I nostri preziosi bambini: un dono di Dio
«Se tutti i bambini avessero dei genitori affettuosi, una casa sicura e degli amici premurosi, come sarebbe meraviglioso il loro mondo! Purtroppo non tutti i bambini godono di tali benedizioni».
Dal vangelo di Matteo sappiamo che Gesù e i Suoi discepoli, dopo essere scesi dal Monte della Trasfigurazione, si fermarono nella Galilea e arrivarono a Capernaum. I discepoli chiesero a Gesù: «Chi è dunque il maggiore nel regno de’cieli?
Ed egli, chiamato a sé un piccolo fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità io vi dico: se non mutate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete punto nel regno dei cieli.
Chi pertanto si abbasserà come questo piccolo fanciullo, è lui il maggiore nel regno de’ cieli.
E chiunque riceve un cotal piccolo fanciullo nel nome mio, riceve me.
Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse sommerso nel fondo del mare» (Matteo 18:1–6).
Ritengo importante il fatto che Gesù amava quei piccoli esseri, che da così poco tempo avevano lasciato la pre-esistenza per venire sulla terra. I bambini in ogni epoca rallegrano la nostra vita, suscitano il nostro amore e ci spingono a compiere buone azioni.
Non dobbiamo quindi meravigliarci che il poeta Wordsworth parli così della nostra nascita: «Trascinando nuvole di gloria, noi veniamo da Dio, là dove è la nostra dimora» (William Wordsworth, «Ode: Intimations of Immortality from Recollections of Early Childhood», The Complete Poetical Works of William Wordsworth, London: Macmillan and Co., 1924, pag. 359).
La maggior parte di questi piccoli nasce fra genitori che attendono ansiosamente il loro arrivo, madri e padri che gioiscono nell’essere partecipi di quel miracolo che chiamiamo nascita. Nessun sacrificio è troppo grande, nessun dolore è troppo acuto, nessuna attesa è troppo lunga.
E’ per questo che rimaniamo attoniti quando i mezzi d’informazione riferiscono che in una città dell’America «una neonata avvolta in un giornale è stata gettata nel cassonetto dell’immondizia proprio di fronte all’ospedale. La bambina sta bene. ‹E’ davvero una bambina bella e sana›, ha dichiarato il portavoce dell’ospedale mercoledì scorso. La polizia dice che la neonata è stata scoperta quando i netturbini, vuotato il cassonetto nel camion, hanno visto qualcosa che si muoveva tra i rifiuti. Le autorità stanno cercando la madre».
E’ nostro solenne dovere, nostro prezioso privilegio — e anche nostra sacra possibilità — dare il benvenuto nella nostra casa e nel nostro cuore ai figli che adornano la nostra vita.
Per la loro istruzione i nostri figli hanno a disposizione tre aule, nettamente distinte l’una dall’altra. Parlo dell’aula di scuola, dell’aula in chiesa e dell’aula chiamata casa.
La Chiesa ha sempre nutrito un profondo interesse per l’istruzione pubblica, ed esorta i suoi fedeli a partecipare alle attività genitori-insegnanti e alle altre riunioni che hanno lo scopo di migliorare l’istruzione dei nostri giovani.
L’aspetto più importante dell’istruzione pubblica è l’insegnante, che ha la possibilità di amare, istruire e ispirare ragazzi e giovani ansiosi d’imparare. Il presidente David O. McKay disse: «L’insegnamento è la più nobile professione del mondo. Dalla corretta educazione dei giovani dipende la sicurezza e la purezza della casa, la sicurezza e il perpetuarsi della nazione. Il genitore dà al figlio la possibilità di vivere; l’insegnante permette al bambino di vivere bene» (David O. McKay, Gospel Ideals, Salt Lake City: Improvement Era, 1953, pag. 436). Confido che sapremo riconoscere l’importanza e la vitale missione degli insegnanti, fornendo ambienti adeguati, i migliori libri e degli stipendi che mostrino la nostra gratitudine e la nostra fiducia.
