Capitolo 8
2 Nefi 4–8
Introduzione
Verso la fine della sua vita, Lehi benedisse i suoi figli con la promessa che se avessero osservato i comandamenti avrebbero prosperato, ma se fossero stati disobbedienti sarebbero stati recisi dalla presenza del Signore (vedere 2 Nefi 4:4). Il Signore fece questa stessa promessa a Nefi all’inizio del suo ministero, quando gli promise che se avesse osservato i comandamenti di Dio egli avrebbe prosperato e sarebbe stato “condott[o] a una terra promessa… che è scelta sopra tutte le altre terre” (1 Nefi 2:20). Inoltre il Signore disse che se i fratelli di Nefi si fossero ribellati contro di lui, sarebbero stati “recisi dalla presenza del Signore” (1 Nefi 2:21). Questa promessa fu adempiuta quando il popolo di Nefi si separò dai ribelli seguaci di Laman e Lemuele.
Tutti noi dobbiamo scegliere tra bene e male. L’importanza di fare delle buone scelte si riflette in 2 Nefi 4–8: (1) quando Lehi benedisse i suoi nipoti, (2) nelle riflessioni e nelle espressioni a cui diede voce Nefi nel suo salmo sincero, (3) durante la divisione di Nefiti e Lamaniti, e (4) negli insegnamenti di Giacobbe sulla dispersione e il raduno di Israele.
Commentario
2 Nefi 4:3–11. Lehi benedisse i suoi figli
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Alla fine della sua vita, Lehi insegnò il Vangelo ai suoi figli. Ai nostri giorni i servi del Signore continuano a sottolineare la responsabilità dei genitori di insegnare ai loro figli. La Prima Presidenza e il Quorum dei Dodici Apostoli hanno dichiarato: “Noi avvertiamo le persone… che mancano di assolvere i loro doveri familiari, che un giorno saranno chiamati a renderne conto dinanzi a Dio” (“La famiglia: un proclama al mondo”, La Stella, giugno 1996, 10; vedere anche DeA 68:25–29).
Come Lehi, gran parte dei genitori Santi degli Ultimi Giorni prendono molto seriamente questa responsabilità. L’anziano M. Russell Ballard, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha spiegato che l’importanza che attribuiamo alla famiglia dovrebbe influire sul modo in cui siamo genitori: “La nostra prospettiva centrata sulla famiglia dovrebbe spingere i Santi degli Ultimi Giorni a cercare di essere i migliori genitori al mondo. Dovrebbe far nascere in noi un enorme rispetto per i nostri figli, che in realtà sono nostri fratelli spirituali, e il desiderio di dedicare tutto il tempo necessario per rafforzare la nostra famiglia. Non c’è veramente nulla di più importante per la felicità nostra e dei nostri figli, dell’amore e sostegno reciproco in seno alla famiglia” (Conference Report, ottobre 2005, 44; oppure Liahona, novembre 2005, 42).
2 Nefi 4:7–10. I figli di Laman e Lemuele
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Dio ha adempiuto e continua ad adempiere la promessa di misericordia fatta da Lehi nei confronti dei figli di Laman e Lemuele. Vi sono diversi casi nel Libro di Mormon in cui la promessa di Lehi ai figli di Laman e Lemuele fu adempiuta (vedere Alma 17–26; Helaman 5–6; 13–15). Negli ultimi giorni Dio ha continuato ad adempiere la promessa di misericordia verso i figli di Laman e Lemuele. Il presidente Henry B. Eyring, della Prima Presidenza, ha spiegato:
“I nostri sforzi fedeli per offrire ai nostri figli la testimonianza della verità che possediamo saranno moltiplicati, rafforzati e prolungati nel tempo.
Ne abbiamo visto la prova in famiglie che abbiamo conosciuto. L’ho vista in Sud America osservando i volti dei missionari. Centinaia di loro mi sono passati davanti per stringermi la mano e guardarmi profondamente negli occhi. Rimasi quasi sopraffatto dalla conferma che questi figli di Padre Lehi e di Saria erano al servizio del Signore perché il Padre celeste tiene fede alle promesse fatte alle famiglie. Sin quasi al suo ultimo respiro Lehi ammaestrò, portò testimonianza e cercò di benedire i suoi figli. I suoi discendenti furono colpiti da terribili tragedie quando respinsero la sua testimonianza, la testimonianza degli altri profeti e delle Scritture. Ma negli occhi e nei volti di quei missionari sentii la conferma che Dio ha tenuto fede alle Sue promesse di aiutare i figli dell’alleanza di Lehi, e che lo farà con i nostri” (Conference Report, aprile 1996, 88; oppure La Stella, luglio 1996, 69).
