non offuscate dal tempo ma contenenti il loro splendore originale, e che il loro contenuto sarebbe andato ‘a ogni nazione, tribù, lingua e popolo’ (Alma 37:3–5; 1 Nefi 5:18–19)”. (Mormon Doctrine, 2a ed. [1966], 103).
Punti su cui riflettere
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Perché ritieni che Laman e Lemuele mormorassero? (vedere 1 Nefi 2:11–13). Perché Nefi sostenne suo padre? (Vedere i versetti 16, 19). Da cosa capisci se sei uno che critica o che sostiene i servitori del Signore?
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Che prove ci sono che Nefi aveva una grande fede? In che modo pensi che l’abbia ottenuta?
Compiti suggeriti
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Prendi in considerazione i sacrifici compiuti dalla famiglia di Lehi per ottenere le tavole di bronzo. Confrontali con i sacrifici richiesti per portare alla luce il Libro di Mormon ai nostri giorni (vedere DeA 135:6). Discuti con un amico o familiare del valore delle Scritture e di ciò che sei disposto a fare per usare questi testi preziosi.