Ognuno di noi ricorda con affetto gli insegnanti della sua giovinezza. Sorrido ancora ricordando che la mia insegnante di musica alle scuole elementari era una certa signorina Diesis. Ella aveva la capacità di inculcare nei suoi allievi l’amore per la musica e ci insegnava a individuare gli strumenti musicali e il loro suono. Ricordo bene l’impegno di una certa signorina Ruth Crow, che insegnava al corso di igiene e salute. Nonostante fossimo ai tempi della grande crisi economica, ella si assicurava che ogni allievo fosse andato dal dentista. Ella personalmente verificava che ogni allievo si prendesse cura dei suoi denti e faceva in modo che, grazie alle risorse pubbliche o private, nessun bambino fosse privato delle cure necessarie. Quando la signorina Burkhaus, che insegnava geografia, spiegava le carte geografiche del mondo e con il righello indicava le capitali delle nazioni e gli aspetti particolari di ogni paese, lingua e cultura, io non prevedevo certo, e nemmeno sognavo, che un giorno avrei visitato quei paesi e quei popoli.
Quanta importanza hanno per i nostri figli gli insegnanti che sanno innalzare il loro spirito, acuire il loro interesse e motivare le loro azioni!
L’aula in chiesa aggiunge un aspetto essenziale all’istruzione di ogni bambino e ragazzo. In questa atmosfera ogni insegnante può elevare coloro che ascoltano le sue lezioni e sentono l’influenza della sua testimonianza. Nelle riunioni della Primaria, Scuola Domenicale, Giovani Donne e in quelle del Sacerdozio di Aaronne degli insegnanti ben preparati, con l’ispirazione del Signore, possono indurre ogni bambino, ogni giovane a cercare «nei migliori libri le parole di saggezza», a cercare «l’istruzione, sia con lo studio, sia pure con la fede» (DeA 88:118). Una parola d’incoraggiamento qui e un pensiero spirituale là possono influenzare una preziosa vita e lasciare un’impronta indelebile su un’anima immortale.
Molti anni fa, a un banchetto tenuto in occasione di una premiazione organizzata da una rivista della Chiesa, ci trovammo seduti accanto al presidente Harold B. Lee e a sua moglie. Il presidente Lee disse a nostra figlia Ann, allora adolescente: «Il Signore ti ha fatto dono di un bel volto e di un bel corpo. Fai in modo che la tua anima sia bella quanto il tuo aspetto, e conoscerai la vera felicità». Quel grande insegnante fece dono a Ann di una guida ispirata per raggiungere il regno del nostro Padre celeste.
Un umile e ispirato insegnante in un’aula della chiesa può insegnare ai suoi allievi l’amore per le Scritture. L’insegnante può riportare in vita non soltanto nella classe, ma anche nel cuore, nella mente e nell’anima dei nostri figli, gli antichi Apostoli e il Salvatore del mondo.
Forse la più importante di tutte le aule è quella della casa. E’ nella casa che formiamo il nostro atteggiamento, le nostre convinzioni più profonde. E’ nella casa che la speranza viene incoraggiata o distrutta. La nostra casa è il laboratorio della nostra vita. Ciò che facciamo là stabilisce il corso della nostra vita quando la lasciamo. Il dottor Stuart E. Rosenberg ha scritto nel suo libro The Road to Confidence: «Nonostante tutte le nuove invenzioni e disegni, mode e feticci moderni, nessuno ha ancora inventato, né mai inventerà, un sostituto valido della propria famiglia».
Una casa felice è un assaggio del cielo. Il presidente George Albert Smith chiese: «Vogliamo che le nostre case siano felici? Se lo vogliamo, facciamone un luogo in cui dimorino la preghiera, il ringraziamento e la gratitudine» (Conferenza generale di aprile 1944).