2 Nefi 4:15–16. “La mia anima si diletta nelle Scritture”
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La sorella Cheryl C. Lant, presidentessa generale della Primaria, parlò di come 2 Nefi 4:15 riveli tre modi in cui possiamo leggere efficacemente le Scritture: primo, dilettandosi nelle Scritture, secondo, meditando le Scritture e, terzo, scrivendo le Scritture nella nostra vita:
“Questo versetto ci insegna come leggere il Libro di Mormon. Menziona tre idee importanti.
Primo: ‘La mia anima si diletta’. Adoro questa frase! Ho pensato a nutrirmi e abbeverarmi di conoscenza mentre leggo le Scritture, ma dilettarsi in esse è qualcos’altro. Ritengo che ciò che traggo dalle Scritture sia determinato dal mio contributo. Ogni volta che le leggo, in un certo senso, offro l’esperienza a una persona nuova con occhi nuovi. Il punto in cui sono nella vita, le esperienze che sto vivendo e il mio atteggiamento, influenzano quanto ne traggo. Amo le scritture. Faccio tesoro dei principi che scopro man mano che leggo. Il mio cuore si riempie di gioia nel ricevere incoraggiamento, guida, conforto, forza e risposte alle mie necessità. La vita sembra più bella, la strada si spiana davanti a me e io provo la rassicurazione dell’amore e delle cure del mio Padre Celeste ogni volta che leggo. Di certo questo mi diletta. Come ha detto un bambino di una classe dei Raggi di sole: ‘Mi sento felice per le Scritture!’
Secondo: ‘Il mio cuore le medita’. Mi piace molto portare le Scritture con me nel mio cuore! Lo spirito di quanto ho letto rimane lì per darmi pace e conforto. La conoscenza che ho acquisito mi è di giuda. Provo la fiducia che scaturisce dall’obbedienza…
[Terzo,] ovviamente io non scrivo le Scritture come faceva Nefi, ma quando leggo le Scritture e ne osservo i principi, quei passi scritturali vengono scritti nella mia vita. Essi governano le mie azioni e sono scritti affinché i miei figli li vedano e li seguano. Posso formare un retaggio, una tradizione di retto vivere, basato sui principi che apprendo dalle Scritture” (Conference Report, ottobre 2005, 78–79; oppure Liahona, novembre 2005, 76–77).
2 Nefi 4:15–35. Il salmo di Nefi
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Un salmo è una “poesia o inno ispirato” (Guida alle Scritture, “Salmo”). Persino coloro che non hanno conoscenza dell’opera poetica in antico ebraico possono riconoscere e trovare attinenza con le suppliche sincere del salmo di Nefi in 2 Nefi 4. I salmi vanno letti ad alta voce. Prova a leggere ad alta voce il salmo di Nefi per percepire lo spirito con cui fu scritto.
2 Nefi 4:17–18. Come superare i peccati e le debolezze
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Per tutto il Libro di Mormon notiamo la rettitudine di Nefi, la sua fedeltà nelle tribolazioni e la sua dedizione a Dio, eppure egli esclamò: “O miserabile uomo che sono!… Mi sento assediato, a causa delle tentazioni e dei peccati che mi assalgono davvero sì facilmente” (2 Nefi 4:17–18). Il profeta Joseph Smith (1805–1844) insegnò che “quanto più l’uomo si avvicina alla perfezione, tanto più chiare sono le sue idee e tanto più grande la sua gioia, fino a che vinca tutti i mali e perda ogni desiderio di peccare” (History of the Church, 2:8). Forse Nefi si sentiva aggravato da ciò che noi potremmo considerare futili debolezze, fino al punto che gli causarono dolore, ed egli cercò di liberarsi di ogni traccia di peccato.
La sincera supplica di Nefi affinché il Signore lo aiutasse a vincere le sue debolezze ci aiuta a comprendere come superare le nostre. L’esperienza personale ci insegna che anche noi dovremmo fare altrettanto. L’anziano Richard G. Scott, del Quorum dei Dodici Apostoli, ci ha ricordato perché ci viene comandato di pentirci e ci ha ammoniti di sfruttare il potere redentore del Signore:
“Perché nostro Padre e Suo Figlio ci hanno comandato di pentirci? Perché ci amano. Essi sanno che tutti violano le leggi eterne. Grandi o piccole che siano queste violazioni, la giustizia richiede che ogni legge infranta sia soddisfatta perché Essi possano mantenere la promessa fatta di gioia in questa vita e del privilegio di ritornare al Padre in cielo. Se la legge non viene soddisfatta, nel giorno del giudizio saremo scacciati dalla presenza di Dio e ci ritroveremo sotto il controllo di Satana. [Vedere 2 Nefi 9:8–10; 2:5].
Il nostro Maestro e la Sua opera di redenzione ci rendono possibile evitare tale condanna. Si può evitare tramite la fede in Gesù Cristo, l’obbedienza ai Suoi comandamenti e la perseveranza in rettitudine sino alla fine.
Traete il massimo vantaggio dal potere redentore del pentimento sì da conoscere una pace e una gioia più grandi? I sentimenti di agitazione e scoraggiamento spesso rivelano la necessità di pentimento. Anche la mancanza di una guida spirituale che cerchiamo in questa vita può essere la conseguenza della violazione della legge. Il sincero pentimento rimette ordine nella nostra vita; risolve tutti i dolori e le sofferenze spirituali che scaturiscono dalla trasgressione. Ma in questa vita il pentimento non può porre rimedio ad alcune delle conseguenze fisiche che scaturiscono dai gravi peccati. Siate saggi e vivete costantemente ben all’interno dei confini della rettitudine stabiliti dal Signore” (Conference Report, ottobre 2000, 31–32; oppure Liahona, gennaio 2001, 31).
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L’anziano Dallin H. Oaks, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha insegnato che, a prescindere dalla predisposizione o tendenza di una persona, abbiamo l’obbligo di esercitare il nostro libero arbitrio per superare le debolezze personali:
“Forse queste persone, come si suol dire, sono ‘nate così’. Ma che cosa significa ciò? Significa che le persone con certe predisposizioni o forti tendenze non hanno scelta, non sono libere di scegliere a questo riguardo? La nostra dottrina ci insegna altrimenti. Quale che sia la predisposizione o tendenza di una persona, la sua volontà è senza restrizioni. Il suo libero arbitrio è assoluto. È la sua libertà che è indebolita… Noi tutti siamo responsabili dell’esercizio del nostro libero arbitrio…
La maggior parte di noi nasce o sviluppa delle schegge nella carne, alcune più visibili, alcune più dolorose di altre. Tutti sembriamo avere la predisposizione a questo o a quest’altro disturbo ma, quale che sia la nostra predisposizione, abbiamo la volontà e la forza necessarie per controllare i nostri pensieri e le nostre azioni. Deve essere così. Dio ha detto che Egli ci ritiene responsabili di quello che facciamo e di quello che pensiamo, pertanto i nostri pensieri e le nostre azioni devono poter essere controllati dal nostro libero arbitrio. Una volta che abbiamo raggiunto l’età o la condizione della responsabilità, l’asserzione ‘sono nato così’ non è una scusa valida per le azioni o i pensieri che non si adeguano ai comandamenti di Dio. Dobbiamo imparare a vivere in modo che una debolezza terrena non ci impedisca di raggiungere il nostro obiettivo eterno.
Dio ha promesso di consacrare le nostre afflizioni per il nostro profitto (vedere 2 Nefi 2:2). Gli sforzi che facciamo per vincere ogni debolezza ereditata creano in noi una riserva di forza spirituale che ci sarà utile per tutta l’eternità. Pertanto, quando Paolo pregò tre volte per essere liberato dalla sua ‘scheggia nella carne’, il Signore rispose: ‘La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza’. [2 Corinzi 12:9]” (“Free Agency and Freedom”, in Monte S. Nyman and Charles D. Tate Jr, ed., The Book of Mormon: Second Nephi, the Doctrinal Structure [1989], 13–14).