Vi sono dei casi in cui i bambini vengono sulla terra afflitti da menomazioni fisiche o mentali. Per quanto ci sforziamo, non è possibile sapere perché o come avvengono tali fatti. Rivolgo un elogio a quei genitori che senza lamentarsi accolgono nelle loro braccia e nella loro vita tali bambini e offrono una maggiore quantità di sacrificio e di amore a uno dei figli del Padre celeste.
L’estate scorsa, al campeggio per famiglie di Aspen Grove, osservai una madre che nutriva con pazienza la figlia adolescente che aveva subito danni alla nascita ed era completamente dipendente da lei. Quella madre dava alla figlia ogni cucchiaio di cibo, ogni sorso d’acqua, mentre allo stesso tempo teneva alzata la testa della figlia. Dissi a me stesso: Da diciassette anni quella madre svolge questo e ogni altro servizio alla figlia, senza pensare mai alle proprie comodità, al proprio piacere o al proprio cibo. Dio benedica queste madri, questi padri e questi figli. E lo farà.
Tutti i genitori si rendono conto che la più grande combinazione di emozioni possibile non è causata da un grande evento cosmico, né si trova nei romanzi o nei libri di storia, ma si trova semplicemente nel genitore che contempla il suo bambino addormentato.
Quando ciò avviene, ci convinciamo della verità delle parole di Charles M. Dickenson:
Sono idoli del cuore e della casa,
Sono angeli di Dio travestiti;
La luce del sole dorme ancora nelle loro trecce,
La Sua gloria splende ancora nei loro occhi.
Questi esseri lontani da casa e dal cielo,
Mi hanno reso più forte e più tenero;
E ora so perché Gesù poteva paragonare
Il regno dei cieli a un bambino.
Nei contatti quotidiani che abbiamo con i figli ci accorgiamo che essi sono molto perspicaci e spesso dicono profonde verità. Charles Dickens, autore della classica Storia di Natale, sottolineò questo fatto quando descrisse l’umile famiglia di Bob Cratchit che si riunisce per un alquanto misero, ma da lungo tempo atteso, pranzo di Natale. Il padre Bob torna a casa, portando sulle spalle il figlio malaticcio Tiny Tim. Tiny Tim ha con sé una piccola stampella e ha le gambe sostenute da un apparecchio ortopedico. La moglie di Bob chiede: «E come si è comportato il piccolo Tim?»
«E’ stato buono come un angelo», dice Bob, «e più ancora. E’ un bambino molto sensato, rimane seduto da solo così a lungo e pensa alle cose più strane che ho mai sentito. Tornando a casa mi ha detto che sperava che la gente lo avesse notato in chiesa, storpio com’è, perché avrebbe fatto loro piacere ricordare nel giorno di Natale Colui che fece camminare i mendicanti storpi e vedere i ciechi» (Charles Dickens, Christmas Carol e Cricket on the Hearth, New York: Grosset and Dunlop, n.d., pagg. 50–51).
Lo stesso Charles Dickens disse: «Mi piacciono questi piccoli, e non è cosa da poco quando essi, che fino a poco fa erano con Dio, ci amano».
I bambini esprimono il loro amore in maniere originali e innovative. Per il mio compleanno, caduto poche settimane fa, una bella bambina mi ha offerto una cartolina di auguri fatta a mano. Dentro la busta c’era un piccolo lucchetto, che le piaceva molto e che ha pensato mi sarebbe piaciuto ricevere in dono.
«Tra tutte le scene più care del mondo, non c’è nulla di così bello come un bambino che dà qualcosa, per quanto piccola sia la cosa che dà. Il bambino vi dà il mondo. Vi apre davanti il mondo, come se fosse un libro che non siete mai riusciti a leggere. Ma quando deve trovare un dono, è sempre qualche piccola cosa assurda, incollata storta … un angelo che assomiglia a un clown. Un bambino ha così poco da dare, perché non sa mai di avervi dato tutto» (Margaret Lee Runbeck, Bits & Pieces, 20 settembre 1990).