2 Nefi 5:5–9. Separiamoci dalla malvagità
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Ci sono volte in cui è necessario scappare fisicamente dal male, come accadde a Nefi e ai suoi seguaci. Nota che con Nefi andarono “coloro che credevano nei suggerimenti e nelle rivelazioni di Dio” (2 Nefi 5:6). Allo stesso modo oggi coloro che prestano ascolto ai suggerimenti e alle rivelazioni dei profeti moderni sono coloro che li seguono spiritualmente. Tuttavia potremmo non essere sempre in grado di spostarci fisicamente dalla malvagità. L’anziano Richard G. Scott ci ha spiegato come possiamo proteggere noi stessi:
“Dio ha fornito un modo di vivere in questo mondo senza essere contaminati dalle pressioni degradanti che gli agenti del male diffondono in esso. Voi potete condurre un’esistenza virtuosa, produttiva, retta seguendo il piano di protezione ideato dal vostro Padre celeste: il Suo piano di felicità. Esso è contenuto nelle Scritture e nelle dichiarazioni ispirate dei Suoi profeti…
Evitate la malvagità del mondo. Sappiate che Dio è al comando. Verrà il tempo in cui Satana perderà completamente e sarà punito per la sua malvagità perversa. Dio ha un piano specifico per la vostra vita. Egli vi rivelerà parti di tale piano se lo cercherete con fede e obbedienza costanti. Suo Figlio vi ha reso liberi, non dalle conseguenze delle vostre azioni, ma di scegliere. Lo scopo eterno di Dio è che voi abbiate successo in questa vita terrena. A prescindere da quanto il mondo diventi malvagio, voi potete ottenere questa benedizione. Cercate e ascoltate la guida personale datavi dallo Spirito Santo; continuate a essere degni di riceverla. Tendete la mano a coloro che inciampano e sono perplessi, non sapendo quale strada seguire” (Conference Report, aprile 2004, 103–4, 106; oppure Liahona, maggio 2004, 100, 102).
2 Nefi 5:11, 13. “Prosperammo grandemente”
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In 2 Nefi 5:11, 13 Nefi parlò del successo che ebbe il suo popolo nell’allevare greggi, armenti e mandrie. Spesso noi associamo la prosperità a benedizioni tangibili, come la ricchezza o le cose materiali del mondo. Il presidente Heber J. Grant (1856–1945) insegnò che cos’è la vera prosperità: “Quando dico prosperità non penso solo in termini di dollari e di centesimi… Quello che io considero vera prosperità… è la crescita nella conoscenza di Dio, la crescita nella testimonianza, nel potere di mettere in pratica il Vangelo e ispirare i nostri familiari a fare altrettanto. Questa è prosperità nel vero senso della parola” (Gospel Standards, comp. G. Homer Durham [1941], 58; citato anche da James E. Faust, Conference Report, ottobre 1998, 74; oppure La Stella, gennaio 1999, 68).
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Parlando di come il pagare la decima porta vera prosperità, il presidente James E. Faust (1920–2007), della Prima Presidenza, citò un’esperienza raccontata dalla sorella Yaeko Seki:
“Io e la mia famiglia eravamo andati a passare un giorno nel Parco Nazionale delle Alpi Giapponesi. Ero in attesa del quarto figlio e mi sentivo piuttosto stanca, perciò mi sdraiai sotto gli alberi… Cominciai a pensare alle nostre difficoltà economiche. Mi sentii sopraffatta dalle preoccupazioni e scoppiai a piangere. ‘Signore, paghiamo la decima per intero e abbiamo fatto dei sacrifici. Quando sarà che le cateratte del cielo si apriranno per noi e il nostro fardello diventerà più lieve?’
Pregai con tutto il mio cuore. Poi mi voltai e vidi mio marito e i miei figli che giocavano e ridevano insieme, e improvvisamente lo Spirito mi portò testimonianza che le mie benedizioni erano davvero abbondanti e che la mia famiglia era la più grande benedizione che il Padre Celeste poteva darmi” (Conference Report, ottobre 1998, 74; oppure La Stella, gennaio 1999, 68).
2 Nefi 5:10–18, 26–27. “E avvenne che vivemmo in maniera felice”
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Il profeta Joseph Smith spiegò che c’è un sentiero che conduce alla felicità: “La felicità è l’obiettivo e il fine della nostra esistenza; e se seguiremo il sentiero che conduce ad essa la otterremo; questo sentiero è la virtù, la rettitudine, la fedeltà , la santità e l’osservanza di tutti i comandamenti di Dio” (History of the Church, 134–35).