Tale era il dono di Jenny per me.
I bambini sembrano dotati di una fede incrollabile nel Padre celeste e nella Sua capacità e desiderio di esaudire le loro dolci preghiere. So, per esperienza personale che, quando un bambino prega, Dio ascolta.
Permettetemi di parlarvi di Barry Bonnell e Dale Murphy, famosi giocatori professionisti di baseball, già appartenenti al club di baseball Atlanta Braves. Entrambi sono convertiti alla Chiesa; infatti Dale Murphy è stato battezzato da Barry Bonnell.
Durante la stagione 1978 accadde un fatto che fece cambiare vita a Barry. Era in cattiva forma e la sua battitura era scadente. Questa situazione gli pesava molto e non riusciva a darsi pace. Effettivamente non voleva accompagnare Dale Murphy quando questi gli chiese di andare con lui all’ospedale, ma andò lo stesso. Là conobbe Ricky Little, fedele tifoso dell’Atlanta Braves: un ragazzo malato di leucemia. Era chiaramente evidente che Ricky era vicino a morire. Barry sentì il profondo desiderio di pensare a qualcosa di consolante da dire, ma nulla sembrava adatto alla situazione. Finalmente gli chiese se poteva fare qualcosa. Il ragazzo esitò, poi gli chiese se ognuno di loro poteva dedicargli un fuori campo durante la prossima partita. Barry disse in seguito: «Quella richiesta non era molto difficile da soddisfare per Dale, che infatti quella sera fece due fuori campo, mentre per me era un po’ difficile, poiché non ne avevo fatto nemmeno uno in tutto l’anno. Poi mi sentii pervadere da un sentimento di calore e dissi a Ricky di contarci». Quella sera Barry fece il suo unico fuori campo della stagione. (Jim Ison, Mormons in the Major Leagues).
La preghiera di un bambino era stata esaudita, il desiderio di un bambino si era avverato.
Se tutti i bambini avessero dei genitori affettuosi, una casa sicura e degli amici premurosi, come sarebbe meraviglioso il loro mondo! Purtroppo non tutti i bambini godono di tali benedizioni. Alcuni bambini vedono il loro padre picchiare selvaggiamente la loro madre; altri ricevono anch’essi tali maltrattamenti. Quale vigliaccheria, quale depravazione, quale vergogna!
Non vi è ospedale che non accolga questi piccoli, pieni di lividi e di ecchimosi, accompagnati da sfrontate menzogne: il bambino «ha sbattuto contro la porta» oppure «è caduto giù dalle scale». Questi mentitori, questi prepotenti che maltrattano i bambini raccoglieranno un giorno la tempesta che hanno seminato con le loro malvage azioni. Il bambino silenzioso, ferito, offeso dai maltrattamenti, a volte anche dall’incesto, deve avere un aiuto.
Un giudice distrettuale in una lettera che mi ha inviato dice: «La violenza sessuale contro il bambino è uno dei crimini più depravati, distruttivi e demoralizzanti della società civile. Si nota un allarmante aumento delle denunce di violenze fisiche, psicologiche e sessuali contro i bambini. I nostri tribunali sono inondati da questo comportamento ripugnante».
La Chiesa non ammette questa condotta odiosa e vile. Condanniamo invece, nel modo più deciso, tale trattamento inflitto ai preziosi figli di Dio. Facciamo in modo che ogni bambino sia soccorso, nutrito, amato e guarito. Facciamo in modo che il colpevole sia portato davanti alla giustizia, chiamato a rendere conto delle sue azioni, e riceva le cure professionali necessarie per porre fine a tale condotta malvagia e diabolica. Quando tutti noi veniamo a conoscenza di tale condotta ed evitiamo di intervenire per sradicarla, diventiamo complici di questo crimine. Ci assumiamo parte della colpa. Ci meritiamo una parte del castigo.