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Il presidente Gordon B. Hinckley (1910–2008) parlò della felicità in modo simile: “Il Signore vuole che siamo felici. Nefi disse una grande cosa: “E… vivemmo in maniera felice” (2 Nefi 5:27). Che cosa meravigliosa. Io voglio che i miei figli siano felici. Voglio che stiano bene. Voglio che vivano bene e rettamente, in modo rispettabile; e allo stesso modo, accetto che l’amore del mio Padre in cielo va ben al di là del mio potere di amare. Penso che Egli voglia che i Suoi figli e figlie siano felici. La felicità scaturisce dalla rettitudine. ‘La malvagità non fu mai felicità’. (Alma 41:10). Il peccato non fu mai felicità. L’egoismo non fu mai felicità. L’avidità non fu mai felicità. La felicità deriva dall’osservare i principi del vangelo di Gesù Cristo” (“Fast-Paced Schedule for the Prophet”, Church News, aprile 20, 1996, 3).
2 Nefi 5:20–25. I Lamaniti furono maledetti
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I versetti 20–25 in 2 Nefi 5 rispondono almeno a quattro domande sulla maledizione che colpì i Lamaniti:
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Qual era la maledizione?
La maledizione è chiaramente definita nel versetto 20 come l’essere “recisi dalla presenza del Signore”
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Che cosa causò la maledizione?
Secondo il versetto 21, la maledizione arrivò “a causa della loro iniquità” e perché “avevano indurito il loro cuore”. Sin dai tempi della Caduta di Adamo, la malvagità ha prodotto l’allontanamento dalla presenza del Signore (vedere 1 Nefi 2:21; 2 Nefi 4:4; 9:6; Alma 9:13; Ether 10:11).
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Quale fu il marchio o segno messo sui Lamaniti?
Ai giorni di Nefi, la maledizione dei Lamaniti era quella di essere “recisi dalla presenza del Signore […] a causa della loro iniquità” (2 Nefi 5:20–21). Questo significa che lo Spirito del Signore si era ritirato dalla loro vita. Quando in seguito i Lamaniti abbracciarono il vangelo di Gesù Cristo, “la maledizione di Dio non li seguì più” (Alma 23:18).
Il Libro di Mormon dichiara, inoltre, che i Lamaniti furono marchiati con la pelle scura dopo che i Nefiti si separarono da loro. La natura e l’aspetto di questo marchio non sono pienamente compresi. Il marchio inizialmente distingueva i Lamaniti dai Nefiti. In seguito, poiché Nefiti e Lamaniti si erano mescolati man mano che alternavano periodi di malvagità e di rettitudine, il marchio divenne irrilevante.
Ai nostri giorni, i profeti affermano che quella pelle scura non è un segno di sfavore o maledizione divina. La Chiesa adotta l’insegnamento di Nefi secondo cui il Signore “non rifiuta nessuno che venga a lui, bianco o nero, schiavo o libero, maschio o femmina” (2 Nefi 26:33). Il presidente Russell M. Nelson ha dichiarato: “Il Signore ha sottolineato la Sua dottrina fondamentale di pari opportunità per i Suoi figli. […] Le differenze di cultura, lingua, sesso, razza e nazionalità svaniscono fino a essere insignificanti quando il fedele intraprende il sentiero delle alleanze e viene al nostro amato Redentore”. (“President Nelson Remarks at Worldwide Priesthood Celebration” [1 giugno 2018], newsroom.ChurchofJesusChrist.org).
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Quale fu il risultato della maledizione?
Alla fine nel versetto 24 apprendiamo che il risultato della maledizione – essere recisi dalla presenza del Signore – fu che “diventarono un popolo indolente, pieno di cattiveria e di astuzia”.
Una grande benedizione è che la maledizione è valida solo finché le persone sono malvagie. Se si pentono “la maledizione di Dio non li segu[irà] più” (Alma 23:18). Vi sono molti esempi di Lamaniti retti che si pentirono e godettero dello Spirito del Signore; uno di loro divenne anche profeta (vedere Helaman 13:5).
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2 Nefi 6:1–3. Giacobbe insegnò con autorità
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Giacobbe insegnava col potere e con l’autorità di Dio. Egli era “chiamato da Dio e ordinato secondo il suo santo ordine” (aveva ricevuto il santo sacerdozio) e “consacrato” (o ordinato) da suo fratello Nefi (2 Nefi 6:2; vedere anche 2 Nefi 5:26). Inoltre Giacobbe impiegò tre importanti elementi di insegnamento efficace, come spiegato dall’anziano Jeffrey R. Holland del Quorum dei Dodici Apostoli: “‘Poiché vi ho esortatiin tutta diligenza e vi ho insegnato le parole di mio padre; e vi ho parlato riguardo a tutte le cose che sono scritte, fin dalla creazione del mondo’ [2 Nefi 6:3; corsivo dell’autore]. Questa è la formula secondo cui il Vangelo è sempre stato insegnato, un procedimento utilizzato fino al tempo presente – testimonianza personale, insegnamenti dei profeti viventi e resoconti scritti delle Scritture” (Christ and the New Covenant [1997], 65).
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Il presidente Joseph Fielding Smith spiegò quale “ordine” del sacerdozio esercitavano i Nefiti: “I Nefiti erano discendenti di Giuseppe. Lehi lo scoprì quando lesse le tavole di bronzo… Pertanto non vi erano Leviti che accompagnarono Lehi nell’Emisfero Occidentale. In queste condizioni i Nefiti officiavano in virtù del Sacerdozio di Melchisedec dai tempi di Lehi ai giorni dell’apparizione di nostro Signore tra loro” (Answers to Gospel Questions, 1:124).
2 Nefi 6:4–18. Giacobbe raccontò la storia giudaica
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Giacobbe citò Isaia per insegnare “riguardo a cose che sono e a cose che devono venire” (2 Nefi 6:4). Egli applicò al suo popolo gli insegnamenti di Isaia perché facevano parte del casato d’Israele (vedere versetto 5). Questi sono alcuni dei versetti che Nefi applicò ai discendenti di Lehi negli ultimi giorni (confrontare versetti 6–7; 1 Nefi 21:22–23). Queste applicazioni della stessa profezia a diverse situazioni sono esempi di come “applicare le Scritture” sotto l’influenza dello Spirito (vedere 1 Nefi 19:23; 2 Nefi 11:8).
2 Nefi 6:6–11. La dispersione e il raduno di Israele
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Per avere ulteriori informazioni sulla dispersione di Israele, fai riferimento a “Breve storia della dispersione di Israele” nell’appendice (pagina 430). Per avere ulteriori informazioni sul raduno di Israele, fai riferimento a “Il raduno di Israele” nell’appendice (pagina 431).
2 Nefi 7:10–11. Camminano alla luce del loro fuoco
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Isaia chiese se chi teme Dio e Gli obbedisce cammina nelle tenebre. La risposta, ovviamente, è “no”. Poi dichiarò che coloro che “cammina[no] alla luce del [loro] fuoco e nelle scintille che [hanno] acceso… [loro] giacer[anno] nel dolore” (2 Nefi 7:11). Molte persone ai nostri giorni confidano più in loro stesse o in qualcun altro che nel Signore; confidano nel braccio di carne e seguono la loro stessa luce invece che confidare in Dio (vedere DeA 1:19–20; 133:70–74).
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Il Salvatore è la Luce del mondo. È imprudente da parte nostra cercare di sostituire la Sua luce con quella da noi creata (vedere 3 Nefi 18:24). Il presidente Joseph F. Smith (1838–1918) mise in guardia coloro che insegnano falsamente, utilizzando la loro luce quando predicano “false dottrine camuffate da principi del Vangelo”. Egli disse che sono “gli orgogliosi e i vanagloriosi, che leggono alla lampada della loro presunzione; che interpretano con leggi di loro invenzione; che sono la loro stessa legge e si ergono da unici giudici delle proprie azioni” (Gospel Doctrine, 5a ed. [1939], 373).
2 Nefi 8. Il raduno degli ultimi giorni
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Le profezie di Isaia citate in 2 Nefi 8 trattano il raduno di Israele negli ultimi giorni. Il Signore promise di “confortare Sion” e di rendere “il suo deserto simile a Eden” (versetto 3). Egli li ammonì: “Non temete il rimprovero degli uomini” (versetto 7). Egli promise che “i redenti del Signore torneranno e verranno a Sion cantando” (versetto 11). Egli poteva coprirli “ con l’ombra della [Sua] mano” (versetto 16). I primi santi trovarono conforto in queste, come pure in altre, profezie di Isaia.