Non credo di aver parlato troppo duramente, perché amo questi piccoli e so che anche il Signore li ama. L’esempio più commovente di quest’amore è nell’episodio in cui Gesù benedice i bambini, descritto in 3 Nefi. Parla di Gesù che guarisce gli ammalati, ammaestra il popolo e prega per loro il Padre celeste. Ma lasciate che vi legga queste preziose parole:
«Egli prese in seguito i loro figlioletti, ad uno ad uno, e li benedisse, e pregò il Padre per loro.
E dopo aver fatto ciò, Egli pianse di nuovo.
Rivolgendosi alla moltitudine, disse loro: Ecco i vostri piccoli.
E mentre essi guardavano verso di Lui, rivolsero i loro sguardi al cielo e videro i cieli aprirsi e degli angeli scender dal cielo, come se fossero in mezzo al fuoco … e gli angeli li istruirono» (3 Nefi 17:21–24).
Forse chiederete: Queste cose accadono ancora oggi? Voglio narrarvi la bella storia di una nonna e di un nonno, che si trovano attualmente in missione, e del modo in cui il loro nipote fu benedetto. Il nonno missionario scrive:
«Mia moglie Deanna ed io ci troviamo attualmente in missione a Jackson, nell’Ohio. Una delle nostre più grandi preoccupazioni, quando accettammo la chiamata in missione, era la nostra famiglia. Non saremmo stati presenti se avessero avuto delle difficoltà.
Proprio prima che partissimo per la missione nostro nipote R.J., di due anni e mezzo, dovette sottoporsi a un intervento chirurgico per correggere lo strabismo. Sua madre mi chiese di andare con loro, perché io e R.J. siamo amici per la pelle. L’intervento andò bene, ma R.J. pianse prima e dopo l’operazione, perché a nessun familiare era concesso entrare nella sala operatorio ed egli aveva paura.
Circa sei mesi dopo, mentre eravamo ancora in missione, R.J. dovette sottoporsi a un intervento per correggere l’altro occhio. Sua madre telefonò ed espresse il desiderio che io tornassi a casa per accompagnarli alla seconda operazione. Naturalmente la distanza e la missione mi impedirono di andare con loro. Deanna ed io digiunammo e pregammo perché il Signore consolasse nostro nipote durante l’operazione.
Telefonammo subito dopo l’intervento e fummo informati che R.J. si era ricordato della precedente esperienza e non voleva lasciare i suoi genitori. Ma non appena era entrato nella sala operatoria, si era calmato. Si sdraiò sul tavolo operatorio, si tolse da solo gli occhiali e si sottopose all’operazione con grande calma. Ci sentimmo molto riconoscenti; le nostre preghiere erano state esaudite.
Un paio di giorni dopo telefonammo a nostra figlia e le chiedemmo di R.J. Disse che stava bene e ci narrò questo episodio: Durante il pomeriggio, dopo l’operazione, R.J. si svegliò e disse a sua madre che il nonno era stato presente durante l’operazione. Disse: ‹Il nonno era là, e tutto è andato bene›. Vedete, il Signore fece in modo che, per quel bambino, l’anestesista assumesse l’aspetto del nonno, anche se sia il nonno che la nonna si trovavano in missione a 2.900 chilometri di distanza».
Il nonno forse non era accanto al tuo letto, R.J., ma tu eri presente nelle sue preghiere e nei suoi pensieri. Eri accarezzato dalla mano del Signore e benedetto dal Padre di tutti noi.
Miei cari fratelli e sorelle, possa il riso dei bambini rallegrare il nostro cuore. Possa la fede dei bambini intenerire la nostra anima. Possa l’amore dei figli dettare le nostre azioni. «I figliuoli sono un’eredità che viene dall’Eterno» (Salmi 127:3). Possa il nostro Padre celeste benedire sempre queste dolci anime, questi cari amici del Maestro. Questa è la mia umile e sincera preghiera, nel nome di Gesù Cristo. Amen.