Il presidente Ezra Taft Benson (1899–1994) spiegò che i nostri antenati parteciparono all’adempimento di queste profezie di Isaia riguardanti il raduno di Israele:
“I nostri progenitori… furono forti e coraggiosi nel Signore, sapendo che Egli era la loro difesa, il loro rifugio, la loro salvezza. Rafforzati da questa fede, fecero affidamento sulla loro amata indipendenza, la loro frugalità e l’onesto lavoro. E la storia riporta che anche il clima fu mitigato per il loro bene, e che i loro umili e instancabili sforzi fecero ‘fiorire il deserto come la rosa’.
La loro fede fu rinnovata da due importanti profezie di Isaia concernenti gli ultimi giorni – i giorni in cui sapevano di vivere. Nella prima di queste Isaia annuncia: ‘Il deserto e la terra arida si rallegreranno, la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa’ (Isaia 35:1). E di nuovo: ‘Così l’Eterno sta per consolare Sion, consolerà tutte le sue ruine; renderà il deserto di lei pari ad un Eden, e la sua solitudine pari a un giardino dell’Eterno. Gioia ed allegrezza si troveranno in mezzo a lei, inni di lode e melodia di canti’ (Isaia 51:3).
E mentre i loro occhi naturali vedevano solo le capanne di legno e i dintorni, avevano la visione del giorno in cui si sarebbero adempiute le parole di Michea: ‘Ma avverrà, negli ultimi tempi, che il monte della casa dell’Eterno si ergerà sopra la sommità de’ monti…’ (Michea 4:1–2).
Noi abbiamo testimoniato l’adempimento di queste straordinarie profezie” (This Nation Shall Endure [1977], 42).
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Riguardo al raduno dei Giudei in Israele, l’anziano Bruce R. McConkie (1915–1985), del Quorum dei Dodici Apostoli, insegnò che un raduno spirituale precede il raduno fisico: “Giuda si riunirà nell’antica Gerusalemme a tempo debito; di questo non vi è alcun dubbio. Ma questo raduno consisterà nell’accettare Cristo, nell’unirsi alla Chiesa e nel ricevere di nuovo l’alleanza di Abrahamo così come viene amministrata in luoghi santi. L’attuale riunione di persone giudaiche nella nazione palestinese di Israele non è il raduno scritturale di Israele o di Giuda. Può esserne il preludio, e alcune delle persone riunite possono al momento opportuno essere riunite nella vera chiesa e regno di Dio sulla terra, e possono contribuire all’edificazione del tempio che è destinato ad abbellire il suolo di Gerusalemme. Ma un raduno politico non è un raduno spirituale, e il regno del Signore non è di questo mondo” (A New Witness for the Articles of Faith [1985], 519–20; vedere anche le pagine 511, 564–565).
Punti su cui riflettere
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In 2 Nefi 5:5–8 il Signore ammonì Nefi di fuggire “nel deserto”. Vi sono degli aspetti nella tua vita che rispecchiano la situazione in cui si trovava Nefi? Vi sono influenze di amici, intrattenimenti, lavoro, scuola, o media che meritano di essere presi in considerazione o di essere allontanati?
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In 2 Nefi 8:3–16 sono elencate molte benedizioni che sono offerte ai membri della casa di Israele mentre si “riunisce”. Quali di queste benedizioni hai ricevuto? Quali stai ancora cercando? Di che cosa hai bisogno per riceverle?
Compiti suggeriti
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Mentre leggi 2 Nefi 4:15–35, fai attenzione a ciò che fece Nefi per vincere le sue debolezze. Cerca di individuare dei principi specifici che Nefi mise in pratica o che riteneva lo avrebbero aiutato a superare le sue debolezze. Scrivi i tuoi pensieri e sentimenti sui principi che identifichi; ascolta i sentimenti dello Spirito. Puoi anche mettere per iscritto qualsiasi impegno lo Spirito ti suggerirà mentre leggi.
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Il presidente Gordon B. Hinckley ci ha raccomandato: “Mantenete l’equilibrio nella vostra vita. Guardatevi dalle ossessioni. Guardatevi dal limitare la vostra visione. Possano i vostri interessi coprire molti buoni campi mentre vi dedicate a rafforzarvi nell’ambito della vostra professione” (“Four Imperatives for Religious Educators” [discorso tenuto agli insegnanti del Sistema Educativo della Chiesa, 15 settembre, 1978], 3). Leggi 2 Nefi 5:10–18, 26–27 e identifica i principi che potresti apprendere o mettere in pratica che possono aiutarti a dare un maggiore contributo nel mondo.